Birjulki

Anatolij Konstantinovič Ljadov (11 maggio 1855 - 1914): Бирюльки / Birjulki, 14 pezzi per pianoforte op. 2 (1876). Ol’ga Solov’eva.
Il titolo si può tradurre con “inezie” o “giochi di bambini”, oppure con “shanghai” con riferimento al gioco di abilità altrimenti noto come mikado.

  1. Presto
  2. Allegro [0:51]
  3. Allegretto [1:19]
  4. Allegro con fuoco [2:16]
  5. Vivace [3:25]
  6. Allegro [4:11]
  7. Moderato [4:45]
  8. Allegro moderato [5:35]
  9. Allegretto tranquillo [6:31]
  10. Allegro [7:44]
  11. Tempo di Valse [8:36]
  12. Prestissimo [9:33]
  13. Vivace [10:12]
  14. Presto [10:39]


L’approfondimento
di Pierfrancesco Di Vanni

Anatolij Ljadov: talento raffinato e genio intermittente

Origini e formazione
Nato a San Pietroburgo in una famiglia di musicisti di spicco, ricevette lezioni informali dal patrigno direttore d’orchestra, Konstantin Ljadov, tra il 1860 e il 1868. Nel 1870 entrò al Conservatorio della sua città per studiare pianoforte e violino, ma presto si dedicò interamente al contrappunto e alla fuga; fu comunque un eccellente pianista. Il suo talento venne riconosciuto da illustri musicisti russi, come Modest Musorgskij, e negli anni ’70 si associò al “Gruppo dei Cinque”. Tuttavia, la sua carriera accademica fu segnata dall’irregolarità: nel 1876 fu espulso dalle classi di composizione di Nikolaj Rimskij-Korsakov per assenteismo, ma vi fu riammesso due anni più tardi per completare il corso di studi.

L’insegnante: precisione, indolenza e conservatorismo
Nel 1878 Ljadov divenne insegnante presso il Conservatorio di San Pietroburgo. Cionondimeno il suo carattere rimase volubile: a volte era brillante, spesso indolente. Il direttore Nikolaj Malko lo definì preciso e costruttivo, ma incostante. Igor’ Stravinskij notò in lui l’estrema attenzione per i minimi dettagli, che richiedeva tanto a sé stesso quanto ai suoi allievi. Prokof’ev osservò quanto Ljadov fosse indefettibilmente conservatore — qualsiasi innovazione in ambito musicale l’infastidiva — tanto che gli suggerì ironicamente di iscriversi alla scuola di Richard Strauss o a quella Debussy; ciononostante, Ljadov riconobbe il talento di Prokof’ev e sentì il dovere di aiutarlo a affinare la propria tecnica.
Ljadov aderì al movimento di protesta degli intellettuali russi conseguente al licenziamento di Rimskij-Korsakov, il quale aveva solidarizzato con gli studenti che avevano preso parte alla Rivoluzione del 1905.

Al centro della scena musicale russa: il Circolo Beljaev e il rapporto con Čajkovskij
Ljadov ebbe fra l’altro il merito di introdurre il giovane Aleksandr Glazunov nella cerchia dei conoscenti del ricco mecenate Mitrofan Beljaev, che sosteneva finanziariamente un gruppo di compositori nazionalisti russi; Beljaev aveva istituito nel 1884 i Concerti sinfonici russi, l’anno seguente il Premio «Glinka», annuale, e una Casa editrice a Lipsia. Insieme con Glazunov e Rimskij-Korsakov, Ljadov entrò a far parte di un comitato consultivo con il compito di selezionare i giovani compositori meritevoli del sostegno di Beljaev.
Nel 1887 Ljadov conobbe Pëtr Il’ič Čajkovskij; benché questi avesse in precedenza espresso un parere negativo su un’opera giovanile di Ljadov, i rapporti fra i due rimasero cordiali, e a partire dall’inverno del 1890 Čajkovskij frequentò assiduamente il Circolo Beljaev.

L’eredità musicale: miniature, folclore e un capolavoro mancato
Nonostante la considerevole abilità tecnica di Ljadov, ammirata dai contemporanei, la sua proverbiale indolenza, l’inaffidabilità e una certa mancanza di autocritica costituirono sempre un serio limite alla sua affermazione quale compositore. Molte delle sue opere sono arrangiamenti o variazioni di materiale preesistente (come le Canzoni popolari russe op. 58). Oggi noto soprattutto per le numerose miniature per pianoforte (la Tabacchiera musicale, del 1893, è forse la più celebre) e per i brevi poemi sinfonici: fautore della musica a programma, inevitabilmente ispirato da soggetti tradizionali russi, fra i suoi poemi sinfonici più popolari si annoverano Baba Jagà (op. 56), Kikimora (op. 63) e Il lago incantato (op. 62), che rivelano un eccezionale talento per il colore orchestrale. Nelle ultime opere Ljadov compì qualche esperimento nell’ambito della tonalità estesa, similmente al suo contemporaneo più giovane Aleksandr Skrjabin.
Incapace di portare a termine un lavoro su larga scala, Ljadov lasciò incompiuto un balletto iniziato nel 1905, abbandonato per un’opera anch’essa mai terminata, della quale alcune parti confluirono poi nei poemi sinfonici Kikimora e Il lago incantato. Nel 1909 Sergej Djagilev gli commissionò l’orchestrazione del balletto Les Sylphides e, poco dopo, una partitura originale per la stagione 1910 dei «Ballets russes». A quanto si dice, la lentezza di Ljadov nel comporre L’uccello di fuoco indusse Djagilev ad affidare la composizione del balletto al giovane Stravinskij: tuttavia non ci sono prove concrete che Ljadov abbia mai accettato formalmente l’incarico.

I quattordici Birjulki
La suite Birjulki op. 2 consiste di quattordici miniature delicate e precise, le quali richiedono un tocco leggero e abile, ognuna un piccolo “oggetto” musicale da apprezzare singolarmente. Essendo un’opera giovanile, essa offre uno sguardo sulle prime inclinazioni stilistiche del compositore, mostrando già quella predilezione per la forma breve e la cura del dettaglio che caratterizzerà gran parte della sua produzione matura. La raccolta è dedicata a Ol’ga Afanas’evna Korsakevič, nipote di Nikolai Rimskij-Korsakov.
Il primo brano ha carattere brillante, energico e fugace. Il tempo (Presto) e la dinamica iniziale (piano) suggeriscono leggerezza e velocità. L’indicazione staccato rinforza questa sensazione di agilità quasi scintillante.
Segue una forma ternaria (ABA’), con la prima sezione che presenta il materiale principale in fa maggiore, caratterizzato da veloci figure staccate nella mano destra su un accompagnamento semplice nella sinistra. La seconda sezione (Meno mosso, forte) introduce un contrasto tematico e dinamico, spostandosi brevemente verso sol maggiore e con una melodia più cantabile e legata nella mano destra. L’ultima sezione (Tempo I) riprende il materiale iniziale staccato, concludendo il pezzo in modo conciso. L’armonia è prevalentemente diatonica e chiara, mentre la scrittura pianistica è agile ma non eccessivamente virtuosistica, focalizzata sulla rapidità e sulla precisione dello staccato.
Il secondo pezzo è più scorrevole e leggermente inquieto. Il tempo Allegro e la tonalità di la minore conferiscono un’atmosfera agile ma meno spensierata rispetto al brano precedente; è strutturato in forma binaria basata sulla ripetizione di pattern. Il materiale principale consiste in rapide figurazioni di semicrome nella mano destra, accompagnate da note staccate o accordi leggeri nella sinistra. L’indicazione “simile” suggerisce la continuazione del pattern stabilito. La tonalità presenta brevi inflessioni verso do maggiore (relativa maggiore). La scrittura è fluida e richiede scorrevolezza nelle scale e negli arpeggi della mano destra. La dinamica iniziale (mezzopiano) suggerisce un’intensità contenuta.
Il terzo pezzo ha un carattere grazioso e danzante e sembra quasi un piccolo valzer elegante e leggermente malinconico. Il tempo Allegretto e il metro 3/4 evocano un movimento di danza. La forma è ternaria (ABA’) con ritornelli. La prima sezione stabilisce il tema principale in Mi maggiore, con una melodia delicata nella destra e un tipico accompagnamento di valzer nella sinistra. La seconda sezione offre un contrasto, modulando brevemente e sviluppando il materiale. La ripresa riporta il tema iniziale. La tonalità di mi maggiore è utilizzata con sensibilità. L’armonia impiega accordi cromatici per aggiungere colore, mentre la scrittura richiede un tocco cantabile nella melodia e leggerezza nell’accompagnamento. Le dinamiche (p, cresc., dim.) creano un’espressività fluttuante.
Il quarto pezzo è energico, appassionato e impulsivo. L’indicazione di tempo Allegro con fuoco indica velocità e ardore. La forma è ternaria (ABA’). La sezione A presenta un tema vigoroso in la bemolle maggiore, con accordi pieni e ritmi marcati (mf). La sezione B introduce un contrasto tematico e armonico, modulando (passando per si bemolle minore) e alternando dinamiche (f, p). La ripresa A’, nuovamente mf e poi f, riporta l’energia iniziale, concludendo decisamente in la bemolle maggiore. La scrittura è più robusta rispetto ai pezzi precedenti, con accordi, ottave spezzate e richiede energia esecutiva.
Il quinto pezzo è vivace, brillante e scintillante. Il tempo Vivace e le rapide figure ascendenti conferiscono un carattere gioioso e leggero. Anche qui, la forma è ternaria (ABA’). La sezione A, marcata mf, presenta figure rapide e staccate ascendenti. La sezione B, marcata ff inizialmente e poi modulante con dinamiche contrastanti (mf, p), sviluppa il materiale con maggiore intensità e complessità armonica. La ripresa A’ ritorna al materiale iniziale, concludendo con un crescendo finale (rit. – a tempo – cresc. – ff). La scrittura richiede agilità, controllo dello staccato e capacità di gestire i rapidi cambiamenti dinamici e il crescendo finale.
Il sesto pezzo è più serio, agitato e leggermente drammatico. Il tempo Allegro in tonalità minore (mi minore) crea un’atmosfera più cupa e intensa. La forma è sempre ternaria (ABA’). La sezione A, marcata f, presenta un tema deciso con accordi marcati. La sezione B, in p, offre un contrasto lirico e più tranquillo. La ripresa A’, f e poi p, ritorna al tema iniziale ma conclude in modo più sommesso (p). La scrittura alterna accordi pieni e staccati con linee più melodiche, richiedendo controllo dinamico e articolazione precisa.
Il settimo pezzo è calmo, cantabile e riflessivo. Il tempo Moderato suggerisce un’andatura tranquilla. Esso segue una forma ternaria complessa o bipartita con sviluppo. Inizia in piano con una melodia espressiva nella mano destra su un accompagnamento arpeggiato. Una sezione contrastante (Più mosso) introduce un movimento più scorrevole e modulante. La sezione successiva (Staccato) porta ulteriore varietà ritmica e armonica prima di una conclusione calma. Si esplorano la tonalità di fa maggiore e aree correlate. Vi è l’uso di armonie più ricche e qualche cromatismo. La scrittura richiede un bel suono cantabile, controllo degli arpeggi e precisione nello staccato.
L’ottavo pezzo ha un carattere appassionato e controllato, con un senso di urgenza crescente. Sembra basato sullo sviluppo di un motivo iniziale ed è caratterizzato da una melodia frammentata nella mano destra, spesso con accenti su tempi deboli, e un accompagnamento insistente nella sinistra. L’uso frequente di crescendo costruisce tensione gradualmente. L’armonia è funzionale ma con un uso espressivo di dissonanze e progressioni che aumentano la tensione. La scrittura richiede controllo della dinamica progressiva e capacità di dare forma alle linee melodiche frammentate.
Il nono pezzo è sereno, lirico e pastorale. La forma è ternaria (ABA’). La sezione A, mf, presenta una melodia dolce e cullante nella mano destra su un accompagnamento arpeggiato ondulante nella sinistra. La sezione B introduce un leggero contrasto, diventando più affermata (f, cresc.) prima di tornare alla calma. La ripresa A’ ripropone il tema iniziale in una dinamica più sommessa. La scrittura è molto cantabile e richiede un tocco legato e sensibile, con buon bilanciamento tra le mani.
Il decimo pezzo è energico e quasi scherzoso. La forma è ternaria (ABA’) con ritornelli. La sezione A, p, presenta un tema ritmicamente vivace con note staccate e sincopi leggere. La sezione B è più robusta (cresc., poi f) e modulante. La ripresa A’ ritorna al tema principale, concludendo con un ritardando e un ritorno a tempo finale. Vi è un forte contrasto tra sezioni diatoniche e passaggi più cromatici e modulanti. La scrittura richiede precisione ritmica, articolazione chiara (staccato e legato) e controllo dinamico.
L’undicesimo pezzo è un valzer vigoroso e brillante, più estroverso rispetto al terzo. L’inizio (mf) presenta un tema di valzer robusto. Sezioni successive introducono nuovo materiale melodico e armonico, spesso con indicazioni di crescendo che portano a climax locali. La scrittura è piena, con accordi, ottave e passaggi brillanti, richiedendo una buona tecnica pianistica e senso del ritmo di valzer.
Il dodicesimo pezzo è veloce, vorticoso e leggerissimo. La forma basata sulla ripetizione e variazione di un pattern ritmico-melodico. Consiste principalmente in figure accordali nella mano destra su un accompagnamento semplice nella sinistra. L’indicazione cresc. suggerisce un aumento graduale dell’intensità. La scrittura è un vero studio di agilità e leggerezza, richiedendo dita veloci e polso sciolto.
Il pezzo successivo è vivace, energico e quasi impetuoso. Si caratterizza per figure rapide e discendenti, accordi staccati e un uso prominente di crescendo per costruire slancio. La scrittura sembra più densa rispetto ad altri pezzi veloci e richiede energia, precisione ritmica e capacità di gestire passaggi veloci con accordi e arpeggi distribuiti tra le mani.
L’ultimo pezzo è un finale brillante, veloce e conclusivo. La forma è ternaria (ABA’). La sezione A presenta un tema veloce e leggero (p) in fa maggiore. La sezione B, f, introduce un contrasto dinamico e armonico, modulando e diventando più drammatica (ff, rit., Più mosso). La ripresa ritorna brevemente al materiale iniziale (simile), concludendo la raccolta in modo energico e leggero. La scrittura alterna passaggi leggeri e veloci con momenti più accordali e intensi, richiedendo versatilità tecnica ed espressiva.
Ljadov dimostra già la propria maestria nella forma breve. Ogni pezzo è conciso, focalizzato su un’idea o un’atmosfera specifica, senza dispersioni. Questo riflette perfettamente il concetto evocato dal titolo. Il linguaggio è saldamente radicato nella tradizione romantica tardo-ottocentesca. L’armonia è prevalentemente tonale, ma il compositore usa efficacemente il cromatismo, le modulazioni e le armonie alterate per aggiungere colore ed espressività. Le melodie sono spesso cantabili e ben definite, anche quando incorporate in figurazioni veloci. Benché ogni pezzo sia autonomo, la raccolta possiede una sua coerenza interna data dallo stile del compositore e dalla varietà bilanciata dei pezzi. L’inizio e la fine nella stessa tonalità (fa maggiore) forniscono una sorta di cornice tonale all’intera opera.

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