Chiari di Luna – VI

Clara Schumann (1819 - 20 maggio 1896): Der Mond kommt still gegangen, Lied per voce e pianoforte op. 13 n. 4 (1844) su testo di Emanuel Geibel (1815 - 1884). Barbara Bonney, soprano; Vladimir Aškenazij, pianoforte.

Der Mond kommt still gegangen
Mit seinem gold’nen Schein.
Da schläft in holdem Prangen
Die müde Erde ein.

Und auf den Lüften schwanken
Aus manchem treuen Sinn
Viel tausend Liebesgedanken
Über die Schläfer hin.

Und drunten im Tale, da funkeln
Die Fenster von Liebchens Haus;
Ich aber blicke im Dunkeln
Still in die Welt hinaus.

La luna silenziosamente avanza con il suo chiarore dorato. Là si addormenta in incantevole splendore la terra stanca.
E nell’aria migliaia di pensieri d’amore da molte menti fedeli fluttuano sui dormienti.
E giù nella valle le finestre della casa del mio tesoro scintillano; ma io in silenzio guardo il mondo nell’oscurità.



L’approfondimento
di Pierfrancesco Di Vanni

Clara Schumann: melodia di una vita straordinaria – virtuosa, compositrice, donna

Introduzione
Clara Schumann (nata Wieck) viene ricordata come una figura poliedrica nel panorama musicale tedesco dell’epoca: pianista di fama mondiale, compositrice, stimata insegnante di pianoforte ed editrice. Bambina prodigio, si focalizzò subito su opere virtuosistiche, incluse le proprie, per poi passare a lavori del marito Robert e dei maggiori compositori del tempo (Chopin, Mendelssohn, Beethoven, Bach, Schubert e Brahms), contribuendo a definire il canone concertistico del tardo XIX e XX secolo.

Origini familiari, primi anni, formazione da Wunderkind e ascesa internazionale
Nata a Lipsia nella famiglia di Friedrich Wieck – teologo di formazione ma appassionato di musica al punto da diventare insegnante di pianoforte, fondatore di una fabbrica di pianoforti e di una biblioteca musicale – e di sua moglie Mariane Tromlitz, Clara iniziò a parlare tardi, probabilmente a quattro anni, durante un soggiorno di un anno con la madre presso i nonni materni a Plauen, dopo il quale tornò sotto la tutela paterna.
Già prima di questo periodo, aveva mostrato predisposizione al pianoforte. Al suo ritorno, a cinque anni, ricevette un’intensa formazione pianistica, principalmente dal padre, che mirava a farla emergere rapidamente come bambina prodigio e virtuosa. La sua istruzione generale fu inizialmente limitata, privilegiando lo studio musicale e lunghe passeggiate per l’esercizio fisico, ma in seguito apprese anche lingue straniere. I successi non tardarono ed ella divenne il fiore all’occhiello del metodo pedagogico paterno.
Il suo debutto pubblico avvenne il 20 ottobre 1828 al Gewandhaus di Lipsia, dove eseguì a quattro mani un’opera di Friedrich Kalkbrenner, ricevendo elogi dalla critica. Il padre tenne un diario per la figlia, scritto in prima persona come se fosse lei stessa, e successivamente controllava le sue annotazioni. Un esempio del 29 ottobre 1828 rivela la severità del padre, il quale la punì per la sua presunta pigrizia strappandole uno spartito e limitandola a esercizi tecnici. Clara stessa, in età avanzata, riconobbe che la disciplina paterna, pur definita tirannica da alcuni, fu fondamentale per la sua salute e la sua longevità artistica.
Inizialmente, il repertorio – scelto dal padre – era composto da brani brillanti e tecnicamente impegnativi di compositori come Kalkbrenner e Herz, includendo anche le sue prime composizioni. Solo con la diminuzione dell’influenza paterna, la giovane inserì nei suoi concerti opere di Beethoven, Bach e Robert Schumann. Friedrich agiva come impresario, organizzando tournée, assicurandosi della disponibilità e funzionalità degli strumenti, spesso occupandosi personalmente dell’accordatura e delle riparazioni, fino a far spedire pianoforti di sua scelta sui luoghi dei concerti.
Clara suonò per Goethe, conobbe Paganini, strinse amicizia e collaborò con Liszt, scambiò composizioni con Chopin e fu incoraggiata da Mendelssohn. Si esibì in numerose città tedesche e all’estero, ottenendo nel marzo 1838, a soli 18 anni, il titolo di “k. k. Kammer-Virtuosin” (imperial-regia virtuosa da camera) a Vienna. Come compositrice, fu attiva precocemente e le sue Quatre Polonaises op. 1, composte a soli 10-11 anni, furono pubblicate nel 1831, seguite da altre opere significative.

L’amore ostacolato e il matrimonio con Robert Schumann
Clara conobbe Robert Schumann nel 1828, quando aveva circa otto anni e mezzo. Dall’ottobre 1830, Schumann, ventenne, visse per un anno presso i Wieck come allievo del padre di Clara, intrattenendo la bambina e i suoi fratelli con fiabe inventate. Quando la giovane compì 16 anni, nel novembre 1835, i due si scambiarono il primo bacio, un momento che Robert ricorderà con affetto. Friedrich Wieck si oppose fermamente alla loro relazione, cercando di separarli organizzando tournée per Clara, sorvegliandola costantemente e proibendo la corrispondenza. Nel giugno 1837, portò Clara dagli amici Serre a Maxen, vicino Dresda, per allontanarla da Robert, ma i Serre sostennero la coppia.
Al fidanzamento segreto nell’agosto 1837 seguì una richiesta formale di matrimonio da parte di Robert a Friedrich Wieck, la quale fu respinta. Nonostante il divieto, i due riuscirono a vedersi. Durante il soggiorno viennese di Clara (1837/38), accompagnata dal padre, poté scrivere a Robert, ma le lettere più intime erano redatte di nascosto e in condizioni precarie.
Dopo un viaggio a Parigi senza il padre (gennaio-agosto 1839), Clara lasciò la casa paterna, trovando ospitalità prima da amici e poi, da settembre 1839, dalla madre a Berlino, dove poté trascorrere il Natale con Robert e risiedette fino al matrimonio. Il 16 luglio 1839, i due intentarono una causa legale contro Wieck per ottenere il consenso al matrimonio. In questo periodo di incertezza, Clara espresse nel suo diario le speranze e le preoccupazioni per la futura vita coniugale, temendo di non riuscire a legare a sé Robert e preoccupandosi per la sua salute, ma determinata a conciliare il ruolo di artista con quello di moglie e a non abbandonare la sua arte. Il tribunale approvò le nozze e la cerimonia si tenne il 12 settembre 1840 – il giorno prima del ventunesimo compleanno di Clara – nella Gedächtniskirche di Schönefeld, vicino Lipsia.

Vita coniugale: arte, famiglia e sfide (Lipsia, Dresda)
Dopo il matrimonio, la coppia si stabilì in un appartamento a Lipsia, dove riceveva fre­quenti visite da musicisti di passaggio, tra cui Mendelssohn, Bennett, Berlioz, Liszt e Wagner. Clara si dedicò al marito, cercando di garantirgli un ambiente sereno per com­porre, ma desiderava continuare la propria carriera concertistica, temendo che le sue qualità di pianista potessero risentire della pausa forzata. Robert, inizialmente, preferiva che lei rimanesse al suo fianco e limitasse gli esercizi al pianoforte per non disturbarlo, data la scarsa insonorizzazione del­l’ap­par­tamento. La incoraggiò, tuttavia, a dedicarsi maggiormente alla composizione.
Clara approfittò di questo periodo per ampliare la propria cultura generale, leggendo Goethe, Shakespeare e studiando a fondo le opere di Bach e Beethoven con il marito. La riconciliazione con il padre avvenne nel 1843, su iniziativa di quest’ultimo. Molti dettagli di questo periodo sono noti grazie al diario coniugale tenuto da entrambi. Clara riprese presto l’attività concertistica, anche per necessità economiche, contribuendo significativamente al sostentamento della famiglia. I suoi concerti furono cruciali per la diffusione delle opere di Robert, che non poteva esibirsi pubblicamente a causa di un problema alla mano destra. Dopo la morte del marito, Clara divenne la principale artefice della sua fama.
La prima tournée significativa della coppia fu nel nord della Germania (1842), seguita da un faticoso viaggio in Russia (1844), durante il quale Robert soffrì per essere spesso messo in ombra dalla moglie. Al ritorno a Lipsia, Robert ebbe un crollo fisico e mentale nell’agosto 1844. Clara dovette ritirarsi da un breve incarico al Conservatorio di Lipsia. La famiglia si trasferì a Dresda il 13 dicembre 1844, sperando in un miglioramento delle condizioni di Robert. A Dresda (1844-1850), Robert cercò invano una posizione stabile come direttore. Fu spesso malato e depresso fino al 1846.
Un soggiorno a Norderney nell’estate 1846 non portò il sollievo sperato e vi furono tensioni legate a una presunta gravidanza di Clara. Nel 1847, la famiglia si trasferì in un appartamento più grande dove Clara poteva suonare senza disturbare il marito. Dopo una tournée a Vienna, Brno e Praga e un successo a Berlino con l’oratorio di Robert Das Paradies und die Peri, i due considerarono di trasferirsi a Berlino, ma la morte prematura di Fanny Hensel, amica di Clara, li fece desistere. Alla fine del 1849, Robert accettò l’incarico di direttore musicale municipale a Düsseldorf.

Düsseldorf, la malattia del marito e l’arrivo di Johannes Brahms
La famiglia si trasferì a Düsseldorf nel settembre 1850. Clara soffrì per le difficoltà economiche e logistiche che limitavano il suo tempo per studiare. Clara riprese a esibirsi e assisteva Robert nelle prove d’orchestra, ma l’indisciplina dei musicisti e la scarsa autorevolezza del marito causarono frustrazioni.
Nel 1852, Woldemar Bargiel – fratellastro di Clara – visitò la coppia, notando la simbiosi emotiva tra i due e le frequenti malattie di Robert che preoccupavano profondamente la donna. Dopo un viaggio a Scheveningen, si trasferirono in un nuovo appartamento dove Clara aveva uno studio separato.
Nel 1853, i contrasti tra Robert e l’orchestra di Düsseldorf si acuirono, portandolo a dimettersi. Clara sostenne il marito, nonostante le sue preoccupazioni per il suo stato mentale sempre più labile. Tournée in Olanda e Hannover (fine 1853 – inizio 1854) furono un successo, ma poco dopo la malattia di Robert, forse dovuta a una sifilide pregressa, peggiorò drasticamente con “affezioni uditive” (allucinazioni sonore, dolori). Il 27 febbraio 1854, Robert tentò il suicidio gettandosi nel Reno, ma fu salvato e, il 4 marzo, ricoverato nella clinica per malattie nervose di Endenich, vicino Bonn. La tesi che Robert si sia ricoverato volontariamente per non nuocere alla famiglia è controversa e non supportata da fonti primarie certe, derivando principalmente dalla biografia di Litzmann, i cui materiali originali (diari di Clara) sono in gran parte andati perduti. A Clara fu negato l’accesso al marito per motivi medici e lo rivide solo il 27 luglio 1856, due giorni prima della sua morte, convinta che l’avesse riconosciuta.
Johannes Brahms visitò i Schumann a Düsseldorf il 30 settembre 1853, in un momento difficile per la famiglia. La sua musica e la sua personalità impressionarono profondamente Robert e Clara. Dopo il ricovero di Robert, il legame tra Clara e Brahms si intensificò. Brahms divenne un amico intimo e un sostegno indispensabile per Clara e la sua famiglia. È certo che Brahms fosse innamorato di Clara, come testimoniano le sue lettere. La natura esatta della loro relazione in quel periodo rimane incerta, poiché gran parte della loro corrispondenza fu distrutta. Le lettere superstiti di Brahms rivelano un’evoluzione da “Stimata Signora” a “Amatissima Amica” e “Amata Clara”, con espressioni di profondo affetto e amore. Dopo la morte di Robert, il tono delle lettere divenne più formale. Clara, in un diario per i figli, descrisse Brahms come un amico inviato da Dio, che amava profondamente per la “bellissima intesa delle nostre anime”.

Vita dopo Robert: concertismo, insegnamento e dolori familiari
Dopo la morte di Robert (29 luglio 1856), Clara affidò i figli maggiori a istituti o parenti. Nell’ottobre 1857, la donna si trasferì a Berlino (fino al 1863), dove l’amica Elisabeth Werner l’aiutava con la casa e i figli durante le sue tournée. Dal 1863 al 1873 visse a Baden-Baden, dove ebbe una relazione con il compositore Theodor Kirchner, interrotta poco tempo dopo a causa della ludopatia di lui e dell’incertezza dei suoi sentimenti. Ciò non le impedì però di continuare la sua acclamata carriera concertistica. Un grande dolore fu la malattia mentale del figlio Ludwig che, nel 1870, fu internato nell’ospedale psichiatrico di Colditz, dove morì nel 1899. Tornò a Berlino (1873-1878) per stare vicino ai figli, ma non si trovò a suo agio, soffrendo per dolori al braccio che le impedirono di concertare per un periodo e per la mancanza di un ambiente artistico stimolante. Un impiego alla Königliche Hochschule für Musik, purtroppo, non si concretizzò.

Gli ultimi anni a Francoforte, la malattia e la morte
Nel 1878, Clara fu nominata “prima insegnante di pianoforte” al neonato Dr. Hoch’s Konservatorium di Francoforte sul Meno. Insegnò anche privatamente e si dedicò anche alla curatela delle opere dell’ex marito per Breitkopf & Härtel e alla pubblicazione dei suoi scritti. Il suo ultimo concerto si tenne il 12 marzo 1891, a 71 anni. Negli anni successivi, soffrì di problemi all’udito che peggiorarono progressivamente, rendendole intollerabile l’ascolto della musica orchestrale, sebbene potesse ancora suonare e insegnare. Il 26 marzo 1896 subì un ictus e morì dopo un secondo attacco il 20 maggio 1896, all’età di 76 anni.

Clara la compositrice: evoluzione stilistica e riscoperta
Su indicazione paterna, Clara ricevette fin da bambina lezioni di teoria, contrappunto e composizione, oltre a violino e lettura della partitura. Le sue prime opere (opp. 1-10), come le Quatre Polonaises op. 1, erano destinate principalmente alle sue esibizioni e riflettevano il gusto virtuosistico dell’epoca, con un’armonia ricca e una metrica variabile, influenzate da Chopin, Spohr, Weber e Mendelssohn. Già in queste opere giovanili, dialogava musicalmente con Robert Schumann. Le composizioni femminili erano ancora viste come un’eccezione, ma la sua abilità fu riconosciuta, pur con qualche riserva paternalistica da parte di alcuni critici.
Con le Romanze per pianoforte op. 11 — nate durante il fidanzamento con Robert — il suo approccio compositivo cambiò e la virtuosità divenne secondaria rispetto all’espressività romantica e a una scrittura più complessa, influenzata da Robert Schumann e Mendelssohn. Robert la considerava una compositrice alla pari, auspicando una collaborazione artistica. Alcuni suoi Lieder furono pubblicati insieme a quelle di Robert nell’op. 37 n. 12 (Liebesfrühling di Rückert). Tuttavia, i doveri familiari e il costante confronto con il genio del marito generarono in lei dubbi sulle proprie capacità compositive, come espresso riguardo al suo Trio per pianoforte op. 17.
Una crisi creativa nel 1847 portò all’abbandono di un concerto per pianoforte e orchestra. Solo nel 1853 riprese a comporre con le Variazioni su un tema di Robert Schumann op. 20 che ispirarono le analoghe Variazioni op. 9 di Brahms. Seguirono le Romanze per pianoforte op. 21 e le Romanze per violino e pianoforte op. 22, e i Sei Lieder op. 23, opere che le diedero grande gioia. Dopo la morte di Robert nel 1856, la sua vena compositiva si spense quasi del tutto, con poche eccezioni. Dimenticata come compositrice per lungo tempo, è stata riscoperta dagli anni ’60, e le sue opere sono oggi studiate ed eseguite.

Clara l’editrice: la salvaguardia dell’eredità schumanniana
Clara partecipò alla preparazione delle edizioni delle proprie opere e di quelle di Robert già durante il matrimonio. Dopo la morte del marito, curò la pubblicazione di trascrizioni per pianoforte di Lieder di Robert Schumann (le 30 Mélodies), mirando a renderle accessibili pur rimanendo fedele alle intenzioni del compositore. Le sue due principali imprese editoriali furono i Robert Schumanns Werke (opera omnia, 1879-1893) e Robert Schumann: Klavierwerke. Erste mit Fingersätzen und Vortragsbezeichnungen versehene instruktive Ausgabe (edizione critica per la pratica pianistica, dal 1886), entrambe per Breitkopf & Härtel.
Per gli opera omnia collaborò strettamente con Johannes Brahms e altri musicisti, cercando di basarsi sui manoscritti originali e le prime stampe. Sorsero divergenze con Brahms riguardo a quali opere e versioni includere e Clara fu restia a pubblicare lavori che riteneva potessero recare tracce della malattia del marito, arrivando a distruggere alcune composizioni. L’edizione, pur autorevole, mancava di un apparato critico moderno.
L’edizione “istruttiva” delle opere pianistiche, invece, mirava a trasmettere la sua esperienza interpretativa attraverso diteggiature, indicazioni di pedale e fraseggio. Curò anche una raccolta di studi di Czerny e la pubblicazione delle Jugendbriefe (lettere giovanili) di Robert Schumann.

Der Mond kommt still gegangen: analisi
Questo Lied è un esempio squisito della sensibilità compositiva di Clara Schumann e della sua capacità di tradurre in musica le sfumature emotive della poesia romantica.
Il brano segue una forma strofica modificata (strofa 1 e 2 musicalmente quasi identiche, strofa 3 con significative variazioni), una struttura tipica del Lied romantico che permette di mantenere un’unità tematica pur adattando la musica alle diverse immagini e stati d’animo del testo.
Il brano si apre con un breve preludio pianistico, nel quale la mano destra disegna delicati arpeggi ascendenti e discendenti, creando un’atmosfera eterea e sognante. Queste figure arpeggiate caratterizzeranno gran parte dell’accompagnamento ed evocano immediatamente l’immagine del “silenzioso avanzare” della luna e la sua luce dorata. La mano sinistra fornisce un sostegno armonico discreto, con note tenute o movimenti lenti che contribuiscono alla sensazione di calma notturna. La dinamica è sommessa (piano).
La voce entra con dolcezza, su una melodia lirica e cantabile che si muove prevalentemente per gradi congiunti, confermando il carattere sereno e contemplativo. La linea melodica è fluida e naturale, adattandosi perfettamente alla prosodia del testo. Il registro è centrale, confortevole per la voce di soprano. Il pianoforte prosegue il motivo arpeggiato della mano destra, ora leggermente variato per integrarsi con la linea vocale. La mano sinistra mantiene il suo ruolo di fondamento armonico. L’effetto è quello di un cullare gentile, quasi una ninna nanna cosmica. L’armonia è prevalentemente diatonica, con accordi consonanti che rafforzano la sensazione di pace e serenità. La frase “[schläft] die müde Erde ein” ([si addormenta] la terra stanca) si conclude con una cadenza perfetta, portando un senso di quiete e riposo.
Un brevissimo interludio pianistico, che riprende il materiale dell’introduzione, collega la prima alla seconda strofa, mantenendo inalterata l’atmosfera. Musicalmente, questa strofa è una ripresa quasi letterale della prima, confermando la struttura strofica. Le leggere variazioni sono più nell’interpretazione dinamica e agogica che nella scrittura. Le immagini di “auf den Lüften schwanken” (fluttuano nell’aria) e “viel tausend Liebesgedanken” (molte migliaia di pensieri d’amore) sono cullate dalla stessa musica serena. La dolcezza della melodia e l’ondeggiare degli arpeggi pianistici si adattano bene all’idea di pensieri d’amore che fluttuano leggeri sui dormienti.
Simile al precedente, un nuovo interludio fa da ponte alla terza strofa. Qui avviene la “modifica” della forma strofica, poiché il focus del testo si sposta dall’osservazione generale della natura all’esperienza intima e personale dell’io lirico. Si avverte un’inflessione armonica più malinconica, con accordi che creano una maggiore tensione emotiva, forse con un uso più marcato di settime o un breve accenno al modo minore per sottolineare Dunkeln (oscurità) e la solitudine contemplativa dell’osservatore. L’armonia si fa leggermente più cromatica e introspettiva.
La linea melodica, pur mantenendo una sua cantabilità, assume un’inflessione più pensosa. L’accompagnamento si adatta e gli arpeggi persistono, ma il loro contesto armonico conferisce loro una nuova coloritura. Sulla parola still (silenziosamente), la dinamica ritorna molto sommessa, ma con una carica emotiva diversa, più intima e riflessiva rispetto alla serenità iniziale. Il pianoforte conclude il Lied con una coda che riprende il materiale arpeggiato dell’introduzione. Tuttavia, dopo l’esperienza emotiva della terza strofa, questi arpeggi sembrano ora tinti di una sfumatura più riflessiva. La musica si dissolve gradualmente (diminuendo), lasciando nell’ascoltatore una sensazione di quieta contemplazione, forse con un eco della malinconia appena espressa. La chiusura è pacata, come un sospiro notturno.
Nel complesso, Der Mond kommt still gegangen è un Lied che, nella sua apparente semplicità, racchiude una notevole profondità emotiva. Clara Schumann riesce a dipingere un quadro notturno che evolve da una serena contemplazione della natura a un’intima riflessione personale. La forma strofica modificata è impiegata con maestria per sottolineare questo passaggio. È una testimonianza della capacità di Clara Schumann di creare musica che parla direttamente all’anima, con grazia e profondità.

Clara Schumann, op. 13 n. 4

Copland & Dickinson

Aaron Copland (14 novembre 1900 - 1990): Twelve Poems of Emily Dickinson (1950). Barbara Bonney, soprano; André Previn, pianoforte.

  1. Nature, the gentlest mother

    Nature, the gentlest mother
    Impatient of no child,
    The feeblest or the waywardest, —
    Her admonition mild

    In forest and the hill
    By traveller is heard,
    Restraining rampant squirrel
    Or too impetuous bird.

    How fair her conversation,
    A summer afternoon, —
    Her household, her assembly;
    And when the sun goes down

    Her voice among the aisles
    Incites the timid prayer
    Of the minutest cricket,
    The most unworthy flower.

    When all the children sleep
    She turns as long away
    As will suffice to light her lamps;
    Then, bending from the sky,

    With infinite affection
    And infiniter care,
    Her golden finger on her lip,
    Wills silence everywhere.

  2. There came a wind like a bugle [4:00]

    There came a wind like a bugle;
    It quivered through the grass,
    And a green chill upon the heat
    So ominous did pass

    We barred the windows and the doors
    As from an emerald ghost;
    The doom’s electric moccasin
    That very instant passed.

    On a strange mob of panting trees,
    And fences fled away,
    And rivers where the houses ran
    The living looked that day,

    The bell within the steeple wild
    The flying tidings whirled.
    How much can come and much can go,
    And yet abide the world!

  3. Why do they shut me out of heaven? [5:29]

    Why do they shut Me out of Heaven?
    Did I sing too loud?
    But I can say a little “Minor”
    Timid as a Bird!

    Wouldn’t the Angels try me
    Just once more
    Just see if I troubled them
    But don’t shut the door!

    Oh, if I were the Gentleman
    In the “White Robe”
    And they were the little Hand that knocked
    Would I forbid?

    [Why do they shut Me out of Heaven?
    Did I sing too loud?]

  4. The world feels dusty [7:35]

    The World feels Dusty
    When We stop to Die
    We want the Dew then
    Honors taste dry

    Flags vex a Dying face
    But the least Fan
    Stirred by a friend’s Hand
    Cools like the Rain

    Mine be the Ministry
    When they Thirst comes
    Dews of Thyself to fetch
    And Holy Balms

  5. Heart, we will forget him [9:30]

    Heart, we will forget him
    You and I, tonight.
    You may forget the warmth he gave,
    I will forget the light.

    When you have done, pray tell me,
    That I my thoughts may dim;
    Haste! lest while you’re lagging,
    I may remember him!

  6. Dear March, come in! [11:41]

    Dear March, come in!
    How glad I am!
    I looked for you before.
    Put down your hat –
    You must have walked –
    How out of breath you are!
    Dear March, how are you?
    And the rest?
    Did you leave Nature well?
    Oh, March, come right upstairs with me,
    I have so much to tell!

    I got your letter, and the bird’s;
    The maples never knew
    That you were coming, – I declare,
    How red their faces grew!
    But, March, forgive me –
    And all those hills
    You left for me to hue,
    There was no purple suitable,
    You took it all with you.

    Who knocks? that April?
    Lock the door!
    I will not be pursued!
    He stayed away a year, to call
    When I am occupied.
    But trifles look so trivial
    As soon as you have come,
    And blame is just as dear as praise
    And praise as mere as blame.

  7. Sleep is supposed to be [13:53]

    Sleep is supposed to be,
    By souls of sanity,
    The shutting of the eye.

    Sleep is the station grand
    Down which on either hand
    The hosts of witness stand!

    Morn is supposed to be,
    By people of degree,
    The breaking of the day.

    Morning has not occurred!
    That shall aurora be
    East of Eternity;

    One with the banner gay,
    One in the red array, –
    That is the break of day.

  8. When they come back [16:57]

    When they come back if Blossoms do
    I always feel a doubt
    If Blossoms can be born again
    When once the Art is out

    When they begin, if Robins may,
    I always had a fear
    I did not tell, it was their last Experiment
    Last Year,

    When it is May, if May return,
    Had nobody a pang
    Lest in a Face so beautiful
    He might not look again?

    If I am there,
    One does not know
    What Party one may be
    Tomorrow, but if I am there
    I take back all I say

  9. I felt a funeral in my brain [18:48]

    I felt a funeral in my brain,
    And mourners to and fro,
    Kept treading, treading, till it seemed
    That sense was breaking through.

    And when they all were seated
    A service like a drum
    Kept beating, beating, till I thought
    My mind was going numb.

    And then I heard them lift a box,
    And creak across my soul
    With those same boots of lead, again.
    Then space began to toll

    As all the heavens were a bell,
    And Being but an ear,
    And I and silence some strange race,
    Wrecked, solitary, here.

  10. I’ve heard an organ talk sometimes [20:51]

    I’ve heard an Organ talk, sometimes
    In a Cathedral Aisle,
    And understood no word it said
    Yet held my breath, the while

    And risen up and gone away,
    A more Berdardine Girl
    Yet know not what was done to me
    In that old Hallowed Aisle.

  11. Going to heaven! [22:54]

    Going to Heaven!
    I don’t know when,
    Pray do not ask me how, –
    Indeed I’m too astonished
    To think of answering you!
    Going to Heaven! –
    How dim it sounds!
    And yet it will be done
    As sure as flocks go home at night
    Unto the shepherd’s arm!

    Perhaps you’re going too!
    Who knows?
    If you should get there first
    Save just a little place for me
    Close to the two I lost!
    The smallest “robe” will fit me,
    And just a bit of “crown”;
    For you know we do not mind our dress
    When we are going home.

    Going to Heaven!
    I’m glad I don’t believe it
    For it would stop my breath,
    And I’d like to look a little more
    At such a curious earth!
    I am glad they did believe it
    Whom I have never found
    Since the mighty autumn afternoon
    I left them in the ground.

  12. The Chariot [25:15]

    Because I could not stop for Death —
    He kindly stopped for me —
    The carriage held but just ourselves —
    and Immortality.

    We slowly drove — he knew no haste,
    And I had put away
    My labour, and my leisure too
    For His Civility —

    We passed the school, where children played,
    Their lessons scarcely done.
    We passed the fields of gazing grain,
    We passed the setting sun.

    We paused before a house that seemed
    a swelling of the ground;
    The roof was scarcely visible,
    The cornice but a mound.

    Since then ’tis centuries; but each
    Feels shorter than the day
    I first surmised the horses’ heads
    Were toward eternity.

ED

Six Elizabethan Songs

Dominick Argento (27 ottobre 1927 - 2019): Six Elizabethan Songs (1958). Barbara Bonney, soprano; André Previn, pianoforte.


  1. Spring (Thomas Nashe, 1567-1601: da Summer’s Last Will and Testament, 1592)

    Spring, the sweet Spring, is the year’s pleasant king;
    Then blooms each thing, then maids dance in a ring,
    Cold doth not sting, the pretty birds do sing,
    Cuckoo, jug-jug, pu-we, to-witta-woo!

    The palm and may make country houses gay,
    Lambs frisk and play, the shepherd pipes all day,
    And we hear aye birds tune this merry lay,
    Cuckoo, jug-jug, pu-we, to-witta-woo!

    The fields breathe sweet, the daisies kiss our feet,
    Young lovers meet, old wives a-sunning sit,
    In every street these tunes our ears do greet,
    Cuckoo, jug-jug, pu-we, to-witta-woo!
    Spring! The sweet Spring!

  2. Sleep (Samuel Daniel, 1562-1619: da Delia, 1592)

    Care-charmer Sleep, son of the sable Night,
    Brother to Death, in silent darkness born,
    Relieve my anguish and restore thy light,
    With dark forgetting of my cares, return;
    And let the day be time enough to mourn
    The shipwreck of my ill-adventur’d youth:
    Let waking eyes suffice to wail their scorn,
    Without the torment of the night’s untruth.
    Cease, dreams, th’ images of day-desires
    To model forth the passions of the morrow;
    Never let rising sun approve you liars,
    To add more grief to aggravate my sorrow.
    Still let me sleep, embracing clouds in vain;
    And never wake to feel the day’s disdain.

  3. Winter (William Shakespeare, 1564-1616: da Love’s Labour’s Lost V/2, 1597)

    When icicles hang by the wall
    And Dick the shepherd blows his nail,
    And Tom bears logs into the hall,
    And milk comes frozen home in pail;
    When blood is nipt and ways be foul,
    Then nightly sings the staring owl:
    Tu-who!
    Tu-whit! Tu-who! — A merry note!
    While greasy Joan doth keel the pot.

    When all aloud the wind doth blow,
    And coughing drowns the parson’s saw,
    And birds sit brooding in the snow,
    And Marian’s nose looks red and raw;
    When roasted crabs hiss in the bowl
    Then nightly sings the staring owl:
    Tu-who!
    Tu-whit! Tu-who! — A merry note!
    While greasy Joan doth keel the pot.

  4. Dirge (Shakespeare: da Twelfth Night II/4, 1602)

    Come away, come away, death,
    And in sad cypress let me be laid;
    Fly away, fly away, breath;
    I am slain by a fair cruel maid.
    My shroud of white, stuck all with yew,
    O prepare it!
    My part of death, no one so true
    Did share it.

    Not a flower, not a flower sweet,
    On my black coffin let there be strown;
    Not a friend, not a friend greet
    My poor corpse, where my bones shall be thrown:
    [A thousand, thousand sighs to save,]
    Lay me, O where
    Sad true lover never find my grave,
    To weep there!

  5. Diaphenia (Henry Constable, 1562-1613: Damelus’ Song to his Diaphenia, c1600)

    Diaphenia, like the daffadowndilly,
    White as the sun, fair as the lily,
    Heigh ho, how I do love thee!
    I do love thee as my lambs
    Are belovèd of their dams:
    How blest were I if thou would’st prove me.

    Diaphenia, like the spreading roses,
    That in thy sweets all sweets encloses,
    Fair sweet, how I do love thee!
    I do love thee as each flower
    Loves the sun’s life-giving power;
    For dead, thy breath to life might move me.

    Diaphenia, like to all things blessèd,
    When all thy praises are expressèd,
    Dear joy, how I do love thee!
    As the birds do love the spring,
    Or the bees their careful king, —
    Then in requite, sweet virgin, love me!

  6. Hymn (Ben Jonson, 1572-1637: Hymn to Diana)

    Queen and huntress, chaste and fair,
    Now the sun is laid to sleep,
    Seated in thy silver chair,
    State in wonted manner keep:
    Hesperus entreats thy light,
    Goddess excellently bright.

    Earth, let not thy envious shade
    Dare itself to interpose;
    Cynthia’s shining orb was made
    Heav’n to clear when day did close;
    Bless us then with wishèd sight,
    Goddess excellently bright.

    Lay thy bow of pearl apart,
    And thy crystal shining quiver;
    Give unto the flying hart
    Space to breathe, how short so-ever:
    Thou that mak’st a day of night,
    Goddess excellently bright.


Autunno – V

Felix Mendelssohn-Bartholdy (1809 - 1947): Herbstlied, duetto op. 63 n. 4 (1844); testo di Karl Klingemann (1798-1862). Barbara Bonney, soprano; Angelika Kirchschlager, mezzosoprano; Malcolm Martineau, pianoforte.

Ach, wie so bald verhallet der Reigen,
Wandelt sich Frühling in Winterzeit!
Ach, wie so bald in trauerndes Schweigen
Wandelt sich alle der Fröhlichkeit!

Bald sind die letzten Klänge verflogen!
Bald sind die letzten Sänger gezogen!
Bald ist das letzte Grün dahin!
Alle sie wollen heimwärts ziehn!

Ach, wie so bald verhallet der Reigen,
Wandelt sich Lust in sehnendes Leid.

Wart ihr ein Traum, ihr Liebesgedanken?
Süß wie der Lenz und schnell verweht?
Eines, nur eines will nimmer wanken:
Es ist das Sehnen, das nimmer vergeht.

Ach, wie so bald verhallet der Reigen!
Ach, wie so bald in trauerndes Schweigen
Wandelt sich alle die Fröhlichkeit!

(Oh, quanto presto s’arresta la danza, la primavera si tramuta in inverno; oh, quanto presto in doloroso silenzio si tramuta ogni allegria.
Presto si affievoliscono gli ultimi suoni! Presto se ne vanno gli ultimi alati cantori! Presto l’ultimo verde scompare! Tutti vogliono tornare a casa.
Oh, quanto presto s’arresta la danza e il piacere si trasforma in mesto dolore!
Eravate soltanto un sogno, voi, pensieri d’amore? Dolce come la primavera e presto svanito? Una cosa, solo una cosa non cambierà mai: la nostalgia, che mai se ne va.
Oh, quanto presto s’arresta la danza! Oh, quanto presto in doloroso silenzio si tramuta ogni allegria.)