Duetto per arpa e pianoforte

Joseph Wölfl (1773 – 21 maggio 1812): Grand Duett in si bemolle maggiore per arpa e pianoforte op. 27 (1805). Catherine Michel, arpa; Laure Colladant, pianoforte.

  1. Largo – Allegro
  2. Andante con variazioni [13:26]
  3. Rondò: Allegretto [19:30]


L’approfondimento
di Pierfrancesco Di Vanni

Joseph Wölfl: astro del pianoforte tra Mozart, Beethoven e la conquista dell’Europa musicale

Gli anni della formazione a Salisburgo
Joseph Wölfl viene oggi ricordato per essere stato il fondatore della scuola pianistica inglese, nonché come il primo teorico a concentrarsi sulla “Formenlehre”, ossia l’analisi formale dei pezzi musicali.
Nato a Salisburgo nella famiglia del funzionario fiscale Johann Paul Wölfl, trascorse l’infanzia nello stesso edificio in cui viveva Michael Haydn. La sua prima educazione musicale è incerta, potendo aver studiato sia con Michael Haydn che con Leopold Mozart, amico del padre. Già a sette anni si esibì pubblicamente come violinista solista. Il suo talento lo portò all’ammissione nel Kapellhaus, un internato per i cantori del Duomo, dove Michael Haydn e Leopold Mozart divennero ufficialmente suoi insegnanti. Qui ricevette una formazione musicale rigorosa, integrata da studi scientifici e linguistici. Dopo aver lasciato il Kapellhaus nel 1786, continuò lezioni private con Leopold Mozart fino alla morte di quest’ultimo nel 1787. Studiò successivamente all’Università benedettina di Salisburgo (1786-88). Seguirono due anni di cui si sa poco, durante i quali è probabile si sia perfezionato autonomamente come pianista, dato che nel 1790 si presentò a Vienna da W. A. Mozart come un virtuoso completo. Le opere giovanili (musica sacra, musiche d’armonia, danze, canoni) testimoniano anche studi di composizione.

L’affermazione tra Varsavia e Vienna
Su raccomandazione di Mozart, Wölfl divenne insegnante di pianoforte del principe Michał Kleofas Ogiński a Varsavia. Due anni più tardi si stabilì come musicista indipendente, ottenendo grande successo come pianista e insegnante fino alla terza spartizione della Polonia (1795). Durante questo periodo cambiò la grafia del suo cognome in Woelfl e accumulò una notevole fortuna. A Varsavia compose una sinfonia, un concerto per pianoforte e varie opere pianistiche, tanto che il 26 ottobre 1792 un concerto sinfonico fu interamente dedicato alle sue musiche.
Tornato a Vienna, egli si distinse come pianista e compositore di opere, musica da camera e per pianoforte. Compose diversi Singspiele per il Theater auf der Wieden di Emanuel Schikaneder e per i teatri di corte, lavori che ebbero successo a Vienna ma alterna fortuna altrove. Ad esempio, il suo Der Kopf ohne Mann (1798) fu stroncato a Lipsia come «uno dei peggiori spettacoli di marionette», sebbene la musica fosse apprezzata per alcune parti «molto buone» e altre «davvero belle». A Praga, invece, l’opera fu un trionfo, venendo tradotta e replicata in ceco.

Il leggendario “duello” pianistico con Beethoven
Le capacità pianistiche di Wölfl erano indiscusse. Nell’inverno 1798-99, presso la casa del barone Raymund Wetzlar von Plankenstern, si svolse un celebre “duello” pianistico tra Wölfl e Ludwig van Beethoven, di tre anni più anziano. Secondo il testimone Ignaz von Seyfried, si trattò di una serie di incontri in cui i due artisti presentavano le loro ultime composizioni e si sfidavano improvvisando su temi proposti dagli astanti, creando anche capricci a quattro mani su due pianoforti che, se trascritti, sarebbero stati capolavori. Seyfried non decretò un vincitore, ma descrisse stili opposti: Beethoven, dionisiaco e impetuoso, che rompeva ogni “catena”; Wölfl, di scuola mozartiana, apollineo, sempre chiaro, equilibrato e più accessibile al pubblico, con l’arte al servizio dell’espressione e non del virtuosismo fine a sé stesso.

Anni di viaggi e fama crescente
Nel marzo 1799 Wölfl partì per una tournée di un anno che toccò Praga, Dresda, Lipsia, Berlino e Amburgo. Dopo un breve ritorno a Vienna nell’estate 1800, lasciò per sempre la capitale asburgica. Le sue tournée gli assicurarono fama per il virtuosismo e l’inventiva compositiva, alimentando aneddoti sulla sua figura: a Praga si disse che perse al biliardo gli incassi di un concerto e stupì suonando da solo una composizione di Mozart scritta per pianoforte a quattro mani, mentre a Dresda suonò un difficile concerto trasponendolo da do maggiore a do diesis maggiore perché il pianoforte era accordato mezzo tono sotto. Era noto per programmi originali, come una “badinage musicale” a Berlino che includeva la descrizione di una tempesta marina. La sua corrispondenza con l’editore Breitkopf & Härtel rivela un umorismo talvolta grezzo, forse mutuato dai Mozart, come quando descrisse un incidente con il suo vaso da notte o quando commentò ironicamente che un oggetto caduto durante un suo concerto non avesse ucciso nessuno, cosa che «avrebbe contribuito molto alla glorificazione del mio concerto».

Il periodo parigino
Nel settembre 1801 Wölfl si stabilì a Parigi, ove rimase per quattro anni, pubblicò importanti opere strumentali e conquistò il pubblico. Pubblicò fra l’altro due nuovi Concerti per pianoforte presso l’editore Nadermann. Presentò anche due opere teatrali francesi, ossia L’Amour romanesque (1804) e l’opera eroica Fernand ou Les Maures (1805). Nei salotti parigini era chiamato “Monsieur Wolff”, poiché “Wölfl” era considerato un diminutivo irrispettoso per un artista della sua statura. Nonostante il successo, nel 1802-03 effettuò tournée in Belgio e Olanda e manifestò l’intenzione di trasferirsi a Londra, piano che inizialmente fallì.

L’apice della carriera a Londra e gli ultimi anni
Nel maggio 1805 Wölfl si trasferì a Londra, dove divenne richiestissimo. Si esibì al Covent Garden, nelle Hanover Square Rooms e al King’s Theatre, dove dopo la battaglia di Trafalgar compose il balletto celebrativo Naval Victory or Triumph of Lord Nelson. Il Concerto per pianoforte Le Calme (1806) ottenne un enorme successo. A Londra Wölfl entrò in contatto con figure chiave della vita musicale come Johann Peter Salomon, Muzio Clementi, Johann Baptist Cramer e Angelica Catalani. Nel 1807 ebbe un singolare “duello” di sonate con Jan Ladislav Dussek: Wölfl pubblicò la Sonata op. 42 Non plus ultra, cui l’editore di Dussek rispose con la Sonata op. 64 Plus ultra.
Wölfl divenne in breve tempo il musicista più importante di Londra, con guadagni superiori a quelli di Haydn, Mozart e Beethoven insieme. La maggior parte delle sue opere, in tutti i generi, fu composta in questo periodo. Morì il 21 maggio 1812 a Mary-le-bone, ricco e stimato, probabilmente per un edema polmonare. Il blocco continentale napoleonico ritardò la diffusione della notizia della sua morte in Europa. La sua prematura scomparsa fu attribuita all’intensa attività parallela di compositore, pianista e insegnante. Un necrologio affermò che non c’era quasi casa in Inghilterra senza una sua composizione sul pianoforte. Le sue opere continuarono a essere pubblicate per tutto il corso del XIX secolo. Già quando era in vita, i suoi successi suscitarono invidie, soprattutto da parte di autori continentali come Ignaz von Seyfried, che diffuse calunnie postume, poi smentite ma spesso riprese acriticamente.

L’eredità di Wölfl: il compositore
Wölfl fu un musicista versatile e, come pianista, esplorò e ampliò le possibilità dello strumento, emancipando la mano sinistra e introducendo la tecnica chiamata con termine inglese Wölfl-Jump. La sua formazione violinistica con Leopold Mozart arricchì la sua musica da camera con effetti specifici. La sua educazione vocale e l’esperienza come corista e continuista giovarono alle parti vocali delle sue opere. Sebbene formato dai Mozart, nelle composizioni si rifece a Haydn, specialmente nelle sinfonie e nei quartetti, mentre nelle opere teatrali e pianistiche assimilò sviluppi italiani, francesi e inglesi. Fu un ammiratore di J.S. Bach, esigendo che i suoi allievi conoscessero a memoria il Clavicembalo ben temperato. Le recensioni dell’epoca sottolineavano la scrittura contrappuntistica delle sue opere. Il trasferimento in Inghilterra lo portò a scrivere per un pubblico borghese, anticipando per certi versi la Salonmusik. Come insegnante, fu il primo in Inghilterra, secondo il suo allievo Charles Neate, a trattare la Formenlehre (analisi formale).

L’eredità di Wölfl: il pianista
Nella Vienna di fine Settecento, Wölfl si impose rapidamente, riconosciuto come allievo di Mozart per la chiarezza del tocco e la brillantezza tecnica. Introdusse accordi di ampia estensione, passaggi di terze e ottave e una nuova tecnica di salto che anticipa Liszt. Eccelleva nell’improvvisazione, come dimostrato dal confronto con Beethoven. Fu uno dei pianisti più acclamati in Europa e un modello per Mendelssohn e Liszt. È considerato il fondatore della scuola pianistica inglese, avendo formato Philip Cipriani Hambly Potter, che a sua volta influenzò generazioni di pianisti inglesi come direttore della Royal Academy of Music. La Méthode de Pianoforte op. 56 testimonia il suo approccio didattico sistematico.

Analisi del Grand Duett
Il Grand Duett in si bemolle maggiore per arpa e pianoforte op. 27, composto presumibilmente intorno al 1805-1807 durante il suo periodo londinese, è una testimonianza affascinante della maestria compositiva di Wölfl e della sua profonda comprensione delle capacità espressive e tecniche di entrambi gli strumenti. Quest’opera si colloca stilisticamente a cavallo tra il Classicismo maturo e il primo Romanticismo, esibendo la chiarezza formale tipica del primo e il crescente lirismo e virtuosismo del secondo. La scelta dell’insolita accoppiata arpa-pianoforte offre un terreno fertile per un dialogo strumentale ricco di sfumature timbriche.
L’opera si apre con un’introduzione di notevole ampiezza e carattere quasi improvvisatorio. L’arpa introduce l’atmosfera con ampi arpeggi e accordi risonanti in si bemolle maggiore, evocando un senso di solennità e introspezione. Il pianoforte risponde con accordi pieni e frasi melodiche più definite, stabilendo un dialogo riflessivo. La scrittura è ricca armonicamente, con un uso sapiente di sospensioni e modulazioni transitorie che creano un’aura di attesa e profondità emotiva. Wölfl esplora le diverse sonorità dei due strumenti: l’arpa con la sua qualità eterea e risonante, il pianoforte con la sua capacità di sostegno e pienezza armonica. La sezione costruisce gradualmente tensione, culminando in una cadenza sospesa che prepara l’ingresso dell’Allegro. Il Largo non è una semplice introduzione formale, ma un vero e proprio preludio espressivo che definisce il tono elevato del duetto.
L’Allegro, in forma-sonata, irrompe con energia e brillantezza. Il primo tema in Si bemolle maggiore è presentato con vigore dal pianoforte, caratterizzato da un ritmo marcato e da un profilo melodico ascendente e assertivo. L’arpa si unisce subito, raddoppiando o arricchendo la melodia con la sua timbrica distintiva e con brillanti arpeggi. Il tema ha un carattere quasi eroico, tipico dello stile “grande” dell’epoca. Una transizione modulante porta energia e movimento, con passaggi virtuosistici scambiati tra i due strumenti, conducendo alla tonalità della dominante, Fa maggiore. Il secondo tema offre un contrasto lirico e cantabile: più aggraziato e melodioso, è spesso affidato a un dialogo più intimo tra arpa e pianoforte, dove uno strumento espone la melodia mentre l’altro fornisce un delicato accompagnamento arpeggiato o accordale. Wölfl sfrutta qui la capacità dell’arpa di creare un tappeto sonoro scintillante. La coda dell’esposizione conclude questa sezione con passaggi brillanti e cadenzali in fa maggiore, riaffermando la nuova tonalità con slancio virtuosistico.
Lo sviluppo esplora i motivi tematici presentati nell’esposizione, frammentandoli e ricombinandoli in un tessuto armonico più instabile e modulante. Wölfl dimostra la propria abilità contrappuntistica e l’inventiva armonica, toccando tonalità minori che aggiungono un tocco di drammaticità. Il dialogo tra arpa e pianoforte si fa più serrato e complesso, con imitazioni e scambi rapidi di materiale tematico. C’è un notevole accumulo di tensione, che prepara il ritorno alla tonalità principale.
Il primo tema ritorna trionfalmente, ora con una strumentazione forse ancora più ricca e assertiva. La transizione, invece, è abilmente ricomposta per rimanere nell’ambito della tonalità d’impianto, senza modulare alla dominante. Il secondo tema mantiene il suo carattere lirico, ora ancorato alla tonalità principale. La coda della ripresa conclude la ripresa in si bemolle maggiore, con materiale cadenzale vigoroso. Il movimento si conclude con una coda estesa e brillante che rielabora ulteriormente il materiale del primo tema e introduce passaggi virtuosistici finali per entrambi gli strumenti. L’arpa si lancia in ampi arpeggi e glissandi, mentre il pianoforte risponde con scale veloci e accordi potenti, portando il movimento a una conclusione enfatica e trionfale.
Il movimento centrale, in mi bemolle maggiore (la sottodominante), offre un gradito contrasto lirico e contemplativo. Il tema è una melodia semplice, elegante e cantabile, dal carattere sereno e aggraziato. È presentato inizialmente dall’arpa in un registro medio-alto, con un accompagnamento discreto del pianoforte. La melodia è ben delineata, con frasi equilibrate tipiche dello stile classico, e si articola in una forma binaria (AABB), con entrambe le sezioni ripetute. Il pianoforte poi riprende il tema con lievi ornamentazioni.
Nella prima variazione, l’arpa elabora il tema con agili terzine e arpeggi, mentre il pianoforte fornisce un sostegno armonico e contrappuntistico. La melodia originale è ancora chiaramente percepibile.
Segue una seconda variazione dove il pianoforte prende il ruolo principale, presentando una versione più virtuosistica del tema con rapide scale e passaggi figurati, mentre l’arpa offre un accompagnamento più leggero e accordale, spesso con arpeggi spezzati.
Nella terza variazione, la tonalità si sposta in mi bemolle minore, conferendo alla variazione un carattere più malinconico e drammatico. La melodia è più frammentata e la scrittura più densa, con un dialogo intenso tra i due strumenti.
L’ultima variazione vede un ritorno a mi bemolle maggiore. Questa variazione è più brillante e ritmicamente vivace. Entrambi gli strumenti partecipano attivamente con passaggi scalari e arpeggiati, in un fitto intreccio che mostra le capacità tecniche degli esecutori.
Il movimento si conclude con una breve coda che riprende frammenti del tema in un’atmosfera più tranquilla e riflessiva, sfumando dolcemente in mi bemolle maggiore.
Il finale ritorna alla tonalità principale di si bemolle maggiore ed è un rondò vivace e spumeggiante, pieno di brio e fascino. Il tema principale è una melodia allegra, saltellante e orecchiabile, presentata inizialmente dal pianoforte e subito ripresa dall’arpa. Ha un carattere giocoso e leggero, tipico dei finali classici.
Il primo episodio contrasta con il tema principale, modulando brevemente e presentando un materiale melodico più cantabile e scorrevole, con un dialogo equilibrato tra i due strumenti. Dopo il ritorno del tema principale in si bemolle maggiore, riaffermando il suo carattere giocoso, entra un secondo episodio più esteso e sviluppato. Esso s’inizia con un cambio di carattere, introducendo un tema più lirico e appassionato. Wölfl sviluppa questo materiale con maggiore intensità armonica e passaggi più virtuosistici, specialmente per il pianoforte, mentre l’arpa fornisce un ricco sottofondo armonico. C’è una sezione più brillante e modulante che conduce abilmente al ritorno del tema principale.
Il tema ritorna ancora una volta, variato leggermente ma sempre riconoscibile. Il terzo episodio sembra riprendere materiale del primo, ma con una nuova elaborazione, mantenendo un carattere grazioso e scorrevole. Un’ulteriore, più concisa riaffermazione del tema principale conduce a una coda brillante e festosa che riprende frammenti del tema principale, accelerando progressivamente il tempo (stringendo) e intensificando il virtuosismo di entrambi gli strumenti. L’arpa si esibisce in spettacolari arpeggi e glissandi, mentre il pianoforte risponde con scale veloci e accordi finali decisi, portando il duetto a una conclusione esuberante e tecnicamente impressionante in si bemolle maggiore.
Nel complesso, l’opera si rivela di grande fascino e sfrutta abilmente le peculiarità timbriche e tecniche dell’arpa e del pianoforte. La scrittura è sempre elegante e ben bilanciata, con una chiara influenza mozartiana nella grazia melodica e nella trasparenza della forma, ma con un’energia e un virtuosismo che guardano già a Beethoven e al nascente spirito romantico. Wölfl dimostra una notevole padronanza della forma-sonata, della variazione e del rondò, arricchendole con un dialogo strumentale vivace e una scrittura idiomatica per entrambi gli strumenti. L’arpa non è relegata a un ruolo puramente accompagnatorio, ma partecipa attivamente al discorso musicale, spesso esponendo temi principali e impegnandosi in passaggi solistici di rilievo. Il pianoforte, d’altro canto, beneficia della scrittura di un virtuoso dello strumento, con passaggi brillanti e una solida base armonica.

Quintetto con flauto e arpa

Jean Cras (1879 - 14 settembre 1932): Quintetto per arpa, flauto, violino, viola e violoncello (1928). Catherine Michel arpa; Thomas Prévost, flauto; Marie-Christine Millière, violino; Jean-François Benatar, viola; Philippe Bary, violoncello.

  1. Assez animé
  2. Animé [5:37]
  3. Assez lent, sans traîner [12:24]
  4. Très animé [18:37]