Emil Sjögren (16 giugno 1853 - 1918): Quattro Pezzi per pianoforte op. 41 (1902-03). Ingrid Lindgren.
- Élegie sur le motif E-B-B-A (dedicata a Ebba Arndt)
- Le pays lointain [1:57]
- Humoreske [4:04]
- La Tourterelle [7:14]
L’approfondimento
di Pierfrancesco Di Vanni
Emil Sjögren: il viaggio romantico di un compositore svedese tra intimità e riconoscimento
Primi anni e formazione: tra instabilità e scoperte musicali
L’infanzia di Emil Sjögren fu segnata da un’alternarsi di insicurezza e stabilità: nato fuori dal matrimonio e affidato a una famiglia adottiva, fu riunito ai genitori solo cinque anni più tardi, quando il padre aprì un negozio di tessuti e poté sposare la madre di Emil. La stabilità fu di breve durata, poiché il padre morì in un incidente quando il piccolo aveva dieci anni, lasciando la madre Christina a mantenere la famiglia gestendo una piccola pensione, la quale divenne anche la casa di Emil fino al 1895. Da bambino, Sjögren era cagionevole di salute, ma descritto come inventivo e "alquanto birichino". Non eccelleva a scuola, ma era un lettore vorace, appassionato in particolare di una Illustrerad världshistoria (Storia del mondo illustrata) dal taglio politico radicale. La famiglia non aveva tradizioni musicali, ma il talento del giovane fu scoperto da Ludvig Ohlson, direttore musicale e uomo d’affari, probabilmente tramite Abraham Mankell, insegnante di musica di Emil e collega organista di Ohlson. A 16 anni Sjögren lasciò la scuola per iscriversi al conservatorio, e l’anno successivo iniziò a lavorare nel negozio di pianoforti di Ohlson e Isidor Dannström, accordando strumenti. Continuò questa attività per diversi anni, ma il mondo del commercio non faceva per lui. Al conservatorio, furono fondamentali gli insegnamenti dell’organista Gustaf Mankell, il quale notò il suo "delizioso talento" per
l’improvvisazione e della pianista Hilda Thegerström. Fuori dall’ambito accademico, due compositori di spicco, Ludvig Norman e August Söderman, funsero da mentori: il primo seguendo il suo sviluppo artistico e il secondo offrendogli consigli compositivi negli ultimi anni della sua vita. Durante gli studi, Sjögren iniziò a comporre le sue prime liriche (1871-73), annotate su un taccuino nero, affinando gradualmente il suo stile personale. In gioventù, strinse amicizia con due talentuosi compagni di conservatorio: il cantante Johannes Elmblad e il pianista Richard Andersson. Frequentava inoltre le feste degli studenti dell’Accademia Reale Svedese delle Belle Arti, per i quali suonava e componeva, entrando in contatto con molti giovani artisti svedesi, tra cui Carl Larsson, il quale gli fece un ritratto.
Debutto compositivo e affermazione iniziale
Il debutto ufficiale di Sjögren avvenne nel 1876 con la pubblicazione dell’op. 1, Fyra dikter (Quattro poesie), su testi dei poeti norvegesi Ibsen e Bjørnson, autori molto in voga e apprezzati anche dal suo mentore Söderman. Queste opere gli valsero una certa reputazione come compositore di liriche. Presto, però, si orientò verso la lingua danese, che divenne per lui cruciale. Nel 1879 vinse il concorso annuale della Società Svedese di Musica d’Arte con l’op. 3, sette liriche su poesie tratte dal Tannhäuser di Holger Drachmann. Seguì una vasta produzione di liriche su testi danesi di autori come Ernst von der Recke, J.P. Jacobsen e, più tardi, l’autrice svedese-danese Helena Nyblom. La musica di Sjögren, fresca e ispirata, era ammirata negli ambienti culturali di Stoccolma, sebbene alcuni criticassero una presunta carenza di perizia tecnica rispetto al suo talento compositivo. Grazie al sostegno finanziario dei suoi datori di lavoro, Ohlson e Dannström, nel 1879 si recò a Berlino per un anno di studi con il compositore Friedrich Kiel (contrappunto) e l’organista Karl August Haupt (tecnica organistica). Le liriche del Tannhäuser (op. 3) lo misero in contatto con l’editore musicale danese Henrik Hennings, il quale lo invitò a Copenaghen nell’autunno del 1883. Qui Sjögren vinse un concorso per pianoforte con la sua suite Erotikon ed entrò in contatto con un circolo di giovani autori e musicisti danesi, tra cui Holger Drachmann e il compositore Peter Erasmus Lange-Müller, che divenne uno dei suoi amici più intimi.
Il grande viaggio europeo (1883-85) e la Prima Sonata per violino
Grazie a benefattori privati e borse di studio pubbliche, Sjögren intraprese un tour europeo di due anni con Lange-Müller, soggiornando a Vienna (dove studiò strumentazione, probabilmente per qualificarsi come compositore orchestrale, come richiesto dall’Accademia reale svedese di musica), Merano (periodo particolarmente produttivo per liriche e pezzi pianistici), Monaco e Parigi. Durante il viaggio lavorò alla sua prima sonata per violino e, grazie ai contatti stabiliti a Lipsia nell’inverno 1885, l’opera fu pubblicata da Peters. Nell’autunno del 1885, tornò a Berlino, dove conobbe il giovane violinista Tor Aulin, il quale gli fornì consigli tecnici per la sonata. Nella primavera del 1886, gravemente ammalato, Sjögren rientrò in Svezia, ma non prima che la sua sonata per violino fosse eseguita in prima assoluta a Stoccolma (febbraio 1886) dal violinista francese Emile Sauret e dal pianista tedesco Felix Dreyschock, ricevendo lodi dalla critica, specialmente per il movimento lento.
Stoccolma (1886-1900): affermazione, incarichi e crisi personale
Nel 1881, Sjögren divenne organista presso la Chiesa riformata francese, ottenendo un modesto reddito. Lasciò il lavoro nel negozio di pianoforti nel 1883, pur continuando ad accordare strumenti per l’azienda. Dal 1886, insegnò composizione, teoria musicale e organo per due anni presso la scuola di pianoforte di Richard Andersson, senza però eccellere, secondo i contemporanei. Nel 1891, invece, ottenne l’importante incarico di organista della nuova Chiesa di San Giovanni a Stoccolma, per la cui inaugurazione nel 1890 aveva composto una cantata molto apprezzata. Mantenne questo incarico per il resto della vita, e le sue improvvisazioni all’organo divennero celebri, attirando folle di appassionati. Negli ultimi anni ’80, continuò a comporre liriche e pezzi pianistici, producendo la sua opera più famosa: la Sonata per violino n. 2 in mi minore. Ancora una volta, Tor Aulin lo assistette con la sua competenza violinistica, eseguendo la sonata in prima assoluta al primo festival musicale nordico di Copenaghen nel 1888, con il compositore al pianoforte. Tra gli ammiratori dell’opera vi fu Edvard Grieg. Nonostante i tentativi (come Bacchanal, Islandsfärd e Festspel), Sjögren non ebbe successo come compositore orchestrale. Tuttavia, negli anni ’90 si affermò come figura di spicco nella musica svedese, spesso definito "genio" e "il nostro principale poeta dei suoni". Un affresco nel nuovo teatro dell’opera (1897) raffigurava le muse con un libro di sue liriche. Fu contattato da autori come Strindberg e von Heidenstam per collaborazioni. Nonostante il prestigio, gli anni ’90 furono difficili: soffriva di una grave psoriasi e di alcolismo. La morte accidentale della madre nel 1895 lo privò di un punto di riferimento fondamentale. Dopo diverse relazioni complicate, nel dicembre 1897 sposò Berta Dahlman, che lo aiutò a ristabilirsi, riorganizzò la sua vita e divenne di fatto la sua manager, permettendogli di riprendere a comporre.
Parigi e Svezia (1901-18): riconoscimento internazionale e ultimi anni
Berta organizzò un viaggio a Parigi nel 1901, dove si tenne un concerto di opere del marito alla Salle Pleyel. Fu l’inizio di un’intensa promozione internazionale, supportata da numerosi musicisti che si esibivano gratuitamente. Fino al 1914, gli Sjögren visitarono Parigi quasi ogni anno, con numerosi concerti dedicati alle sue opere, alcuni dei quali sfarzosi (come quello alla Salle Gaveau nel 1908, dove Alexandre Guilmant eseguì in prima il suo Preludio e Fuga op. 48). Particolarmente significativa fu la collaborazione con il violinista George Enescu. Intorno al 1910, Sjögren raggiunse l’apice della sua attività, ottenendo successo in Francia, Germania e Inghilterra con le sue opere per pianoforte e le sonate per violino. Parallelamente, teneva numerosi concerti in Svezia. Nel 1910, la coppia acquistò una casa a Knivsta, che divenne la loro base, dove Sjögren compose le sue ultime opere, tra cui la Quinta Sonata per violino, la Sonata per violoncello e le Liriche Cinesi. Di salute cagionevole, Sjögren morì nel 1918 per una malattia cardiopolmonare.
Le opere: un catalogo ricco e innovativo
La produzione di Sjögren spazia attraverso diversi generi, con un’impronta stilistica distintiva.
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Liriche: il genere cui fu più spesso associato. Introdusse novità come una maggiore libertà strutturale rispetto al testo, una scrittura pianistica più ricca e un trattamento della dissonanza più audace rispetto alla musica svedese precedente. Tra le opere significative: le Liriche norvegesi op. 1, le liriche dal Tannhäuser di Drachmann op. 3 (tra le più eseguite oggi), le Sette Liriche spagnole op. 6 e le liriche su testi di poeti danesi come von der Recke (op. 11, 13) e J.P. Jacobsen (op. 22, con capolavori come Saa standsed og dér den Blodets Strøm). Spiccato il suo gusto per l’esotico (I seraljens lustgård, Molnet, le tre liriche cinesi). La produzione del XX secolo include Kärlekssånger op. 50 e le poesie di Helena Nyblom op. 63.
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Musica da camera: le cinque Sonate per violino, scritte in un arco di trent’anni, sono centrali. Rivitalizzò il genere in Svezia, infondendovi il suo personale linguaggio tonale, emotivo e lirico. Le prime due sonate (specialmente la n. 2 in mi minore, suo cavallo di battaglia) sono legate alla tradizione nordica. La Terza mostra influenze brahmsiane e francesi. La Quarta è dominata da arabeschi. La Quinta, dedicata a Enescu, è una sintesi delle precedenti, con un approccio più integrato alla forma sonata. Scrisse anche pezzi indipendenti per violino e pianoforte (es. Poème). La Sonata per violoncello e pianoforte op. 58 è un’opera importante nel repertorio svedese per questa formazione.
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Musica per pianoforte: numerose raccolte di pezzi caratteristici negli anni ’80 e ’90, tra cui Erotikon op. 10 (molto importante e spesso eseguita) e la suite På vandring. Nel XX secolo compose due Sonate per pianoforte (op. 35, 44), variazioni e un preludio e fuga (op. 39), generi poco esplorati in Svezia prima di lui. Fu innovativo, utilizzando un’ampia estensione della tastiera e creando specifici effetti sonori, ottenendo una "pienezza di consonanza" notevole.
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Musica per organo: produzione non vasta, ma significativa. Include tre serie di preludi e fughe (il primo convenzionale, i successivi più liberi nella forma) e Legender, una raccolta di 24 brevi pezzi d’atmosfera in tutte le tonalità, molto eseguiti.
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Opere di maggiori dimensioni: benché Sjögren non abbia portato a termine progetti come l’opera Galjonsbilden e un Concerto per pianoforte, alcuni suoi lavori hanno un respiro più ampio, come i lavori per coro maschile e orchestra Bacchanal e Islandsfärd, la Kantat vid invigningen av S:t Johannes kyrka e il pezzo orchestrale Festspel (1892).
Ricezione critica: dalla celebrità all’oblio e alla riscoperta
La ricezione di Sjögren ha seguito una traiettoria drammatica. Nei primi del ’900 era il compositore svedese più eseguito, acclamato come genio e la sua liricità definita "la più intensa immaginabile" (Peterson-Berger). Dopo la sua morte, vari fattori contribuirono al suo declino: la Prima Guerra Mondiale smorzò l’interesse per il romanticismo; la mancanza di opere puramente orchestrali fu vista come una debolezza; il suo stile di sviluppo tematico non seguiva i modelli di Beethoven o Brahms; il genere del lied perse importanza; e la sua musica per organo cadde in disuso con l’avvento del movimento organistico anti-romantico. Negli anni ’30-’50, la sua musica fu rispettata ma poco eseguita. Verso la fine del secolo, con la rivalutazione del Romanticismo e grazie a una nuova generazione di musicisti, la potenza espressiva della sua musica è stata nuovamente apprezzata. Tuttavia, la sua musica rimane una risorsa sottoutilizzata, specialmente nelle esecuzioni concertistiche professionali, sia per le opere note che per quelle dimenticate e, soprattutto, per le sue liriche.
Quattro Pezzi per pianoforte op. 41: analisi
Questa raccolta rappresenta una matura espressione del linguaggio tardo-romantico di Sjögren, caratterizzato da un lirismo intenso, armonie ricche e una scrittura pianistica raffinata ed esigente. Ogni pezzo possiede un carattere distintivo, pur condividendo una sensibilità nordica e un’eleganza che talvolta sfiora l’Impressionismo francese.
Come suggerisce il titolo, il primo pezzo è intriso di una profonda malinconia e introspezione. L’indicazione Andante tranquillo stabilisce un’atmosfera contemplativa. Il motivo E-B-B-A (mi-si♭-si♭-la) funge da nucleo tematico e affettivo, un vero e proprio motto dedicato a Ebba Arndt, figura importante per il compositore. Il pezzo si apre con il motivo presentato chiaramente nella mano destra, sostenuto da accordi pieni e cromaticamente ricchi nella mano sinistra, che spesso disegnano linee melodiche discendenti. L’armonia è densa, con un uso espressivo di pedali armonici e dissonanze che si risolvono con struggente dolcezza. Il motivo viene ripetuto e variato leggermente, mantenendo sempre la sua identità riconoscibile e continuando a permeare la scrittura, ma con una tessitura leggermente più trasparente e un andamento più scorrevole. Le armonie si fanno forse un po’ più luminose, pur conservando la base malinconica.
La seconda sezione rappresenta una sorpresa strutturale ed emotiva. Il carattere cambia radicalmente, diventando più leggero, quasi danzante, con un andamento più veloce e staccato, modulando brevemente verso tonalità maggiori. Il motivo E-B-B-A è ancora presente, ma trasformato ritmicamente e integrato in figurazioni più agili, quasi a voler evocare un ricordo fugace e meno doloroso. Si ritorna gradualmente all’atmosfera iniziale, con il motivo che riemerge nella sua veste elegiaca. La coda ripropone frammenti del motivo, spegnendosi progressivamente su un accordo di re minore, lasciando un senso di pacata rassegnazione. L’armonia è tipicamente tardo-romantica, con un intenso cromatismo, accordi di settima e nona, e modulazioni fluide che arricchiscono l’espressività. L’uso del pedale è fondamentale per creare l’atmosfera risonante. La scrittura pianistica richiede sensibilità nel fraseggio, controllo delle dinamiche e capacità di far cantare la melodia sopra un accompagnamento complesso. La sezione Scherzando richiede una diversa agilità e leggerezza di tocco.
Il titolo del secondo pezzo (Il paese lontano) evoca invece immediatamente un’atmosfera sognante, nostalgica e spaziosa. L’indicazione Andante sostenuto e la tonalità di re maggiore contribuiscono a creare un paesaggio sonoro avvolgente e quasi impressionistico. Il pezzo si apre con ampi arpeggi nella mano sinistra che stabiliscono un tappeto armonico lussureggiante. La mano destra espone una melodia cantabile, ampia e nobile, spesso raddoppiata all’ottava o armonizzata con accordi pieni. Il respiro è largo, evocativo. La melodia si fa più frammentata, le armonie più cangianti. Si nota un uso di accordi paralleli e progressioni cromatiche che intensificano l’atmosfera sognante. Ritorna il tema principale, con lievi variazioni nell’accompagnamento o nella dinamica. Il carattere si fa più animato e la scrittura più virtuosistica, con figurazioni arpeggiate e passaggi scalari nella mano destra, su un accompagnamento sempre ricco. Le armonie si muovono attraverso tonalità vicine, creando un senso di viaggio interiore. Particolarmente interessanti le sequenze di accordi che salgono e scendono cromaticamente. Il tema principale ritorna con maggiore pienezza sonora e intensità emotiva, quasi un culmine espressivo. Il pezzo si placa gradualmente, con arpeggi discendenti e accordi che si diradano, svanendo in una sonorità eterea e lasciando l’ascoltatore sospeso in questa "terra lontana". L’armonia è estremamente ricca, con un uso abbondante di accordi alterati, settime, none e modulazioni enarmoniche che creano un effetto coloristico quasi debussyano, pur mantenendo una solida base romantica. La scrittura pianistica è impegnativa, richiedendo ampiezza di suono, controllo del pedale per creare risonanze e legare le armonie, e abilità nell’esecuzione di arpeggi e accordi estesi.
Come tipico del genere umoresca, il terzo pezzo è caratterizzato da vivacità, spirito e contrasti d’umore. L’indicazione Allegro vivace e la tonalità brillante di re maggiore preannunciano un carattere giocoso e talvolta capriccioso. Il tema principale è energico e ritmicamente marcato, spesso con figurazioni staccate, salti e accenti giocosi, con una scrittura brillante e virtuosistica stabilita fin dall’inizio. Viene introdotto un secondo tema più cantabile e melodico in una tonalità vicina e il carattere si fa più tenero e meno irruente, offrendo un piacevole contrasto. Ritorna poi il tema principale con la sua energia iniziale.
La seconda sezione sviluppa il materiale precedente o introduce nuove idee, con passaggi tecnicamente impegnativi, modulazioni rapide e un carattere quasi improvvisativo. Si notano scale veloci, ottave spezzate e un dialogo serrato tra le mani. Il materiale principale riaffiora, preparando la conclusione. Una coda brillante e virtuosistica, con passaggi rapidi e accordi finali decisi che confermano la tonalità di impianto e chiudono il pezzo con slancio.
L’armonia è prevalentemente diatonica, ma con un uso efficace di cromatismi e modulazioni temporanee per sottolineare i cambi di carattere. La scrittura pianistica è decisamente la più virtuosistica della raccolta, richiedendo agilità, precisione ritmica, articolazione brillante (staccati, legati veloci), e padronanza di passaggi in ottave e accordi rapidi.
Il titolo dell’ultimo brano (La tortorella) suggerisce un pezzo delicato, aggraziato e forse imitativo del verso dell’uccello. L’indicazione Allegretto grazioso e il ritorno alla tonalità sognante di fa maggiore creano un’atmosfera di tenera eleganza. Il metro di 6/8 conferisce un andamento cullante, quasi di barcarola o siciliana.
Brevi e leggeri arpeggi introducono l’atmosfera eterea del pezzo. Una melodia dolce e cantabile, ornata da trilli delicati e gruppetti che possono ricordare il tubare della tortora, costituisce il tema principale, sostenuta da un accompagnamento è leggero e cullante. Segue un episodio leggermente più mosso e modulante, con la melodia che si sposta in registri diversi e la scrittura che si fa un po’ più densa. Si ha poi il ritorno del tema principale con la sua grazia iniziale. Il materiale tematico viene sviluppato con maggiore elaborazione armonica e figurazioni pianistiche più complesse, come cascate di arpeggi e passaggi melodici più estesi, creando un breve culmine espressivo. Il tema principale ritorna per l’ultima volta, seguito da una coda che riprende le figurazioni introduttive e si dissolve delicatamente, lasciando un’impressione di serena bellezza.
L’armonia è ricca e colorata, tipica di Sjögren, ma sempre al servizio della grazia e della cantabilità. La scrittura pianistica richiede un tocco delicato, grande cura nel fraseggio per gli abbellimenti e le linee melodiche, e un uso sapiente del pedale per creare un suono vellutato e risonante senza appesantire la tessitura.
Nel complesso, i Quattro Pezzi dell’op. 41 mostrano la maestria del compositore nel creare miniature pianistiche ricche di atmosfera e di invenzione melodica. Sebbene ogni pezzo abbia una sua identità ben definita, l’opera nel suo complesso è unita da un lirismo nordico profondo, da una sensibilità armonica raffinata che a tratti anticipa sonorità impressionistiche e da una scrittura pianistica che, pur essendo spesso esigente, è sempre idiomatica e al servizio dell’espressione musicale.
