Preludio e Fuga in sol minore

Maria Giacchino Cusenza (1898 - 6 agosto 1979): Preludio e Fuga in sol minore per pianoforte [la Fuga ha inizio a 6:15]. Calogero Di Liberto.



L’approfondimento
di Pierfrancesco Di Vanni

Maria Giacchino Cusenza: l’anima musicale di Palermo

Maria Giacchino Cusenza è stata una figura poliedrica e fondamentale nel panorama musicale italiano del Novecento. Artista di eccelse qualità, ha lasciato un’impronta indelebile come pianista, compositrice, didatta e animatrice culturale, diventando un punto di riferimento per la vita artistica della sua città e non solo.

Un talento nato in famiglia
La sua vocazione musicale affonda le radici in un ambiente familiare di antiche e solide tradizioni musicali: il padre Gaetano era trombettista al prestigioso Teatro Massimo di Palermo e anche i suoi fratelli e sorelle intrapresero carriere di successo: Carmelo fu contrabbassista e direttore d’orchestra, fondò il Coro della Conca d’oro, portandolo a riscuotere grandi successi in tutta Europa; Oreste fu invece violinista e violista eclettico, svolgendo la propria attività in Europa e negli Stati Uniti, fino a stabilirsi a Milano nelle orchestre della Rai e della Scala. Ancora, Maria Antonietta fu pianista e violoncellista e, infine, Livia fu anch’ella pianista, ma pure rinomata didatta.

Formazione e carriera concertistica
Dopo essere diventata alunna interna del Conservatorio di Palermo, la giovane si diplomò brillantemente a soli 17 anni sotto la guida di Alice Ziffer Baragli; si perfezionò poi con Alfredo Casella e Alberto Fano. Dotata di un vastissimo repertorio, intraprese una brillante carriera concertistica in Italia e all’estero. Oltre all’attività solistica, si dedicò con passione alla musica da camera, collaborando in duo con la sorella Livia, in trio con G. Martorana e T. Porcelli, e fondando il Quintetto femminile palermitano: quest’ultimo – che includeva anche la sorella violoncellista Maria Antonietta – rappresenta il primo esempio in Italia di una formazione stabile interamente femminile e debuttò al Teatro Massimo di Palermo il 7 maggio 1933.

La composizione e i riconoscimenti
Parallelamente alla carriera pianistica, Maria Giacchino coltivò lo studio della composizione con Antonio Scontrino, Alberto Favara e Mario Pilati, ricevendo incoraggiamenti da illustri contemporanei come Cilea, Pizzetti e Guerrini. Il suo talento compositivo le valse numerosi e importanti riconoscimenti: il Preludio e Fuga per pianoforte fu premiato dall’Accademia d’Italia nel 1937, mentre il Canto notturno fu insignito del primo premio al Concorso «Ada Negri» nel 1942. Ancora, il Corale e Variazioni fu premiato dal Sindacato nazionale musicisti nel 1955 e, infine, la Sonata in un tempo fu segnalata al concorso Premio Barbera nel 1946. Tra le sue oltre quaranta composizioni, spiccano anche opere come Il viandante, Aria e Danza, Sei personaggi in cerca d’esecutore e Tre Canzoni per Mariolina.

L’eccellenza nella didattica
La compositrice fu anche una straordinaria insegnante: come docente di pianoforte principale al Conservatorio di Palermo, diede vita a una vera e propria scuola pianistica che formò generazioni di musicisti e musicologi, tra cui Eliodoro Sollima e la nipote Anna Maria Giacchino. Il suo metodo – che fondeva le tecniche dei grandi maestri come Cortot e Rosenthal – fu apprezzato persino dal celebre pianista e pedagogo sovietico Heinrich Neuhaus, con cui era in contatto.

Impegno culturale e sociale
La sua influenza si estese attivamente a tutta la vita culturale siciliana. Fu una figura promotrice e instancabile, ricoprendo ruoli chiave in diverse istituzioni: fondò la sezione di Palermo dell’UCAI (Unione cattolica artisti italiani) e fu una delle cinque fondatrici del Club Soroptimist di Palermo. Inoltre, collaborò con giornali d’arte come “Aretusa” e “Peregrina”. Nel 1922, invece, fu socio fondatore dell’Associazione palermitana concerti sinfonici e nel 1944 della Società dei concerti del Conservatorio, per promuovere l’attività concertistica in città.

Eredità e riconoscimenti postumi
L’impatto di Maria Giacchino sulla cultura palermitana e nazionale è stato ufficialmente riconosciuto anche dopo la sua morte: nel maggio del 2003, un’aula del Conservatorio «V. Bellini» di Palermo è stata intitolata a suo nome, mentre nel 2004 l’Amministrazione comunale di Palermo le ha dedicato una via, consacrando per sempre il suo ruolo di protagonista della storia musicale della città.

Preludio e Fuga in sol minore
Questa composizione rappresenta uno dei vertici della produzione di Maria Giacchino Cusenza. Si configura come un dittico di grande impatto, in cui la libertà rapsodica e la drammaticità post-romantica del Preludio trovano il loro perfetto contrappeso nell’architettura rigorosa e intellettuale della Fuga. Si tratta di un lavoro che dimostra non solo una profonda conoscenza della tradizione, ma anche una spiccata capacità di reinterpretarla con un linguaggio novecentesco denso e personale.
Il Preludio si apre con un carattere di toccata-fantasia, impetuoso e quasi improvvisativo. L’influenza della grande tradizione virtuosistica tardo-romantica è evidente: si avvertono echi del pianismo monumentale di Liszt e della densità armonica e tessiturale di Rachmaninov e Skrjabin. La scrittura è prevalentemente drammatica, caratterizzata da un’ampia gamma dinamica e da una costante tensione emotiva.
Il brano inizia ex abrupto con una cascata vorticosa di arpeggi discendenti nella mano destra, sostenuta da accordi potenti e minacciosi nella sinistra: questa apertura stabilisce immediatamente la tonalità di sol minore e un’atmosfera cupa e agitata. La scrittura è virtuosistica e richiede grande agilità e controllo. A questa sezione di arpeggi segue una fase più declamatoria, con accordi massicci e linee melodiche cromatiche che aumentano la tensione.
In netto contrasto con l’impeto iniziale, emerge una seconda idea tematica dal carattere lirico e cantabile: la melodia, nobile e malinconica, si dispiega su un accompagnamento arpeggiato, fitto ma trasparente. Qui Cusenza esplora armonie più complesse e cangianti, tipiche del linguaggio del primo Novecento, che arricchiscono la tonalità di base senza mai abbandonarla del tutto. Questa sezione dimostra la sua capacità di creare momenti di intensa espressività e introspezione.
La fase di sviluppo vede l’intensificarsi e l’intrecciarsi delle due idee principali: le figurazioni virtuosistiche dell’inizio ritornano con ancora più veemenza, mentre frammenti del tema lirico vengono rielaborati in un contesto sempre più teso. La scrittura si fa progressivamente più densa, sfruttando l’intera estensione della tastiera. La tensione culmina in una serie di accordi martellanti e passaggi in ottave che portano il brano al suo apice dinamico ed emotivo, un vero e proprio muro sonoro di straordinaria potenza.
Dopo il climax, una spettacolare cadenza virtuosistica, di chiara matrice lisztiana, occupa la scena. Scale cromatiche rapidissime, arpeggi spezzati e passaggi funambolici richiedono all’esecutore una tecnica trascendentale: la cadenza funge da ponte verso la coda, dove l’energia iniziale viene riaffermata con accordi tonanti nel registro grave del pianoforte, che chiudono il Preludio in modo perentorio e definitivo sulla tonica sol minore.
Se il Preludio era il regno della libertà espressiva, la Fuga è un capolavoro di rigore costruttivo e profondità intellettuale: si tratta di una fuga a quattro voci, complessa e dal carattere severo.
Il soggetto – esposto nella voce di contralto – è il cuore pulsante dell’intera costruzione ed è una linea melodica spigolosa, dal ritmo incisivo (caratterizzato da note puntate) e dal profilo marcatamente cromatico. La sua natura inquieta e quasi tormentata definisce il carattere austero di tutta la Fuga.
L’esposizione segue le regole tradizionali, presentando il soggetto in tutte e quattro le voci: questo, come anticipato, viene presentato nel registro medio (contralto) in sol minore, mentre la risposta (reale) entra nel soprano in re minore (dominante). Contemporaneamente, la prima voce introduce un controsoggetto fluido e sinuoso, basato su semicrome, che crea un perfetto contrasto ritmico con il soggetto. Il soggetto riappare poi nel basso, nuovamente in sol minore, conferendo peso e profondità alla trama polifonica e, infine, la risposta conclude l’esposizione nel tenore, in re minore. A questo punto, il tessuto contrappuntistico a quattro voci è completamente stabilito.
Terminata l’esposizione, inizia la sezione di sviluppo, in cui Cusenza dimostra maestria contrappuntistica: brevi episodi (divertimenti), basati su frammenti del soggetto e del controsoggetto, modulano verso tonalità vicine, alternandosi a nuove entrate del tema principale. La compositrice fa uso di tecniche complesse per aumentare la densità e la tensione: in diversi punti, le entrate del soggetto si sovrappongono, con una voce che inizia prima che la precedente abbia terminato e questo crea un effetto di accumulazione e di incalzante intensità drammatica. Il soggetto viene inoltre presentato con varianti armoniche e inserito in contesti sempre nuovi, mantenendo viva l’attenzione dell’ascoltatore.
La Fuga culmina in una coda monumentale. La scrittura si trasforma: la polifonia lineare lascia il posto a una potente affermazione accordale del soggetto. Il tema viene esposto con accordi pieni e ottave ribattute, assumendo una dimensione quasi orchestrale. La tensione raggiunge il suo massimo, per poi risolversi in una serie di accordi finali che ribadiscono con forza la tonalità d’impianto, chiudendo il dittico con una simmetria potente e una sensazione di ineluttabile conclusione.

In sintesi, il Preludio e Fuga di Maria Giacchino Cusenza è un’opera di grande spessore che fonde magistralmente il virtuosismo post-romantico con la sapienza costruttiva barocca, dimostrando una personalità compositiva matura, originale e di altissimo livello.