La Gualterina – II


Girolamo Frescobaldi (1583 - 1643): Canzona nona detta la Gualterina a due canti (dal Primo libro delle canzoni, 1628). Musica Fiata e Novus Brass Quartet.
Ancora due interpretazioni di questa bella canzone strumentale che avevamo già ascoltato in altra occasione.



L’approfondimento
di Pierfrancesco Di Vanni

Girolamo Frescobaldi: vita, opere e eredità di un gigante del Barocco musicale

Giovinezza ferrarese e formazione sotto Luzzaschi
Frescobaldi nacque a Ferrara ai primi di settembre 1583 (battezzato il 13) nella famiglia di Filippo Frescobaldi e di una certa Lucrezia. La famiglia era di buona condizione, come testimonia l’acquisto di una casa nel 1584, ancora esistente. La sua formazione musicale avvenne sotto la guida di Luzzasco Luzzaschi, figura di spicco dell’ambiente musicale della corte estense di Alfonso II. La morte del duca nel 1597, senza eredi diretti, segnò la devoluzione di Ferrara alla Chiesa, un evento cruciale che cambiò le prospettive per gli artisti locali. È plausibile che il giovane Frescobaldi abbia assistito agli eventi musicali del novembre 1598 per le nozze tra Margherita d’Austria e Filippo III di Spagna, officiate a Ferrara dal papa Clemente VIII, che videro la presenza dei cantori pontifici (guidati da Ruggero Giovannelli) e della cappella ducale di Mantova (guidata da Claudio Monteverdi).

L’approdo a Roma e l’interludio fiammingo: prime pubblicazioni
La fine della corte estense spinse Frescobaldi, come altri artisti (incluso il suo maestro Luzzaschi, che pubblicò a Roma dedicando opere al cardinale Pietro Aldobrandini), a cercare nuovi mecenati. Si pose sotto la protezione dei Bentivoglio e probabilmente si recò a Roma con Guido Bentivoglio, nominato cameriere segreto del papa, forse già nel 1601. Sebbene fonti tardive lo indichino come organista (1603) e cantore (1604) della Congregazione dei musici di Roma, è certo il suo servizio come organista a S. Maria in Trastevere dal 1° gennaio al 31 maggio 1607. Nello stesso anno, Guido Bentivoglio fu designato nunzio apostolico in Fiandra e Frescobaldi lo seguì, viaggiando da giugno ad agosto fino a Bruxelles. Durante il suo soggiorno fiammingo (circa un anno), pur non essendo documentati contatti con musicisti locali come Pieter Cornet o Peter Philips, Frescobaldi preparò le sue prime pubblicazioni, tutte edite nel 1608: tre canzoni strumentali in un’antologia di Alessandro Raveri (Venezia), il Primo libro di madrigali a 5 voci (dedicato a Bentivoglio, Anversa) e il Primo libro delle fantasie a 4 voci (dedicato a Francesco Borghese, Milano). Sostò a Milano (giugno-luglio 1608) durante il viaggio di ritorno, riscontrando apprezzamento.

Organista a San Pietro: affermazione e dinamiche di mecenatismo
Grazie all’interessamento dei Bentivoglio e forse di Francesco Borghese, il 21 luglio 1608 Frescobaldi fu eletto quasi all’unanimità organista della Basilica di S. Pietro in Vaticano, succedendo a Ercole Pasquini, con uno stipendio di 6 scudi mensili. Prese servizio alla vigilia d’Ognissanti. Nel dicembre dello stesso anno, Enzo Bentivoglio (fratello di Guido) giunse a Roma come ambasciatore di Ferrara. Tuttavia, i rapporti con i Bentivoglio si interruppero bruscamente nel settembre 1609 a causa di un tentativo, da parte della famiglia, di far sposare Frescobaldi con una loro cantante, Angela, sua allieva, probabilmente per rimediare a una prepotenza subita dalla donna da parte del marchese Gaspare Martinengo. Nonostante la perdita di questa fonte di reddito, Frescobaldi trovò occasioni di guadagno esibendosi nei palazzi nobiliari romani, apprezzato come clavicembalista. Passò sotto la protezione degli Aldobrandini, in particolare del cardinale Pietro, cui dedicò nel 1615 il Primo libro dei ricercari e canzoni. Nel frattempo, il 18 febbraio 1613 sposò Orsola del Pino, da cui aveva già avuto un figlio, Francesco (1612), e da cui ebbe poi Maddalena (1613), Domenico (1614), Stefano e Caterina (1619).

Il Primo libro di toccate e la breve parentesi mantovana
La fama di Frescobaldi crebbe, attirando l’attenzione del cardinale Ferdinando Gonzaga, cui Frescobaldi dedicò il Primo libro di toccate e partite d’intavolatura di cembalo (dedica del 22 dicembre 1614). Quest’opera capitale ebbe una lunga gestazione compositiva e tipografica, con cinque edizioni fino alla versione finale del 1637; l’incisione delle lastre fu affidata all’allievo Niccolò Borboni già nel gennaio 1614. Parallelamente, si svolsero trattative per portare Frescobaldi al servizio dei Gonzaga a Mantova. Frescobaldi chiese un anticipo di 300 ducati (metà dello stipendio annuo) per coprire le spese di stampa delle Toccate, oltre a una casa e vitto. Giunse a Mantova il 28 febbraio 1615, ma il soggiorno fu breve: deluso dalla scarsa considerazione ricevuta dal duca (forse preoccupato per la guerra del Monferrato), tornò a Roma dopo soli due mesi, scrivendo al duca il 16 maggio per spiegare le proprie ragioni.

Un decennio di intensa attività editoriale e creativa a roma (1616-28 circa)
Negli anni successivi, Frescobaldi curò ristampe (Toccate, Ricercari e canzoni nel 1618) e pubblicò composizioni vocali in antologie. Nel 1622 un suo ingaggio come organista a Bologna non ebbe seguito. Il 1624 vide la luce un’altra opera centrale, il Primo libro di capricci, dedicato ad Alfonso, principe ereditario di Modena (Este), frutto di un lavoro meticoloso di correzione. Dal 1626, con l’editore veneziano Alessandro Vincenti, si aprirono orizzonti più ampi, con la ristampa cumulativa dei Capricci e dei Ricercari e canzoni. Il 1627 fu particolarmente fecondo, con il Secondo libro di toccate (dedicato a Luigi Gallo) e il Liber secundus diversarum modulationum (dedicato al cardinale Scipione Borghese). Nel 1628 pubblicò le Canzoni da sonare a più strumenti in duplice veste: in partitura (a cura dell’allievo Bartolomeo Grassi, dedicata a Girolamo Bonvisi) e in parti staccate (dedicate a Ferdinando II, granduca di Toscana).

L’esperienza fiorentina e il ritorno a Roma
La dedica a Ferdinando II de’ Medici preluse a un impiego come organista alla corte granducale di Firenze, dal dicembre 1628 all’aprile 1634. Durante questo periodo pubblicò i due libri di Arie musicali (1630), dedicati rispettivamente al granduca e a Roberto Obizzi. Partecipò a eventi musicali, come le celebrazioni per la canonizzazione di Andrea Corsini (1629, possibile esecuzione della sua Messa sopra l’aria di Fiorenza) e l’inaugurazione della Cattedrale di Colle di Val d’Elsa (1630). Fu anche organista del battistero fiorentino. Tra i suoi allievi fiorentini figurano Valerio Spada e Francesco Nigetti. Rientrato a Roma il 1° maggio 1634, riprese servizio a San Pietro con un aumento di stipendio e un beneficio per il figlio Domenico. A fine anno uscì un’edizione rielaborata delle Canzoni da sonare (dedicata al cardinal Desiderio Scaglia, 1635).

L’apice creativo: dai Fiori musicali alla versione definitiva delle Toccate
Nel 1635, presso Vincenti, pubblicò i Fiori musicali di diverse compositioni, opera XII, dedicata al cardinale Antonio Barberini, nipote di papa Urbano VIII. Questa è considerata una delle sue opere capitali. Nel 1637 seguì la ristampa definitiva dei due libri di Toccate, con un’importante Aggiunta al primo libro, testimonianza della sua maturazione stilistica. Il frontespizio del primo libro reca lo stemma del cardinale Francesco Barberini. Con queste opere, Frescobaldi raggiunse l’apice della sua parabola creativa.

Gli ultimi anni, la morte e l’eredità familiare
Successivamente apparvero a stampa solo una Couranta (1640, in una raccolta tedesca), la ristampa dei Capricci (1642) e, postumo, l’ultimo libro di Canzoni da sonare (1645, curato da Vincenti). Frescobaldi morì a Roma il 1° marzo 1643, dopo dieci giorni di “febbre maligna”, nella sua abitazione alla salita di Magnanapoli. Ricevette solenni onoranze funebri. La famiglia si trasferì in Borgo Vecchio. Il figlio Domenico continuò il servizio in Vaticano, compose poesie latine e lasciò una discreta libreria e quadreria.

Frescobaldi nel contesto del barocco romano e la sua “doppia anima” stilistica
Frescobaldi è annoverato tra i maggiori compositori barocchi, accanto a Giovanni Gabrieli e Monteverdi, come creatore del nuovo linguaggio musicale. Operò in una Roma artisticamente fiorente sotto Urbano VIII, epicentro del Barocco con Bernini, Borromini e Pietro da Cortona. Sebbene forse non attentissimo alle trasformazioni artistiche coeve, la sua musica presenta la stessa antitesi tra tradizione e innovazione: da un lato, opere nel severo stile contrappuntistico rinascimentale (fantasie, ricercari, capricci); dall’altro, lo stile fantasioso e imprevedibile (“stile concertato”) di toccate, partite e danze, tipico del Barocco. Questa duplicità (“prima pratica” e “seconda pratica”) è caratteristica dell’epoca. Peculiarità di Frescobaldi fu animare il contrappunto con linfa personale e non concedersi ai generi più popolari come l’opera e la cantata. Le sue toccate derivano dalla poetica degli “affetti” del madrigale estense (influenza di Luzzaschi). Capricci e Fiori musicali denotano una destinazione a un uditorio colto, sorprendendo la sua protezione da mecenati che favorivano generi da lui trascurati.

Desiderio di corte e impatto dell’opera: influenze e diffusione
I tentativi falliti di passare al servizio delle corti di Mantova e Firenze rivelano il suo desiderio di un ambiente più congeniale, forse nostalgico della corte estense. Nonostante le sue preferenze compositive, non fu un isolato; la sua fama di esecutore e improvvisatore fu precoce. Il suo magistero compositivo destò presto interesse. Michelangelo Rossi sviluppò in modo impressionante la concezione strutturale frescobaldiana. Johann Jacob Froberger, suo allievo documentato (1637-41), fu cruciale per la diffusione del suo linguaggio Oltralpe, coadiuvata dalla circolazione di stampe e manoscritti (come l’Intavolatura di Torino). La sua ricezione è testimoniata da opere come il compendio di Spiridion a monte Carmelo, copie manoscritte tedesco-austriache, la copia dei Fiori musicali di J.S. Bach (1714), e riferimenti in trattati (Wegweiser, Muffat, Fuhrmann). La lezione frescobaldiana persistette sia nell’aspetto toccatistico sia in quello contrappuntistico, anche in Italia.

Influenze subite, originalità formale e sviluppi innovativi
Possibili influenze su Frescobaldi potrebbero venire dalla scuola napoletana (Maione, Trabaci), sebbene contestate. Affinità più strette si riscontrano con E. Pasquini e, per la scrittura toccatistica liutistica, con Kapsberger, Melli e Piccinini. L’originalità di Frescobaldi emerge nelle toccate (libere da schemi) e nelle forme severe: fantasie, per la scrittura imitativa tematica; capricci come genere a sé, unendo variazione, imitazione e “obblighi”. Le canzoni sono multisezionali con fioriture toccatistiche. Nelle opere mature, si notano sviluppi innovativi: l’abbinamento toccata-ricercare (Fiori musicali) o toccata-canzone, fino alla compenetrazione dei generi. Questa contaminazione influenzerà Rossi, Froberger e la toccata nordeuropea fino a Bach. La forma della variazione si evolve verso un’unità continua (Cento partite sopra passacagli, prototipo per ciaccone e passacaglie successive). Frescobaldi eccelleva sia nella composizione libera (“stylus phantasticus“) sia nell’elaborazione di arie tradizionali (Monica, Fiorenza, Bergamasca, Follia, ecc.), formule convenzionali (esacordi) o onomatopeiche (Battaglia, Cucù), e melodie gregoriane (Fiori musicali).

Pratiche editoriali e la questione dei manoscritti
Per la stampa, Frescobaldi utilizzò incisione su rame e caratteri mobili, e diverse notazioni: intavolatura (per i due libri di Toccate), partitura (maggioranza delle opere contrappuntistiche come Fantasie, Ricercari, Capricci, Fiori musicali, Arie musicali), e parti separate (Madrigali, Liber secundus, Canzoni a più strumenti). Tuttavia, la sua attività creativa non si esaurì nelle stampe. Fonti antiche (Bartolomeo Grassi nel 1628, la Nota delli musei del 1664) attestano l’esistenza di numerose composizioni manoscritte, un campo di indagine ancora aperto per accertare autenticità e lezioni.

Canzona nona detta la Gualterina: analisi
Il brano è è tratto dal Primo libro delle canzoni a una, due, tre e quattro voci pubblicato da Frescobaldi nel 1628. Questo libro rappresenta un importante contributo al repertorio strumentale del primo Barocco italiano. La canzona, come forma, deriva dalla chanson polivocale franco-fiamminga e, nel XVII secolo, si era evoluta in una composizione strumentale multi-sezionale, caratterizzata da contrasti di tempo, metro, tessitura e carattere. La dicitura “a due canti” indica due linee melodiche superiori, sostenute dal basso continuo. La Gualterina è un esempio della maestria di Frescobaldi nel creare musica strumentale espressiva e virtuosistica. La canzona si articola in diverse sezioni chiaramente distinguibili, tipico dello stile frescobaldiano, che creano un mosaico sonoro ricco di varietà.
La prima sezione stabilisce subito un carattere energico, brillante e propulsivo, iniziando immediatamente con un vivace dialogo imitativo fra le due parti strumentali. La prima introduce un motivo ascendente con una figura ritmica puntata seguita da valori più brevi, a cui la seconda “voce” risponde quasi subito, creando un fitto intreccio contrappuntistico. Le linee melodiche sono agili, con passaggi scalari e intervalli non molto ampi. Prevalgono ritmi incalzanti, con un uso efficace di semicrome e crome che conferiscono slancio. Il basso continuo fornisce un solido supporto armonico e ritmico, sottolineando le cadenze e riempiendo l’armonia.
La seconda sezione contrasta di netto con la sezione precedente e ha carattere più lirico, cantabile, quasi malinconico o contemplativo. L’imitazione continua, ma con frasi più lunghe e un andamento più rilassato. due voci si intrecciano in modo più sinuoso. Si notano alcune dissonanze passeggere e risoluzioni che accrescono la tensione emotiva. I valori ritmici si allungano (semiminime, minime), contribuendo al carattere più pacato. Il continuo si fa più discreto, sostenendo le lunghe note delle due voci superiori e sottolineando le armonie cromatiche o più ricercate.
La terza sezione reintroduce un’atmosfera più vivace e ritmata, quasi di danza stilizzata. Le due voci superiori procedono spesso in modo più omoritmico o in imitazioni molto strette, creando una sensazione di compattezza. I motivi sono brevi, incisivi e ritmicamente ben definiti e le figure ritmiche sono ben scandite, con un andamento che potrebbe ricordare una vivace danza di corte. Il continuo fornisce un impulso ritmico marcato, quasi percussivo in alcuni momenti.
La quarta sezione è chiaramente danzante, leggero e aggraziato e ricorda una giga o una corrente veloce. Si stabilisce un dialogo serrato tra le voci superiori, con scambi di brevi frasi melodiche e ritmiche. Le melodie sono agili e presentano un profilo che segue l’andamento tipico delle danze in metro ternario: il ritmo dà un senso di fluidità e movimento circolare, mentre il continuo scandisce chiaramente il metro, supportando l’atmosfera di danza.
La quinta sezione è simile alla prima, ma forse con un accento ancora maggiore sul virtuosismo e sulla complessità contrappuntistica. Si può percepire qui un intenso lavoro imitativo, con passaggi veloci e brillanti che mettono in luce l’abilità tecnica degli interpreti. Si notano anche momenti di “stretto”, dove le entrate imitative si accavallano. Le linee melodiche sono molto elaborate, ricche di fioriture e passaggi di agilità e dominano figure ritmiche veloci e complesse. Il continuo è attivo e reattivo, seguendo e supportando i rapidi scambi delle voci superiori.
La sesta sezione porta di nuovo a un forte contrasto, simile alla seconda sezione ma forse con una maggiore intensità armonica ed espressiva. Le due voci superiori si muovono in modo più omogeneo o in lente imitazioni, creando armonie dense e ricche. Le frasi sono lunghe e sostenute, con un uso più audace della dissonanza e del cromatismo per fini espressivi, tipico dello “stile cromatico” frescobaldiano. Vi sono valori lunghi che permettono alle armonie di risuonare e all’espressione di approfondirsi. Il continuo gioca un ruolo cruciale nel realizzare le armonie ricercate di questa sezione.
La sezione seguente riprende un fitto dialogo imitativo, con una scrittura che spinge verso la conclusione. Vi sono motivi incisivi e brillanti, con passaggi che aumentano la tensione verso la cadenza finale, accanto a ritmi vivaci e propulsivi, con un progressivo stringendo implicito verso la fine. Il continuo è molto presente, fornendo una solida base armonica e un forte impulso ritmico per la conclusione. La canzona si conclude con una cadenza plagale o autentica ben affermata nella tonalità principale, conferendo un senso di chiusura definitiva.

La Gualterina è un eccellente esempio della forma canzona multi-sezionale, dove Frescobaldi dimostra la sua abilità nel giustapporre sezioni contrastanti per creare un’opera coesa ma varia. La logica formale risiede più nella successione di “affetti” e stili diversi che in uno sviluppo tematico rigoroso. Emerge chiaramente la “doppia anima” di Frescobaldi: da un lato il rigore contrappuntistico e la serietà espressiva, dall’altro la fantasia, il virtuosismo e l’attenzione al dettaglio ritmico e melodico. L’uso di sezioni Adagio ricche di dissonanze ed espressione (“durezze e ligature”) è un marchio di fabbrica. Nel complesso, il pezzo è una composizione affascinante che dimostra la genialità di Frescobaldi nel campo della musica strumentale. La sua struttura episodica, ricca di contrasti e di invenzioni melodiche e ritmiche, la rende un pezzo emblematico del primo Barocco.