In nocte secunda

Carlo Prosperi (1921 - 15 giugno 1990): In nocte secunda per chitarra, clavicembalo e 6 violni (1968). Andrea Botto, chitarra; Margherita Gallini, clavicembalo; Paola Besutti, Leandro Puliti, Chiara Foletto, Marcello D’Angelo, Francesco Di Cuonzo e Massimo Nesi, violini; dir. Mario Ruffini.



L’approfondimento
di Pierfrancesco Di Vanni

Carlo Prosperi, compositore fiorentino

Origini e formazione musicale (1921-40)
Nato a Firenze da Alfredo Prosperi e Maria Piani, trascorse L’infanzia nella sua città natale, dove si iscrisse al Conservatorio «Luigi Cherubini». Qui, nel 1940, conseguì il diploma in corno sotto la guida di Pasqualino Rossi. Un incontro determinante per la sua futura carriera fu quello con Luigi Dallapiccola, che lo iniziò ai principi dell’atonalità e della dodecafonia, diventando di fatto il suo maestro principale e punto di riferimento.

L’esperienza della guerra e della Resistenza (1940-44)
Con l’ingresso dell’Italia nel secondo conflitto mondiale, Prosperi fu inviato in Montenegro. Rientrò a Firenze nell’estate del 1943 per una breve licenza. Successivamente, si unì alle file della Resistenza, militandovi attivamente fino alla liberazione della città, avvenuta l’11 agosto 1944.

Prime composizioni e l’ombra di Dallapiccola (1940-44)
Parallelamente agli eventi bellici, tra il 1940 e il 1944, videro la luce le prime composizioni ufficiali di Prosperi. In queste opere giovanili, egli stesso spiegò di aver perseguito una «ricerca poliarmonica, o policromatica, senza abbandonare il concetto di tonalità». Contemporaneamente emergeva un dialogo artistico con il maestro Dallapiccola, evidente in titoli e approcci che sembravano riecheggiare le opere del mentore (ad esempio, la Sonatina profana di Prosperi del 1943 in risposta alla Sonatina canonica di Dallapiccola del 1942, o i Tre frammenti di Saffo di Prosperi del 1944 rispetto ai Cinque frammenti di Saffo di Dallapiccola del 1942).

Consolidamento professionale e vita familiare (1949-58
Nel 1949 Prosperi ottenne il diploma in composizione con Vito Frazzi e sposò Maria Teresa Ulivi. L’anno seguente iniziò a lavorare come assistente alla programmazione musicale presso la Rai, incarico che mantenne fino al 1958, operando prima nella sede di Torino e poi in quella di Roma.

La Schola fiorentina e l’approfondimento dodecafonico (1953-58c)
Il 1953 vide la nascita della figlia Giuliana. L’anno successivo, nel 1954, Prosperi, insieme ad altri cinque compositori legati all’insegnamento di Dallapiccola (Bruno Bartolozzi, Reginald Smith Brindle, Arrigo Benvenuti, Sylvano Bussotti, Alvaro Company), fondò la Schola fiorentina. Questo sodalizio mirava sia ad approfondire lo studio e la sperimentazione della tecnica dodecafonica, sia a promuovere la diffusione delle musiche dei suoi membri. L’esperienza attiva del gruppo durò circa cinque anni, ma i legami di amicizia e stima reciproca tra i componenti perdurarono a lungo.

Riflessione teorica e una dodecafonia personale: la "pluriserialità" (Anni ’50)
Durante gli anni ’50 Prosperi affiancò all’attività compositiva un’intensa riflessione teorica, volta a dare un fondamento concettuale alle sue scelte artistiche. Da ciò scaturirono l’articolo Dodecafonia e atonalità: due effetti della stessa causa (1956) e il saggio L’atonalità nella musica contemporanea (1957). Sul piano compositivo, Prosperi si distanziò dall’adesione dodecafonica di Dallapiccola, sviluppando tra la fine degli anni Quaranta e i primi Cinquanta una propria interpretazione della dodecafonia, definita "pluriserialità". Questo approccio rappresentava una rottura rispetto alle applicazioni tradizionali del metodo, sia quelle di Dallapiccola sia quelle del suo ideatore, Arnold Schönberg. Una prima applicazione matura di questa tecnica si trova nelle Variazioni per orchestra (1951). Il Concerto d’infanzia per orchestra con una voce femminile (1957), dedicato alla figlia, è emblematico della sua poetica: l’opera mirava a liberare il linguaggio dodecafonico dall’espressionismo nichilista, cercando invece di catturare la "poesia lieta dell’infanzia", la sua freschezza, serenità e meraviglia.

Ritorno a Firenze: insegnamento e impegno culturale (1958-Anni ’60)
Nel 1958 Prosperi lasciò il suo impiego alla Rai per dedicarsi all’insegnamento di armonia e contrappunto al Conservatorio di Firenze. Nel 1962 si ristabilì definitivamente con la famiglia nella sua città natale. Qui si dedicò con passione all’insegnamento (ottenendo la cattedra di composizione nel 1969) e partecipò attivamente al dibattito culturale e musicale. Fu coinvolto nelle iniziative dell’associazione Vita musicale contemporanea(1961-67), promossa da Pietro Grossi, con l’obiettivo di avvicinare il pubblico alla musica del suo tempo.

Visione sociale della musica e il rapporto con il pubblico
Nelle conferenze e nei dibattiti Prosperi enfatizzò la "missione sociale" della musica nella vita civile, pur mantenendo una prospettiva indipendente da impegni politici diretti o legami partitici. Esprimeva il desiderio di un rinnovamento e di una maggiore apertura di Firenze all’arte musicale contemporanea. Criticava da un lato le "forze contrarie" che spingevano verso il conservatorismo, e dall’altro individuava nel rifiuto della comunicazione e di una spiccata dimensione lirica da parte di molti compositori contemporanei una causa della frattura con il pubblico.

Maturità artistica, sperimentazione timbrica e la controversia di Noi soldà (anni ’60 – inizio anni ’70)
A partire dagli anni ’60 la produzione di Prosperi si distinse per una crescente attenzione all’aspetto timbrico e per scelte di organico non convenzionali. Ne sono esempi In nocte secunda per chitarra, clavicembalo e sei violini (1968) e il Concerto dell’arcobaleno per pianoforte, marimba e archi (1972). Un’opera cruciale, sia artisticamente sia umanamente, fu Noi soldà (1966), una «memoria per voce recitante, soprano, coro maschile e orchestra». Quest’opera, nata dal ricordo dell’esperienza bellica in Montenegro e con riferimenti alla tragedia degli alpini della Divisione Julia, utilizzava testi di Carlo Betocchi e stralci da Centomila gavette di ghiaccio di Giulio Bedeschi, dopo il fallito tentativo di usare testi di Brecht per questioni di diritti. La scelta di Bedeschi (che dopo l’8 settembre 1943 militò nella Rsi), la tematica bellica incentrata più sui soldati che sui partigiani, apparvero provocatorie. Una recensione sostanzialmente negativa di Massimo Mila sulla “Stampa” (10 ottobre 1971) segnò di fatto l’ultima esecuzione dell’opera e contribuì all’isolamento del musicista nel panorama culturale coevo.

Ultimi anni: isolamento, riconoscimenti e ricerca di essenzialità (anni ’70 – 1990)
Ebbe così inizio un’ultima, lunga fase nella vita di Prosperi. Nonostante continuasse a ricevere riconoscimenti (come la Medaglia di benemerenza della scuola, della cultura e dell’arte nel 1980), la sua presenza nelle programmazioni concertistiche divenne sempre più rara. Dalla seconda metà degli anni Settanta, anche la sua produzione compositiva iniziò a diradarsi. Nel 1978 completò il suo ultimo lavoro di grandi dimensioni, il balletto Elogio della follia per orchestra e voci, che non fu mai eseguito. Nelle opere del decennio successivo, proseguì la sua ricerca verso il lirismo e l’essenzialità della scrittura, privilegiando la dimensione cameristica (es. Canti dell’ansia e della gioia, 1980-82; O Diotima, 1981). Il 1° ottobre 1989 lasciò l’insegnamento al Conservatorio per limiti d’età. La sua ultima composizione completata, nel 1990, fu Tre poesie dal «Canzoniere» di Francesco Petrarca per soprano e viola, che si conclude con il sonetto La vita fugge e non s’arresta un’ora, riflesso della sofferenza intima vissuta dal musicista negli ultimi anni. Morì a Firenze il 15 giugno 1990 a causa di un attacco cardiaco.

In nocte secunda: analisi
Si tratta di una composizione cameristica per un organico inconsueto formato da chitarra, clavicembalo e sei violini. Questo brano si colloca in un periodo di matura sperimentazione per il compositore, profondamente influenzato dal magistero di Luigi Dallapiccola e dalla sua personale elaborazione della dodecafonia, definita "pluriserialità". L’opera, come suggerisce il titolo ("Nella seconda notte"), evoca un’atmosfera notturna, misteriosa e introspettiva, esplorando con maestria le potenzialità timbriche e tessiturali dell’ensemble.
L’aspetto più immediatamente affascinante del brano è la scelta e l’utilizzo dell’organico. Prosperi non tratta gli strumenti in modo convenzionale, ma ne esplora le sonorità più recondite e le interazioni più sottili. La chitarra apre il brano e ne costituisce spesso l’elemento più intimo e riflessivo. Il suo ruolo è multiforme:

  • arpeggi e accordi spezzati: spesso delicati, creano un senso di sospensione e mistero, quasi un respiro notturno;

  • suoni isolati e armonici: note singole, pizzicati secchi, armonici cristallini che emergono dal silenzio, contribuendo all’atmosfera rarefatta;

  • frammenti melodici: brevi spunti lirici, spesso malinconici o interrogativi, che non si sviluppano in temi veri e propri ma rimangono come gesti espressivi;

  • interazione con il clavicembalo: un dialogo costante, a volte di contrasto (risonanza della chitarra vs. secchezza del clavicembalo), a volte di fusione in un unico tessuto sonoro. Il clavicembalo, invece, introduce un timbro più brillante, incisivo e percussivo che contrasta e dialoga splendidamente con la chitarra e i violini;

  • arpeggi e figure staccate: spesso utilizzato con figure rapide, staccate, quasi puntillistiche, che aggiungono un elemento di scintillio e frammentazione;

  • cluster e accordi dissonanti: contribuisce alla tessitura armonica atonale con sonorità dense e a volte aggressive, ma sempre all’interno di una dinamica controllata;

  • Funzione ritmica: a volte fornisce brevi impulsi ritmici che animano la staticità di alcune sezioni.

I sei violini non sono trattati come una sezione d’archi tradizionale, ma come un insieme di voci individuali capaci di creare una vasta gamma di effetti timbrici e testurali:

  • Suoni tenuti e glissandi: spesso creano "veli" sonori, tappeti armonici eterei e fluttuanti, utilizzando suoni lunghi, sottili glissandi, e forse tecniche come il suono sul ponticello per ottenere timbri più aspri o spettrali;

  • cluster dissonanti: contribuiscono a momenti di maggiore tensione armonica;

  • pizzicati: aggiungono un ulteriore colore percussivo, dialogando con la chitarra e il clavicembalo;

  • frammenti melodici incisivi: brevi frasi, a volte all’unisono o in ottava, altre volte in una polifonia rarefatta, che emergono dalla tessitura;

  • polifonia frammentata: le sei voci si intrecciano creando una polifonia complessa ma trasparente, dove le singole linee mantengono una loro individualità pur contribuendo a un effetto d’insieme.

Il linguaggio del pezzo è decisamente atonale. Non vi sono centri tonali riconoscibili e la musica fluttua in un universo armonico mobile e ambiguo. La "pluriserialità" di Prosperi potrebbe manifestarsi nell’uso flessibile di brevi frammenti seriali o nella libera combinazione di altezze per evitare qualsiasi reminiscenza tonale. Le armonie sono spesso dense di dissonanze, ma queste non sono aggressive nel senso espressionista; piuttosto, contribuiscono all’atmosfera misteriosa e sospesa. Non ci sono melodie tradizionali estese: il materiale melodico è costituito da brevi gesti, frammenti, incisi, spesso separati da pause. Questi frammenti possono avere un carattere lirico (specialmente nella chitarra o in brevi interventi dei violini) ma non vengono sviluppati tematicamente. L’espressività è affidata più al colore timbrico, alla dinamica e all’articolazione di questi gesti.
Il brano non segue una forma tradizionale riconoscibile (come la forma sonata o il rondò). Piuttosto, si sviluppa come un flusso continuo di episodi sonori, caratterizzati da diverse combinazioni timbriche e densità tessiturali. La composizione sembra procedere per sezioni o "quadri" sonori che si susseguono, a volte contrastanti, altre volte evolvendo gradualmente l’uno dall’altro. Il brano inizia e si conclude con sonorità rarefatte, dominate dalla chitarra, creando un effetto di emersione dal silenzio e di dissolvenza finale, appropriato per l’evocazione notturna. Le pause giocano un ruolo strutturale ed espressivo fondamentale, creando momenti di sospensione e tensione e permettendo ai singoli eventi sonori di risuonare e di essere percepiti nella loro individualità.
Si alternano momenti di estrema rarefazione (chitarra sola, o dialogo chitarra-clavicembalo con poche note) a momenti di maggiore densità, specialmente quando i sei violini intervengono con tessiture più complesse. Tuttavia, la trasparenza cameristica è quasi sempre mantenuta. Le idee musicali sono presentate come gesti che appaiono, si trasformano brevemente, e poi lasciano spazio a nuovi gesti. Non c’è uno sviluppo tematico nel senso classico, ma piuttosto una continua metamorfosi del materiale sonoro.
Nel complesso, In nocte secunda è un’opera affascinante che dimostra la maestria di Prosperi nel manipolare timbri e tessiture in un contesto atonale. La sua personale interpretazione delle tecniche seriali si traduce in una musica che è al contempo rigorosa nella sua concezione e libera nella sua espressività. Il brano è un eccellente esempio della "attenzione all’aspetto timbrico e per scelte d’organico inconsuete" che caratterizza la sua produzione matura. È una musica che richiede un ascolto attento per coglierne tutte le delicate interazioni e la raffinata tavolozza sonora, confermando Prosperi come una voce originale e significativa nel panorama musicale italiano del Novecento.