Arnold Schoenberg (13 settembre 1874 - 1951): Suite per pianoforte op. 25 (1921-23). Paul Jacobs.
- Präludium: Rasch
- Gavotte: Etwas langsam [0:55]
- Musette: Rascher [2:12]
- Intermezzo [4:52]
- Menuett und Trio: Moderato [8:45]
- Gigue: Rasch [13:04]
« I primi pezzi dodecafonici furono alcuni tempi della Suite per pianoforte [op. 25], composti nell’autunno del 1921. Il vero significato della mia ricerca mi si palesò attraverso questi pezzi. lo mi ero inoltrato inconsciamente per questa via, e l’avevo scoperta attratto da una meta: quella dell’ordine e della disciplina formale. Come potete osservare non si trattava di una via diritta, nè essa, come accade sovente nelle correnti artistiche, era stata sollecitata dal desiderio di originalità. Personalmente provo repulsione all’essere considerato un rivoluzionario, appunto perché non lo sono. Dai miei esordi ho posseduto una disposizione per la forma, basilare e sviluppata, e una forte ripugnanza verso le esagerazioni. Non si tratta di un ritorno all’ordine, giacché non vi fu mai disordine, ma, al contrario, di un’ascesa verso un ordine più alto e migliore » (Arnold Schoenberg, lettera a Nicolas Slonimsky del 3 giugno 1937).
La serie dodecafonica su cui si fonda la Suite op. 25 è MI–FA–SOL–RE♭–SOL♭–MI♭–LA♭–RE–SI–DO–LA–SI♭.

senti… sarà pure un un ordine più alto e migliore ma… io non riesco neanche a capire di che colore è il gatto che passeggia sul pianoforte. Non ce la faccio…
me ne torno alla mia adorata musica barocca! Addio!
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Anche per questo pezzo, nulla da obiettare, davvero molto interessante😊
Questa suite vede la sua genesi negli anni compresi tra il 1921 e il 1923 ed è la prima opera del compositore a impiegare in ogni movimento la tecnica dodecafonica o, come la chiama Schoenberg, una fila di “12 toni legati solo l’uno all’altro”.
La prima esecuzione della suite risale al 25 febbraio 1924, da parte dell’allievo del compositore Eduard Steuermann.
Con la scrittura della prima versione del Preludio e dell’Intermezzo, Schoenberg affermò che “aveva trovato qualcuosa che assicurerà la supremazia della musica tedesca per i prossimi cento anni” e non ebbe tutti i torti, in quanto la tecnica dodecafonica avrebbe lasciato il segno nella musica del XX secolo nei modi più disparati.
Tuttavia, più che enormi influenze sulla musica futura, il compositore sosteneva che il suo metodo potesse agevolare i suoi stessi sforzi creativi e, nonostante le diverse conseguenze, le sue opere successive mostrano che aveva trovato forme convenzionali per il suo nuovo linguaggio musicale post-tonale.
La suite si rifà alla musica di Bach e, indirettamente, a quella di Mozart, ma anche alla musica del XIX secolo, inserendo le forme del passato in un nuovo contesto, come aveva già fatto con la sua precedente Gavotte e Musette (1897) per orchestra d’archi.
La serie dodecafonica adottata si basa parzialmente sul tema B-A-C-H, un crittogramma musicale spesso usato nella musica del passato e viene impiegata soltanto in alcune delle 48 possibili permutazioni (la serie originale, la retrogradazione, l’inversione, l’inversione della retrogradazione e la sua trasposizione in tritono).
Il Preludio (prima stesura 24-29 luglio 1921) si basa su alcune ripetizioni della serie, introdotta insieme al tema iniziale stesso.
A seguire, la Gavotta e la Musette presentano un ritmo molto vario e un accompagnamento sincopato che rendono complicato identificare il metro utilizzato. D’altro canto, però, le origini danzanti del movimento sono chiaramente percepibili, specialmente se si fa un raffronto con la musica bachiana.
L’Intermezzo (prima stesura 25 luglio 1921), nonostante sia stato scritto insieme al Preludio, si differenzia da quest’ultimo per la presenza di un contrasto tra voce superiore e voce grave, contrapponendo una formula di accompagnamento all’acuto e una melodia calma al basso.
Il Minuetto e il Trio, invece, presentano un Martellato che collega tutte le permutazioni della serie che compaiono nell’opera in un episodio che dura pochissimo, con un Minuetto dalla melodia cantilenante.
La Giga finale, invece, si basa su un metro di 2/2 ed è un movimento di grande energia ritmica. Il ritmo viene spesso variato e vi sono occasionali passaggi a battute da 3/4. Molto probabilmente, il compositore conosceva la Giga in Sol maggiore KV 574 di Mozart, la quale segue lo stesso andamento.
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Non c’è dubbio, Pierfrancesco. Il Trattato di armonia di Schoenberg dimostra che le conoscenze dell’autore nell’ambito della storia musicale erano straordinariamente profonde 🙂
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Buona serata e a domani! 😊
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Grazie, altrettanto a te 🙂
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Amo la musica dodecafonica di Schoenberg, ti ringrazio per questa perla.
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Ma grazie a te 🙂
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la pittura sembra Franz Marc ( che am0 molto). Le dodecafonia per me è faticosa. Non riesco proprio a capirne il senso se non la tragica interpretazione letteraria del mondo contemporaneo.
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Sì, è Das Reh fühlt di Franz Marc.
Il senso della dodecafonia è: abbiamo esaurito tutte le possibilità della musica tonale, per continuare a comporre senza ripetere stancamente i modelli del passato ma anzi cercando di dare al nostro lavoro un tratto di originalità ci dobbiamo inventare qualcosa di diverso.
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