The Machine Age

William Albright (20 ottobre 1944 - 1998): The Machine Age, « A Set of Short Piano Pieces for Our Time » (1988). Ricardo Descalzo.

  1. The Ever-Blinking Eye [0:32]
  2. Player-Piano on Broadway [2:30]
  3. The Computer’s Revenge (Scherzo) [3:38]
  4. Blues for Cristofori (Lullaby pian’e forte) [5:48]
  5. Robot Drummers (From Hell) [8:40]
  6. Prayer [10:26]

The Machine Age, 1

11 pensieri riguardo “The Machine Age

  1. Buongiorno e buon inizio di settimana, caro Claudio, grazie mille per aver condiviso questo pezzo “meccanico”, davvero ipnotico e incalzante! Ottima esecuzione da parte del pianista e ottime riprese – molto coinvolgenti, sembrava davvero di stare in quella stanza accanto all’esecutore 😊

    Albright viene ricordato come uno dei compositori più talentuosi del secolo scorso e, grazie alla sua maestria, è riuscito a produrre davvero molto nella sua breve vita, stroncata da un’insufficienza epatica dovuta all’alcolismo – più di molti altri compositori a lui contemporanei, sia a livello compositivo che a livello didattico.

    Si approcciò al pianoforte all’età di cinque anni, studiando inizialmente presso il Julliard Preparatory Department (1959-1962), dove ebbe come insegnanti Rosetta Goodkind (pianoforte) e Hugh Aitken (teoria musicale e composizione). Proseguì poi alla Eastman School of Music (1962-1963) e, infine, all’Università del Michigan, dove studiò con Ross Lee Finney, Leslie Bassett e George Rochberg (composizione) e con Marilyn Mason (organo).

    Tra il 1968 e il 1969, invece, trascorse un periodo di studio al Conservatorio di Parigi, dove ebbe come insegnanti Olivier Messiaen, George Rochberg e Max Deutsch. L’anno successivo, infine, conseguì un dottorato in composizione, eseguendo la sua Alliance per orchestra, un ampliamento del suo precedente lavoro di laurea, Masculine-Feminine Part I (1967).

    Al termine dei suoi studi nel 1970, divenne membro della facoltà di musica dell’Università del Michigan, dirigendo il dipartimento di composizione e il corso di musica elettronica, specializzandosi nell’insegnamento della nascente musica elettroacustica, ovvero l’unione di strumenti acustici tradizionali con mezzi elettronici.

    In questi anni, il dipartimento di composizione dell’università conobbe il suo massimo splendore e, inoltre, il compositore fu molto apprezzato dai suoi studenti per il modo in cui permetteva loro di trovare e sviluppare il loro stile musicale e, per il suo impegno, fu insignito dal consiglio accademico con il Distinguished Teaching Award.

    Ancor prima di laurearsi, Albright fu insignito di vari premi e onorificenze, come il Premio Queen Marie-Jose per il suo Organbook I (1967), il Premio dell’American Academy of Arts and Letters (1970) e varie borse di studio.

    Nel 1974, invece, scrisse la Chicester Mass, in occasione del 900° anniversario della cattedrale omonima mentre, cinque anni più tardi, fu scelto per rappresentare gli Stati Uniti al Rostrum Internazionale dei Compositori dell’UNESCO. Fu anche compositore residente all’Accademia Americana di Roma.

    Nei suoi ultimi anni, fu nominato compositore dell’anno dall’American Guild of Organists (1993) e premiato dal Richard Wagner Center (1995) per le sue eccezionali composizioni corali.

    La sua musica univa elementi tonali e non tonali con la musica popolare americana e la musica colta non occidentale, creando una musica “polistilistica” o “quaquaversale”, rendendo molto difficile distinguere un suo stile generale. Alcune sue composizioni, addirittura, fanno riferimento al movimento artistico surrealista e presentano elementi umoristici.

    Sebbene Albright abbia esplorato vari stili, egli aveva l’abitudine di esplorare un genere specifico all’interno di un singolo movimento, pur impiegando vari stili nel corso di una intera composizione. Questa tendenza, unita all’abilità nel creare allusioni ad altri pezzi senza mai citarli direttamente, è molto evidente nelle sue enormi Five Chromatic Dances (1976) per pianoforte.

    La sua produzione annovera anche pezzi sacri, soprattutto inni, adottati dalle Chiese Unitariane ed Episcopali e inseriti in vari innari.

    Tra le sue influenze, si ricorda pure il ragtime, genere nel quale scrisse varie composizioni, facendo anche varie registrazioni di rags per pianoforte di Scott Joplin e altri compositori.

    Accanto alla composizione e all’insegnamento, Albright si dedicò anche alla carriera concertistica, come organista e pianista virtuoso, esibendosi in numerosi recital nel Nord America e in Europa.

    Fu anche organista principale del Festival Internazionale di Musica Organistica Contemporanea (1976) alla Hartt School of Music. Precedentemente, gli fu commissionata l’opera organistica Stipendium Peccati, sempre per lo stesso festival.

    La sua The Machine Age fu pubblicata nel 1991 dall’editore Henmar di New York. I suoi movimenti fanno riferimento a immagini dell’epoca e a vari oggetti meccanici ed elettronici, come il computer, l’orologio digitale lampeggiante, i batteristi robot e il pianoforte meccanico. Il movimento finale, a differenza degli altri cinque, trova la sua fonte di ispirazione in una poesia scritta nel 1963 dal poeta statunitense Christopher Smart.

    Buona giornata e a presto!

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