15 pensieri riguardo “Preludi in stile jazz

  1. Buongiorno, caro Claudio, grazie mille per aver condiviso questi splendidi preludi, un’interpretazione davvero eccezionale! 😊

    Di origini ucraine, Kapustin trascorse la sua infanzia da emigrato in Kirghizistan, a causa dello scoppio della Grande Guerra Patrottica che sconvolse il suo paese. Nel biennio successivo (1941-1943), però, poté far ritorno in patria, stabilendosi dapprima a Tokmak e poi a Horlivka.

    In quest’ultima città, il giovane iniziò dapprima a studiare privatamente il pianoforte, sotto la tutela di Pyotr Ivanovich Vinnichenko e Lyubov Frantsuzova. Proseguì poi la sua formazione musicale alla Scuola Accademica di Musica del Conservatorio Statale “Tchaikovsky” di Mosca, dove studiò composizione e pianoforte con Avrelian Grigorievich Rubbach.

    Il suo apprendistato con Rubbach fu fondamentale, in quanto questi si è rivelato una figura chiave per Kapustin, “insegnandogli veramente a suonare il pianoforte”, incoraggiandolo a interessarsi al jazz e spingendolo a comporre alacremente, contribuendo a sviluppare le sue già precoci doti improvvisative e compositive (già all’età di 13 anni, aveva composto la sua prima sonata per pianoforte).

    Durante il periodo del “disgelo post-staliniano”, l’interesse per il jazz aumentò notevolmente, ma questi sviluppi non furono ben visti dal regime sovietico. Kapustin dichiarò che “all’inizio degli anni ’50, era completamente vietato, e nelle nostre riviste c’erano articoli che dicevano che era una tipica cultura capitalista, quindi dovevamo buttarla via e dimenticarla”.

    Durante gli anni da studente a Mosca, il compositore incontrò Andrei Konchalovsky, futuro regista e sceneggiatore il quale, viste le condizioni di grande povertà di Kapustin nel dormitorio, lo invitò a vivere presso la sua abitazione. Rimase qui per due anni (1954-1955) e, in questo periodo, si avvicinò per la prima volta al jazz, scoprendo il mondo dell’improvvisazione jazzistica.

    Già nei primi anni Cinquanta, Kapustin iniziò a esibirsi come pianista jazz, organizzando un quintetto jazz e suonando mensilmente al ristorante National a Mosca: qui, degli americani in visita registrarono una sua esibizione e la trasmisero alla stazione radio Voice of America, rendendo molto popolare il compositore negli Stati Uniti.

    Nel 1956, il compositore conseguì il diploma alla scuola di musica ed entrò al Conservatorio di Mosca, dove studiò pianoforte e composizione con Alexander Goldenweiser, il quale rimase davvero impressionato dal talento pianistico del giovane.

    Durante i suoi anni da studente, Kapustin puntò a diventare un pianista virtuoso, ottenendo risultati straordinari in questa direzione: si diplomò alla scuola di musica eseguendo il Concerto per pianoforte e orchestra n° 2, op. 16 di Prokofiev – una delle opere più difficili del compositore russo – e si diplomò al Conservatorio di Mosca eseguendo il Concerto per pianoforte e orchestra n° 2 di Bartók – un brano estremamente complicato, dal suono molto tecnico e percussivo.

    Negli anni successivi, il compositore faticò notevolmente per riuscire a esibirsi davanti a un pubblico e ciò lo spinse ad abbandonare la carriera di pianista virtuoso in favore di quelle di pianista jazz, arrangiatore e compositore.

    Durante la sua carriera di compositore, nel luglio 1957 riuscì a esibirsi al VI Festival Mondiale della Gioventù e degli Studenti di Mosca, eseguendo il suo Concertino per pianoforte e orchestra, op. 1 – il suo primo lavoro a essere pubblicato – scritto appositamente per l’evento ed eseguito dal compositore con la big band di Yuri Saulsky.

    A partire dal 1961 e fino al 1972, invece, Kapustin iniziò a collaborare con la big band di Oleg Lundstrem, con la quale effettuò numerose tournée all’interno e all’esterno dell’URSS esibendosi come pianista, scrivendo anche vari pezzi per questo organico, tra i quali il Concerto per pianoforte e orchestra n° 1, il quale però fu suonato poche volte a causa della sua difficoltà tecnica.

    Come big band, l’organico era abituato a lavori più brevi e leggeri. Uno dei lavori migliori di Kapustin dell’epoca fu la Toccata, op. 8, trasmessa dalla televisione russa nel 1964. Questo pezzo dimostrò definitivamente l’abilità tecnica del compositore e il suo grande talento compositivo.

    A proposito di questo periodo, Kapustin ricordò: “Undici anni di lavoro con Lundstrem sono diventati il mio ‘secondo conservatorio’: una grande quantità di arrangiamenti, esecuzioni e suoni a orecchio. Scrivevamo tutte le parti per l’orchestra. Eravamo grandi appassionati. Era una scuola più seria del conservatorio. Era soprattutto jazz classico – Count Basie, Duke Ellington. Anche se suonavamo canzoni sovietiche, l’accompagnamento orchestrale era nello stile dello stesso Count Basie”.

    Durante una tournée alla fine degli anni Sessanta, il compositore conobbe e sposò Alla Semyonovna Baranovskaya, la quale gli diede due figli, Anton (1971, matematico e fisico) e Pavel (1978, economista).

    Con una famiglia sulle spalle, Kapustin non poté più permettersi di viaggiare e, a partire dal 1972, iniziò a collaborare con la Blue Screen Orchestra di Boris Karamyshev a Mosca. Cinque anni più tardi e fino al 1984, invece, iniziò a lavorare per l’Orchestra Sinfonica di Stato della Cinematografia.

    Nel 1980, Kapustin eseguì il suo Concerto per pianoforte e orchestra n° 2, op. 14 alla Tchaikovsky Concert Hall, dopodiché smise di esibirsi in pubblico, preferendo dedicarsi alla composizione.

    Negli ultimi anni di vita, visse con la moglie tra la sua casa di Mosca e la sua residenza estiva, allontanandosi dal mondo esterno.

    La sua produzione musicale annovera 20 sonate per pianoforte, 6 concerti per pianoforte, vari concerti per strumento solista, diversi studi e studi da concerto e numerose variazioni per pianoforte.

    In tutte le sue composizioni, Kapustin univa influenze classiche e jazzistiche, utilizzando elementi tipici del jazz all’interno di strutture formali classiche, come si può notare nella sua Suite in stile vecchio, op. 28 (1977), nella quale introdusse l’improvvisazione jazzistica nella struttura formale della suite barocca bachiana. Altri esempi simili sono i 24 preludi e fughe, op. 82 (1997) e la Sonatina n° 100.

    Kapustin si definiva più compositore che musicista jazz e, in una intervista concessa alla rivista musicale americana “Fanfare”, disse: “Io non sono mai stato un musicista jazz. Non ho mai cercato di essere un vero pianista jazz, ma lo sono diventato grazie alle mie composizioni. Non sono interessato all’improvvisazione e, cos’è la musica jazz senza improvvisazione? Tutte le mie improvvisazioni sono scritte normalmente e sono scritte elaborandole al meglio”

    I suoi 24 preludi in stile jazz, op. 53 sono uno dei migliori esempi del suo stile compositivo classico-jazz e la loro peculiarità non sta tanto nella loro forma o nel loro linguaggio melodico, ma nel ritmo. In essi, infatti, è possibile riconoscere la presenza di vari stili jazzistici, dal ragtime allo stride, dalla novelty music degli anni Venti alla musica di Art Tatum, per arrivare infine al pianoforte jazz più moderno di Dave Brubeck e alla lounge music.

    Nel complesso, i preludi si contraddistinguono per le loro armonie cromatiche e per i loro artifici contrappuntistici, nonché per l’impressionante densità sonora. A ciò, si aggiunge l’insolito impiego del ciclo delle quinte per definire l’ordine di utilizzo delle varie tonalità, le quali si alternano e iniziano in punti diversi del cerchio, creando un forte effetto di contrasto tra i singoli pezzi.

    L’opera è uno dei cicli più significativi del repertorio pianistico moderno e segue la stessa sequenza tonale stabilita da Chopin e, successivamente, da altri compositori della scuola russo-sovietica, come Rachmaninov e Shostakovich.

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