Allegro serioso, non troppo

Zoltán Kodály (16 dicembre 1882 - 1967): Duo per violino e violoncello op. 7 (1914). Stephen Waarts, violino; Pablo Ferrández, violoncello.

  1. Allegro serioso, non troppo
  2. Adagio – Andante [9:20]
  3. Maestoso e largamente, ma non troppo lento – Presto [18:09]

7 pensieri riguardo “Allegro serioso, non troppo

  1. Buongiorno e buon inizio di settimana, caro Claudio, grazie mille di aver condiviso questo splendido duetto per violino e violoncello, davvero l’ideale per iniziare con la giusta carica questa nuova settimana 😊

    Proveniente da una famiglia di musicisti dilettanti (il padre era violinista e la madre pianista e cantante), Kodály iniziò la sua formazione secondaria alla Scuola Popolare di Galánta (1888-1892), completandola al Liceo Arcivescovile di Nagyszombat (1892-1900). Durante questo periodo, iniziò a scrivere le sue prime composizioni le quali, con tutta probabilità, furono distrutte.

    Dopo essersi diplomato il 13 giugno 1900, il giovane si trasferì a Budapest per studiare alla facoltà ungaro-tedesca della locale Università Reale Ungherese, venendo ammesso al Collegio Eötvös. Parallelamente agli studi universitari, frequentò il corso di composizione di János Koessler all’Accademia Reale Ungherese di Musica.

    Durante i concerti accademici, Kodály vide eseguiti la sua Ouverture in Do minore (1899) e il suo Trio in Mi bemolle maggiore (1899), riscuotendo ampi consensi e vedendosi recensito positivamente su un giornale di Bratislava.

    Dopo aver ottenuto il diploma in composizione nel giugno 1904, a settembre procedette nuovamente a iscriversi all’Accademia di Musica come studente ripetente volontario, al fine di migliorare ulteriormente le sue abilità compositive.

    Una volta terminati gli studi, Kodály si dedicò allo studio delle raccolte di canti popolari e delle prime registrazioni fonografiche realizzate dall’etnografo Béla Vikár e, nell’agosto 19055, lui stesso si mise all’opera, registrando personalmente le canzoni popolari “incontaminate” dalle labbra dei contadini (da lui denominati “gli alberi delle note”) di Galánta e dei villaggi circostanti.

    Dopo un mese di lavoro, il compositore riuscì a realizzare le registrazioni di 150 canti, dei quali 13 furono pubblicati sulla rivista “Ethnographia” con il titolo Mátyusföld Collection.

    Successivamente, si dedicò alla stesura della sua tesi di laurea, intitolata A magyar népdal strófaszerkezete (“La struttura strofica della canzone popolare ungherese”, 1906), basata sull’intero materiale da lui raccolto, ossia circa un migliaio di canzoni.

    Durante le sue ricerche, conobbe e strinse amicizia con Béla Bartók, il quale stava seguendo la sua stessa strada e, nel 1906, i due pubblicarono la raccolta di dieci canti popolari per voce e pianoforte Magyar népdalok (“Canti popolari ungheresi”).

    Dopo aver ottenuto la laurea in filosofia e linguistica nel 1907, Kodály intraprese un viaggio di studio di sei mesi a Parigi, dove studiò composizione con Charles-Marie Widor e dove conobbe la musica di Claude Debussy, venendone profondamente influenzato.

    Lo stesso anno, fece ritorno in patria e fu nominato professore di teoria musicale all’Accademia di Musica, ottenendo l’anno successivo anche la cattedra di composizione.

    Il 17 marzo 1910, invece, durante la sua prima serata da compositore, presentò al pubblico i suoi lavori strumentali e, da questo momento in poi, si dedicò alla scrittura di composizioni di varia natura, principalmente canzoni per pianoforte e orchestra, pezzi per pianoforte e pezzi cameristici.

    A questo periodo, risalgono la Sonata per violino e violoncello (1914) e la Sonata per violoncello solo (1915), nonché la raccolta di canzioni Megkéselet melodiák (“Melodie ritardate”,1923).

    In ambito vocale, in particolare, il compositore cercò soprattutto di creare una cultura musicale autoctona, scrivendo canzoni su poesie e testi di poeti classici ungheresi.

    Le sue ricerche etnografiche proseguirono fino allo scoppio della Prima Guerra Mondiale, la quale frenò anche la diffusione delle sue composizioni in Europa. Al termine del conflitto, però, riuscì a riprendere la sua attività di ricerca, divenendo anche vicedirettore e direttore musicale dell’Accademia di Musica di Budapest.

    Tra il 1920 e il 1923, invece, si dedicò alla scrittura del suo Psalmus Hungaricus, commissionatogli per il 50° anniversario dell’unificazione di Pest, Buda e Óbuda, divenendo immediatamente il principale compositore ungherese dell’epoca. L’opera non solo conquistò il pubblico, ma attirò anche una nutrita schiera di allievi.

    Durante la metà degli anni Trenta Kodály, animato dalle sue idee di educazione e istruzione popolare che confluiranno più tardi nel metodo omonimo, fondò la rivista “Magyar Kórus és az Énekszó” (Coro e canto ungherese), attraverso la quale intendeva riformare la musica ecclesiastica ungherese ed elevare il livello dell’educazione musicale.

    Nello stesso periodo, il compositore scrisse numerose composizioni per cori infantili, nonché diversi pezzi di grande notorietà, come la Canzone di János Háry (1925), le Danze di Maros (1930) e le Danze di Galánta (1933). Si ricordano anche le variazioni Fölszállot a páva (“Il pavone volò”, 1938-1939) per orchestra e il Concerto , commissionati rispettivamente dal Concertgebouw di Amsterdam e dall’Orchestra Filarmonica di Chicago per il suo 50° anniversario.

    Tra l’altro, il sogno di Kodály poté realizzarsi e la canzone popolare ungherese iniziò a essere ascoltata nei teatri e nelle sale da concerto. Nei suoi recital, a partire dal 1925, eseguì vari arrangiamenti di canzoni popolari, tratti dai dieci volumi della serie Hungarian Folk Music.

    Il cambiamento definitivo si ebbe con l’atto teatrale Székely fonó (“Filanda Magiara”, 1932), le cui musiche erano basate esclusivamente su canzoni popolari. Anche nella scrittura dei suoi pezzi corali successivi, il compositore si rivolse ancora una volta ai poeti classici ungheresi.

    Nel 1937, Kodály scrisse un riassunto della storia della musica popolare per gli etnografi musicali ungheresi, intitolato A magyar népzene (“La musica popolare ungherese”). In esso, il compositore sottolineò la necessità dell’etnografia musicale come scienza ausiliaria per le ricerche sulla storia della musica ungherese, dando vita a una nuova disciplina nel suo paese, ossia l’etnomusicografia comparata.

    Da questo momento in avanti, il compositore scrisse diversi libri sull’educazione musicale – da lui considerata una “beltà musicale” – esprimendosi sulla questione del coro ungherese (1937) e sull’educazione musicale negli asili (1941). In aggiunta a ciò, scrisse vari lavori pedagogici per bambini, come Bicina Hungarica (1937-1942, in quattro volumi), un’introduzione sul canto a due voci.

    Durante gli anni Quaranta, invece, Kodály poté vedere realizzato il suo progetto di innalzare il livello dell’insegnamento del canto nelle scuole elementari ungheresi, grazie al sostegno del governo e della capitale.

    Poco prima, nel 1938, protestò contro le leggi ebraiche scrivendo un articolo sul quotidiano ungherese “Pesti Napló” mentre, due anni più tardi, musicò la poesia di Sándor Weress Ragazze norvegesi, in segno di protesta per l’occupazione tedesca della Norvegia. Scrisse anche vari cori rivoluzionari per proclamare l’ideale dell’indipendenza culturale e nazionale ungherese, in un’epoca sempre più oppressa dalla potenza della Germania nazista.

    Ritiratosi dalle sue attività nel 1942, continuò a insegnare musica popolare all’Accademia di Musica, guadagnandosi la decorazione dell’Ordine al Merito della Repubblica Ungherese. Negli anni successivi, ricevette diverse nomine, fra le quali quella di membro corrispondente (1943) e membro effettivo (1945) dell’Accademia Ungherese delle Scienze.

    Nello stesso periodo, cercò di salvare gli ebrei perseguitati dal regime ungherese e, durante l’assedio di Budapest, si rifugiò nella cantina di un convento, dove scrisse la sua Missa Brevis per orchestra, organo e coro, implorando la pace. Una versione precedente di questo lavoro, intitolata Organoedia (1942) fu completata durante il suo riposo a Galyatető e, durante l’assedio, fu riscritta per organo e coro e per orchestra e coro.

    Dopo la Seconda Guerra Mondiale, Kodály svolse un ruolo fondamentale nella ricostruzione intellettuale del suo paese: fu eletto presidente del Consiglio delle Arti Ungherese e dell’Organizzazione Libera dei Musicisti, nonché presidente del Consiglio dell’Accademia di Musica.

    Dopo le elezioni del 1945, invece, fu nominato membro del Parlamento mentre, tra il 1946 e il 1949, fu presidente dell’Accademia Ungherese delle Scienze. Nel 1956, infine, fu eletto presidente del Consiglio Rivoluzionario degli Intellettuali Ungheresi.

    Negli stessi anni, il compositore fece diversi viaggi in Europa e negli Stati Uniti, diffondendo le sue idee sulla musica popolare e sull’educazione musicale, ricevendo diversi riconoscimenti internazionali, come il Premio Kossuth (1948, 1951, 1957) e il titolo di Artista Distinto (1952).

    Il suo metodo musicale – dal 2016 patrimonio culturale immateriale dell’UNESCO – prese vita dalle sue idee sull’educazione musicale infantile, sviluppate a partire dal 1925. All’epoca, dopo aver sentito cantare i bambini in una scuola, si rese conto della pessima qualità dell’educazione musicale impartita nelle scuole e iniziò a insistere sul fatto che il sistema educativo avesse bisogno di insegnanti migliori, di programmi migliori e di maggiore tempo dedicato alla musica in classe.

    Il suo lavoro di riforma prese avvio a partire dal 1935, aiutato dal suo collega Jenő Ádám e, dalla sua opera, sono derivati diversi libri influenti che hanno rivoluzionato radicamente l’educazione musicale nel suo paese e all’estero.

    Grazie al sostegno governativo, il metodo si diffuse capillarmente in tutto il paese e, nel 1950, fu aperta la prima scuola elementare di musica, nella quale la musica veniva insegnata quotidianamente secondo i principi di Kodály.

    Il metodo fu presentato per la prima volta all’estero durante una conferenza del 1958 della International Society for Music Educators tenutasi a Vienna e, sei anni più tardi, un’altra conferenza a Budapest lo elevò a livello internazionale.

    Negli anni, i colleghi, gli amici e i migliori studenti del compositore migliorarono il metodo, sviluppando l’attuale pedagogia chiamata Metodo Kodály, basato su metodi già esistenti e impiegati da tempo in tutto il mondo, selezionando le idee migliori e maggiormente più adatte all’uso in Ungheria.

    Il metodo si basa sullo sviluppo infantile e introduce le abilità da acquisire partendo dalle capacità effettive del bambino, in maniera graduale. Dopo esperienze introduttive come l’ascolto, il canto e il movimento, utili per apprendere i concetti, si passa all’uso della notazione musicale. I concetti non vengono mai abbandonati, venendo costantemente rivisti e rinforzati tramite giochi, movimenti, canzoni ed esercizi pratici.

    La memorizzazione si basa su un sistema di sillabe ritmiche, nell’ambito del quale ai valori delle note sono associate sillabe specifiche che ne esprimono la durata e queste sillabe vengono utilizzate durante la lettura a vista o per l’esecuzione di ritmi. In particolare, la memorizzazione dei ritmi viene facilitata dall’uso di movimenti basilari, come camminare, correre, marciare e battere le mani, da eseguire durante l’ascolto o il canto.

    I concetti ritmici vengono anch’essi introtti gradualmente, seguendo lo sviluppo del bambino e basandosi sugli schemi ritmici della sua musica popolare. Dapprima, vengono insegnate le semiminime e le crome e poi gli altri valori. La notazione utilizzata è piuttosto semplice e scrive le teste delle note solo quando è necessario, come nel caso delle minime e delle semibrevi.

    Per il canto a vista, il metodo utilizza un sistema di sillabe mobili (Do mobile), nell’ambito del quale i gradi della scala sono cantati usando i nomi delle sillabe corrispondenti (do, re, mi, fa, so, la e ti). Durante il canto, come aiuto visivo, vengono usati i segni delle mani.

    I materiali musicali provengono da due fonti: la musica popolare “autentica” (destinata ai bambini dell’asilo) e la musica “di buona qualità” dell’epoca barocca, classica e romantica (destinata ai bambini delle scuole elementari) e della musica contemporanea (destinata agli studenti delle scuole medie).

    Gran parte del materiale musicale adottato deriva da lavori pedagogici dello stesso Kodály, il quale compose migliaia di canzoni ed esercizi di canto a vista, suddivisi in 16 pubblicazioni didattiche, pubblicate con il titolo The Kodály Choral Method.

    Secondo vari studi, il metodo migliora l’intonazione, le capacità ritmiche, l’alfabetizzazione musicale e la capacità di cantare in parti sempre più complesse, nonché il funzionamento percettivo, la formulazione dei concetti, le capacità motorie e intellettive.

    Il suo Duo per violino e violoncello fu scritto nel 1914, all’inizio della Prima Guerra Mondiale e la sua musica, emotivamente straziante, rappresenta chiaramente le tensioni dell’epoca. Oltre a ciò, si qualifica come perfetto esempio della filosofia del compositore, in quanto integra forme classiche con melodie e ritmi popolari.

    Il primo movimento, robusto e serio, presenta notevole apertura ed energia ottimistica, caratterizzandosi per le incisive melodie modali e per i ritmi diretti. Il movimento centrale, invece, è completamente diverso, più urgente e angoscioso e ricco di colorature minacciose e armonici gelidi, suggerenti le paurose incertezze dell’epoca. Il terzo movimento, infine, si apre con una introduzione molto retorica, seguita da una danza ungherese saltellante, vigorosa e determinata.

    Kodály sviluppa l’intero pezzo in forma di dialogo tra i due strumenti, i quali sono in conversazione continua, non sempre amichevole. Ciò, probabilmente, ha a che fare con la formazione linguistica del compositore.

    Buona serata e alla prossima!

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