Ignaz Holzbauer (1711 - 7 aprile 1783): Simphonie à grande orchestre «La Tempête» op. 4 n. 3 (1769). KurpfäIzisches Kammerorchester, dir. Johannes SchIaefIi.
- Allegro non troppo
- Adagio. Maestoso e gratioso [4:20]
- Menuetto [6:27]
- La Tempesta del mare [9:43]

Che bello! Buona giornata a te 💖
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Lieto che ti piaccia, cara Luisa. Buona giornata 🙂
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🙏🎶🙏
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Buongiorno, caro Claudio, grazie mille di aver portato questo “tempestoso” pezzo, davvero un’ottima interpretazione! 😊
Holzbauer viene ricordato come importante membro della Scuola di Mannheim, con uno stile estetico molto vicino a quello del movimento artistico-letterario dello Sturm und Drang [1].
Nato a Vienna nella famiglia del benestante calzolaio Jakob Holzbauer, fu destinato dal padre agli studi giuridici ma, nonostante questo, perseguì il suo interesse musicale, studiando segretamente nella soffitta della casa paterna l’arte della composizione sul trattato Gradus ad Parnassum di Fux e prendendo lezioni di canto e di composizione dai cantori del coro della Chiesa di Santo Stefano.
Al termine di questa prima fase di studio, il giovane riuscì a trovare lavoro come Kapellmeister presso il conte Thurn und Valsassina. Dopo un soggiorno a Venezia per perfezionarsi musicalmente, a partire dal 1737 lavorò come Kapellmeister per il conte Franz Anton Rottal, proprietario di un piccolo teatro a Holešov, in Moravia.
Questo permise a Holzbauer di fare il suo debutto come compositore operistico, con le sue prime opere Lucio Papirio dittatore (1737), Sesostri (1738) e Vologeso (1739). Sempre nel 1737, presso questo teatro, conobbe la cantante lirica Rosalie Andreides, sposata il 30 aprile dello stesso anno.
I due coniugi rimasero a Holešov fino alla fine del marzo 1741 e si pensa che si siano spostati a Vienna nello stesso anno, poiché l’anno successivo il compositore fu incaricato della scrittura di vari balletti per le opere date al Burgtheater.
Dal 1744 al 1747, invece, Holzbauer e la moglie soggiornarono alternativamente a Milano, Venezia e altre città italiane e, alla fine di questo periodo, il compositore riprese il suo vecchio incarico a Vienna. Nel 1751, il duca Carlo Eugenio lo nominò Oberkappellmeister (primo maestro di cappella) presso la corte del Württemberg a Stoccarda.
Dopo il successo della prima rappresentazione della sua opera Il figlio delle selve, avvenuta il 15 giugno 1753 in occasione dell’inaugurazione dello Schlosstheater di Schwetzingen – residenza estiva dell’Elettore Carlo Teodoro – ricevette l’incarico di Hofkapellmeister da parte dello stesso conte, mantenendolo fino alla morte. Tra i suoi compiti rientravano la composizione in tutti i generi musicali, l’organizzazione e lo sviluppo dell’orchestra di corte e l’insegnamento, quest’ultimo condiviso con gli altri musicisti di corte.
Nonostante i numerosi impegni, dal 1756 al 1761 Holzbauer si recò diverse volte in Italia, tra l’altro per far rappresentare alcune sue opere a Torino e a Milano. Nel 1758 – per i suoi meriti – fu nominato dall’Elettore Hofkammerrat (Consigliere di corte) dell’Elettorato Palatino.
Dopo il trasferimento della corte a Monaco nel 1778, il compositore rimase a Mannheim, dove continuò a scrivere per il teatro. A questo periodo, risalgono La morte di Didone (1777) e la sua ultima opera italiana Tancredi (1780).
Negli ultimi anni della sua vita, il compositore dovette convivere con la sordità, fino a quando non morì nel 1783.
La sua produzione annovera oltre 200 sinfonie orchestrali, 18 quartetti per archi, 13 concerti per vari strumenti, diversi oratori (tra i quali La passione di Gesù Cristo signor nostro, Isacco figura del redentore e La Betulia liberata), 26 messe (tra le quali una in lingua tedesca), 37 cantate, vari pezzi sacri e 15 “drammi per musica” in stile italiano.
La sua opera Günther von Schwarzburg, basata sulla vita dell’omonimo re, fu una delle prime opere nazionali tedesche e, a una sua rappresentazione, assistettero Mozart e la sorella. Undici mesi dopo la prima, avvenuta il 5 gennaio 1777 a Mannheim, il famoso compositore austriaco scrisse: “La musica di Holzbauer è molto bella. […] ciò che più mi stupisce, è che un uomo così anziano come Holzbauer, abbia ancora tanto spirito; poiché è incredibile quanto fuoco ci sia nella sua musica”.
La sua Simphonie à grande orchestre “La Tempête” fu pubblicata nel 1769 dall’editrice francese Berault nell’ambito della raccolta 3 Symphonies op. 4, apparsa sul ventinovesimo numero della pubblicazione musicale The periodical.
Nel XVIII secolo, specialmente a Londra e a Parigi, era prassi comune pubblicare pezzi musicali in serie periodiche in abbonamento, in particolare sinfonie (spesso chiamate ouverture, anche se in più movimenti) e concerti. Ogni composizione pubblicata veniva contrassegnata con un numero progressivo.
In partitura, quest’opera reca il semplice titolo di “Sinfonia a 10”, in riferimento alle dimensioni dell’organico orchestrale (2 corni in Mi bemolle, 2 oboi, 2 fagotti, due violini, una viola, il basso continuo e il “Klavierauszug” [2]). Il titolo La Tempête è un riferimento programmatico all’ultimo movimento, nel quale viene fornita una vivida rappresentazione musicale di una tempesta marina, anticipando simili tentativi nel periodo romantico.
Il pezzo è una perfetta rappresentazione dello stile di Holzbauer e unisce elementi musicali pre-classici e del primo classicismo, nonché della corrente artistico-letteraria dello Sturm und Drang (per i riferimenti alla natura).
Il primo movimento, in forma-sonata e nella tonalità di Mi bemolle maggiore, inizia con un’atmosfera decisa, ma ben controllata (Allegro non troppo) e presenta un dialogo tra i fiati e gli archi. Dopo una figura all’unisono negli archi in piano, la quale poi cresce verso un forte, avviene la modulazione alla dominante (Si bemolle maggiore) attraverso passaggi energici e sequenziali, dominati dagli archi e sostenuti armonicamente dai fiati.
Segue una sezione di contrasto, caratterizzata dall’alternanza di passaggi affidati ai fiati, di carattere più cantabile e di passaggi più lirici agli archi. La nuova tonalità viene saldamente confermata attraverso sezioni dalla forte energia ritmica e con figure cadenzali ripetute.
Lo sviluppo riprende in forte il materiale tematico precedente ed esplora diverse aree tonali (Do minore, Sol minore), usando figure ritmiche nei fiati e scale agli archi. La tensione aumenta sempre di più attraverso l’uso di rinforzando e di dinamiche forti (ff), in preparazione a un ritorno alla tonalità di impianto.
Con un piano, viene introdotta la nuova tonalità, riaffermata definitivamente grazie all’uso di materiale cadenzale energico in forte, concludendo il movimento. Le ultime battute, con riforzando e fortissimi, forniscono una decisa chiusura.
Questa prima parte rispecchia il tipico primo movimento di una sinfonia del primo periodo classico e si distingue per la chiarezza della struttura formale e per i netti contrasti tematici e dinamici. L’orchestrazione è molto equilibrata con un buon dialogo tra archi e fiati.
Il secondo movimento si configura come una forma binaria bipartita e inizia nella tonalità di Do minore. Il suo carattere è espressivo e lirico, ma presenta anche una certa gravità. La melodia principale è affidata al violino primo e presenta diversi trilli e appoggiature, con un accompagnamento armonico misurato. La prima sezione si conclude sulla dominante, Sol maggiore.
La seconda sezione modula alla relativa maggiore (Mi bemolle maggiore) e inizia con un dialogo tra fiati e archi, introducendo maggior contrasto dinamico. La scrittura diventa più ricca e la sezione si conclude con una chiara cadenza nella tonalità di impianto, usando vari crescendo e diminuendo per creare un effetto espressivo e sfumato.
Questa parte è più contrastante rispetto alla prima e pone maggiore enfasi sulla melodia cantabile e sull’espressione lirica, facendo un uso efficace dei contrasti dinamici per sottolineare l’intensità. La combinazione “maestoso e grazioso” cattura la dualità di nobiltà e grazia.
Il terzo movimento si caratterizza per il suo carattere vigoroso e danzante, tipico del minuetto di corte, ma con l’energia della Scuola di Mannheim. Dapprima viene introdotta una sezione in Mi bemolle maggiore marcata da contrasti piano-forte e poi viene sviluppato il materiale tematico, con un ritorno alla melodia iniziale. La presenza di rinforzando e di forte-piano serve a definire accenti ritmici marcati.
La seconda sezione, nella relativa minore (Do minore), è più contrastante della prima, con un carattere più intimo e sommesso. L’orchestrazione dà maggiore risalto ai fiati e a sezioni specifiche degli archi. Viene poi ripetuto il minuetto iniziale.
L’ultimo movimento non segue una forma specifica ed è interamente guidato dalla descrizione di una tempesta marina. Holzbauer si avvale di vari mezzi musicali per dipingere vividamente la scena, come l’uso di brevi frasi alternate in piano e forte (per suggerire l’incresparsi delle onde o la calma inquieta prima della tempesta) e l’uso di un improvviso fortissimo (per segnalare l’arrivo della tempesta).
Seguono varie sezioni che descrivono musicalmente la scena tempestosa, usando dinamiche estreme (forti contrasti – piano, forte, fortissimo e forte-piano -, crescendo rapidi e rinforzando), scale ascendenti e discendenti negli archi, figurazioni rapide e agitate, note ripetute e impiego del tutti orchestrale per creare massa sonora.
Sono altresì presenti ritmi incalzanti e figurazioni veloci in semicrome, nonché modulazioni repentine, accordi diminuiti e dissonanze, al fine di creare ulteriore tensione e caos.
Una sezione in piano, con materiale maggiormente frammentato, suggerisce una breve tregua o il cuore della tempesta, mentre la sezione meno forte, seguita da un lungo “diminuendo e ritenuto” e dall’indicazione “dolce e tenuto”, sembra indicare un allentamento della furia. Il successivo crescendo porta a un fortissimo conclusivo, terminando con forza in Mi bemolle maggiore, forse rappresentando la fine della tempesta o un’ultima e potente ondata.
Note:
[1] Letteralmente “Tempesta e Impeto”, questa denominazione identifica uno dei maggiori movimenti letterari e culturali tedeschi e, convenzionalmente, si colloca tra il 1765 e il 1785. Prende il nome dal dramma Wirrwarr (1776, “Caos”) di Friedrich Maximilian Klinger. L’espressione odierna, dal sapore dispregiativo, si deve al filosofo e medico svizzero Christoph Kaufmann.
Questo movimento, assieme al Neoclassicismo, contribuì alla nascita del Romanticismo tedesco, configurandosi come una vera e propria evoluzione dell’Illuminismo germanico. A differenza di quello che comunemente si crede, i rappresentanti di questo movimento non erano contrari a uno sviluppo intellettuale autonomo del “genio”, ma ritenevano irrazionale la fredda e accademica imposizione di norme e regole considerate inattuali e inutili.
Ciò portò allo sviluppo del famosissimo “culto del genio” e una delle prime figure identificate con questo ideale fu William Shakespeare e, non a caso, molti scrittori si ispirarono alla sua produzione letteraria. In quanto rappresentativo della presa di coscienza e della reazione allo status quo da parte della borghesia, il movimento si oppose generalmente al cosmopolitismo della nobiltà, prediligendo la cultura del popolo alla tradizione letteraria.
Più evidenti i legami con il primo romanticismo tedesco, la cui concezione della natura vista come luogo utopico è chiaramente mutuata dallo Sturm und Drang. Tuttavia, nel secondo romanticismo i legami si fanno più marcati, con l’abbandono degli ideali classici in favore di un accentuato nazionalismo e la tendenza a descrivere personalità più instintive e demoniache, nonché alla preferenza per lo storicismo e all’enfatizzazione del sentimento.
[2] Questo termine tedesco significa letteralmente “estratto per pianoforte” o, più comunemente, “riduzione per pianoforte”. In questo contesto, assume il secondo significato e rappresenta una versione dell’intera partitura ridotta e arrangiata per pianoforte o altro strumento a tastiera (clavicembalo od organo).
Serve principalmente a direttori, studenti o musicisti per studiare l’armonia, la melodia e la struttura del brano senza necessitare dell’intera orchestra e viene spesso usata durante le prove, in occasione delle quali un pianista può suonare la riduzione come accompagnamento. Storicamente, permetteva agli appassionati di musica di conoscere e suonare pezzi orchestrali tra le mura domestiche, prima dell’avvento delle registrazioni.
Buona giornata e a domani!
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Molte grazie, Pierfrancesco. A domani 🙂
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