Johann Friedrich Fasch (15 aprile 1688 - 1758): Concerto in re maggiore per violino e orchestra FaWV L:D3. Ryo Terakado, violino; Il Gardellino.
- Allegro
- Adagio [3:54]
- Allegro [6:12]

Johann Friedrich Fasch (15 aprile 1688 - 1758): Concerto in re maggiore per violino e orchestra FaWV L:D3. Ryo Terakado, violino; Il Gardellino.

Buongiorno, caro Claudio, grazie mille di aver condiviso questo meraviglioso concerto, davvero una ottima interpretazione! 😊
Fasch viene ricordato come importante compositore di transizione tra Barocco e Classicismo, nonché uno dei primi a rendere la musica strumentale completamente autonoma, sostituendo la scrittura fugata con il moderno “stile tematico”.
Nato a Buttelstedt nella famiglia del direttore scolastico Friedrich Georg Fasch e di sua moglie Sophia Wegerich, il giovane iniziò la sua formazione musicale con Johann Kuhnau presso la Thomaskirche di Lipsia e, in parallelo, lavorò anche come cantore a Weißenfels. Nel 1708, invece, fu fondatore di un Collegium Musicum a Lipsia.
Dopo aver scritto due opere (Clomire, 1711 e Dido, 1712) per il Festival di Pietro e Paolo di Naumburg e aver suonato nell’orchestra del teatro d’opera Am Brühl, non riuscendo a ottenere un patrocinio aristocratico per un viaggio in Italia, nel 1714 Fasch decise di recarsi a Darmstadt per studiare composizione con Christoph Graupner e Gottfried Grünewald.
Successivamente, egli si dedicò a vari incarichi, divenendo dapprima violinista nell’Orchestra di Bayreuth (1714) e poi “Segretario” (amanuense) e scrivano di camera a Gera (1715-1719). Fu anche organista e segretario comunale a Greiz (1719-1721), nonché Kapellmeister e compositore di corte per il Conte Morzin (1721-1722).
Nel 1722, invece, accettò “con riluttanza” un incarico come Hofkapellmeister a Zerbst, posizione che mantenne fino alla morte. Nello stesso anno, Fasch fu spinto a candidarsi per il prestigioso incarico di Thomaskantor a Lipsia, ma scelse di non farlo. L’incarico fu poi assegnato a J. S. Bach, il quale stimava molto Fasch.
Come compositore di transizione verso lo stile classico, il suo linguaggio orchestrale risulta già intriso di vari elementi dello stile galante. Più in generale, la sua musica fu pioneristica per l’uso preferenziale degli strumenti a fiato e per l’introduzione di una struttura motivica.
In particolare, le sue Ouvertürensuiten si distinguono per una selezione mirata e pianificata dei singoli movimenti. Per esempio, nella parte centrale veloce del movimento introduttivo, esse presentano uno sviluppo di piccole cellule melodiche, al posto della scrittura fugata tipica dell’ouverture francese. Nei concerti, invece, Fasch supera il principio del ritornello con i contrasti Tutti-Solo, formando una prefigurazione della struttura motivico-tematica.
Da segnalare anche le sue sonate in trio – di stampo contrappuntistico e orientate al divertimento italiano, con movimenti “affettuosi” in stile galante – e le messe per voci soliste, coro e orchestra – concepite come una successione di pezzi autonomi e lontane dall’idioma barocco per la presenza di armonie ampie e di figure strumentali come arpeggi di triadi e bassi ribattuti.
La sua musica è peculiare anche per le “sbagliate” asperità armoniche e per le figure melodiche ripetute “che sembrano battere il passo”, le quali contribuiscono ad arricchire il discorso musicale.
Fasch apprezzava notevolmente la musica di Vivaldi e di Telemann, come risulta dall’inventario di corte della Concert-Stube (1743). In vita, purtroppo, la sua musica non fu mai pubblicata, però fu ampiamente eseguita e stimata. Per esempio, Telemann eseguì un ciclo delle sue cantate sacre ad Amburgo nel 1733.
La produzione superstite del compositore è davvero ampia, anche se si stima che più del 90% delle sue composizioni vocali (tra le quali 9 cicli completi di cantate, almeno 14 messe e 4 opere) sia andato perduto. Le opere strumentali, fortunatamente, ci sono giunte quasi per intero.
Dei pezzi sopravvissuti, si contano 121 cantate sacre, varie musiche per la Passione, diverse messe, 82 suite-ouverture, 67 concerti, 19 sinfonie, 32 sonate, numerosi pezzi cameristici e diversi pezzi vocali su testi in latino.
Il suo Concerto per violino in Re maggiore fu scritto per un organico molto ricco, tipico delle orchestre tedesche del tempo, mostrando la predilezione del compositore per i fiati. Esso è composto da un violino solista, da due oboi, da un fagotto, da due “clarini” (trombe acute) e da un “principale” (forse una terza tromba o una parte di tromba a registro più grave), timpani, due violini, viola e basso continuo.
Il primo movimento è in metro 4/4, nella tonalità di Re maggiore e contrassegnato dall’indicazione di tempo “Allegro”. Questa prima parte è strutturata nella forma-ritornello tipica del concerto barocco italiano di influenza vivaldiana, arricchita con elementi dello stile di Fasch.
L’introduzione è affidata a un vigoroso “tutti” orchestrale, il quale espone un materiale tematico davvero energico, basato su arpeggi ascendenti e figurazioni in semicrome negli archi e negli oboi. Poco dopo, fanno il loro ingresso trionfale trombe e timpani, enfatizzando la tonalità di impianto con fanfare e note ribattute e conferendo al movimento un carattere brillante e festoso.
Il fagotto, invece, raddoppia la linea del basso continuo e vi sono anche raddoppi tra oboi e violini. Nel complesso, la scrittura è prevalentemente omoritmica e assai slanciata.
Segue un episodio solista del violino, caratterizzato da passaggi virtuosistici in semicrome, scale e arpeggi che sfruttano l’estensione dello strumento. L’orchestra si riduce a un accompagnamento più leggero (archi e basso continuo) per non coprire il solista. Si può notare l’alternanza di sezioni solistiche e di brevi passaggi del “tutti” che ripropongono frammenti del materiale tematico del ritornello.
Nel prosieguo, questa alternanza continua a permanere, con l’orchestra che ripresenta il materiale tematico del ritornello – talvolta abbreviato o variato e modulando alla dominante (La maggiore) – e il violino che sviluppa nuovo materiale virtuosistico o elabora i motivi del ritornello. Questa parte presenta una scrittura solistica idiomatica che richiede grande agilità all’esecutore.
Fasch sfrutta ottimamente il contrasto tra la pienezza sonora del tutti (con fiati e timpani) e la leggerezza dell’accompagnamento nelle sezioni solistiche. Gli oboi, spesso, raddoppiano i violini nel “tutti”, ma tacciono o hanno parti più autonome nel “solo”.
Il movimento prosegue con una riesposizione letterale delle prime battute e una riesposizione del ritornello nella tonalità di impianto. Questo è un tratto strutturale leggermente insolito se inteso come una ripetizione letterale all’interno del flusso sonoro ma, in ogni caso, contribuisce a rafforzare la presenza del materiale principale.
Il secondo movimento, invece, è in metro 6/8, nella relativa minore (Si minore) e contrassegnato dall’indicazione di tempo “Andante”, creando un netto contrasto con l’energia della parte precedente. Qui, infatti, gli strumenti più brillanti tacciono (oboi, trombe e timpani) e l’organico è ridotto solo agli archi e al basso continuo, creando un’atmosfera maggiormente intima e lirica, di stampo cameristico.
Questa parte ha un carattere cantabile ed espressivo, quasi pastorale o simile a una Siciliana, grazie al metro di 6/8 e ai ritmi puntati. Le dinamiche (piano, forte, pianissimo) suggeriscono un’esecuzione ricca di sfumature espressive. Il violino presenta l’ornata e patetica melodia principale, tipica dei movimenti lenti in stile barocco, mentre l’orchestra fornisce un accompagnamento discreto, talvolta con brevi interventi tematici.
La forma, meno rigida rispetto al movimento precedente, si avvicina a una forma bipartita o tripartita, con alternanza di sezioni solistiche e brevi interventi orchestrali. Il linguaggio armonico è più ricco di dissonanze espressive e di cromatismi, tipici delle tonalità minori.
Il terzo movimento, in metro 3/4 e contrassegnato dall’indicazione di tempo “Allegro”, ritorna alla tonalità di impianto. Esso ha un carattere leggero e danzante, quasi come una giga veloce o un passepied. Qui rientra l’intero organico orchestrale e ritornano la pienezza sonora e la brillantezza iniziali.
Anche questa parte adotta la forma-ritornello e si apre con un “tutti” che espone il tema principale, caratterizzato da ritmi rapidi e saltellanti. Il solista, invece, è protagonista di episodi virtuosistici con veloci figurazioni in semicrome, apreggi e passaggi di agilità, tipici dei finali del concerto barocco. L’alternanza tutti-solo permane, con il primo che ripropone il materiale del ritornello in varie tonalità (principalmente Re maggiore e La maggiore) e il secondo che introduce materiale nuovo o variato.
L’atmosfera è gioiosa, energica e conclusiva, mentre la scrittura è assai brillante per il solista e per l’orchestra. Le dinamiche adottate (piano, forte) contribuiscono al generale senso di vivacità di questa parte. Come nel primo movimento, si ha una ripresa del ritornello iniziale che conclude il concerto in modo deciso e affermativo nella tonalità di impianto, con una cadenza perfetta nel “tutti” finale.
Nel complesso, l’opera è un eccellente esempio dello stile maturo di Fasch, collocato tra il tardo barocco e lo stile galante. L’uso della forma ritornello è chiaro e ben strutturato e le parti strumentali sono trattate con competenza, specialmente quella del violino e dei fiati. In particolare, l’uso prominente di oboi, trombe e timpani conferisce un colore orchestrale brillante e festoso, tipico della musica di corte dell’epoca.
Il compositore usa efficacemente il contrasto tutti-solo non solo tra i vari movimenti (tonalità, tempo, carattere e strumentazione), ma anche all’interno degli stessi (dinamiche). Sebbene la struttura base sia barocca, si possono intravedere elementi dello stile galante nella chiarezza delle linee melodiche (specialmente nel secondo movimento), nella scrittura più omoritmica e meno contrappuntistica e nell’impiego di contrasti ritmici più sfumati, anche se ancora debitori dell’alternanza forte-piano del barocco.
Buona giornata e a presto!
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Grazie, Pierfrancesco. Buona serata, a domani 🙂
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