André Caplet (1878 - 22 aprile 1925): Suite persane per 2 flauti, 2 oboi, 2 clarinetti, 2 fagotti e 2 corni (1900). Ensemble Excentrique, dir. Alberto Gaeta.
- Scharki (Chant d’amour): Allegretto, quasi andante
- Nihavend: Andantino
- Iskia Samaïsi: Vivo

André Caplet (1878 - 22 aprile 1925): Suite persane per 2 flauti, 2 oboi, 2 clarinetti, 2 fagotti e 2 corni (1900). Ensemble Excentrique, dir. Alberto Gaeta.

Bellissima, fa sognare, immaginare…Grazie mille Claudio, buona giornata
"Mi piace"Piace a 1 persona
Ciao, Daniela, buona giornata a te 🙂
"Mi piace"Piace a 1 persona
Uh! Meraviglia!
"Mi piace"Piace a 1 persona
🙂
Buona giornata!
"Mi piace"Piace a 1 persona
Buongiorno, caro Claudio, grazie mille di aver condiviso questa stupenda selezione capletiana, tutte interpretazioni meravigliose e sognanti! 😊
Caplet viene ricordato come importante rappresentante dell’Impressionismo francese, nonché per la sua amicizia con Debussy, del quale orchestrò e arrangio diverse composizioni. Fu anche uno dei primi compositori a includere il sassofono nelle sue opere cameristiche, come Légende (1903) e Impressions d’automne (1905).
Nato a Le Havre in una famiglia di modeste condizioni, il giovane iniziò presto lo studio del pianoforte e del violino tanto che, all’età di soli 13 anni, già suonava nell’orchestra del Grand Théâtre locale. Dal 1896, proseguì gli studi al Conservatorio di Parigi, vincendo diversi premi e, durante questo periodo, si mantenne suonando la sera in orchestre da ballo e dirigendo varie formazioni.
Dopo un periodo come direttore assistente dell’Orchestre Colonne, nel 1899 fu nominato direttore musicale del Théâtre de l’Odéon. Già dal 1897, forse anche prima, Caplet iniziò anche a dedicarsi all’attività compositiva, facendo pubblicare alcune sue opere.
Nel 1901, il suo Quintetto per pianoforte e fiati fu insignito del primo premio della Société des Compositeurs de Musique, la quale ne curò anche la prima esecuzione il 28 febbraio dello stesso anno. Il compositore ebbe anche successo con la Société Nationale de Musique, la quale promosse un concerto dedicato alla sua musica il 9 marzo, ricevendo diverse acclamazioni dalla stampa musicale dell’epoca.
Sempre nello stesso anno, Caplet vinse il Prix de Rome e, per celebrare la sua vittoria, la sua città natale presentò diversi suoi pezzi in un concerto, tra i quali L’Été (1899) per coro e orchestra, Pâques citadines per coro e orchestra, Feuillets d’album per flauto e pianoforte (1901) e l’opera che gli valse il Prix de Rome, ossia la cantata Myrrha (1901).
Fino alla fine del 1905, il compositore risiedette all’Accademia di Francia a Roma grazie al sostegno finanziario fornito dal premio, alternando al soggiorno romano diversi viaggi all’estero per assistere a spettacoli.
Dal 1910 al 1914, invece, Caplet fu uno dei direttori d’orchestra della Boston Opera Company, introducendo il repertorio francese contemporaneo (specialmente Debussy) negli Stati Uniti. Dopodiché, egli decise di arruolarsi nell’esercito per cinque anni.
Al termine della guerra, il compositore accettò un incarico come insegnante di direzione d’orchestra, armonia e orchestrazione presso la scuola di musica fondata da Walter Damrosch per la formazione di personale musicale militare.
Parallelamente, si dedicò alla composizione, scrivendo anche diversi pezzi religiosi, come la Messe à troix voix (1922) per coro femminile a cappella e la cantata sacra Le Miroir de Jesus (2023) per mezzosoprano, coro femminile, archi e arpa.
Caplet divenne anche un caro amico di Debussy, orchestrandone varie opere, fra le quali Le Martyre de Saint-Sébastien, Children’s Corner e il celebre Clair de lune dalla Suite bergamasque. Egli si occupò anche di arrangiare o di correggere le bozze dei lavori del celebre compositore francese, tanto che Debussy lo apostrofò bonariamente come “L’Angelo delle Correzioni”.
Nel 1925, però, Caplet fu costretto a rallentare la sua attività a causa di un forte raffreddore e, dato che i suoi polmoni furono intossicati dai gas durante il servizio militare, egli sviluppò una pleurite che si rivelò fatale, portandolo alla morte a soli 46 anni.
La sua produzione annovera numerosi pezzi vocali, orchestrali e cameristici, accanto a una manciata di pezzi per pianoforte. Molto interessante è il suo uso strumentale delle voci, come nel Septuor à cordes vocales et instrumentales (1909).
La Suite persane appartiene alla fase compositiva giovanile di Caplet, essendo stata scritta durante i suoi anni da studente al Conservatorio di Parigi, su invito del flautista Georges Barrère e della Société Moderne d’Instrument à Vent, già esecutori nello stesso anno del Quintetto per fiati e pianoforte del compositore.
La prima esecuzione si ebbe il 9 marzo 1901 alla Salle Érard, in occasione di un concerto dedicato esclusivamente alla musica di Caplet.
Dopo la prima, la rivista musicale “Le Ménestrel” riportò che “Una serie de «feuillets d’album» e soprattutto una Suite persane per strumenti a fiato, da un ricco colorito e da una varietà di ritmi particolarmente piccante, hanno mostrato le diverse risorse di un temperamento d’artista, che unisce già, a una tecnica molto sicura, qualità personali che lo collocano a un rango distinto tra i musicisti sui quali la giovane scuola può fondare serie speranze”
Nonostante la calorosa accoglienza, il compositore non diede mai molta importanza a questa composizione considerandola, insieme al Quintetto e ai Pièces pour flûte, “opere ben pallide, senza dubbio, ma che mi hanno lasciato i ricordi più dolci”.
L’opera, profondamente intrisa di esotismo, è destinata a un doppio quintetto di fiati, una formazione conosciuta anche come “dixtuor” e costituita da 2 flauti, 2 oboi, 2 clarinetti, 2 corni e 2 fagotti. Si tratta di un organico cameristico piuttosto raro, ma che offre una tavolozza timbrica ricca e variegata.
Il primo movimento si apre subito con l’esposizione del tema principale da parte del primo flauto e del primo clarinetto all’unisono. La melodia, dal carattere modale e sinuoso, presenta diversi intervalli e inflessioni evocanti sonorità orientali, i quali contribuiscono a creare un certo lirismo, una grande flessibilità ritmica e una notevole cantabilità.
Il tema viene poi ripreso e gradualmente armonizzato coinvolgendo altri strumenti. Si possono notare contrappunti semplici (fagotti) e un ispessimento della tessitura. L’armonia rimane in larga misura consonante, ma viene arricchita da coloriture modali e da accordi volti a creare atmosfera. Qui Caplet sfrutta ottimamente tutte le diverse combinazioni timbriche, ossia il dialogo flauti-clarinetti e oboi-fagotti e i corni per aggiungere calore e sostegno armonico.
Segue una sezione più complessa e densa, nella quale vengono elaborati diversi frammenti tematici in modo più contrappuntistico. Si possono percepire passaggi armonicamente più ricchi e talvolta dissonanti (usati per creare colore), momenti di dialogo serrato (legni acuti contro legni gravi e corni), uso di diverse combinazioni timbriche per creare varietà (brevi assoli o duetti strumentali) e, infine, un senso di maggiore movimento ritmico e complessità armonica (scale a toni interi udibili in brevi fanfare o passaggi di transizione).
Elementi del tema iniziale fanno ritorno, spesso variati nell’orchestrazione e nell’armonizzazione. La scrittura diventa di nuovo più trasparente, alternandosi a momenti di piena sonorità orchestrale. L’interazione strumentale è continua, mostrando l’abilità di Caplet nel gestire l’organico. Si notano vari sviluppi polifonici dove diverse linee polifoniche si sovrappongono, esplorando diverse sfumature emotive ed espressive del materiale tematico.
Il movimento si conclude con una coda tranquilla che porta alla graduale dissoluzione del materiale tematico, all’affievolimento della dinamica (morendo) e al diradamento della tessitura, ritornando a una sonorità maggiormente intima e raccolta e creando un’atmosfera sognante e pacata.
La scrittura è altamente idiomatica per ogni strumento e si avvale di un’armonia tipica del primo Novecento francese, influenzata da Debussy, impiegando accordi estesi, armonie parallele, modalità e colore armonico al posto della funzione strutturale.
Il secondo movimento introduce un’atmosfera rarefatta e misteriosa, con i flauti che espongono una melodia sinuosa e leggermente malinconica, caratterizzata da intervalli e ornamentazioni evocanti sonorità orientali.
La tessitura è assai leggera e, sotto la linea melodica, i clarinetti e gli oboi tengono note lunghe o accordi statici, creando un tappeto armonico e scintillante. L’armonia, chiaramente modale, impiega scale esotiche e modi particolari, contribuendo all’effetto evocativo. La dinamica, estremamente controllata, si mantiene nel pianissimo, accentuando la delicatezza e l’intimità di questa parte. Infine, il tempo è molto lento e il fraseggio appare libero e flessibile.
Gradualmente, la tessitura inizia ad arricchirsi con l’ingresso di altri strumenti, come il corno che aggiunge un colore caldo e avvolgente e oboi e clarinetti che intrecciano contrappunti e frammenti melodici che dialogano con il materiale iniziale del flauto. Il clarinetto basso e il fagotto, infine, forniscono un leggero sostegno armonico-melodico nella tessitura grave.
La melodia iniziale viene sviluppata, variata e passata tra i vari strumenti, mostrando l’abilità nell’orchestrazione per fiati di Caplet. Lo scopo è quello di creare colore timbrico e interazione tra le varie voci. L’armonia, sempre modale e di sapore impressionistico, si arricchisce di accordi più complessi, ma sempre volti a creare atmosfera.
Le dinamiche subiscono un leggero crescendo, ma rimangono sempre contenute, contribuendo a una maggiore pienezza sonora rispetto al primo movimento.
Segue una sezione più animata e leggermente slanciata, quasi una danza stilizzata o una processione lenta. Figure ritmiche più definite emergono specialmente negli oboi e nei clarinetti. La melodia si fa più frammentata ed energica, con la tromba che interviene con brevi incisi, aggiungendo colore.
L’armonia, più mobile, presenta frequenti cambi accordali, mentre la tessitura si fa più densa, coinvolgendo quasi l’intero organico. Questa sezione porta a un piccolo climax dinamico, creando un punto di tensione espressiva.
Ritornano il materiale e l’atmosfera iniziali, ma riorchestrate e variate. Anche il carattere torna a essere più lirico e contemplativo, con un sopravvento delle armonie sospese e dei colori timbrici delicati. Le dinamiche diminuiscono e, dopo un breve e intenso crescendo e una crescita dell’intensità sonora che coinvolge più strumenti, si arriva alla coda.
Il movimento si conclude come era iniziato e la tessitura si assottiglia progressivamente. Ritornano frammenti della melodia principale, spesso nel registro acuto (flauti, oboi) come echi lontani. Le armonie si diradano dissolvendosi su un accordo tenuto e sospeso, mentre la dinamica sfuma fino al pianissimo e al niente (morendo).
Il terzo movimento inizia con un motivo ritmico incisivo e ripetitivo, quasi percussivo, esposto da gran parte dell’ensemble. L’energia è alta e il carattere è decisamente danzante e orientaleggiante. Qui vengono stabiliti il tema e il ritmo principali, fungenti da ritornello.
Segue una sezione contrastante, più lirica e sognante, con una melodia fluida e cantabile spesso affidata a flauti e oboi. L’armonia si fa più ricca e lussureggiante, con accordi estesi e colori cangianti. La scrittura, invece, diventa più trasparente, con dialoghi strumentali e accompagnamenti più delicati in arpeggi e figurazioni oscillanti.
Ritorna il materiale ritmico iniziale con la sua grande energia e insistenza, dando luogo a una sezione di transizione o di sviluppo che frammenta i motivi precedenti e crea tensione ritmico-armonica. Fa ritorno anche il tema lirico, creando un momento di respiro e di riflessione. Dopo alcune sezioni di transizione, si ha una ricapitolazione finale e una coda netta e ritmica.
Buona giornata e alla prossima!
"Mi piace"Piace a 1 persona