Marco da Gagliano (1º maggio 1582 - 1643): Vergine bella, canzone spirituale a 3 voci e basso continuo (pubblicata in Musiche a una dua e tre voci, 1615, n. 21) su testo di Francesco Petrarca (Canzoniere 366, 1ª strofe). Ensemble La Fenice, dir. Jean Tubéry.
Vergine bella, che di sol vestita,
coronata di stelle, al sommo Sole
piacesti sí, che ’n te Sua luce ascose,
amor mi spinge a dir di te parole:
ma non so ’ncominciar senza tu’ aita,
et di Colui ch’amando in te si pose.
Invoco lei che ben sempre rispose,
chi la chiamò con fede:
Vergine, s’a mercede
miseria extrema de l’humane cose
già mai ti volse, al mio prego t’inchina,
soccorri a la mia guerra,
bench’i’ sia terra, et tu del ciel regina.

This is really beautiful music and composed very skillfully. Excellent performance. Love this ❤️ Have a great First of May 😊
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Thank you, Jean. The same to you 🙂
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Una bella ode inaugura il mese mariano, sarebbe piaciuta molto alla mia mamma che non era praticante religiosa ma devota alla Madonna. Buon primo maggio Claudio
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Buona festa anche a te, Daniela 🙂
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Buongiorno e buona Festa del lavoro, caro Claudio, grazie mille di aver condiviso questo malinconico pezzo, un’interpretazione davvero emotiva e toccante! 😊
da Gagliano viene oggi ricordato come importante compositore di transizione tra il tardo Rinascimento e il primo Barocco, nonché come ultimo valente rappresentante della Camerata de’ Bardi. In questa veste, fu una figura chiave nello sviluppo dell’opera e della monodia accompagnata, guadagnandosi lo status di rilevante esponente della Firenze dei primi decenni del Seicento.
Nato a Firenze nell’umile famiglia di Zanobi (originario di Gagliano, nella regione toscana del Mugello, cittadina dalla quale prese il nome) e di sua moglie Camilla di Marco, il giovane fu presto avviato dal padre alla carriera ecclesiastica. In parallelo, intraprese un percorso di apprendistato musicale sotto la guida di Luca Bati.
Nel 1602, all’età di soli 20 anni, divenne sostituto del suo maestro nelle funzioni di maestro di cappella nella Chiesa di San Lorenzo e, tre anni più tardi, gli fu anche affidato l’incarico di organizzare la musica per la settimana santa.
Negli stessi anni, il compositore frequentò la Compagnia dell’Arcangelo Raffaele, della quale fu eletto maestro di cappella nel dicembre 1607. Questa nomina dimostra come egli godesse di grande stima negli ambienti musicali, dove il suo nome era legato soprattutto alla produzione di quattro libri di madrigali (1602-1606) e al suo primo volume di musica sacra, l’Officium defunctorum quatuor paribus vocibus (1607).
Sempre nel 1607, fu co-fondatore dell’Accademia degli Elevati, nella quale figurò come “Affannato”, soprannome assunto dopo un conflitto interno nell’autunno del 1609 che creò numerosi problemi all’istituzione.
Nel dicembre 1607, invece, da Gagliano si recò a Mantova per partecipare alle manifestazioni artistiche per le nozze di Francesco IV Gonzaga con Margherita di Savoia, occasione per la quale scrisse una nuova versione de La Dafne, la favola pastorale su testo di Rinuccini, già musicata da Peri e Corsi.
Il compositore rimase nella città lombarda fino al giugno 1608 e, in questo periodo, fece rappresentare la mascherata Il trionfo d’onore, il ballo Il sacrificio d’Ifigenia e il terzo intermedio per la commedia L’Idropica di Guarini.
Rientrato a Firenze, gli fu offerto il posto di maestro di cappella dei Medici, incarico rifiutato per assumere il medesimo ruolo a San Lorenzo, come successore di Bati morto il 17 ottobre 1608. Tuttavia, nel gennaio 1609, accettò anche la carica di maestro della cappella granducale, divenendo così il compositore ufficiale dei Medici.
Da questo momento in avanti, da Gagliano si dedicò alla composizione di opere per gli intrattenimenti di corte, fra le quali si ricordano la Mascherata di ninfe di Senna (1611), gli Scherzi e balli di giovannette montanine (1614) e il Ballo di donne turche insieme con i loro consorti di schiavi fatti liberi (1615).
Divenuto uno dei compositori più stimati del capoluogo toscano, da Gagliano raggiunse in poco tempo un predominio quasi assoluto nel campo della musica teatrale, instaurando una durevole e proficua collaborazione con il poeta Andrea Salvadori.
Nel frattempo, il compositore scrisse anche diverse opere di carattere sacro, come le raccolte Missa et sacrae cantiones, sex decantande vocibus (1614) e Sacrarum cantionum unis a sex decantandarum vocibus… liber secundus (1622).
Negli stessi anni, fu anche coinvolto in una controversia con Mutio Efrem, il quale criticò aspramente le sue doti compositive, in risposta a una precedente critica del compositore contenuta nella prefazione del Sesto libro di madrigali (1617).
Successivamente, su testi di Salvadori, scrisse la festa d’armi e di ballo in tre scene Le fonti d’Ardenna (1623, dedicata al duca di Urbino Federico Ubaldo Della Rovere) e l’azione eroica in cinque atti con prologo La regina Sant’Orsola (1624).
Già in precedenza, sempre su testi salvadoriani, scrisse la veglia reale a sfondo mitologico La liberazione di Tirreno e d’Arnea (1617, in occasione delle nozze di Ferdinando Gonzaga e Caterina de’ Medici) e l’opera in tre atti Lo sposalizio di Medoro ed Angelica (1619, in occasione dell’elezione imperiale di Ferdinando II d’Asburgo).
Tra il 1624 e il 1632, invece, si ritiene che da Gagliano fosse stato presente alle manifestazioni teatrali presso la corte reale di Varsavia, ma di ciò non vi sono prove concrete. È da ritenersi più plausibile una sua breve permanenza a Innsbruck, al servizio dell’imperatore, come risulta da una lettera del 3 gennaio 1621 inviata dalla granduchessa Maria Maddalena d’Austria alla duchessa di Mantova Isabella Gonzaga.
In questi anni, videro la luce l’azione sacra in due atti L’istoria di Judith (1626) e la favola in cinque atti e prologo La Flora overo Il Natal de’ fiori (1628), nonché la raccolta di musica sacra Responsoria maioris hebdomadae, quatuor paribus vocibus decantanda (1630).
A causa di cattive condizioni di salute, la sua attività compositiva si ridusse notevolmente, fino a concludersi del tutto con la scrittura del suo ultimo lavoro teatrale, ossia la favola pastorale in cinque atti e prologo Le nozze degli dei (1637, scritta per le nozze di Ferdinando II de’ Medici e Vittoria Della Rovere).
Come importante compositore della corte medicea, fu autore di numerose creazioni musicali destinate a celebrare gli eventi più significativi della famiglia granducale. Stilisticamente, si orientò verso la monodia, senza però trascurare la grande tradizione musicale polifonica fiorentina.
La sua produzione superstite annovera i due lavori teatrali La Dafne e La Flora, sei libri di madrigali a 5 voci, la raccolta Musiche a una, due e tre voci (1615) e circa 100 madrigali profani a 1-3, 5-8 e 10 voci. Si ricordano anche vari pezzi sacri, come un Requiem a 8 voci (1607), una Messa a 4 voci (1607), una Messa a 6 voci (1614), un Te Deum a 8 voci (1618), tre Magnificat, un Beatus Andreas a 6 voci (1629), numerose composizioni sacre su testi latini e madrigali spirituali su testi italiani.
La sua canzone spirituale Vergine Bella è una composizione sacra devozionale (“Per la Beatissima Virgine”), la cui forma e stile la collocano nell’ambito del mottetto concertato o della lauda spirituale del primo Seicento, in quanto caratterizzata da una chiara declamazione testuale e da un accompagnamento di basso continuo.
Il brano segue una forma “durckkomponiert” (a struttura aperta o continuata), poiché la musica segue il testo strofa per strofa senza ripetizioni schematiche di ampie sezioni musicali. Tale forma è dettata dalla struttura poetico-semantica del testo petrarchiano.
Si possono individuare diverse sezioni corrispondenti a frasi o concetti del testo, spesso delimitati da cadenze. Per esempio, si ha una prima sezione in corrispondenza dell’introduzione imitativa sul testo “Vergine Bella”, seguita da una sezione più omofonica su “che di sol vestita… coronata di stelle”. Un altro esempio è la contrastante sezione finale (“Ben ch’io sia terra e tu del ciel Regina”).
Nonostante l’armatura di chiave presenti un bemolle (facendo pensare alla tonalità di Fa maggiore), il brano è saldamente ancorato alla tonalità di Sol maggiore, come si può notare dall’uso costante del Fa#. Occasionalmente, la tonalità si sposta su Mi minore (relativa minore) e Do maggiore (sottodominante).
L’armonia è funzionale e diretta, tipica del primo Barocco, con predominio delle relazioni di tonica, sottodominante e dominante, le quali danno vita a cadenze chiare e frequenti che articolano le frasi del testo. Le dissonanze (note di passaggio, note di volta e ritardi) sono usate in modo controllato e sempre risolte secondo le rigide norme contrappuntistiche barocche.
Il basso continuo fornisce il supporto ritmico-armonico e si caratterizza per una linea melodica semplice ed essenziale che definisce le progressioni e le cadenze. La realizzazione armonica implicita riempirebbe l’armonia secondo le convenzioni dell’epoca.
Le linee melodiche delle voci superiori sono generalmente diatoniche, con un prevalente andamento per gradi congiunti, intervallato da salti contenuti (terze, quarte e quinte). La scrittura è prevalentemente sillabica, allo scopo di dare priorità alla declamazione testuale, seguendo i principi della “seconda pratica”. Tuttavia, brevi melismi o figure ritmiche più complesse sono talvolta impiegati per enfatizzare determinate parole (“fede”, “regina”, “amando”).
Nelle sezioni omofoniche, la melodia principale è solitamente affidata al Canto I, con le altre voci che armonizzano. Nelle sezioni imitative, invece, le voci si scambiano brevi motivi melodici.
Il metro è 4/4, con prevalenza di figure semplici come semibrevi, minime e semiminime. Crome e semicrome sono usate per creare maggiore scorrevolezza o enfasi testuale. Il ritmo, fluido e ben articolato, segue la naturale accentuazione del testo italiano.
Le sezioni tendono ad avere un’omogeneità ritmica interna, con cadenze spesso preparate da rallentamenti impliciti o dall’impiego di figurazioni lunghe (minime, semibrevi). L’imitazione, solitamente semplice e ravvicinata, è spesso usata strategicamente all’inizio delle sezioni o per sottolineare frasi importanti. Talvolta, viene a crearsi un certo dialogo tra le voci superiori, specialmente tra Canto I e II.
Il carattere generale è devozionale, lirico e intimo, con alcuni momenti di maggiore enfasi e slancio (“Amor mi spingea” o “soccorri a la mia guerra”). Il compositore impiega sottili madrigalismi per illustrare il testo, come l’inflessione discendente su “asconse”, l’imitazione frammentata per esprimere l’esitazione in “Ma non so incominciar” e il contrasto tra “terra” (registro grave implicito) e “Regina” (slancio melodico e registro acuto).
Nel complesso, il brano si rivela un raffinato ed espressivo pezzo rappresentativo della musica sacra vocale da camera del primo Seicento italiano, dimostrando la maestria del compositore nel combinare le nuove tendenze barocche (chiarezza armonica, declamazione testuale e basso continuo) con la tradizione contrappuntistica tardo-rinascimentale.
La musica segue fedelmente il significato e l’emozione del testo petrarchesco, creando un’intensa atmosfera devozionale attraverso il sapiente uso della melodia, dell’armonia e della variazione di tessitura.
Buona giornata e a domani!
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Molto bene, Pierfrancesco. Buona festa e a domani 🙂
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maggio il mese delle Rose e della Madonna
buon primo maggio🌹🌿
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Grazie, altrettanto a voi 🙂
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