Speranza e Amore

Joanna Bruzdowicz (17 maggio 1943 - 2021): The Song of Hope and Love per violoncello e pianoforte (1997). Mariana Flores Peredo, violoncello; Radek Materka, pianoforte.



L’approfondimento
di Pierfrancesco Di Vanni

Joanna Bruzdowicz-Tittel: l’eco polifonica di una vita dedicata alla musica

Origini e formazione
Nata nella famiglia del violoncellista Konstanty Bruzdowicz e della pianista Maria Wilczek, Joanna Bruzdowicz mostrò un talento precoce, iniziando a comporre a soli sei anni. La sua formazione musicale formale culminò con il diploma in composizione (1966) presso la prestigiosa Państwowa Wyższa Szkoła Muzyczna di Varsavia, sotto la guida del professor Kazimierz Sikorski. Già durante gli studi, avviò un’intensa attività concertistica come pianista, esibendosi non solo in Polonia ma anche in Belgio, Austria e Cecoslovacchia. Dimostrò inoltre un precoce spirito organizzativo, essendo cofondatrice e segretaria generale (1964-68) della sezione polacca di "Jeunesses Musicales".
Nel 1968, grazie a una borsa di studio "Maurice Ravel" del governo francese, si trasferì a Parigi, dove si perfezionò in composizione per due anni con Nadia Boulanger e Olivier Messiaen, e si addentrò nella musica elettroacustica con Pierre Schaeffer. Parallelamente, approfondì la musicologia alla Sorbona sotto la guida di J. Chailley, conseguendo un dottorato con la tesi Matematica e logica nella musica contemporanea. Nel 1969 fu tra i promotori del “Groupe International de Musique
Electroacoustique de Paris” (GIMEP).

Oltre la composizione: divulgazione, insegnamento e impegno culturale
Oltre che compositrice, Bruzdowicz fu un’appassionata critica e pubblicista, nonché autrice di trasmissioni radiofoniche per emittenti francesi, belghe e tedesche, attraverso le quali promuoveva attivamente la nuova musica. Si distinse anche come conferenziera e, in collaborazione con il marito H. J. Tittel, scrisse sceneggiature cinematografiche per la televisione francese e tedesca. La sua vasta esperienza e conoscenza trovarono sbocco nell’insegnamento, tenendo masterclass in istituzioni accademiche di fama mondiale, come il Massachusetts Institute of Technology (MIT), la Yale University, l’Università della California del Sud, l’Università della California, la Sorbona e l’Università di Montreal.
Il suo impegno culturale si manifestò anche nella fondazione della Società belga “Frédéric Chopin e Karol Szymanowski” (1983) — della quale fu presidente — e nel ruolo di vicepresidente dell’International Federation of Chopin Societies. Nel 1996, invece, diede vita al Festival internazionale di musica di Céret, un appuntamento annuale da lei diretto.

Un’eredità sonora: opere sceniche e composizioni significative
La produzione musicale di Joanna Bruzdowicz è vasta e diversificata, ma un posto di rilievo è occupato dalla musica scenica, in particolare dalle opere liriche. Tra queste, spicca Kolonia karna (La colonia penale, 1968), su testo di Franz Kafka. Commissionata dall’Opera di Praga, sebbene non rappresentata lì, ottenne grande successo in Occidente, aprendole le porte della fama internazionale. Altre opere significative includono Trojanki (Le troiane, 1972) – su testo di Euripide – e Bramy raju (Le porte del paradiso, 1984) che affronta temi storici e contemporanei e la cui “prima” mondiale si tenne al Teatr Wielkim di Varsavia.
Si ricordano anche i musical Tides and Waves (1991) e Maisonneuve i Przypływy i odpływy (1996), il balletto Le petit prince, una sinfonia, diversi concerti (tra cui due per violino e The Cry of the Phoenix per violoncello e orchestra del 1994), lo Stabat mater per coro a cappella (1993), vari quartetti d’archi, numerose liriche e cantate e un ricco corpus musicale per la radio e il cinema.

Analisi del Song of Hope and Love
Si tratta di un lavoro che, pur avendo profonde radici nella musica del XX secolo, emana un calore e una liricità che richiamano sensibilità neo-romantiche. Il pezzo è profondamente espressivo e si caratterizza per un curato dialogo tra i due strumenti che evoca le emozioni suggerite dal titolo. Considerando la biografia della compositrice -– formatasi con figure d’avanguardia come Messiaen e Schaeffer ed essendo pioniera della musica elettroacustica e autrice di opere complesse -– questo brano mostra una sua sfaccettatura più intima e accessibile, forse un ritorno o una continuazione di un linguaggio più direttamente comunicativo, come suggerito anche da composizioni coeve quali The Cry of the Phoenix (1994) per violoncello e orchestra. La scelta del duo violoncello-pianoforte non è casuale, in quanto il padre della Bruzdowicz era violoncellista e la madre pianista, conferendo a questa combinazione strumentale una potenziale risonanza personale e affettiva.
Il brano si sviluppa in un unico movimento, seguendo una sorta di forma ternaria estesa (ABA’) o un rondò libero, con un tema principale ricorrente che funge da ancora emotiva.
Il pianoforte apre il brano con una serie di accordi arpeggiati, delicati e introspettivi. L’armonia è tonale ma ricca di inflessioni moderne, creando un’atmosfera sognante e leggermente malinconica, ma non cupa. Prepara l’ingresso del violoncello che entra con una melodia cantabile, lirica e profondamente espressiva, caratterizzata da un andamento prevalentemente graduale con alcuni salti espressivi. È una melodia che incarna immediatamente un senso di tenerezza e forse di pacata nostalgia. Il pianoforte fornisce un accompagnamento discreto, con accordi spezzati e arpeggi che sostengono senza sovrastare la linea del violoncello.
Il pianoforte riprende brevemente il materiale introduttivo, fungendo da ponte, mentre il violoncello ripropone il primo tema o una sua stretta variante, arricchendolo con maggiore intensità espressiva. La melodia si fa più assertiva, raggiungendo un piccolo culmine dinamico prima di placarsi nuovamente. Il dialogo con il pianoforte si infittisce leggermente, con il pianoforte che a tratti raddoppia o
contrappunta frammenti melodici.
Si introduce una nuova idea melodica, forse un secondo tema o un episodio di sviluppo più mosso. Il violoncello esplora registri leggermente più acuti e la melodia assume un carattere più anelante, quasi interrogativo. Il pianoforte si fa più presente, con accordi più pieni e un movimento armonico che suggerisce una ricerca, una tensione emotiva crescente. Questa sezione sembra incarnare l’aspetto della "speranza" con maggiore enfasi, una speranza che si fa strada attraverso l’introspezione. Il pianoforte prende il sopravvento con figurazioni arpeggiate più elaborate, creando un momento di sospensione e riflessione, quasi una breve cadenza.
La musica ritorna a materiale tematico che richiama il primo tema, ma ora trasfigurato da una maggiore passione. Il violoncello canta con fervore, sostenuto da un pianoforte che utilizza accordi pieni e arpeggi ampi. Qui l’elemento "amore" si manifesta con più evidenza, in un’espansione lirica intensa. L’intensità diminuisce gradualmente, portando a un momento di quiete e introspezione, quasi un sospiro musicale.
Il primo tema ritorna in modo riconoscibile al violoncello, con un carattere più maturo e consapevole, come se le esperienze emotive della sezione centrale avessero arricchito la sua espressività. L’accompagnamento pianistico è simile a quello iniziale, ma forse con una maggiore profondità armonica. Il pianoforte offre un altro breve interludio, questa volta più conclusivo, preparando il finale.
Il violoncello riprende frammenti del tema iniziale, portando la melodia verso un registro più acuto e poi discendente, in un progressivo diradarsi. Il pianoforte accompagna con accordi sostenuti e arpeggi delicati. Il brano si conclude su una nota di serena accettazione e pacata speranza, svanendo dolcemente. L’ultimo accordo è sospeso, lasciando un senso di continuità e di emozione che perdura.
La compositrice adotta un linguaggio armonico che, pur chiaramente ancorato a una base tonale, è arricchito da cromatismi, accordi di nona e undicesima e modulazioni fluide che evitano una prevedibilità eccessiva. Non c’è la complessità dissonante di molta musica contemporanea d’avanguardia e le dissonanze presenti sono lievi e tendono a risolversi dolcemente, contribuendo alla tensione emotiva e al colore piuttosto che a creare asprezza. Le melodie — soprattutto quelle affidate al violoncello — sono il cuore del brano. Sono ampie, cantabili e sfruttano magnificamente le qualità vocali dello strumento. L’estensione utilizzata è significativa, permettendo al violoncello di esprimere una vasta gamma di sfumature emotive, dal sussurro intimo al canto appassionato.
Il rapporto tra violoncello e pianoforte è di squisito equilibrio. Il violoncello è quasi sempre il portatore principale della melodia, il "cantante" di questa canzone senza parole. Il pianoforte agisce principalmente come supporto armonico e ritmico, ma non è mai meramente subordinato. Spesso dialoga con il violoncello, riprendendo frammenti melodici, offrendo contrappunti delicati, o creando atmosfere suggestive con le sue figurazioni (arpeggi, accordi spezzati, blocchi accordali). La tessitura varia da momenti di rarefazione, con il violoncello che canta quasi solo, a passaggi più densi e sonori nelle sezioni di maggiore intensità.
Le dinamiche giocano un ruolo cruciale nel modellare l’arco espressivo del brano: si passa da sonorità delicate e quasi sussurrate (pianissimo) a momenti di pienezza e calore (forte), ma senza mai raggiungere estremi di violenza sonora. I crescendo e diminuendo sono graduali e organici, sottolineando il flusso emotivo della musica.
L’interpretazione nel video proposto evidenzia un uso sensibile del rubato, che conferisce ulteriore respiro e naturalezza alla linea melodica. Il titolo è pienamente realizzato: la "speranza" si manifesta nelle frasi ascendenti, nei momenti di maggiore luminosità armonica e nelle sezioni più interrogative, mentre l’"amore" traspare dalla tenerezza delle melodie principali, dal calore del timbro del violoncello e dall’intensità lirica dei culmini espressivi.
Nel complesso, The Song of Hope and Love è un brano che, pur nella sua relativa brevità, riesce a comunicare una profonda gamma di emozioni. È una testimonianza della capacità della compositrice di maneggiare un linguaggio musicale accessibile e toccante, discostandosi dalle complessità che pure hanno caratterizzato parte della sua produzione. L’opera si distingue per la sua bellezza melodica, la raffinata scrittura strumentale e un’espressività sincera che la rende immediatamente godibile e commovente. È un canto intimo che parla direttamente al cuore dell’ascoltatore, un piccolo gioiello nel repertorio per violoncello e pianoforte del tardo Novecento che ben riflette la sensibilità di una compositrice poliedrica e profondamente legata al potere comunicativo della musica.

7 pensieri riguardo “Speranza e Amore

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