Partita XVIII

Johann Jakob Froberger (28 maggio 1616 - 1667): Partita XVIII in sol minore FbWV 618. Gustav Leonhardt, clavicembalo.

  1. Allemande
  2. Gigue [3:23]
  3. Courante [4:46]
  4. Sarabande [6:11]


L’approfondimento
di Pierfrancesco Di Vanni

Froberger: il genio errante della tastiera barocca e innovatore della suite

Figura di spicco nel panorama della musica barocca, Froberger fu un musicista cosmopolita che seppe fondere magistralmente le influenze stilistiche italiane, tedesche e francesi in un linguaggio musicale unico e profondamente personale. È universalmente riconosciuto come uno dei più significativi e influenti compositori per strumenti a tastiera, tanto da essere paragonato al suo maestro Girolamo Frescobaldi e persino a Chopin per il suo impatto sulla storia della musica. Il suo contributo più celebre riguarda lo sviluppo della suite per clavicembalo, genere in cui raggiunse vette di notevole profondità emotiva.

Origini familiari e formazione (1616–c1634)
Nato a Halle nella famiglia del Kapellmeister Basilius Froberger e di sua moglie Anna Schmid, il giovane crebbe in un ambiente musicale internazionale alla corte del Württemberg. Sebbene i dettagli sulla sua prima educazione siano scarsi, è probabile che abbia ricevuto le prime lezioni dal padre e/o da un fratello maggiore e, probabilmente, da Johann Ulrich Steigleder, l’organista di corte. Nel 1637, Froberger perse entrambi i genitori a causa di un’epidemia di peste.

Vienna e l’Italia: apprendistato e affermazione (c1634–1645)
Già da qualche anno Froberger si trovava a Vienna, dove il 1° gennaio 1637 ottenne il suo primo impiego come organista alla corte imperiale, convertendosi per l’occasione dal protestantesimo al cattolicesimo. Nell’autunno dello stesso anno, ricevette una borsa di studio imperiale per recarsi a Roma a studiare per tre anni e mezzo con Girolamo Frescobaldi, dove potrebbe aver conosciuto anche Michelangelo Rossi. Dall’aprile 1641 all’ottobre 1645, riprese servizio a Vienna come terzo Cammerorganist.

Anni di viaggi e incontri determinanti (1645–1653)
Questo periodo è meno documentato: sappiamo che prima del 1649 intraprese un secondo viaggio in Italia, entrando in contatto con Giacomo Carissimi e Athanasius Kircher. Quest’ultimo gli affidò una “arca musurgica” (una macchina per comporre) che Froberger presentò a diverse corti, inclusa quella imperiale nel 1649. Kircher pubblicò una Fantasia di Froberger nella Musurgia universalis (1650).
Nel 1649, il suo modo di suonare il cembalo impressionò William Swann, inviato del principe d’Orange, che ne scrisse entusiasticamente a Constantijn Huygens, futuro grande ammiratore e amico del compositore. Nell’inverno 1649-50, Froberger si recò a Dresda, forse in missione diplomatica, dove ebbe un celebre agone musicale con l’organista di corte Matthias Weckmann, con il quale nacque poi una profonda amicizia. Ulteriori viaggi lo portarono a Bruxelles (primavera 1650) e a Parigi (1652). Nella capitale francese, nonostante una nota di stampa poco lusinghiera (“tedesco grassone”), frequentò il liutista Charles Fleury, sieur de Blancrocher (cui dedicò un famoso Tombeau dopo la sua morte accidentale), e probabilmente Denis Gaultier, Jacques Champion de Chambonnières e il giovane Louis Couperin. Una lettera a Kircher del 1654 menziona viaggi in Germania, Paesi Bassi, Inghilterra e Francia.

Ritorno a Vienna, ultimi anni e morte (1653–1667)
Nell’aprile 1653 Froberger tornò a Vienna come organista di corte. Compose una toccante Lamentation per la morte dell’imperatore Ferdinando III nel 1657. Tuttavia, il nuovo imperatore Leopoldo I ridusse il personale della cappella musicale e il posto di Froberger fu soppresso dopo il luglio 1658, probabilmente per ragioni politiche (Leopoldo I lo considerava un sostenitore del rivale Leopoldo Guglielmo). Il periodo 1658-64 è oscuro; potrebbe essere tornato a Stoccarda o aver visitato nuovamente Parigi. Dal 1662 o 1664 si stabilì presso la duchessa Sibylla von Württemberg-Mömpelgard nel castello di Héricourt, forse viaggiando con lei fino a Madrid. Nel settembre 1665, a Magonza, incontrò Huygens, al quale confidò la speranza di tornare a Vienna. Morì il 16 o 17 maggio 1667 a Héricourt per un ictus, durante la preghiera serale.

L’opera: l’eredità musicale tra stile e forme
Froberger compose quasi esclusivamente musica per strumenti a tastiera. Le sue toccate, capricci, canzoni, ricercari e fantasie sono eseguibili su organo, cembalo, virginale o clavicordo, mentre le suites e i brani singoli (come i tombeaux) sono specifici per strumenti a corde pizzicate (cembalo, virginale) o clavicordo.
L’influenza di Frescobaldi è evidente nelle opere contrappuntistiche. Per Froberger, fantasia e ricercare sono intercambiabili, indicando brani fugati in tempo moderato, solitamente suddivisi in sezioni. Anche canzoni e capricci sono simili: opere fugate in più sezioni, più vivaci, con il tema iniziale variato nelle sezioni successive. In questi generi, Froberger fu uno dei pochi autori capaci di eguagliare la maestria compositiva di Frescobaldi, benché oggi queste sue fughe godano di minor popolarità.
Le toccate di Froberger presentano tipicamente un’introduzione libera, quasi improvvisativa, seguita da due o tre fugati, incastonati tra ulteriori sezioni libere e una coda. Le parti toccatistiche alternano passaggi virtuosistici e sezioni più accordali, spesso con armonie sorprendenti ed espressive. I temi dei fugati sono correlati, avvicinandosi alla forma della canzona variata. Stilisticamente, le toccate risentono più dell’influenza di Michelangelo Rossi che di Frescobaldi, ma formalmente appaiono più chiare e rigorose (“tedesche”), con l’uso di più fugati che rimanda a Claudio Merulo. Un gruppo a parte è costituito dalle cosiddette Toccate per l’Elevazione, meditative e ricche di sorprese armoniche, sul modello frescobaldiano.
Le partite (o suites), insieme con lamentazioni, tombeaux e méditations (queste ultime talvolta introduttive a una partita) sono considerate il suo contributo più originale. Contrariamente a quanto sostenuto in passato, Froberger non stabilì un ordine standard per i movimenti della suite. Si riscontrano principalmente tre sequenze:
  - allemande, courante, sarabande: la forma più antica, presente in quattro delle sei partite del Libro Secondo (1649);
  - allemande, courante, sarabande, gigue: la cosiddetta “forma classica”, compare una volta nel Libro Secondo (1649); molte suites furono successivamente riordinate in questa sequenza da copisti ed editori, ma non per sua volontà;
  - allemande, gigue, courante, sarabande: la sequenza apparentemente preferita da Froberger, con la giga al secondo posto e la sarabanda come conclusione; una nota di Matthias Weckmann conferma questa predilezione.

La Partita in sol minore FbWV 618: analis
La Partita XVIII è un esempio squisito della capacità del compositore di fondere introspezione, eleganza e pathos. La tonalità di sol minore, spesso associata a sentimenti di malinconia e serietà, viene esplorata da Froberger con una profondità emotiva caratteristica. La sequenza dei movimenti (allemande, gigue, courante, sarabande) è tipica di molte delle sue suite, con la giga posta prima della corrente, una prassi che differisce dalla successiva standardizzazione (allemande, courante, sarabande, gigue) che si affermerà pienamente con compositori come Bach.
L’Allemande apre la partita con un’aura di solenne gravità e profonda introspezione. Il carattere è nobile, ma velato da una sottile malinconia. Il sol minore è stabilito fin dalle prime battute, con un uso sapiente di armonie ricche e talvolta sorprendenti. Froberger impiega frequenti sospensioni e ritardi che accentuano il pathos, creando un dialogo continuo tra tensione e risoluzione. Si notano modulazioni verso tonalità vicine – come il si bemolle maggiore (relativa maggiore) e il re minore (dominante) – che offrono momentanei squarci di luce prima di ritornare all’atmosfera più cupa del sol minore. La scrittura armonica è densa, ma mai congestionata, evidenziando la padronanza contrappuntistica di Froberger. Le linee melodiche sono cantabili ed espressive, spesso caratterizzate da movimenti graduali e figure “sospiranti” (intervalli discendenti). La tessitura è prevalentemente polifonica, con le voci che si intrecciano in un dialogo raffinato. Si percepisce l’influenza dello style brisé (stile spezzato), tipico della musica liutistica francese, con arpeggi e accordi fratti che contribuiscono alla fluidità e alla ricchezza armonica. L’ornamentazione, applicata da Leonhardt con gusto e discrezione (come trilli e mordenti), non è mai fine a sé stessa ma serve ad accentuare l’espressività delle linee. Il ritmo è fluido e scorrevole e non ci sono ritmi ecces­sivamente marcati o spigolosi, prevalendo una sensazione di continuità discorsiva.
La Gigue introduce un elemento di vivacità e slancio, pur mantenendo una certa serietà intrinseca dovuta alla tonalità minore. È una danza energica e propulsiva; le armonie sono più dirette e meno cromatiche rispetto all’Allemande, focalizzate sul sostegno dell’impulso ritmico e del gioco imitativo. Le modulazioni sono funzionali alla forma e al movimento contrappuntistico. La scrittura è spiccatamente imitativa, quasi fugata. Il tema principale, con il suo profilo ritmico saltellante e melodicamente agile viene presentato e ripreso dalle diverse voci. La tessitura è vivace e trasparente, permettendo di seguire chiaramente l’intreccio delle linee. Il metro come da tradizione è ternario composto, cosa che conferisce alla giga il tipico andamento danzante e “saltellante”. I ritmi puntati e le rapide figurazioni sono predominanti.
La Courante presenta un carattere più elegante e raffinato, meno impetuoso della Gigue precedente ma comunque danzante e scorrevole. Ha una nobiltà intrinseca. Si muove con armonie fluide e chiare; le progressioni armoniche sono aggraziate; le linee melodiche sono continue e sinuose; la tessitura è polifonica, ma con una chiarezza che permette alle melodie di emergere con eleganza. Vi è un buon equilibrio tra le parti. Come molti suoi contemporanei, Froberger gioca sottilmente con gli accenti, talvolta creando effetti di emiolia (spostamento dell’accento metrico che dà la sensazione di un cambio di metro ternario a uno binario) soprattutto in prossimità delle cadenze, aggiungendo interesse e sofisticazione ritmica. Leonhardt gestisce queste sottigliezze con grande maestria.
La Sarabande che conclude la Partita ne costituisce il culmine emotivo. È un brano di una bellezza struggente, lento, maestoso e profondamente espressivo, quasi un lamento o una meditazione. La tonalità di sol minore giunge qui alla sua massima intensità espressiva. Le armonie sono estremamente ricche, dense e spesso audaci per l’epoca, con un uso intensificato di cromatismi, dissonanze (ritardi, appoggiature) che si risolvono con grande effetto patetico. La progressione armonica è lenta e ponderata, contribuendo al senso di gravità. La melodia è intensamente lirica e cantabile, quasi vocale nella sua espressività. È riccamente ornata, ma gli abbellimenti sono sempre al servizio dell’espressione, amplificando il pathos. La tessitura alterna momenti più omoritmici e accordali, che conferiscono solennità, a passaggi in cui le voci interne si muovono con indipendenza, arricchendo l’armonia. La Sarabande è caratterizzata dal tipico accento sulla seconda pulsazione della misura ternaria, conferendole un andamento maestoso e quasi processionale. Il tempo è molto lento e Leonhardt lo dilata ulteriormente, permettendo a ogni nota e armonia di risuonare con pienezza.
Nel complesso, la Partita XVIII si rivela un lavoro di grande spessore artistico. La scelta di anteporre la Gigue alla Courante crea un interessante arco dinamico ed espressivo all’interno della composizione. L’Allemande introduce un tono grave e riflessivo, la Gigue porta energia e complessità contrappuntistica, la Courante offre un momento di eleganza più distesa e la Sarabande funge da conclusione profondamente toccante e meditativa, vero cuore pulsante dell’intera Partita. L’uso che Froberger fa della tonalità di sol minore è magistrale, sfruttandone tutte le potenzialità espressive, dalla malinconia all’energia controllata, fino al pathos più intenso.

5 pensieri riguardo “Partita XVIII

  1. This composition is really beautiful and I love the harpsichord and I also love that key (sol minore). I see the different pitches and rhythms in the specific colors and shapes, this is a beautiful light blue. One of your best posts❤️

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