Primavera

Josef Suk (1874 - 29 maggio 1935): Jaro (Primavera), 5 pezzi per pianoforte op. 22a (1902). Niel Immelman.

  1. Jaro (Primavera)
  2. Vánek (Brezza) [4:35]
  3. V očekvání (In attesa) [6:35]
  4. Andante [9:40]
  5. V roztoužení (Languore) [11:25]


L’approfondimento
di Pierfrancesco Di Vanni

L’anima lirica della musica ceca: Josef Suk fra tragedia e trionfo

Vita e carriera: dal conservatorio ai palcoscenici mondiali
Nato a Křečovice da una famiglia di insegnanti, Suk studiò al Conservatorio di Praga (1885-92), dove ebbe come insegnanti Antonín Bennewitz (violino), Karel Stecker e Antonín Dvořák (composizione). Nel 1892, con i compagni di studi Karel Hoffmann, Oskar Nedbal e Otto Berger fondò il Quartetto Boemo (České kvarteto), formazione che ottenne fama mondiale, segnando una pietra miliare nell’interpretazione della musica da camera ceca. Suk vi suonò come secondo violinista fino al 1933, tenendo circa quattromila concerti in tutto il mondo. Dal 1922 fu professore di composizione al Conservatorio di Praga, istituto di cui fu eletto rettore per quattro volte.

La controversia con Zdeněk Nejedlý
Nonostante il carattere mite, sensibile e affettuoso del compositore, qualità riflesse nella sua musica, la sua vita fu turbata dagli attacchi mossi contro di lui dal critico e musicologo Zdeněk Nejedlý e dal suo gruppo: essi criticavano la presunta “linea conservatrice dvořákiana” e sostenevano invece una “linea progressista smetaniana”, prendendo di mira sia Dvořák sia Suk. Queste polemiche, che sfociarono in accuse umilianti, portarono Suk più volte sull’orlo di un crollo nervoso. L’astio di Nejedlý era forse, in parte, dovuto al fatto che il critico era stato respinto da Otilie Dvořáková, la figlia maggiore di Dvořák, la quale nel 1898 sposò Suk. Ciononostante, Suk godeva di grande stima da parte del pubblico ceco e ricevette importanti riconoscimenti, incluso un dottorato honoris causa in filosofia dall’Università Masaryk di Brno.

L’opera musicale: un lirismo profondo e complesso
La produzione di Suk, non vastissima (37 numeri d’opus), è caratterizzata da tratti originali. Dal fascino delle opere giovanili alla complessa e riflessiva poeticità dei lavori tardivi, emerge costantemente un profondo senso del lirismo interiore. Questo lirismo spazia da un’intimità delicatissima (come in O matince) a una monumentale espressione polifonica quasi febbrile (come nell’Epilog). La ricchezza espressiva della sua tarda produzione, con la sua complessità e intensità, può risultare impegnativa per l’ascoltatore, ma è intrisa di questa profonda interiorità e di una peculiare immaginazione sonora. L’opera di Suk è convenzionalmente suddivisa in due periodi, separati dalla morte di Dvořák nel 1904 e, l’anno successivo, da quella di Otilie.
In gioventù, Suk si mosse nel solco del Romanticismo, chiaramente ispirato dalla musica di Dvořák, ma progressivamente individualizzò il suo stile con un lirismo soggettivo. Assimilò anche la lezione di Johannes Brahms e altri classici, evidente nella Sinfonia in mi maggiore (1899). Fin dalle prime opere, Suk dimostrò una spiccata individualità attraverso un lirismo intenso, caratterizzato da una sensibilità accattivante, ricchezza timbrica e melodiosità. Ne sono esempi la Serenata per archi in mi bemolle maggiore (scritta a 18 anni), il brano pianistico Píseň lásky (Canto d’amore) dalle Klavírní skladby op. 7, e opere cameristiche come il Quartetto con pianoforte in la minore (1891) e il Quartetto per archi n. 1 in si bemolle maggiore (1896).
Una pietra miliare di questo periodo è la musica di scena per la fiaba drammatica Radúz a Mahulena di Julius Zeyer (1898), da cui trasse la suite da concerto Pohádka (Una fiaba, 1899). Questo lavoro riflette la felicità del compositore conseguente all’inizio della relazione con Otilie. La cantabilità e la coloritura di questa musica si ritrovano anche in altre composizioni come i cori su testi popolari slavi, la Fantasia in sol minore per violino e orchestra (1903), lo Scherzo fantastico (1903). Nello stesso spirito compose la musica di scena per la leggenda di Julius Zeyer Pod jabloní (Sotto il melo, 1901), da cui trasse una suite. Il ciclo pianistico Jaro (Primavera, 1902) e le tre egloghe Letní dojmy (Impressioni estive, 1902), composti dopo la nascita del figlio, mostrano già elementi impressionistici. Il poema sinfonico Praga (1904) è un’epica e lirica glorificazione della capitale ceca.
La produzione successiva al 1904 è segnata da un progressivo orientamento verso nuovi mezzi espressivi e dalla creazione di uno stile personale e complesso, che colloca Suk tra i fondatori della modernità musicale ceca. Le tragiche vicende familiari furono decisive: Suk si concentrò su grandi opere orchestrali dal contenuto meditativo e programmatico, affrontando i temi del destino e della morte, alla ricerca di un senso positivo dell’esistenza. Nacque così una tetralogia sinfonica monumentale: la sinfonia funebre Asrael (1906), dedicata alla memoria di Dvořák e Otilie; il poema musicale in cinque movimenti Pohádka léta (Una fiaba estiva, 1907–09); il monumentale poema sinfonico Zrání (Maturazione, 1912–17); e l’Epilog per soli, coro e orchestra (1920–33), che utilizza testi dalla leggenda Pod jabloní di Zeyer. A queste si affiancano importanti cicli pianistici come O matince (A proposito della mamma, 1907), in cui racconta al figlio della madre scomparsa, Životem a snem (Attraverso la vita e il sogno, 1910) e Ukolébavky (Ninne nanne, 1912), oltre al brano O přátelství (Sull’amicizia, 1920). In queste opere, Suk fa un uso simbolico ricorrente del “motivo della morte” tratto da Radúz a Mahulena e del tema del Píseň lásky.
Lo stile di Suk si evolve: in Pohádka léta e Životem a snem si notano un ampliarsi del linguaggio e l’influsso di Debussy, filtrato attraverso il suo caratteristico lirismo riflessivo. Il Secondo Quartetto per archi (1911), con la sua modernità, suscitò reazioni tempestose alla prima esecuzione. Qui Suk sperimenta, avvicinandosi all’Espressionismo musicale senza però abbandonare la tonalità, che viene solo allentata. Le opere tarde come Zrání (cui appone un motto tratto dalla poesia omonima di Antonín Sova) ed Epilog (con un motto dalla poesia Mito della donna di Otokar Březina), frutto di anni di lavoro, rappresentano il culmine della sua ricerca filosofica e stilistica. Il linguaggio maturo è caratterizzato da una ricca polifonia libera, un flusso continuo con picchi dinamici espressivi, un uso individuale dei timbri strumentali e un’armonia complessa e cangiante. La forma delle opere tarde crea architetture grandiose e coese. Altre opere significative di questo periodo includono il trittico patriottico Meditace na chorál Sv. Václave (Meditazione sul corale di San Venceslao), Legenda o mrtvých vítězích (Leggenda degli eroi caduti) e la marcia V nový život (Verso una nuova vita), caratterizzate da un linguaggio più semplice per una maggiore accessibilità.

Jaro (Primavera): analisi
Il ciclo pianistico Jaro si colloca in un periodo di relativa felicità e fecondità creativa per il compositore, coincidente con la nascita del figlio. Queste cinque miniature, pur mantenendo un’impronta tardo-romantica profondamente lirica, ereditata dal suo maestro e suocero Antonín Dvořák, mostrano già chiari segni di un’evoluzione stilistica che accoglie sottili influenze impressionistiche e una maggiore introspezione psicologica.

Il primo brano si apre con un’esplosione di gioia e vitalità, perfettamente in linea con il titolo. L’attacco è caratterizzato da un’energia luminosa, dominata da arpeggi ascendenti e brillanti nella mano destra che evocano lo sbocciare dei fiori e il risveglio della natura. La melodia principale è cantabile, ottimista e ricca di slancio lirico, tipica dello stile di Suk. L’armonia è prevalentemente tonale, con un uso sapiente di accordi pieni e sonorità calde che conferiscono profondità emotiva. La sezione centrale introduce un breve momento di maggiore riflessione, con armonie leggermente più complesse e un fraseggio più intimo, prima di ritornare all’esuberanza iniziale. Le dinamiche sono variegate, con crescendi che sottolineano l’entusiasmo e passaggi più delicati che suggeriscono la tenerezza dei nuovi germogli. La scrittura pianistica è ricca, ma mai fine a sé stessa, sempre al servizio dell’espressione.
Il secondo pezzo è un vero e proprio scherzo impressionistico, caratterizzato da una scrittura pianistica leggera, eterea e mobilissima. Predominano arpeggi rapidi e figure staccate nel registro acuto, che creano un’atmosfera scintillante e quasi impalpabile. L’armonia si fa più evanescente, con un uso più frequente di accordi alterati e progressioni che suggeriscono più che definire nettamente la tonalità, avvicinandosi a stilemi debussiani. Il pedale è usato con maestria per creare aloni sonori e risonanze che amplificano la sensazione di ariosità. Le dinamiche sono prevalentemente contenute nel piano e pianissimo, con improvvisi e leggeri soffi (crescendi e diminuendi rapidi). È un pezzo di grande virtuosismo che richiede precisione e una tavolozza timbrica raffinata.
Il brano successivo introduce un’atmosfera di sospensione e introspezione. Il tempo è più lento e il carattere generale è meditativo, quasi interrogativo. La melodia, inizialmente più frammentata e pensosa, si sviluppa gradualmente in linee più liriche e cantabili, ma sempre pervase da un senso di intima aspettativa. L’armonia si arricchisce di cromatismi e tensioni non risolte, che contribuiscono a creare un’aura di mistero e profonda riflessione interiore. Vi sono momenti di maggiore intensità emotiva, costruiti attraverso crescendi graduali e accordi più densi, che poi si placano nuovamente in sonorità più rarefatte. La scrittura pianistica esplora diverse tessiture, da passaggi più accordali a linee melodiche sostenute da un accompagnamento discreto. Il pezzo sembra voler esprimere un sentimento profondo, un’attesa che non è vuota, ma carica di significato e di emozioni sottili.
L’Andante, invece, si presenta come un interludio di serena bellezza e pura liricità. È un brano profondamente cantabile, che ricorda quasi una romanza senza parole o una ninna-nanna. La melodia è tenera, dolce e scorrevole, sostenuta da un’armonia prevalentemente consonante e calda, tipica del lirismo slavo. La struttura è chiara, con una melodia principale che viene presentata e variata con sottigliezza. La tessitura pianistica è trasparente, con la melodia ben in evidenza, spesso nel registro medio-acuto, e un accompagnamento discreto ma armoniosamente ricco. Le dinamiche sono generalmente contenute, favorendo un’atmosfera intima e raccolta. Si percepisce una profonda pace interiore, un momento di quiete e contemplazione affettuosa, che si collega idealmente alla serenità del periodo compositivo di Suk, forse un riflesso della tenerezza paterna.
Il ciclo si conclude con un brano (V roztoužení, Languore) che esplora sentimenti di ardente desiderio e nostalgia. L’atmosfera è più inquieta e passionale rispetto ai movimenti precedenti. Il brano è caratterizzato da ampie frasi melodiche, spesso ascendenti e cariche di espressività, che si alternano a momenti di maggiore agitazione ritmica e armonica. L’armonia è densa, ricca di cromatismi e accordi complessi che sottolineano l’intensità del sentimento. Le dinamiche sono ampie, con passaggi che vanno dal pianissimo sussurrato a potenti crescendi che sfociano in veri e propri climax emotivi. La scrittura pianistica è impegnativa, richiedendo una solida tecnica per gestire le ampie arcate melodiche, gli accordi pieni e i passaggi più virtuosistici. Il finale del pezzo, dopo l’apice passionale, si stempera in una coda più rarefatta e sognante, lasciando un senso di struggente dolcezza e, forse, di desiderio non completamente appagato, che sfuma delicatamente nel silenzio.
Nel complesso, questo ciclo pianistico, pur radicato nella tradizione romantica, preannuncia la sensibilità moderna di Suk. La capacità di evocare immagini e stati d’animo attraverso una scrittura pianistica ricca e variata è notevole. Ogni pezzo ha un carattere ben definito, ma insieme formano un percorso emotivo coerente, dal giubilo primaverile alla brezza leggera, dall’attesa introspettiva alla serena contemplazione, fino al languore passionale.

14 pensieri riguardo “Primavera

        1. Un altro compositore boemo che ti ha colpito, dopo Fibich e Smetana 🙂
          L’altro giorno sul “New York Times” è uscito un articolo di Zachary Woolfe (il critico musicale del quotidiano) intitolato Perché il mio compositore preferito non è molto famoso? Si riferisce a Leoš Janáček, altro musicista nato e vissuto in quella che una volta si chiamava Cecoslovacchia (per la precisione in Moravia, a Brno) e che, come forse sai già, è anche il mio compositore preferito (ex aequo con Jehan Alain). Non metto in discussione la grandezza di Bach Mozart Beethoven e gli altri che tradizionalmente abitano l’empireo, però alcuni “minori” li sento più vicini a me, anzi li sento dentro di me.

          Piace a 1 persona

          1. E ti capisco, un po’ come per la pittura, per quanto siano grandi Leonardo Caravaggio e altri illustri mi sono di maggior stimolo altri. I compositori boemi e Debussy sono tra i miei preferiti, hanno un quid che lega bene con la mia anima.

            Piace a 1 persona

commenti