Gunther Schuller (1925 - 21 giugno 2015): Seven Studies on Themes of Paul Klee per orchestra (1959). NDR Radiophilharmonie diretta dall’autore.
- Antike Harmonien / Antique Harmonies [0:12]
- Abstraktes Trio / Abstract Trio [2:43]
- Kleiner blauer Teufel / Little Blue Devil [4:55]
- Die Zwitschermaschine / The Twittering-Maschine [7:54]
- Arabische Stadt / Arab Village [10:31]
- Ein unheimlicher Moment / An Eerie Moment [18:20]
- Pastorale [20:41]
L’approfondimento
di Pierfrancesco Di Vanni
Gunther Schuller: un poliedrico maestro della musica americana tra classica, jazz e oltre
Figura straordinariamente versatile nel panorama musicale americano, Gunther Schuller si è distinto come compositore, direttore d’orchestra, cornista, autore, storico, educatore, editore e musicista jazz. La sua carriera, durata oltre sette decenni, ha lasciato un’impronta indelebile in molteplici ambiti musicali.
Primi anni e formazione: un talento precoce e autodidatta
Nato a Queens, New York, da genitori tedeschi (il padre, Arthur E. Schuller, era violinista della New York Philharmonic), Gunther mostrò un talento musicale precoce. Studiò presso la Saint Thomas Choir School, diventando un abile suonatore di corno e di flauto. La sua ascesa professionale fu rapida, tanto che, a soli 15 anni, nel 1943, suonava già il corno professionalmente con l’American Ballet Theatre. Seguirono incarichi prestigiosi come primo corno presso la Cincinnati Symphony Orchestra (1943-45) e successivamente con l’Orchestra del Metropolitan Opera di New York, dove rimase fino al 1959. Nonostante avesse frequentato la Precollege Division della Manhattan School of Music (dove poi insegnò), Schuller abbandonò gli studi superiori per dedicarsi alla carriera professionistica, non conseguendo mai una laurea formale. Il suo ingresso nel mondo del jazz avvenne registrando come cornista con Miles Davis tra il 1949 e il 1950.
L’ascesa e l’innovazione: la nascita del Third Stream
Il 1955 vide Schuller, insieme al pianista jazz John Lewis, fondare la Modern Jazz Society, che tenne il suo primo concerto alla Town Hall di New York e divenne poi nota come Jazz and Classical Music Society. Fu durante una lezione alla Brandeis University nel 1957 che Schuller coniò l’espressione Third Stream per descrivere una musica che fonde le tecniche compositive e improvvisative della musica classica e del jazz. Divenne un fervente sostenitore di questo stile, componendo numerose opere secondo questi principi, come Transformation (1957, per ensemble jazz), Concertino (1959, per quartetto jazz e orchestra), Abstraction (1959, per nove strumenti) e Variants on a Theme of Thelonious Monk (1960, per 13 strumenti) che vide la partecipazione di musicisti innovativi come Eric Dolphy e Ornette Coleman. Nel 1966 compose l’opera The Visitation. Un altro importante contributo fu la sua orchestrazione dell’unica opera teatrale sopravvissuta di Scott Joplin, Treemonisha, per la prima produzione della Houston Grand Opera nel 1975.
Maturità artistica e impegno poliedrico
Dal 1959, Schuller ridusse significativamente la sua attività di esecutore per dedicarsi maggiormente alla composizione, all’insegnamento e alla scrittura. Continuò a dirigere orchestre a livello internazionale e approfondì lo studio e la registrazione del jazz con giganti come Dizzy Gillespie e John Lewis. La sua produzione compositiva è vasta, con oltre 190 opere originali che spaziano in numerosi generi musicali. Negli anni ’60 e ’70, Schuller fu presidente del New England Conservatory, dove fondò The New England Ragtime Ensemble, contribuendo alla rinascita di questo genere. Parallelamente, ricoprì vari ruoli presso il Tanglewood Music Center, sede estiva della Boston Symphony Orchestra, servendo come direttore delle attività di musica nuova (1965-69) e come direttore artistico (1970-84), creando anche il Tanglewood Festival of Contemporary Music. Negli anni ’70 e ’80, Schuller fondò le case editrici Margun Music e Gun-Mar e l’etichetta discografica GM Recordings (Margun Music e Gun-Mar furono vendute a Music Sales Group nel 1999). Un progetto discografico particolare fu l’LP Country Fiddle Band (1976) con la band di musica country del conservatorio, lodato dalla critica per la sua originalità e bellezza. Il suo impegno nella conservazione del patrimonio jazzistico si manifestò anche come caporedattore delle Jazz Masterworks Editions e co-direttore della Smithsonian Jazz Masterworks Orchestra. Un’impresa monumentale fu la cura editoriale e la prima postuma dell’immensa opera finale di Charles Mingus, Epitaph, presentata al Lincoln Center nel 1989. Schuller fu anche autore di due testi fondamentali sulla storia del jazz: Early Jazz (1968) e The Swing Era: The Development of Jazz, 1930-1945. Tra i suoi numerosi allievi si annoverano Irwin Swack, Ralph Patt e Oliver Knussen.
Ultimi decenni: eredità e riconoscimenti continui
Dal 1993 fino alla sua morte, Schuller fu Direttore Artistico del Northwest Bach Festival a Spokane, Washington, presentando annualmente opere di J.S. Bach e altri compositori. Tra le sue direzioni memorabili al festival si ricordano la Messa in Si minore, la Passione secondo Matteo e il Messiah di Handel. Il suo legame con Spokane era iniziato nel 1982 come direttore ospite della Spokane Symphony, di cui fu poi Direttore Musicale (1984-1985), continuando a collaborare come ospite e come Direttore Artistico del vicino Festival at Sandpoint. Nel 2005, la Boston Symphony, il New England Conservatory e l’Università di Harvard gli dedicarono un festival, I Hear America, curato da Bruce Brubaker, che definì Schuller «un testimone chiave della cultura musicale americana». La sua opera orchestrale modernista Where the Word Ends fu eseguita in prima assoluta dalla Boston Symphony Orchestra nel 2009. Nel 2011 pubblicò il primo volume di un’autobiografia, Gunther Schuller: A Life in Pursuit of Music and Beauty. Nel 2012, presentò un nuovo arrangiamento, la suite dall’opera di Joplin Treemonisha. Schuller si spense il 21 giugno 2015 a Boston, a causa di complicazioni dovute alla leucemia.
Seven Studies on Themes of Paul Klee: analisi
Questa suite sinfonica si pone come un affascinante esempio di ekphrasis musicale, ovvero la traduzione del linguaggio visivo in quello sonoro. Ogni studio è una risposta musicale diretta a un’opera specifica del pittore svizzero-tedesco Paul Klee, noto per la sua profonda connessione con la musica e per la sua estetica che fonde astrazione, lirismo e un sottile umorismo. Schuller, pioniere del Third Stream, utilizza la sua vasta tavolozza orchestrale e la sua profonda comprensione di entrambi i mondi per dare vita a queste miniature sonore, ognuna con un carattere distintivo che riflette l’essenza del dipinto ispiratore.
Il dipinto di Klee Antike Harmonien (1925) presenta una griglia di quadrati e rettangoli colorati con tonalità terrose, ocra, rosse e verdi smorzate, evocando l’impressione di un antico mosaico o di un affresco sbiadito dal tempo. La struttura è ordinata, quasi architettonica, ma i colori e le lievi irregolarità suggeriscono una patina di antichità e mistero. Schuller traduce questa visione con una scrittura orchestrale solenne e statica. Il movimento inizia con accordi profondi e sostenuti negli archi bassi e negli ottoni (corni, tromboni), creando un’atmosfera di vastità e mistero arcaico. Le armonie non sono tradizionalmente tonali, ma evocano piuttosto modalità antiche o sonorità organistiche, con cluster accordali che si spostano lentamente, quasi come blocchi di colore che si sovrappongono. La strumentazione privilegia i registri gravi e i timbri scuri, con gli ottoni che conferiscono un senso di imponenza. Le dinamiche sono prevalentemente contenute, con graduali crescendo e diminuendo che suggeriscono un respiro ampio e meditativo. Non c’è una melodia definita nel senso tradizionale, ma piuttosto una successione di “colori armonici” che si evolvono lentamente, riflettendo la natura quasi geologica e stratificata del dipinto. La sensazione è quella di un tempo sospeso, di un’eco proveniente da un passato remoto.
Abstraktes Trio (1923) mostra tre figure lineari e astratte, quasi dei geroglifici danzanti, che interagiscono su uno sfondo neutro. Le forme sono geometriche ma con un che di organico e ludico, suggerendo un dialogo o un gioco tra entità distinte. In netto contrasto con il primo studio, questo movimento è caratterizzato da leggerezza, agilità e un’interazione contrappuntistica vivace. Schuller impiega una scrittura seriale o dodecafonica, con frammenti melodici brevi e angolari che vengono scambiati tra tre gruppi strumentali principali (spesso legni solisti come flauto, oboe, clarinetto, ma con interventi anche di altri strumenti, inclusi gli archi pizzicati e percussioni brillanti come lo xilofono). Il trio del titolo si manifesta in questa chiara suddivisione e dialogo tra le sezioni. Il ritmo è complesso, mutevole e giocoso, con un andamento quasi scherzoso. La tessitura è trasparente e puntillistica, enfatizzando la chiarezza delle singole linee e la loro interazione astratta, rispecchiando perfettamente la natura grafica e lineare del dipinto di Klee.
Kleiner blauer Teufel (1933) raffigura una piccola figura blu, angolare e stilizzata, con un’aria birichina e quasi demoniaca, ma in modo ironico e non minaccioso. Questo studio è l’esempio più evidente dell’estetica Third Stream di Schuller. L’atmosfera è immediatamente jazzistica: un contrabbasso pizzicato introduce un walking bass, sostenuto da una sezione ritmica orchestrale che include batteria (spesso con spazzole) e sincopi tipiche dello swing. Gli ottoni, in particolare la tromba con sordina e il trombone, eseguono melodie frammentate e blueseggianti, ricche di blue notes e inflessioni idiomatiche del jazz. Anche i legni (come il clarinetto) contribuiscono con frasi dal sapore improvvisativo. Il carattere è vivace, spiritoso, e cattura l’essenza sbarazzina e un po’ maliziosa del “diavoletto blu” di Klee. L’orchestrazione è brillante e trasparente, permettendo ai soli jazzistici di emergere chiaramente all’interno di una cornice orchestrale sofisticata.
Die Zwitschermaschine (1922) è una delle opere più celebri di Klee. Mostra quattro uccelli stilizzati, dall’aspetto meccanico, appollaiati su una manovella, suggerendo un congegno che produce suoni artificiali e striduli. Schuller realizza una geniale pittura sonora. Il movimento è un tour de force di onomatopea orchestrale. I legni acuti (ottavino, flauti, oboi, clarinetti) dominano con trilli, frullati, staccati rapidissimi e glissandi che imitano il cinguettio meccanico e frenetico degli uccelli. Le percussioni (woodblock, triangolo, piatti piccoli, raganella) contribuiscono all’effetto di una macchina cigolante e un po’ sgangherata. La musica è prevalentemente atonale e costruita su gesti sonori piuttosto che su temi tradizionali. C’è un senso di movimento perpetuo, a volte comico, a volte vagamente inquietante, che culmina in una sorta di “collasso” della macchina sonora, rispecchiando la fragilità e l’assurdità del congegno dipinto da Klee.
Arabische Stadt (1922) evoca un paesaggio urbano stilizzato, con forme geometriche che suggeriscono edifici sotto un sole intenso. I colori sono caldi, e l’atmosfera è quella di un luogo esotico, forse un po’ statico e sognante. Questo studio trasporta l’ascoltatore in un’atmosfera esotica e contemplativa. Schuller utilizza scale modali con intervalli caratteristici (come seconde aumentate) che richiamano la musica mediorientale, affidate principalmente ai legni solisti (flauto e oboe in particolare, con le loro qualità timbriche evocative). Un tappeto sonoro creato dagli archi, spesso con tremoli o armonie sostenute e diafane, suggerisce il calore e la vastità del deserto o l’immobilità di un villaggio sotto il sole. Le percussioni (tamburello, piccoli tamburi, piatti sospesi) sono usate con parsimonia ma in modo coloristico, contribuendo a definire l’ambientazione. Il tempo è lento, e la musica si sviluppa attraverso lunghe frasi melodiche sinuose e ornamentate, con un senso di mistero e di antica tradizione.
Ein unheimlicher Moment (1912) presenta linee spezzate e figure astratte su uno sfondo scuro, creando una sensazione di tensione, precarietà e mistero, quasi di presagio. Schuller crea un’atmosfera di estrema tensione e inquietudine. Il movimento è caratterizzato da una scrittura atonale, frammentata e pointillistica, dove il silenzio gioca un ruolo fondamentale. I suoni sono spesso isolati, brevi e incisivi, separati da pause cariche di suspense. L’orchestrazione è scarna e sfrutta timbri particolari ed effetti sonori: armonici degli archi, glissandi, suoni prodotti col legno, ottoni con sordina che emettono suoni spettrali, fremiti nei legni. Le dinamiche sono prevalentemente bassissime (pianissimo), con improvvisi e brevi accenti che aumentano il senso di disagio e di attesa. Questo studio è un magistrale esempio di come la musica possa evocare il non detto, l’inquietante, attraverso la rarefazione del materiale e l’uso sapiente del timbro e del silenzio, in perfetta sintonia con l’astrattismo carico di tensione del dipinto.
Pastorale (Rhythmen) (1927), infine, è un’opera composta da file orizzontali di piccoli segni e simboli quasi calligrafici, che Klee stesso definiva “paesaggi ritmici”. Non è una rappresentazione naturalistica, ma piuttosto un’evocazione ritmica e simbolica di un paesaggio. L’ultimo studio offre una conclusione lirica e più distesa, seppur sempre all’interno di un linguaggio armonico moderno. Il movimento si apre con figurazioni ondulatorie e gentili negli archi, creando un’atmosfera serena e fluida. I legni (in particolare flauti e clarinetti) introducono melodie dal sapore pastorale e modale, che si intrecciano in un delicato contrappunto. L’orchestrazione è luminosa e trasparente. C’è un senso di crescita graduale, con l’aggiunta progressiva di strumenti e un leggero aumento della densità sonora, per poi ritornare a una sonorità più rarefatta e pacata. Le armonie, pur non essendo strettamente tonali, sono più consonanti e accessibili rispetto ad altri movimenti, evocando un senso di natura e di calma contemplativa, in linea con l’idea di un “paesaggio ritmico” e stilizzato di Klee.
Nel complesso, i Seven Studies rappresentano un vertice della capacità di Schuller di dialogare con le arti visive e di tradurre stimoli pittorici in strutture sonore complesse e ricche di significato. L’opera dimostra la sua straordinaria padronanza dell’orchestra, la sua abilità nel fondere elementi della tradizione classica con inflessioni e tecniche jazzistiche (Third Stream), e la sua sensibilità nel catturare l’essenza di ogni singolo dipinto di Klee, creando un ciclo di miniature sonore tanto diverse quanto profondamente interconnesse.

Buongiorno, caro Claudio, sono passato a salutarti… ti auguro una buona giornata e a più tardi! ☺️
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Grazie della visita, molto gradita! Buona giornata anche a te, a dopo 🙂
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