Francesco Antonio Bonporti (1672 - 19 dicembre 1749): Concerto a quattro in re maggiore op. 11 n. 8 (c1715). I Virtuosi Italiani.
- Allegro
- Largo [4:13]
- Vivace [7:49]
L’approfondimento
di Pierfrancesco Di Vanni
Francesco Antonio Bonporti: il gentiluomo musico tra ambiti e sonate
La vita di Francesco Antonio Bonporti, compositore e sacerdote trentino dalla solida formazione intellettuale, fu segnata da una costante, ma frustrata, ambizione di ottenere un prestigioso incarico a corte.
Formazione e carriera iniziale
Nato a Trento nel 1672, Bonporti intraprese un percorso di studi rigoroso, passando dagli studi umanistici nel seminario locale alla fisica e metafisica presso l’università di Innsbruck (1688-91). Trasferitosi a Roma nel 1691, studiò teologia presso il Collegio germanico, ma coltivò contemporaneamente la musica sotto la guida di maestri come Ottavio Pitoni e, forse per il violino, Arcangelo Corelli o il suo allievo Matteo Fornari. Dopo l’ordinazione sacerdotale (1697), il compositore tornò a Trento, dove ottenne due benefici ecclesiastici nella cattedrale. Benché si firmasse «dilettante di musica», la sua fama di compositore si diffuse rapidamente in Europa, a partire dalla pubblicazione della sua opera prima (Sonate a tre) a Venezia nel 1696.
La ricerca infruttuosa di patrocinio e status
Bonporti dedicò gran parte della sua vita a tentativi volti a migliorare la propria posizione sociale e professionale, cercando invano di passare da beneficiato a canonico ordinario della Cattedrale di Trento. Per questo obiettivo utilizzò le proprie composizioni come strumenti di appello politico e diplomatico. Esempi di questa strategia includono la dedicazione di opere con titoli politicamente significativi, come Il trionfo della Grande Alleanza (opera ottava, perduta) o La Pace (opera decima), rivolti a sollecitare il favore di figure potenti come il principe elettore di Magonza o l’imperatore Carlo VI d’Asburgo. Questi nel 1727 lo nominò “familiare aulico”, un titolo che fu spesso frainteso dai biografi, i quali erroneamente credettero che Bonporti lavorasse presso la corte di Vienna. In realtà, egli rimase per quarant’anni nel suo modesto ruolo nella Cattedrale di Trento. Nonostante l’ultima vana richiesta di canonicato a Maria Teresa d’Austria nel 1746, il compositore morì a Padova nel 1749, dopo essersi ritirato in pensione (giubilazione) nel 1740.
Il catalogo musicale e l’evoluzione stilistica
La produzione di Bonporti è prevalentemente strumentale, articolata in dodici opere pubblicate che spaziano dalle sonate a tre al concerto solistico.
Le prime opere, come l’opera prima, ricalcano le sonate da chiesa di stile corelliano. Successivamente, nelle Sonate da camera (op. II, IV, VI), il compositore sviluppa uno stile più libero e cantabile, dove la linea melodica è affidata prevalentemente al primo violino. L’opera terza (Motetti a canto solo) si collega invece al genere della cantata di scuola romana e napoletana, evidenziando una forte attenzione all’espressione del testo attraverso l’armonia.
A partire dal 1707, egli si concentra su brani per violino solo, raggiungendo la piena maturità stilistica con le Invenzioni a violino solo (Opera decima, 1712). I Concerti a quattro (Opera XI) occupano infine una posizione unica nel periodo, abbandonando la struttura “a terrazze” del concerto grosso corelliano in favore di una sinfonia concertante, dove le parti dialogano in parità, con una scrittura decisamente polifonica.
Riconoscimento postumo e il caso Bach
La qualità della musica di Bonporti è testimoniata da un singolare episodio: quattro delle sue Invenzioni (Opera X) furono copiate da Johann Sebastian Bach a scopo di studio e, a causa di un errore editoriale del XIX secolo, vennero per lungo tempo incluse nel catalogo delle opere del Kantor di Lipsia. Le sue ultime composizioni, i Concertini e serenate (Opera XII), sono invece brani estesi che uniscono virtuosismo e cantabilità, caratterizzati da recitativi di intensa espressività.
Nonostante sia stato a lungo trascurato dalla critica, l’opera del compositore è stata oggetto di rinnovato interesse negli ultimi decenni, in gran parte grazie agli studi e alle riesumazioni del musicologo Guglielmo Barblan.
Il Concerto a quattro in re maggiore
Il brano si colloca in un affascinante periodo di transizione stilistica tra il robusto concerto grosso barocco corelliano e l’emergente concerto solistico. Come suggerito dagli studiosi, Bonporti non adotta pienamente la contrapposizione netta tra concertino e ripieno, preferendo una struttura che si avvicina alla sinfonia concertante, dove tutti gli strumenti partecipano al dialogo musicale con un alto grado di parità.
Il primo movimento è un Allegro vivace e ritmicamente propulsivo, tipico del Barocco maturo. Esso si apre con un tema principale marcatamente ritmico e incisivo, dominato dal profilo ascendente degli archi. L’inizio è caratterizzato dall’impiego del pieno organico orchestrale (tutti), che stabilisce saldamente la tonalità di re maggiore. L’andamento è brillante, con rapide figure di semicrome che generano grande energia.
Ha poi inizio un serrato dialogo tra le singole parti: a differenza di molti concerti grossi coevi, dove il gruppo di solisti (il concertino) si distingue nettamente dall’orchestra (ripieno), qui l’interazione è più fluida e si notano passaggi virtuosistici che vengono scambiati tra i violini primi e secondi, mantenendo un tessuto sonoro ricco e polifonico.
La musica si evolve attraverso sezioni più distese, caratterizzate da armonie che esplorano tonalità vicine. Le linee melodiche continuano a essere distribuite tra le voci superiori, spesso con figurazioni rapide e arpeggiate che mettono in mostra l’abilità tecnica degli strumentisti. Dopo una sezione centrale complessa, si verifica un ritorno del tema principale, con una ripresa energica che riporta alla tonalità di impianto. Il movimento si conclude con una reiterazione delle frasi tematiche, ribadendo il carattere festoso e dinamico dell’Allegro.
Il movimento centrale, Largo, offre un profondo contrasto emotivo e timbrico rispetto al movimento precedente. La tonalità si sposta verso una regione vicina più malinconica. Il carattere è meditativo e lirico, mentre le dinamiche sono generalmente più contenute. Il violino prende il centro della scena, con una linea melodica espressiva e ornata, tipica del linguaggio solistico del periodo. L’accompagnamento degli altri strumenti è discreto, fornendo un supporto armonico essenziale che enfatizza la cantabilità del violino. L’attenzione si sposta dall’interazione ritmica a una profonda espressività melodica.
Bonporti mantiene l’interesse variando sottilmente la melodia e introducendo tensioni armoniche. Nonostante l’andamento lento, ci sono momenti di intensità emotiva, spesso creati attraverso dissonanze risolte dolcemente o passaggi cromatici, che accrescono il senso di introspezione. Il movimento si chiude con una riaffermazione della serenità iniziale, preparando l’ascoltatore per il finale virtuosistico. Una cadenza perfetta conclude il brano con grazia e compostezza.
L’ultimo movimento, Vivace, ripristina l’energia e il virtuosismo del primo, concludendo il concerto con brio. Il movimento si lancia in un ritmo serrato e veloce, tornando al re maggiore brillante. Il tema è agile e giocoso, con figurazioni di crome e semicrome che richiamano la vivacità delle danze.
La trama musicale è densa, con passaggi rapidi che richiedono grande coordinazione all’ensemble. C’è un forte senso di moto perpetuo, dove l’energia ritmica non si placa. Le frasi vengono scambiate rapidamente, mantenendo la natura “a quattro” del concerto. Inframezzate all’energia principale, compaiono brevi momenti di maggiore cantabilità o di minore intensità, che fungono da respiro prima di reintrodurre la spinta motoria: questi contrasti dinamici e ritmici sono fondamentali per evitare la monotonia del tempo veloce.
Segue una sezione di elevato tecnicismo, con scalette e figurazioni veloci eseguite all’unisono o in imitazione stretta tra i violini. L’elemento distintivo di Bonporti, ovvero l’attiva scrittura polifonica, è particolarmente evidente qui, creando un effetto di turbinio orchestrale. Il movimento si dirige verso la sua conclusione con una ritmica intensificazione: le ultime battute sono un’affermazione conclusiva e perentoria della tonalità di impianto, chiudendo il pezzo con la tipica brillantezza e risolutezza del Barocco italiano.

Supponiamo di aver mangiato poco a pranzo e niente a colazione. Alle 6 ci offrono un tè con pane imburrato e marmellata o con una torta al cioccolato. La musica barocca mi nutre e mi mette di buon umore. Quella di Bach mi commuove, in più. Bonporti è un po’ italiano ma non fa nulla.
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Non succede solo a te 🙂
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Meraviglioso lasciarsi condurre mentalmente da questa soavità. Buondì Claudio 🙂
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Buona giornata, Daniela 🙂
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