Jacques Aubert le Vieux (1689 - 19 maggio 1753): Concerto à quatre violons in mi minore op. 17 n. 4 (1734). Ensemble Les Cyclopes.
- Allegro
- Aria: Gracioso [2:10]
- Allegro [5:41]
L’approfondimento
di Pierfrancesco Di Vanni
Jacques Aubert: l’arco virtuoso che unì Italia e Francia nel Barocco
Biografia e inizi di carriera: la formazione di un talento
Nato a Parigi, Jacques Aubert era probabilmente figlio di Jean Aubert, membro dei «Vingt-quatre Violons du Roy» fino alla sua morte nel 1710. Il giovane fu allievo del celebre Jean-Baptiste Senaillé e, già nel 1717, era attivo nei Théâtres de la Foire come violinista e maestro di ballo, avendo già composto almeno cinque balletti e commedie. Nel 1719, invece, pubblicò il suo primo libro di sonate per violino e iniziò a lavorare al servizio di Luigi Enrico, duca di Borbone e principe di Condé.
L’ascesa professionale: incarichi di prestigio
La carriera di Aubert decollò nel 1727, quando sostituì il rispettato violinista Noël Converset nei «Vingt-quatre Violons du Roy», rimanendovi fino al 1746. Solo un anno dopo, entrò a far parte dell’orchestra dell’Opéra di Parigi (all’epoca chiamata Académie Royale de Musique) come primo violino, incarico mantenuto fino al 1752. Il suo debutto al «Concert Spirituel» avvenne nel 1729, consolidando la sua fama di solista.
Stile musicale: fusione tra virtuosismo italiano ed eleganza francese
Aubert fu una figura chiave — insieme a Jean-Joseph Cassanéa de Mondonville e Jean-Marie Leclair — nell’introdurre il virtuosismo violinistico italiano nel panorama musicale francese dell’epoca. Nonostante questa influenza, la sua musica mantenne forti elementi francesi: utilizzò forme tipiche come la gavotta e il minuetto e, in modo distintivo, scrisse per intero i movimenti lenti centrali delle sue composizioni, pubblicandoli anche come pezzi solistici.
Analisi del Concerto op. 17 n. 4
Questo Concerto à quatre violons è un brillante esempio della fusione stilistica tipica del Barocco francese, la quale accoglieva con entusiasmo il virtuosismo italiano pur mantenendo una distintiva eleganza e chiarezza formale tipicamente francesi.
Il primo movimento si apre con un’energia vivace e decisa, tipica di un Allegro barocco. L’orchestra (tutti) introduce il tema principale in mi minore, caratterizzato da una ritmica marcata e una melodia incisiva. Questa sezione iniziale stabilisce immediatamente il tono vigoroso e la tonalità del movimento. I quattro violini solisti entrano progressivamente, spesso in imitazione o in dialogo serrato tra loro. Emerge chiaramente l’influenza italiana nel trattamento virtuosistico degli strumenti, con passaggi agili e brillanti. Aubert sfrutta abilmente le possibilità offerte dai quattro solisti, creando trame contrappuntistiche complesse ma sempre chiare. Si possono distinguere episodi in cui i violini si rispondono, si sovrappongono o procedono in parallelo, spesso a coppie.
Il movimento è in forma di rondeau: il tema principale orchestrale (refrain) ricompare a intervalli, alternandosi a episodi solistici (couplets) in cui i violini sviluppano il materiale tematico o introducono nuove idee melodiche e passaggi virtuosistici. Le modulazioni armoniche conducono a tonalità vicine prima di ritornare alla tonica.
La tessitura varia efficacemente tra le sezioni di “tutti” orchestrali, più dense e corpose, e quelle solistiche, più leggere e trasparenti, permettendo ai singoli violini di emergere. Le dinamiche, pur non esasperate, contribuiscono a delineare la struttura e l’espressività del brano, con naturali crescendi e diminuendi che sottolineano le frasi musicali. L’energia ritmica, la chiarezza melodica e l’eleganza generale richiamano lo stile francese, mentre i passaggi solistici più brillanti e le sequenze imitative mostrano una chiara assimilazione del virtuosismo violinistico italiano, come quello di Corelli o Vivaldi. La scrittura per i quattro violini è ingegnosa e dimostra la padronanza di Aubert nel gestire un ensemble solistico così nutrito. Il movimento si conclude con una ripresa energica del materiale tematico principale e una cadenza decisa in mi minore, riaffermando la tonalità d’impianto.
L’Aria introduce un netto contrasto con il movimento precedente. Il tempo è più lento e il carattere è “Gracioso”, come indicato, suggerendo grazia, eleganza e un andamento cantabile. La tonalità si sposta verso un ambito maggiore, conferendo al brano un’atmosfera più serena e lirica. I violini solisti assumono un ruolo prettamente melodico, con linee più lunghe, sostenute e ricche di cantabilità espressiva. Aubert qui sembra privilegiare l’eleganza melodica tipicamente francese. L’interazione tra i solisti è delicata, con passaggi in cui si intrecciano in armonie raffinate o si scambiano brevi frammenti melodici. L’orchestra fornisce un accompagnamento discreto e soffuso, principalmente con accordi sostenuti che creano un tappeto armonico su cui si dispiegano le melodie dei solisti.
Il movimento ha una natura più intima e riflessiva. La melodia principale, presentata all’inizio, viene variata e sviluppata con ornamentazioni delicate e un fraseggio espressivo. La struttura potrebbe essere assimilabile a una forma tripartita (ABA’), con sezioni che esplorano diverse sfumature emotive pur mantenendo un carattere unitario. La conclusione è dolce, con una cadenza sospesa o che prepara l’attacco del finale, lasciando un senso di quiete contemplativa.
Il finale riprende l’energia e la vivacità del primo movimento, ritornando alla tonalità principale e stabilendo un carattere brillante e propulsivo. Vengono introdotti nuovi temi, ritmicamente vivaci e spesso caratterizzati da passaggi scalari e arpeggiati che mettono in luce l’agilità dei solisti. Il virtuosismo è ancora più marcato rispetto al primo Allegro, con scambi rapidi tra i quattro violini, passaggi all’unisono o in ottava che creano un effetto di grande impatto sonoro.
Anche questo movimento è in forma di rondeau, con il tema principale orchestrale che si alterna a episodi solistici pieni di brio. C’è un forte senso di progressione e accumulo di tensione, con sezioni che presentano un dialogo fitto e tecnicamente impegnativo tra i solisti. L’interazione tra i quattro violini è il cuore del movimento: Aubert crea momenti di grande complessità contrappuntistica, dove le diverse voci si inseguono e si intrecciano, ma anche sezioni più omofoniche in cui i solisti procedono insieme, creando un suono potente e coeso. L’influenza italiana è palpabile nella scrittura brillante e tecnicamente esigente. Il concerto si conclude con una cadenza finale enfatica e affermativa in mi minore, sigillando l’opera con un’esplosione di energia e virtuosismo.
Con questo concerto Aubert dimostra una notevole abilità nel bilanciare le esigenze del virtuosismo solistico con la coerenza strutturale e l’eleganza melodica. L’uso di quattro violini solisti è gestito con maestria, evitando la confusione e creando piuttosto un dialogo ricco e variegato.

