La Mascotte

Edmond Audran (1842 - 17 agosto 1901): Ouverture per l’opéra-comique La Mascotte (1880). Grand orchestre symphonique de Radio Luxembourg, dir. Paul Bonneau.

L’opera, in 3 atti, si avvale di un libretto di Henri-Charles Chivot e Henri-Alfred Duru. La parola mascotte entrò nell’uso comune proprio grazie all’opéra-comique di Audran, che ebbe grande successo anche fuori della Francia. Mascotte proviene dall’occitano mascoto = incantesimo, a sua volta derivato dal termine masca = strega, di origine spagnola o, secondo altri, longobarda.

Marie Montbazon, prima interprete del ruolo di Bettina

L’azione si svolge in un immaginario principato italiano di Piom­bino, nel Seicento. ― ATTO I: il fattore Rocco è perseguitato dalla sfortuna: per quanto si impegni nel lavoro, le cose per lui vanno di male in peggio. Per aiutarlo, suo fratello Antonio gli invia una nuova lavorante, la giovane e graziosa Bettina, guardiana di tacchini, fidanzata del pastore Pippo. Bettina reca con sé una lettera nella quale Antonio spiega al fratello che la ragazza è una mascotte, apportatrice di buona sorte, dote che è destinata a conservare finché rimarrà nubile e vergine. Rocco trascura di leggere la missiva, ciononostante la sua fortuna inizia a migliorare. Giunge nella fattoria il principe di Piombino, Lorenzo XVII – con quel numero non può essere che sfortuna­tissimo: infatti perde le guerre, fa investimenti sbagliati, le sue battute di caccia si risolvono in un nulla di fatto, e per di più ha una figlia, Fiammetta, che rifiuta ostinatamente di sposare il figlio del principe di Pisa, Fritellini, pur sapendo che quel matri­monio risolleverebbe le sorti di Piombino. La iella si accanisce su Lorenzo, che cade in una botte di vino; Rocco gli fornisce un cambio di abiti, e Lorenzo trova nella giacca la lettera di Anto­nio: venuto a sapere delle mistiche qualità di Bettina, finge di riconoscere in lei un’aristocratica scomparsa da tempo e con questa scusa la porta con sé a Piombino. ― ATTO II: la presenza di Bettina ha molto migliorato la situazione del principato di Piombino. I cortigiani ritengono che sia l’amante di Lorenzo, ma in realtà questi si guarda bene dall’insidiarla, sapendo che il perdurare dei poteri della giovane dipende dalla sua verginità. Nel castello di Piombino giunge Pippo, travestito da saltimbanco, con l’intenzione di riconquistare la fidanzata, ma viene riconosciuto e gettato in prigione. Prima, però, viene notato da Fiammetta, che se ne invaghisce e gli fa visita in cella; Lorenzo vede di buon occhio la cosa: se Fiammetta sposerà Pippo, il giovane non potrà più… attentare alla virtù di Bettina. Quest’ultima, credendo che Pippo voglia lasciarla, dichiara che sposerà Lorenzo. Fritellini, furioso e indignato, lascia il palazzo minacciando ritorsioni: sarà guerra fra Pisa e Piombino. Consapevoli a questo punto di essere stati manipolati, Bettina e Pippo si riconciliano e fuggono insieme, recandosi a Pisa. ― ATTO III: la malasorte ha ripreso a perseguitare il principato di Piombino, che subisce una cocente disfatta a opera delle forze guidate da Fritellini. Lorenzo e Fiammetta fuggono dal castello, vestiti da vagabondi. Giungono nel campo dell’esercito nemico proprio mentre si celebra il matrimonio di Bettina e Pippo, diventato capitano. Lorenzo ne è felicissimo, perché le nozze metteranno fine alla fortuna che la mascotte ha portato a Fritellini e a coloro che lo circondano. Il principe e la figlia vengono riconosciuti e arrestati; tuttavia, Fiammetta è talmente bella pur vestita di stracci, e Fritellini è così affascinante nella sua alta uniforme, che i due guardandosi sentono rinascere la passione; la guerra è finita. La felicità diventa generale quando si viene sapere che le doti di mascotte sono ereditarie e Bettina annuncia che avrà due gemelli.

Un grande quamquam

Sembra che la parola cancan (o can-can) abbia origini coltissime: sarebbe nata nell’ambito di un’accesa discussione fra ac­ca­de­mici francesi sull’esatta pronuncia del vocabolo latino quamquam 🙂
Comunque sia, quello che oggi, in un contesto musicale, tutti chiamano cancan è in realtà un galop, ossia una danza veloce in tempo binario che originariamente faceva parte della quadriglia, costituendone la sezione conclusiva.
Così cantano in coro, entusiasti, gli dèi dell’Olimpo, al culmine di una festa organizzata da Plutone sulle rive dello Stige, nell’ultimo atto di Orphée aux enfers:

Ce bal
Est original,
D’un galop infernal
Donnons tous le signal.
Vive le galop infernal!
Donnons le signal
D’un galop infernal!
Amis, vive le bal!

Offenbach nacque il 20 giugno 1819 (ma credeva di essere venuto al mondo due anni dopo): era un genio, uno di quelli che sanno come rendere la vita, se non migliore, almeno più allegra – molto più allegra 😀