Partita per flauto solo

Johann George Tromlitz (8 novembre 1725 - 1805): Partita V in mi minore per flauto solo. Mirjam Nastasi.

  1. Largo
  2. Allegro assai [2:28]
  3. Menuet con variationi [3:58]


L’approfondimento
di Pierfrancesco Di Vanni

L’architetto del suono: Johann George Tromlitz e la rivoluzione del flauto a chiavi

Johann George Tromlitz è una figura a sé stante nel panorama musicale tedesco, distinguendosi come flautista, compositore e, soprattutto, innovatore nella costruzione di strumenti.

Biografia e formazione tra legge e musica
Figlio di un granatiere, egli nacque in Turingia e completò gli studi scolastici a Gera. La sua formazione superiore si concentrò inizialmente sul diritto: dal 1750 frequentò la facoltà di giurisprudenza presso l’Università di Lipsia, conseguendo il titolo di Notarius publicus caesareus (notaio imperiale). La passione per la musica, presumibilmente sviluppata in età avanzata, lo portò nel 1754 a entrare come solista di flauto al Großes Konzert di Lipsia, precursore della celebre Orchestra del Gewandhaus. La sua carriera di solista lo vide impegnato in viaggi concertistici che lo condussero fino a San Pietroburgo. Nel 1776, Tromlitz scelse di ritirarsi dalla vita pubblica. Rilevante è la sua parentela con Clara Schumann, sua pronipote.

Il contributo rivoluzionario come costruttore di flauti
L’insoddisfazione per i limiti acustici e di intonazione del flauto a una sola chiave fu la molla che spinse Tromlitz a dedicarsi all’arte della fabbricazione di strumenti già durante gli anni universitari; in seguito esercitò tale attività anche commercialmente. Egli si adoperò per sviluppare il modello di flauto di Quantz, migliorandolo tramite l’aggiunta di chiavi. Dopo quasi quarant’anni di ricerca e costruzione, raggiunse l’apice della propria attività con la realizzazione di un flauto provvisto di otto chiavi: questo strumento è storicamente significativo in quanto è considerato l’antesignano diretto del flauto che Theobald Boehm avrebbe sviluppato in seguito, segnando un fondamentale passo evolutivo. Gli strumenti di Tromlitz erano molto costosi per l’epoca (venduti tra i 6 e i 40 ducati) e, a oggi, ne sono conservati sei in collezioni e musei, tra cui uno appartenuto al poeta Eduard Mörike.

Didattica, trattatistica e produzione compositiva
Oltre all’attività di esecutore e costruttore, Tromlitz fu un influente insegnante di flauto e autore di diverse opere didattiche. Il suo testo più importante, pubblicato nel 1791, è l’Ausführlicher und gründlicher Unterricht die Flöte zu spielen (Istruzioni dettagliate e approfondite su come suonare il flauto). Questo trattato è una delle fonti primarie e più autorevoli per la comprensione delle tecniche esecutive e della prassi del flauto storico, in particolare nel periodo di fine Settecento. Come compositore, Tromlitz ha invece lasciato un repertorio che comprende varie partite per flauto solo, concerti per flauto e sonate per flauto e strumento a tastiera. Dal punto di vista stilistico, la sua opera si colloca nell’ambito dei contemporanei come Johann Joachim Quantz e Carl Philipp Emanuel Bach.

La Partita V in mi minore
Questa composizione costituisce un esempio affascinante della musica per flauto solo del tardo Settecento, collocandosi stilisticamente tra il Barocco tardo e l’emergente Classicismo.

Il primo movimento, Largo, si presenta come un brano di grande espressività e profondità emotiva e si caratterizza per un’esecuzione lenta, contemplativa e molto ornamentata. La dinamica è attentamente variata, con l’uso frequente di salti tra piano e forte, tipico dello stile espressivo dell’epoca. Questa prima parte si struttura in una serie di frasi brevi e ben definite che si susseguono senza soluzione di continuità, spesso impiegando figure retoriche musicali (come i sospiri o i salti melodici drammatici) per evocare un senso di pathos.
Dapprima il flauto stabilisce subito il tono malinconico in mi minore: le prime frasi sono ricche di fioriture e appoggiature che arricchiscono la melodia, conferendo un carattere quasi improvvisatorio e libero, come da prassi esecutiva dell’epoca. Si introduce poi una sezione di passaggi rapidi e arpeggiati, che contrastano con il tempo lento di base. Questi momenti mettono in luce la padronanza tecnica richiesta al solista, pur mantenendo un sottile lirismo. Si notano cromatismi espressivi e un gioco di scale e contro-melodie implicite.
La linea melodica successivamente si sviluppa con maggiore complessità e si sentono contrasti dinamici netti e sequenze armoniche che esplorano tonalità vicine. Si nota anche l’ampio utilizzo di trilli e ornamenti. Il ritmo si fa più serrato, anche se il tempo complessivo rimane largo: vi è una progressione di fioriture intense e dinamiche che creano tensione, per poi rilassarsi in passaggi più ariosi e virtuosistici, tipici dello stile galante.
La conclusione del movimento ritorna al carattere iniziale. Si notano figure ascendenti e discendenti, spesso risolte con grazia, che portano a un finale lento e molto espressivo, dove le note si spengono in un lungo calando.
Il secondo movimento, Allegro assai, è invece il cuore virtuosistico e contrastante dell’opera, offrendo un vivace stacco dal Largo precedente. Questo movimento è eseguito con grande energia e un tempo notevolmente veloce. È una dimostrazione di abilità tecnica, caratterizzata da rapide corse, arpeggi dinamici e ampi salti intervallari. L’atmosfera è di gioia o di brio spensierato, in tonalità maggiore. Questa parte segue una struttura che ricorda l’allegro di sonata o una forma bipartita tipica del Classicismo nascente.
Il tema principale, rapido e giocoso, è introdotto immediatamente. La melodia è composta da figure chiare e ritmicamente propulsive. La sezione è breve e conclude su una cadenza energica.
Segue un intenso lavoro di sviluppo melodico e tecnico: Tromlitz sfrutta appieno le capacità dello strumento, con una serie di passaggi cromatici rapidissimi e sequenze in registro acuto. Il ritorno a elementi quasi di fanfara dà un senso di maggiore articolazione.
Si ripresentano infine le idee tematiche iniziali, spesso con variazioni e un rinnovato impeto ritmico. La seconda parte della ricapitolazione presenta lunghe scale e arpeggi che culminano in una serie di rapidi scambi e una chiusura brillante.
Il movimento finale è un Menuet con variationi, che combina l’eleganza formale della danza con la libertà e la creatività delle variazioni. Il tema è esposto con chiarezza e grazia, aderendo al ritmo ternario tipico del minuetto: è semplice e cantabile, fungendo da base solida per le successive elaborazioni.
La prima variazione introduce figure più veloci e figurali, mantenendo l’armonia del tema sottostante. Si notano sequenze ascendenti e discendenti eseguite in sedicesimi, aggiungendo leggerezza e slancio al movimento di danza.
La seconda variazione è invece caratterizzata da passaggi più vivaci e arpeggi ampi, che coprono una vasta estensione del flauto. La musica si sposta su registri acuti, creando un effetto brillante e virtuosistico: le figurazioni sono complesse e richiedono controllo assoluto sull’articolazione rapida.
Il carattere muta, tornando a un’espressività più dolce, quasi un’eco del Largo: il ritmo è moderato, e la melodia si arricchisce di abbellimenti e legature che ne sottolineano il lirismo. Si sentono salti melodici ampi e un uso drammatico del registro grave.
Ritorna poi la brillantezza, con una sezione dominata da terzine e passaggi scalari rapidi che incorniciano il tema. È una delle variazioni tecnicamente più esigenti, mantenendo un flusso costante di note e concludendosi con un’ulteriore conferma ritmica.
La quinta variazione è più estesa ed esplora una tessitura più complessa, utilizzando fioriture barocche e cadenze veloci, spesso su registri acuti. La musica è estremamente decorativa e piena di energia, alternando sezioni basate su arpeggi veloci a momenti di maggiore concentrazione melodica.
Segue un contrasto forte, con un carattere quasi marziale o di fanfara, pur mantenendo l’ossatura del minuetto. Successivamente, la musica si evolve in un dialogo ritmico serrato, caratterizzato da figure ascendenti e discendenti molto rapide, che spingono l’esecuzione al suo limite tecnico.
Il movimento conclude con una breve coda che riassume la vivacità dell’Allegro e delle variazioni. Vi è un’ultima esplosione di virtuosismo con scale e arpeggi velocissimi, portando l’opera a una risoluzione conclusiva e trionfante.

Nel complesso, la Partita V è un’opera emblematica del periodo classico per flauto solo e riflette chiaramente la transizione stilistica dal Barocco (evidente nella struttura per movimenti di danza e l’uso intensivo di ornamenti nel Largo) al Classicismo (osservabile nella chiarezza tematica del Minuetto e la propensione per il virtuosismo brillante nell’Allegro assai). La ricchezza espressiva dei movimenti lenti e l’agilità richiesta nelle sezioni più veloci offrono un ritratto fedele della musica per flauto di questo influente costruttore e didatta tedesco.

Partita XVIII

Johann Jakob Froberger (28 maggio 1616 - 1667): Partita XVIII in sol minore FbWV 618. Gustav Leonhardt, clavicembalo.

  1. Allemande
  2. Gigue [3:23]
  3. Courante [4:46]
  4. Sarabande [6:11]


L’approfondimento
di Pierfrancesco Di Vanni

Froberger: il genio errante della tastiera barocca e innovatore della suite

Figura di spicco nel panorama della musica barocca, Froberger fu un musicista cosmopolita che seppe fondere magistralmente le influenze stilistiche italiane, tedesche e francesi in un linguaggio musicale unico e profondamente personale. È universalmente riconosciuto come uno dei più significativi e influenti compositori per strumenti a tastiera, tanto da essere paragonato al suo maestro Girolamo Frescobaldi e persino a Chopin per il suo impatto sulla storia della musica. Il suo contributo più celebre riguarda lo sviluppo della suite per clavicembalo, genere in cui raggiunse vette di notevole profondità emotiva.

Origini familiari e formazione (1616–c1634)
Nato a Halle nella famiglia del Kapellmeister Basilius Froberger e di sua moglie Anna Schmid, il giovane crebbe in un ambiente musicale internazionale alla corte del Württemberg. Sebbene i dettagli sulla sua prima educazione siano scarsi, è probabile che abbia ricevuto le prime lezioni dal padre e/o da un fratello maggiore e, probabilmente, da Johann Ulrich Steigleder, l’organista di corte. Nel 1637, Froberger perse entrambi i genitori a causa di un’epidemia di peste.

Vienna e l’Italia: apprendistato e affermazione (c1634–1645)
Già da qualche anno Froberger si trovava a Vienna, dove il 1° gennaio 1637 ottenne il suo primo impiego come organista alla corte imperiale, convertendosi per l’occasione dal protestantesimo al cattolicesimo. Nell’autunno dello stesso anno, ricevette una borsa di studio imperiale per recarsi a Roma a studiare per tre anni e mezzo con Girolamo Frescobaldi, dove potrebbe aver conosciuto anche Michelangelo Rossi. Dall’aprile 1641 all’ottobre 1645, riprese servizio a Vienna come terzo Cammerorganist.

Anni di viaggi e incontri determinanti (1645–1653)
Questo periodo è meno documentato: sappiamo che prima del 1649 intraprese un secondo viaggio in Italia, entrando in contatto con Giacomo Carissimi e Athanasius Kircher. Quest’ultimo gli affidò una “arca musurgica” (una macchina per comporre) che Froberger presentò a diverse corti, inclusa quella imperiale nel 1649. Kircher pubblicò una Fantasia di Froberger nella Musurgia universalis (1650).
Nel 1649, il suo modo di suonare il cembalo impressionò William Swann, inviato del principe d’Orange, che ne scrisse entusiasticamente a Constantijn Huygens, futuro grande ammiratore e amico del compositore. Nell’inverno 1649-50, Froberger si recò a Dresda, forse in missione diplomatica, dove ebbe un celebre agone musicale con l’organista di corte Matthias Weckmann, con il quale nacque poi una profonda amicizia. Ulteriori viaggi lo portarono a Bruxelles (primavera 1650) e a Parigi (1652). Nella capitale francese, nonostante una nota di stampa poco lusinghiera (“tedesco grassone”), frequentò il liutista Charles Fleury, sieur de Blancrocher (cui dedicò un famoso Tombeau dopo la sua morte accidentale), e probabilmente Denis Gaultier, Jacques Champion de Chambonnières e il giovane Louis Couperin. Una lettera a Kircher del 1654 menziona viaggi in Germania, Paesi Bassi, Inghilterra e Francia.

Ritorno a Vienna, ultimi anni e morte (1653–1667)
Nell’aprile 1653 Froberger tornò a Vienna come organista di corte. Compose una toccante Lamentation per la morte dell’imperatore Ferdinando III nel 1657. Tuttavia, il nuovo imperatore Leopoldo I ridusse il personale della cappella musicale e il posto di Froberger fu soppresso dopo il luglio 1658, probabilmente per ragioni politiche (Leopoldo I lo considerava un sostenitore del rivale Leopoldo Guglielmo). Il periodo 1658-64 è oscuro; potrebbe essere tornato a Stoccarda o aver visitato nuovamente Parigi. Dal 1662 o 1664 si stabilì presso la duchessa Sibylla von Württemberg-Mömpelgard nel castello di Héricourt, forse viaggiando con lei fino a Madrid. Nel settembre 1665, a Magonza, incontrò Huygens, al quale confidò la speranza di tornare a Vienna. Morì il 16 o 17 maggio 1667 a Héricourt per un ictus, durante la preghiera serale.

L’opera: l’eredità musicale tra stile e forme
Froberger compose quasi esclusivamente musica per strumenti a tastiera. Le sue toccate, capricci, canzoni, ricercari e fantasie sono eseguibili su organo, cembalo, virginale o clavicordo, mentre le suites e i brani singoli (come i tombeaux) sono specifici per strumenti a corde pizzicate (cembalo, virginale) o clavicordo.
L’influenza di Frescobaldi è evidente nelle opere contrappuntistiche. Per Froberger, fantasia e ricercare sono intercambiabili, indicando brani fugati in tempo moderato, solitamente suddivisi in sezioni. Anche canzoni e capricci sono simili: opere fugate in più sezioni, più vivaci, con il tema iniziale variato nelle sezioni successive. In questi generi, Froberger fu uno dei pochi autori capaci di eguagliare la maestria compositiva di Frescobaldi, benché oggi queste sue fughe godano di minor popolarità.
Le toccate di Froberger presentano tipicamente un’introduzione libera, quasi improvvisativa, seguita da due o tre fugati, incastonati tra ulteriori sezioni libere e una coda. Le parti toccatistiche alternano passaggi virtuosistici e sezioni più accordali, spesso con armonie sorprendenti ed espressive. I temi dei fugati sono correlati, avvicinandosi alla forma della canzona variata. Stilisticamente, le toccate risentono più dell’influenza di Michelangelo Rossi che di Frescobaldi, ma formalmente appaiono più chiare e rigorose (“tedesche”), con l’uso di più fugati che rimanda a Claudio Merulo. Un gruppo a parte è costituito dalle cosiddette Toccate per l’Elevazione, meditative e ricche di sorprese armoniche, sul modello frescobaldiano.
Le partite (o suites), insieme con lamentazioni, tombeaux e méditations (queste ultime talvolta introduttive a una partita) sono considerate il suo contributo più originale. Contrariamente a quanto sostenuto in passato, Froberger non stabilì un ordine standard per i movimenti della suite. Si riscontrano principalmente tre sequenze:
  - allemande, courante, sarabande: la forma più antica, presente in quattro delle sei partite del Libro Secondo (1649);
  - allemande, courante, sarabande, gigue: la cosiddetta “forma classica”, compare una volta nel Libro Secondo (1649); molte suites furono successivamente riordinate in questa sequenza da copisti ed editori, ma non per sua volontà;
  - allemande, gigue, courante, sarabande: la sequenza apparentemente preferita da Froberger, con la giga al secondo posto e la sarabanda come conclusione; una nota di Matthias Weckmann conferma questa predilezione.

La Partita in sol minore FbWV 618: analis
La Partita XVIII è un esempio squisito della capacità del compositore di fondere introspezione, eleganza e pathos. La tonalità di sol minore, spesso associata a sentimenti di malinconia e serietà, viene esplorata da Froberger con una profondità emotiva caratteristica. La sequenza dei movimenti (allemande, gigue, courante, sarabande) è tipica di molte delle sue suite, con la giga posta prima della corrente, una prassi che differisce dalla successiva standardizzazione (allemande, courante, sarabande, gigue) che si affermerà pienamente con compositori come Bach.
L’Allemande apre la partita con un’aura di solenne gravità e profonda introspezione. Il carattere è nobile, ma velato da una sottile malinconia. Il sol minore è stabilito fin dalle prime battute, con un uso sapiente di armonie ricche e talvolta sorprendenti. Froberger impiega frequenti sospensioni e ritardi che accentuano il pathos, creando un dialogo continuo tra tensione e risoluzione. Si notano modulazioni verso tonalità vicine – come il si bemolle maggiore (relativa maggiore) e il re minore (dominante) – che offrono momentanei squarci di luce prima di ritornare all’atmosfera più cupa del sol minore. La scrittura armonica è densa, ma mai congestionata, evidenziando la padronanza contrappuntistica di Froberger. Le linee melodiche sono cantabili ed espressive, spesso caratterizzate da movimenti graduali e figure “sospiranti” (intervalli discendenti). La tessitura è prevalentemente polifonica, con le voci che si intrecciano in un dialogo raffinato. Si percepisce l’influenza dello style brisé (stile spezzato), tipico della musica liutistica francese, con arpeggi e accordi fratti che contribuiscono alla fluidità e alla ricchezza armonica. L’ornamentazione, applicata da Leonhardt con gusto e discrezione (come trilli e mordenti), non è mai fine a sé stessa ma serve ad accentuare l’espressività delle linee. Il ritmo è fluido e scorrevole e non ci sono ritmi ecces­sivamente marcati o spigolosi, prevalendo una sensazione di continuità discorsiva.
La Gigue introduce un elemento di vivacità e slancio, pur mantenendo una certa serietà intrinseca dovuta alla tonalità minore. È una danza energica e propulsiva; le armonie sono più dirette e meno cromatiche rispetto all’Allemande, focalizzate sul sostegno dell’impulso ritmico e del gioco imitativo. Le modulazioni sono funzionali alla forma e al movimento contrappuntistico. La scrittura è spiccatamente imitativa, quasi fugata. Il tema principale, con il suo profilo ritmico saltellante e melodicamente agile viene presentato e ripreso dalle diverse voci. La tessitura è vivace e trasparente, permettendo di seguire chiaramente l’intreccio delle linee. Il metro come da tradizione è ternario composto, cosa che conferisce alla giga il tipico andamento danzante e “saltellante”. I ritmi puntati e le rapide figurazioni sono predominanti.
La Courante presenta un carattere più elegante e raffinato, meno impetuoso della Gigue precedente ma comunque danzante e scorrevole. Ha una nobiltà intrinseca. Si muove con armonie fluide e chiare; le progressioni armoniche sono aggraziate; le linee melodiche sono continue e sinuose; la tessitura è polifonica, ma con una chiarezza che permette alle melodie di emergere con eleganza. Vi è un buon equilibrio tra le parti. Come molti suoi contemporanei, Froberger gioca sottilmente con gli accenti, talvolta creando effetti di emiolia (spostamento dell’accento metrico che dà la sensazione di un cambio di metro ternario a uno binario) soprattutto in prossimità delle cadenze, aggiungendo interesse e sofisticazione ritmica. Leonhardt gestisce queste sottigliezze con grande maestria.
La Sarabande che conclude la Partita ne costituisce il culmine emotivo. È un brano di una bellezza struggente, lento, maestoso e profondamente espressivo, quasi un lamento o una meditazione. La tonalità di sol minore giunge qui alla sua massima intensità espressiva. Le armonie sono estremamente ricche, dense e spesso audaci per l’epoca, con un uso intensificato di cromatismi, dissonanze (ritardi, appoggiature) che si risolvono con grande effetto patetico. La progressione armonica è lenta e ponderata, contribuendo al senso di gravità. La melodia è intensamente lirica e cantabile, quasi vocale nella sua espressività. È riccamente ornata, ma gli abbellimenti sono sempre al servizio dell’espressione, amplificando il pathos. La tessitura alterna momenti più omoritmici e accordali, che conferiscono solennità, a passaggi in cui le voci interne si muovono con indipendenza, arricchendo l’armonia. La Sarabande è caratterizzata dal tipico accento sulla seconda pulsazione della misura ternaria, conferendole un andamento maestoso e quasi processionale. Il tempo è molto lento e Leonhardt lo dilata ulteriormente, permettendo a ogni nota e armonia di risuonare con pienezza.
Nel complesso, la Partita XVIII si rivela un lavoro di grande spessore artistico. La scelta di anteporre la Gigue alla Courante crea un interessante arco dinamico ed espressivo all’interno della composizione. L’Allemande introduce un tono grave e riflessivo, la Gigue porta energia e complessità contrappuntistica, la Courante offre un momento di eleganza più distesa e la Sarabande funge da conclusione profondamente toccante e meditativa, vero cuore pulsante dell’intera Partita. L’uso che Froberger fa della tonalità di sol minore è magistrale, sfruttandone tutte le potenzialità espressive, dalla malinconia all’energia controllata, fino al pathos più intenso.

Consonanze stravaganti

Giovanni Maria Trabaci (1575 - 31 dicembre 1647): Consonanze stravaganti (dal Secondo libro de ricercate & altri varij capricci, 1615). Accademia d’Arcadia.


Giovanni Maria Trabaci: Partite sopra Rugiero. Marco Mencoboni, clavicembalo.


Giovanni Maria Trabaci: Ancidetemi pur. Mara Galassi, arpa doppia.


Giovanni Maria Trabaci: Canzona francesa settima cromatica (da Ricercate, canzone franzese, capricci…, 1603). Basilio Timpanaro, organo.

Trabaci, Canzona francesa settima cromatica

Partita in modi antichi

Herman Strategier (1912 - 26 ottobre 1988): Partita in modi antichi per orchestra (1954). Nederlands Radio Kamer Filharmonie, dir. Henk Spruit.

  1. Con moto ma non troppo, in modo mixolidico
  2. Allegro marcato, in modo frigico [2:58]
  3. Andante sostenuto, in modo dorico [6:27]
  4. Giocoso, in modo ionico [9:16]
  5. Con moto ma non troppo, in modo mixolidico [11:07]

HS