Allegro risoluto – V

Amanda Röntgen-Maier (1853 - 15 luglio 1894): Concerto in re minore per violino e orchestra (1875). Claudia Bonfiglioli, violino; Orchestra filarmonica reale di Stoccolma, dir. Sakari Oramo.
Del Concerto esiste un unico movimento (Allegro risoluto), gli altri sono probabilmente andati perduti.



L’approfondimento
di Pierfrancesco Di Vanni

Amanda Röntgen-Maier: il talento riscoperto di una pioniera della musica

Figura di spicco nel panorama musicale del XIX secolo, violinista virtuosa e compositrice di grande talento, Amanda Röntgen-Maier ebbe una carriera tanto brillante quanto breve, messa in ombra dalle convenzioni sociali del suo tempo. La sua musica, riscoperta alla fine del XX secolo, rivela un’artista di calibro internazionale.

Formazione di un prodigio: primi anni e studi
Nata a Landskrona, in Svezia, Carolina Amanda Erika Maier crebbe in un ambiente intriso di musica. Suo padre, Carl Eduard Maier, un immigrato tedesco, era un pasticciere ma anche un musicista diplomato che impartì ad Amanda le prime lezioni di violino e pianoforte. Per il suo eccezionale talento fu accolta nella Kungliga musikaliska akademien (Accademia reale svedese di musica) a Stoccolma nel 1869. Lì seguì corsi diversi, tra cui violino, organo, composizione e storia della musica. Nel 1872 fu la prima donna donna a diplomarsi in direzione, ottenendo il massimo dei voti nella maggior parte delle discipline. Grazie a una borsa di studio proseguì la formazione presso il prestigioso Conservatorio di Lipsia (1873-76); qui ebbe come insegnanti Engelbert Röntgen (violino) e Carl Reinecke (composizione). Fu in questo periodo che strinse una profonda e duratura amicizia con il compositore norvegese Edvard Grieg.

La carriera di virtuosa e compositrice
Prima ancora di terminare gli studi, Maier era già un’affermata concertista e una compositrice promettente. Tra il 1876 e il 1880 intraprese tre grandi tour concertistici che la portarono a esibirsi in tutta la Scandinavia, suonando anche alla presenza del re Oscar II di Svezia. Il suo talento compositivo emerse con forza nel 1875, quando presentò il Concerto per violino e orchestra in re minore: l’opera fu eseguita per la prima volta ad Halle e successivamente a Lipsia nel 1876, dove l’autrice suonò con la celebre Orchestra del Gewandhaus diretta da Carl Reinecke, imbracciando per l’occasione un prezioso violino Stradivari. Un altro lavoro di pregio, la Sonata per violino e pianoforte in si minore, fu pubblicata nel 1878: quando le furono suggerite delle modifiche, Maier dimostrò di aver raggiunto la piena maturità artistica rifiutandosi di alterare la propria visione originale: l’opera fu dunque stampata così come l’autrice l’aveva concepita.

Vita familiare e la musica tra le mura domestiche
Nel 1880 Amanda Maier sposò il pianista e compositore Julius Röntgen, figlio del suo insegnante di violino. La coppia si stabilì ad Amsterdam ed ebbe due figli, Julius e Engelbert, che diventeranno entrambi musicisti professionisti sotto la guida della madre. Dopo il matrimonio, la sua carriera pubblica si interruppe quasi del tutto, come imponevano le convenzioni dell’epoca. Tuttavia, la musica non abbandonò mai la sua vita: la casa dei Röntgen divenne un vivace salotto musicale, un punto d’incontro per alcuni dei più grandi musicisti del tempo, tra cui Johannes Brahms, Clara Schumann, Anton Rubinštejn e Edvard Grieg. Amanda suonava frequentemente in privato con il marito, ma si esibiva raramente nei concerti di musica da camera organizzati nella sua abitazione.

Gli ultimi anni e il testamento musicale
Dopo la nascita del secondo figlio, la salute della musicista declinò. Nel 1887 Amanda Röntgen-Maier si ammalò di pleurite, cosa che la costrinse a lunghi periodi di riposo e a viaggi in cerca di cure; si recò fra l’altro a Nizza e a Davos. Nonostante la malattia, non smise mai di comporre e suonare. Proprio durante questo difficile periodo creò il suo ultimo grande capolavoro, il Quartetto con pianoforte in mi minore, completato nel 1891. Quest’opera, di respiro internazionale e profondamente influenzata da Brahms, è considerata una delle sue composizioni più mature e complesse; fu eseguito postumo. Amanda Röntgen-Maier morì serenamente nel 1894, poche ore dopo aver tenuto lezione ai suoi figli.

Le opere principali
Parte della produzione di Amanda Röntgen-Maier è andata perduta, ma le opere sopravvissute testimoniano il suo grande valore artistico.
– La Sonata per violino e pianoforte (1878) è un’opera ben strutturata e originale, caratterizzata da un primo movimento energico, un secondo movimento cantabile e un finale tecnicamente brillante;
– i Sechs Stücke (Sei Pezzi) per violino e pianoforte (1879) sono brani dal carattere intimo e personale che spaziano da dialoghi intensi a ritmi che ricordano la musica popolare ungherese e nordica;
– il Quartetto con pianoforte in mi minore (1891), considerato opera della piena maturità, dimostra una profonda conoscenza della musica da camera del suo tempo. È un lavoro su larga scala, con una timbrica tardo-romantica, melodie che evocano canti popolari e una scrittura complessa e appassionata.

Coda: un’eredità riscoperta
L’amicizia con Edvard Grieg durò tutta la vita; dopo la morte di lei, il compositore norvegese scrisse «Era una delle mie preferite». Nonostante il suo immenso talento, il nome della musicista svedese cadde nell’oblio per quasi un secolo, ma venne finalmente riscoperto negli anni 1990. Le sue opere rivelano una compositrice di considerevole statura artistica, pienamente paragonabile a quella dei suoi celebri contemporanei, offrendoci il ritratto di un potenziale straordinario, solo parzialmente espresso a causa dei limiti imposti al suo ruolo di donna e madre.

Il Concerto per violino e orchestra in re minore: analisi
Questa composizione, una delle gemme dimenticate del repertorio romantico, risale al 1875, quando l’autrice aveva solo 22 anni; ci è pervenuto un unico, ma formidabile movimento, l’Allegro risoluto. Anche se incompleta, questa composizione dimostra una maturità, una padronanza della forma e una profondità emotiva che la pongono al livello dei grandi concerti violinistici della sua epoca, come quelli di Brahms e Bruch, dai quali trae evidente ispirazione pur mantenendo una voce personale e distintiva.

Il lavoro si apre senza preamboli, con un accordo potente e drammatico in re minore affidato all’orchestra intera. L’introduzione è breve ma densa di significato: non è una semplice preparazione, ma una vera e propria dichiarazione di intenti. I ritmi puntati, le linee discendenti e l’orchestrazione piena, con ottoni e timpani in evidenza, stabiliscono immediatamente un’atmosfera tesa, eroica e passionale, tipica del tardo Romanticismo di scuola tedesca.
L’entrata del violino solista è altrettanto risoluta e virtuosistica: anziché presentare una melodia cantabile, Maier fa entrare il solista con una serie di arpeggi e corde doppie impetuose, che si slanciano verso l’alto per poi ridiscendere con forza. Questa non è un’entrata lirica, ma un’affermazione di potenza.
Il primo tema vero e proprio, introdotto dal violino, è angolare, agitato e ritmicamente incalzante. È costruito su frammenti che l’orchestra riprende e commenta, creando un dialogo serrato e drammatico. La scrittura per il solista è immediatamente impegnativa, richiedendo agilità, precisione e un suono robusto per non essere sopraffatto dalla massa orchestrale. Questa sezione è caratterizzata da una forte instabilità emotiva, che oscilla tra la passione e l’urgenza.
Dopo una breve transizione orchestrale modulante, il clima cambia radicalmente: come da manuale della forma sonata, si passa alla tonalità relativa maggiore, fa maggiore. Il secondo tema è un’oasi di lirismo e calore. Il violino solista introduce una melodia cantabile, dolce e profondamente romantica, che si dispiega con grande ampiezza.
L’orchestrazione qui si fa più rarefatta e delicata: i legni dialogano teneramente con il solista, mentre gli archi forniscono un tappeto sonoro morbido e avvolgente. Questa melodia, ricca di pathos, offre un contrasto perfetto con l’irruenza del primo tema e permette al violinista di mostrare un lato più intimo e espressivo del suo strumento. La sezione si conclude con una breve codetta che riprende un po’ di energia, preparando il terreno per lo sviluppo.
Quest’ultimo è la sezione più complessa e drammatica del movimento: Maier dimostra qui la sua straordinaria abilità nel manipolare il materiale tematico. Lo sviluppo inizia con l’orchestra che riprende frammenti del primo tema in un’atmosfera tempestosa. Il violino rientra con una serie di passaggi virtuosistici mozzafiato: scale velocissime, arpeggi spezzati e un uso intenso del registro acuto, quasi a rappresentare una lotta contro le forze orchestrali.
Segue un momento di straordinaria bellezza e introspezione: la tempesta si placa e il violino, accompagnato da un’orchestra sommessa, elabora frammenti del secondo tema in tonalità minori, conferendogli un carattere malinconico e quasi nostalgico. La tensione ricomincia a salire. Solista e orchestra si scambiano frammenti tematici in un crescendo continuo, esplorando diverse tonalità e creando un senso di grande instabilità armonica e drammatica. La scrittura diventa sempre più densa e complessa. La sezione di sviluppo si conclude con una nuova transizione, nella quale l’orchestra, con i corni in primo piano, costruisce una suspense quasi insopportabile, preparando il ritorno trionfale del tema principale.
Il primo tema ritorna con tutta la sua forza originaria, presentato dal tutti orchestrale nella tonalità d’impianto. L’effetto è quello di un ritorno a casa catartico dopo la tempesta dello sviluppo. Il violino solista riprende il tema con rinnovato vigore, quasi a suggellare la vittoria dopo la lotta. Il secondo tema non viene riproposto nella relativa maggiore, ma nella tonalità parallela (re maggiore). Questa scelta tonale trasforma il carattere della melodia: da calda e romantica, diventa radiosa, luminosa e trionfale. L’orchestrazione è brillante e solenne, e accompagna il canto del violino verso il culmine emotivo che precede la cadenza.
L’orchestra si ferma su un accordo sospeso, lasciando il palcoscenico interamente al violino solista per una cadenza virtuosistica e ben strutturata. Non si tratta di un mero sfoggio tecnico, ma di una vera e propria sintesi del materiale del movimento. Maier intreccia frammenti riconoscibili sia del primo tema (con le sue corde doppie e i suoi ritmi incalzanti) sia del secondo tema (trasformato in passaggi più lirici), il tutto arricchito da una panoplia di difficoltà tecniche:
– arpeggi su quattro corde;
– corde doppie e triple complesse;
– trilli prolungati e passaggi di agilità estrema.
Dopo la cadenza, l’orchestra rientra con intensità, riprendendo il materiale del primo tema in re maggiore. La coda è veloce, energica e decisamente affermativa. Il violino si lancia in un’ultima serie di passaggi brillanti, dialogando con l’orchestra in un crescendo finale che porta il movimento a una conclusione eroica e inequivocabilmente vittoriosa. Gli ultimi accordi, potenti e decisi, sigillano l’opera in un tripudio sonoro.

Il Concerto per violino orchestra in re minore di Amanda Röntgen-Maier sorprende per la sua architettura solida, l’equilibrio tra momenti di dramma intenso e lirismo struggente e la scrittura violinistica tanto impegnativa quanto idiomatica. Il ruolo del solista è eroico, richiedendo un interprete di altissimo livello tecnico e di grande sensibilità musicale. L’orchestra non si limita a fornire un mero accompagnamento, ma è un vero e proprio co-protagonista, in un dialogo costante e fecondo con il violino.
Possiamo a buon diritto affermare che, pur se incompleto, questo brano costituisce una testimonianza folgorante del genio di una compositrice straordinaria che merita di essere riscoperta ed eseguita molto più frequentemente.