Ouverture francese

Anthony Ritchie (18 settembre 1960): French Overture op. 138 (2009). New Zealand Symphony Orchestra, dir. Tecwyn Evans.

Il brano è stato ispirato da un soggiorno parigino del compositore neozelandese. Il titolo fa riferimento dunque, in primo luogo, a Parigi, ma allude anche alla forma musicale tipicamente barocca detta appunto «ouverture francese», così chiamata perché affermatasi nell’ambito della musica transalpina della seconda metà del Seicento, con le ouvertures dei balletti di Lully, e per distinguerla dalla coeva «ouverture italiana», che ha struttura differente: l’ouverture francese consta di due sezioni, la prima di andamento lento, la seconda vivace; l’italiana è tripartita, rapide la prima e l’ultima sezione, lenta quella centrale.



L’approfondimento
di Pierfrancesco Di Vanni

Anthony Ritchie: un maestro neozelandese tra accademia e innovazione

Anthony Damian Ritchie è un eminente compositore e accademico neozelandese, la cui prolifica carriera include oltre 200 opere che spaziano da sinfonie e opere liriche a concerti, lavori corali, musica da camera e pezzi solisti.

Primi anni e formazione musicale
Nato a Christchurch, Anthony Ritchie ha ereditato il talento musicale dai genitori: suo padre, John Ritchie, era professore di composizione e orchestrazione all’Università di Canterbury, mentre sua madre era una solista soprano. Anthony ha iniziato a studiare il pianoforte all’età di nove anni, mostrando subito una notevole predisposizione per l’improvvisazione. La sua educazione musicale è proseguita presso il St Bede’s College a Christchurch, dove ha iniziato a comporre, per poi conseguire il Bachelor of Music con lode all’Università di Canterbury nel 1981. Un’esperienza significativa per la sua formazione è stata la permanenza in Ungheria nel 1983, dove ha studiato l’influenza della musica popolare in alcune opere di Béla Bartók e ha approfondito la composizione con Attila Bozay e Zsolt Serei. Ha infine completato il dottorato di ricerca sulla musica di Bartók nel 1987.

Carriera iniziale e commissioni rilevanti
Nello stesso anno, il compositore ha ricoperto il ruolo di Composer-in-Schools a Christchurch; tra il 1988 e il 1989 è stato Mozart Fellow presso l’Università di Otago. Successivamente, ha intrapreso la carriera di compositore freelance, accettando una serie di prestigiose commissioni. Tra queste figurano Theme and Variations – the search, presentata in anteprima a Dunedin nel giugno 1998; From the Southern Marches, commissionata da George Griffiths di Otago Heritage Books e presentata nel marzo 1998; Revelation commissionata e eseguita dalla New Zealand Symphony Orchestra a Christchurch e Wellington nel 1998; un Concerto per chitarra commissionato dalla Auckland Philharmonia ed eseguito dal chitarrista Matthew Marshall, e le danze Shoal Dance e Leaf. Ha composto per numerosi altri artisti di spicco, tra cui Michael Houstoun e Wilma Smith.

Collaborazioni e opere liriche
Ritchie ha collaborato con diversi scrittori e librettisti di talento. Con Stuart Hoar ha creato un primo lavoro teatrale, Star Fire (1995), un’opera futuristica con un tema fantascientifico e richiami ambientali e maori, commissionata dalla Class Act Opera di Auckland per essere rappresentata nelle scuole. Un’altra collaborazione con Hoar ha dato vita a Quartet (2004), un’operetta comica che esplora la vita dei musicisti classici in tournée in Nuova Zelanda, con un quartetto d’archi in scena. Ha anche lavorato con la romanziera Keri Hulme per l’opera Ahua (2000), una storia sull’antenato Ngāi Tahu Moki, commissionata dal Christchurch City Choir. Nel 2004, ha collaborato con Jeremy Commons per The God Boy, un’opera basata sul romanzo di Ian Cross, rappresentata da Opera Otago per l’Otago Festival of the Arts. Ha infine musicato poesie della poetessa di Dunedin Elena Poletti, creando Lullabies (2015), originariamente commissionate ed eseguite dalla Auckland Choral Society.

Sperimentazione e influenze musicali
Pur non essendo un suonatore di gamelan, Ritchie è stato affascinato dalle sonorità di questo ensemble strumentale e ha adottato le caratteristiche scale della musica gamelan nella sinfonia Boum (1993) e nei 24 Preludi per pianoforte (2002). Questi ultimi rivelano una vasta gamma di influenze musicali, spaziando da compositori neoromantici a diverse firme ritmiche, stili contrappuntistici e armonici, tecniche di clavicembalo e organo, nonché sonorità di celesta. Qui Ritchie ha anche sperimentato l’uso del concetto matematico del quadrato magico, già impiegato da compositori come Peter Maxwell Davies e Gillian Whitehead.

Opere riconosciute e ritorno all’accademia
Una delle sue opere più significative è l’oratorio Gallipoli to the Somme, che ha commemorato il centenario della battaglia della Somme. L’oratorio è basato sull’omonimo libro di Alexander Aitken, un soldato del battaglione di Otago e successivamente professore di matematica all’Università di Edimburgo. L’opera è stata presentata in anteprima a Dunedin nel 2016 e ha avuto la sua prima rappresentazione europea, con Anna Leese come solista, allo Sheldonian Theatre di Oxford nel giugno 2018. Nel 2020 è stata votata l’opera di musica classica più popolare della Nuova Zelanda nel sondaggio Settling the Score di RNZ Concert. Nel 2018, dopo diciotto anni di insegnamento della composizione, Ritchie è diventato professore di composizione presso il Dipartimento di musica, teatro e arti performative dell’Università di Otago. Nel 2020, ha infine assunto il ruolo di capo della School of Performing Arts, una posizione della durata di tre anni. In riconoscimento dei suoi significativi successi nel campo della composizione, il compositore ha ricevuto un premio dal Trust Fund della Composers Association of New Zealand nel 1998.

La French Overture op. 138
La composizione si apre con un’introduzione lenta e maestosa, un tratto distintivo del genere. Fin da subito, l’orchestra, dominata da ottoni e percussioni, stabilisce un’atmosfera grandiosa e quasi cerimoniale. Le trombe e i tromboni pronunciano incisivi ritmi puntati, conferendo al brano un senso di peso e solennità. Gli archi, con lunghe note sostenute, creano un tappeto sonoro denso che supporta la potenza degli ottoni. L’armonia, ricca e stratificata, presenta momenti di tensione che si risolvono in accordi pieni e risonanti, suggerendo un’imminente narrazione musicale. La dinamica iniziale è un forte incisivo, che sottolinea il carattere dichiarativo di questa prima sezione.
Dopo l’affermazione iniziale, la musica si trasforma bruscamente in una sezione allegra e dinamica: il tempo si accelera, introducendo un carattere più leggero e virtuosistico. I violini prendono il comando, presentando un tema veloce e caratterizzato da figurazioni rapide, scale e arpeggi, tipiche di una scrittura fugata. Le entrate successive degli altri archi e poi dei legni tessono una trama contrappuntistica complessa e fitta, creando un senso di continuo sviluppo e movimento. L’orchestrazione si arricchisce progressivamente, con gli ottoni che si uniscono per aggiungere brillantezza e potenza alla crescente energia del brano. Questa sezione è un esempio di come Ritchie mantenga la struttura classica dell’ouverture francese, rielaborando il tradizionale fugato con una sonorità orchestrale moderna e un impeto ritmico incalzante.
La composizione poi introduce nuovi elementi tematici, variando il paesaggio sonoro. Emerge un tema più ritmico e diretto, con un carattere quasi marziale o di fanfara, spesso affidato agli ottoni e accompagnato da timpani che scandiscono un’andatura decisa. Questa sezione offre un contrasto stilistico con la precedente complessità contrappuntistica, presentando una tessitura più omoritmica. Tuttavia, Ritchie introduce anche passaggi di grande lirismo, affidando a strumenti come l’oboe e il flauto melodie cantabili e più delicate. Questi momenti creano un dialogo affascinante tra la forza perentoria delle fanfare e la morbidezza espressiva dei legni, dimostrando la capacità del compositore di gestire ampi spettri emotivi. La tensione si accumula gradualmente, portando a un climax intermedio di grande impatto, che coinvolge l’intera orchestra in un’esplosione di suono e ritmo, prima di un’improvvisa decelerazione.
Segue un breve ma intenso interludio, dove il tempo rallenta nuovamente e l’atmosfera si fa più riflessiva. Sebbene non sia una riproposizione esatta dell’introduzione, questa sezione ne evoca il carattere maestoso attraverso ritmi puntati e sonorità più pacate. I corni e gli archi sostenuti dominano la scena, creando una sonorità calda e pensosa. È un momento di pausa, quasi una meditazione prima della ripresa del movimento, che offre all’ascoltatore un respiro emotivo e una preparazione per la successiva fase dinamica.
La sezione finale riprende con rinnovata energia il carattere allegro, fondendo e rielaborando i temi precedentemente introdotti. Elementi fugati e frammenti delle fanfare si intrecciano in una tessitura orchestrale densa e complessa, che dimostra la maestria del compositore nel gestire il materiale tematico. Il dialogo tra le diverse sezioni dell’orchestra diventa più serrato e virtuosistico, con un’accelerazione progressiva e un aumento della dinamica. La musica costruisce una serie di crescendo potenti, guidando l’ascoltatore verso un climax finale di straordinaria grandezza. L’intera orchestra si unisce in un’esplosione sonora che è sia energica che profondamente affermativa, culminando in una serie di accordi finali risonanti e decisi che chiudono il pezzo con un senso di completezza e trionfo.

In sintesi, la French Overture è un’opera affascinante che onora le sue radici barocche pur esplorando nuove direzioni. Attraverso una sapiente orchestrazione, un’abile gestione dei contrasti dinamici e una chiara progressione tematica, Ritchie crea un brano coinvolgente che bilancia potenza, virtuosismo e momenti di riflessione, lasciando un’impressione indelebile di grandezza e forza espressiva.