Charles Koechlin (1867 - 31 dicembre 1950): The Seven Stars’ Symphony op. 132 (1933). Françoise Pellié, onde Martenot; Orchestre philharmonique de Monte-Carlo, dir. Alexandre Myrat.
- Douglas Fairbanks (en souvenir du Voleur de Bagdad)
- Lilian Harvey (Menuet fugué) [6:15]
- Greta Garbo (Choral païen) [8:30]
- Clara Bow et la joyeuse Californie [12:30]
- Marlène Dietrich (Variations sur le thème par les letters de son nom) [18:00]
- Emil Jannings (en souvenir de L’Ange bleu) [23:40]
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Charlie Chaplin (Variations sur le thème par les lettres de son nom): Le Sommeil du juste – Scandale – La Fuite – Repos – Barcarolle – Berceuse du Kid – L’Espoir chimérique – La Lutte contre un costaud – Sérénade – Tango – Tango de rêve – Résignation et Pardon – Apothéose de Charlot [27:55]
L’approfondimento
di Pierfrancesco Di Vanni
Charles Koechlin, maestro dimenticato
La formazione, la svolta inattesa
Charles Koechlin apparteneva a una storica famiglia alsaziana legata all’industria tessile. Iscrittosi all’École polytechnique nel 1887, la tubercolosi lo costrinse a interrompere gli studi e ad abbandonare le aspirazioni di carriera come ufficiale di marina o astronomo. Questa battuta d’arresto lo portò al Conservatorio di Parigi, dove studiò armonia e composizione con Antoine Taudou, Jules Massenet e André Gedalge, diventando infine allievo di Gabriel Fauré dopo la morte di César Franck. Dotato di una bella voce baritonale, Koechlin iniziò la carriera concentrandosi su opere vocali basate su poemi di Banville e Leconte de Lisle. Nel 1903 sposò Suzanne Pierrard, da cui ebbe cinque figli.
Il gigante silenzioso
Di fronte a difficoltà economiche, il compositore si dedicò intensamente all’insegnamento e alla stesura di testi didattici, che oggi costituiscono una parte fondamentale della sua eredità. Tra le sue opere teoriche principali si annoverano l’Étude sur les notes de passage, il Précis des règles du contrepoint e il monumentale Traité de l’orchestration in quattro volumi (1941). Questo trattato, considerato ancora oggi un’opera di riferimento, gli valse l’appellativo di «alchimista dei suoni» per la sua maestria nella miscelazione dei colori timbrici. La sua abilità orchestrale fu presto riconosciuta dai suoi mentori: fu incaricato da Fauré di orchestrare le musiche di scena per Pelléas et Mélisande (1898) e dall’editore di Debussy per completare il balletto Khamma (creato nel 1924). Nel 1909, Koechlin co-fondò, insieme con Maurice Ravel e Florent Schmitt, la Société musicale indépendante, che si poneva l’obiettivo di promuovere la musica contemporanea.
Immensità e varietà di un catalogo composito
L’opera di Koechlin è una delle più imponenti del suo tempo, contando 226 numeri d’opus, per un totale di oltre 1.000 pezzi distinti. La sua produzione spazia tra tutti i generi musicali e si distingue per la sua diversità stilistica. Tra i lavori di musica da camera si contano quattro quartetti per archi e Les Chants de Nectaire (tre suite di 32 pezzi per flauto solo). Nel campo sinfonico spiccano opere complesse come la Symphonie d’hymnes (premiata nel 1936), una Prima Sinfonia e il poema sinfonico Le Livre de la jungle, ispirato da Rudyard Kipling. Profondamente influenzato da Bach, la sua ammirazione culminò nell’imponente Offrande musicale sur le nom de Bach (1942). Compose inoltre numerosi cicli di mélodies (liriche da camera), tra cui Les Heures persanes, ispirato da Pierre Loti, e musiche con strumenti inusuali, come Le Buisson ardent (1945), che fa uso delle onde Martenot.
Passioni trasversali e incarichi speciali
Con una mente sempre aperta, Koechlin coltivò passioni al di fuori della musica. Fu un grande appassionato di astronomia e fotografia (pubblicò un volume intitolato Ports nel 1933). Il suo interesse per il cinema si manifestò in composizioni originali, inclusa la Seven Stars’ Symphony (1933), dedicata a sette attori iconici. Curiosamente, compose musica per diversi film “immaginari”, ma un solo lavoro fu effettivamente utilizzato come colonna sonora: Victoire de la vie (1937), diretto da Henri Cartier-Bresson, realizzato in sostegno ai repubblicani spagnoli.
Eredità, insegnamento, indipendenza artistica
L’influenza del compositore si propagò attraverso le sue opere teoriche, le sue conferenze (anche negli Stati Uniti) e la sua attività di insegnante. Tra i suoi allievi e discepoli si annoverano figure di rilievo come Francis Poulenc, Germaine Tailleferre, Roger Désormière e persino Cole Porter. Nonostante la sua enorme erudizione e la sua prontezza nel difendere le giovani generazioni, egli rimase sempre fieramente indipendente, tenendosi lontano dai circoli artistici dominanti. Questa scelta di libertà, incisa sulla sua lapide, è considerata la ragione per cui egli rimane uno dei compositori meno conosciuti e meno eseguiti della scuola francese della sua epoca. Ciononostante, espresse soddisfazione per la propria carriera, affermando di non aver «sprecato il mio tempo sulla Terra»
Seven Stars’ Symphony
Questa composizione non è una sinfonia nel senso classico del termine, ma piuttosto una vasta suite sinfonica. Composta nel 1933, si inserisce pienamente nell’interesse del compositore per il mondo del cinema, prefigurando altre composizioni dedicate alla settima arte, come l’omaggio a Lilian Harvey e Ginger Rogers. La struttura è divisa in sette movimenti, ognuno ispirato a una celebre star cinematografica dell’epoca e, in alcuni casi, al suo ruolo più iconico o a un carattere formale specifico.
Il primo movimento, dedicato a Douglas Fairbanks, evoca l’eroismo romantico e l’avventura, in particolare in ricordo del film muto Il ladro di Bagdad (1924). La musica si apre con un carattere esotico e fiabesco, tipico del cinema d’avventura orientale di quel periodo. Il brano è caratterizzato da agilità ritmica e melodie che richiamano l’azione e la corsa. L’orchestrazione è spesso brillante, con uso prominente di legni acuti e ottoni che suggeriscono fanfara e trionfo. Nonostante la natura avventurosa, l’energia di Fairbanks non è mai aggressiva, mantenendo un tono eroico ma leggero, riflettendo lo stile acrobatico e affascinante dell’attore.
Il secondo movimento è un ritratto musicale dell’attrice Lilian Harvey, nota per la sua grazia e il suo charme. Koechlin sceglie qui una forma compositiva tradizionale, il minuetto fugato, per incorniciare la sua delicatezza. Il pezzo si sviluppa con una grazia melodica che ricorda l’eleganza francese, un possibile riferimento alle origini franco-tedesche dell’attrice. Il ritmo è contenuto, quasi danzante, e il trattamento del fugato è raffinato e giocoso. La musica è luminosa, intessuta di linee melodiche chiare e agili, specialmente nei legni e negli archi, che catturano la leggerezza e la vivacità del suo personaggio cinematografico.
Il terzo ritratto è forse il più evocativo: Greta Garbo è immortalata in un corale pagano, suggerendo il suo enigmatico fascino, la sua distanza e la sua aura quasi divina o mitologica. Il movimento è caratterizzato da una scrittura corale lenta e solenne, che sfrutta registri gravi e toni scuri, in netto contrasto con il movimento precedente. Gli strumenti a fiato gravi e gli archi in tessitura bassa creano un’atmosfera di mistero profondo e malinconia. L’armonia è ricca e complessa, con accordi che si muovono lentamente, quasi sospesi, evocando la tristezza e l’isolamento percepiti nelle interpretazioni della Garbo.
Il quarto movimento segna un brusco cambio di atmosfera, trasportandoci nel frenetico e vivace mondo della Hollywood degli anni ’20. Clara Bow, la it girl per eccellenza, è associata alla “gioiosa California”, incarnando l’energia esuberante e il fascino sfrontato. Koechlin utilizza un linguaggio musicale apertamente jazzistico e sincopato, con ritmi marcati e vivaci. L’orchestrazione è densa e rumorosa, con interventi aggressivi di ottoni e percussioni che simboleggiano la dinamicità e l’eccesso dell’ambiente di Hollywood. Questo movimento è un turbine di energia, riflettendo la natura magnetica e inarrestabile del fascino della Bow.
Il quinto ritratto si basa su una tecnica compositiva enigmatica: Koechlin ha tradotto le lettere del nome di Marlène Dietrich in note musicali (utilizzando la notazione musicale tedesca e francese). Le variazioni mostrano l’abilità tecnica di Koechlin nel manipolare il tema. L’orchestrazione è sofisticata, utilizzando spesso il colore e la trama per riflettere le diverse sfaccettature dell’attrice, nota per la sua ambiguità sensuale. Il movimento combina passaggi lirici, quasi sussurrati, con momenti di enfasi drammatica, ritraendo la sua dualità di stella glamour e donna misteriosa.
Emil Jannings è invece ricordato in relazione al suo celebre ruolo nel film L’angelo azzurro, una vicenda di discesa morale e tragedia. Questo movimento assume un carattere più cupo e introspettivo. l’orchestrazione è pesante e drammatica, con gli archi in tessitura profonda che dominano l’espressione di un conflitto interiore, mentre il tono è di malinconia e rassegnazione, spesso con progressioni armoniche lente che costruiscono e rilasciano tensione emotiva, catturando la potenza tragica delle interpretazioni del celebre attore.
Il finale, dedicato a Charlie Chaplin, è il più esteso e complesso, suddiviso in ben tredici sottosezioni: ciascuna illustra un aspetto della vita e dell’arte di Charlot. Anche in questo caso, il tema portante è derivato dalle lettere del nome del famoso attore e comico britannico. La sezione è una vera e propria suite di caratteri che ripercorre le sfumature emotive del personaggio:
– Le Sommeil du juste (Il sonno del giusto): calma e semplicità iniziale, con una melodia quasi infantile;
– Scandale (Scandalo): l’armonia diventa dissonante, il ritmo concitato, evocando il caos;
– La Fuite (La Fuga): passaggi rapidi, leggeri e quasi clowneschi, con dinamiche vivaci;
– Repos (Riposo): breve ritorno alla quiete con armonie più miti;
– Barcarolle: un intermezzo lirico, con melodia cullante;
– Berceuse du Kid (Ninna-nanna del monello): un momento di tenerezza e semplicità melodica;
– L’Espoir chimérique (La speranza chimerica): introduce un senso di incertezza e sognante malinconia;
– La Lutte contre un costaud (La lotta contro un forzuto): un fugato energico e robusto, che simboleggia lo sforzo fisico, con ottoni marcati;
– Sérénade (Serenata): un momento romantico e sentimentale, con un timbro più dolce;
– Tango / Tango de rêve (Tango / Tango di sogno): ritmicità marcata e sensuale, che poi si evolve in un’atmosfera più eterea e sognante, riflettendo la scena di danza;
– Résignation et pardon (Rassegnazione e perdono): ritorno a temi lenti e meditativi, con armonia pacificata;
– Apothéose de Charlot (Apoteosi di Charlot): il finale è un crescendo orchestrale maestoso e trionfale, che celebra l’immortalità e l’anima del personaggio. L’orchestrazione raggiunge il suo culmine con tutti gli strumenti che convergono in una celebrazione luminosa.
Nel complesso, la Seven Stars’ Symphony è un eccezionale esempio della capacità di Koechlin di coniugare il lirismo tardo-romantico con le tecniche moderne, utilizzando il cinema come lente attraverso cui esplorare una vasta gamma di forme musicali e stati d’animo. L’opera è un ponte tra la musica da concerto e il mondo popolare, dimostrando la curiosità e l’eclettismo del compositore.
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