Jacobus Gallus Carniolus (ovvero Jacob Handl; 3 luglio 1550 - 18 luglio 1591): Musica noster amor, mottetto latino a 6 voci (n. 28 della raccolta Moralia, 1596, postuma). Maulbronner Kammerchor, dir. Jürgen Budday.
Musica noster amor, sit fida pedissequa vatum,
molliter ad cunas fingere nata melos.
Exulet hostiles acuens, taratantara, motus,
vivat, et Aonidum castra Poesis amet.
Et lachrimas vatum colit, et suspiria, Caesar.
Vivat io magnis turba superba Diis.
L’approfondimento
di Pierfrancesco Di Vanni
La voce della Carniola: Jacobus Gallus, genio del tardo Rinascimento
Jacobus Gallus è stato uno dei più prolifici e influenti compositori del tardo Rinascimento, una figura di transizione che ha saputo fondere magistralmente le tradizioni musicali del proprio tempo con innovative spinte verso la modernità. Nato nelle terre asburgiche della Carniola (l’odierna Slovenia), trascorse l’ultima e più feconda parte della sua vita in Moravia e Boemia, lasciando un’eredità di oltre 500 composizioni.
Vita e origini: un musicista itinerante
Jacobus Gallus è noto anche come Jacob Handl e Jakob Petelin: i termini gallus, Handl e petelin significano “gallo” rispettivamente in latino, in tedesco e in sloveno; tuttavia il compositore non usò mai la forma slovena: preferiva infatti la forma latina, cui spesso aggiungeva l’aggettivo “Carniolus” per rivendicare con orgoglio le proprie origini. Nato presumibilmente a Reifnitz (oggi Ribnica), egli ricevette la prima educazione musicale presso l’abbazia cisterciense di Stična. Tra il 1564 e il 1566 lasciò la terra natale per viaggiare tra Austria, Boemia, Moravia e Slesia. Fu membro della cappella di corte viennese nel 1574 e, tra il 1579 e il 1585, ricoprì il prestigioso incarico di Kapellmeister per il vescovo di Olomouc. Infine, nel 1585 si stabilì a Praga, dove lavorò come organista presso la Chiesa di San Giovanni alla Balustrata fino alla morte.
L’arte della composizione: un ponte tra stili
Gallus fu un esponente musicale della Controriforma in Boemia. La sua grandezza risiede nella capacità di sintetizzare stili diversi: da un lato, la complessa polifonia della scuola franco-fiamminga; dall’altro, la grandiosità sonora e spaziale della scuola veneziana. La sua produzione, vastissima e versatile, spazia dal sacro al profano, includendo opere monumentali che impiegano più cori e fino a 24 parti vocali indipendenti.
Il suo capolavoro è senza dubbio l’Opus musicum (1586-90), una monumentale raccolta di 374 mottetti destinati a coprire le necessità liturgiche dell’intero anno ecclesiastico. Quest’opera, così come la maggior parte delle sue messe, fu stampata a Praga. Nei mottetti, come il celebre O magnum mysterium, è evidente l’influenza veneziana, soprattutto nell’uso della tecnica del “coro spezzato” (cori separati che dialogano tra loro). Gallus fondeva con maestria arcaismo e modernità: se da un lato era un profondo conoscitore delle tecniche imitative tradizionali, dall’altro preferiva la nuova pratica policorale veneziana, utilizzando raramente la tecnica del cantus firmus. La sua audacia si manifesta in transizioni cromatiche che anticipano la dissoluzione del sistema modale, come nel mottetto a cinque voci Mirabile mysterium, la cui complessità armonica è stata paragonata a quella di Carlo Gesualdo. Era inoltre un abile inventore di madrigalismi, ma sapeva anche scrivere brani di intensa e semplice spiritualità, come il suo mottetto più famoso, Ecce quomodo moritur justus, il cui tema fu successivamente ripreso da G.F. Händel.
La produzione profana
Oltre al vasto corpus sacro, egli compose circa 100 brani profani, raccolti principalmente in due raccolte: Harmoniae morales (1589-90) e Moralia (1596). Questa produzione dimostra la sua versatilità, includendo madrigali in latino (una scelta linguistica insolita per il genere, che era prevalentemente italiano), canti in tedesco e altre composizioni in latino.
Musica noster amor: analisi
Questo mottetto è un gioiello della produzione profana, un’ode umanistica alla musica e alla poesia che dimostra in modo esemplare la maestria di Gallus nel tradurre il significato e l’emozione del testo in vivida materia sonora. Il testo è una celebrazione del potere della musica: da un lato, la sua capacità di generare dolcezza e conforto; dall’altro, la sua forza nel bandire gli istinti bellicosi, per poi abbracciare la nobiltà della poesia. Il mottetto è strutturato in una serie di sezioni contrastanti che seguono fedelmente la progressione emotiva del testo, utilizzando la tecnica del madrigalismo con straordinaria efficacia.
Il brano si apre con una dichiarazione solenne e affettuosa: Gallus sceglie una tessitura prevalentemente omoritmica, dove tutte e sei le voci si muovono insieme, conferendo al testo un’immediata chiarezza e un senso di unità. La dinamica è contenuta e l’armonia è prevalentemente consonante, creando un’atmosfera di serena devozione all’arte musicale.
Pur mantenendo un carattere dolce, Gallus introduce poi un delicato contrappunto imitativo: le voci entrano in successione, creando un intreccio morbido e fluttuante che evoca l’immagine del dondolio di una culla. Il termine “fingere” viene impreziosito da un breve ma elegante melisma, dipingendo musicalmente l’atto creativo. La dinamica si attenua ulteriormente, quasi a suggerire un sussurro.
Il carattere cambia bruscamente: “Exulet” è cantato con forza e decisione, segnando una netta rottura con la dolcezza precedente. Il culmine è raggiunto sulla parola onomatopeica “taratantara”, che imita lo squillo delle trombe di guerra. Qui Gallus scatena un vorticoso gioco imitativo: le voci, specialmente tenori e bassi, si rincorrono con ritmi puntati, veloci e staccati, creando una cascata sonora percussiva e brillante.
Dopo il tumulto del “taratantara”, la musica si placa e si eleva nuovamente verso una nobile solennità: la parola “vivat” è presentata in un potente blocco omoritmico, un’affermazione di speranza e resilienza. La frase successiva – che celebra l’unione tra Poesia e Muse – ritorna a una polifonia fluida e complessa, con lunghe linee melodiche che si intrecciano con eleganza, simboleggiando la raffinatezza dell’arte.
La dinamica scende poi a un piano quasi impercettibile. Per dipingere le parole “lachrimas” e “suspiria”, Gallus utilizza un sottile gioco cromatico e armonie dissonanti. Si avvertono dei ritardi che si risolvono lentamente, imitando musicalmente un sospiro. L’atmosfera diventa intima e patetica, quasi malinconica. È in passaggi come questo che si riconosce la modernità di Gallus e la sua capacità di esplorare la profondità psicologica del testo, anticipando sensibilità quasi barocche.
Il mottetto si conclude con un’esplosione di giubilo: la parola “vivat” ritorna, questa volta come un’esclamazione trionfale. Gallus utilizza di nuovo la massima potenza dell’omoritmia: tutte le sei voci sono unite in un accordo pieno e sonoro, proiettato con una dinamica fortissimo. L’effetto è quello di un coro magnifico e unitario che canta una lode finale. La frase si ripete con crescente intensità, culminando in un accordo maggiore finale.
Nel complesso, Musica noster amor è una sintesi perfetta dello stile di Jacobus Gallus: la sua capacità di alternare la complessità polifonica franco-fiamminga a una scrittura omoritmica di derivazione veneziana, il suo uso geniale e quasi teatrale dei madrigalismi, e la sua sensibilità armonica audace e moderna.
