Vien l’alba rugiadosa

Jacopo Peri detto Zazzerino (20 agosto 1561 - 12 agosto 1633): Tu dormi, e ‘l dolce sonno. Ellen Hargis, soprano; Paul O’Dette, chitarrone; Andrew Lawrence-King, arpa; Hille Perl, lirone.

Tu dormi, e’l dolce sonno
Ti lusinga con l’ali, aura volante,
Né mov’ombra già mai tacite piante.
Io, che non ho riposo,
Se non quando da’ lumi
Verso torrenti e fiumi,
Esc’al notturno sol a me gioioso.
Tu lo splendor degl’argentati rai
Non rimiri, e tu stai
Sord’al duol che m’accora;
Io sent’e veggio ogn’hor l’aura e l’aurora.

Tu dormi, e non ascolti
Me che prego e sospiro, e piango e bramo,
E nell’alto silentio hora ti chiamo.
Ben ha profond’oblio,
Filli, sepolt’i tuoi sensi vitali,
E prov’invano
Destar in te pietà d’alma che more.
Non è Febo lontano,
Vien l’alba rugiadosa,
Ma che, dorm’e riposa,
Non piang’indarno i suoi torment’il core;
E se non senti tu, mi sent’amore.

Tu dormi, et io pur piango,
O bella, o del mio cor dolce tormento,
E col mio pianto io mir’il ciel intento.
Entro piume d’odori
Tu ripos’il bel fianco;
Io, fra mille dolori,
Sento senza pietà venirmi manco.
O sonno, o tu che porti pace ai cori,
E le menti egre conforti,
Te non chiamo già mai, ma sol desio
Che nei sospir’aquet’il morir mio.

Fra vaghi risi, e cari

Jacopo Peri detto Zazzerino (20 agosto 1561 - 12 agosto 1633): Un dì soletto, madrigale a 1 voce e basso continuo (pubblicato nella raccolta Le varie musiche del Sig. Jacopo Peri, 1609, n. 17) su testo di Gabriello Chiabrera. Marc Mauillon, voce; Angélique Mauillon, arpa.

Un dì soletto
vidi il diletto,
ond’ho tanto martire;
e sospirando,
tutto tremando
così le presi a dire:

«O tu, che m’ardi
co’ dolci sguardi,
come sì bella appari!»
Ella veloce
sciolse la voce
fra vaghi risi, e cari:

«Sul volto rose
l’alba mi pose,
lume su’ crini il sole,
ne gli occhi Amore
il suo splendore,
suo mel ne le parole.»

Così disse ella;
poscia, più bella
che giamai m’apparisse,
piena il bel viso
di bel sorriso,
lieta soggiunse, e disse:

«O tu, che t’ardi
a’ dolci sguardi,
come sì tristo appari!»
ed io veloce
sciolsi la voce
fra caldi pianti amari:

«D’empio veneno
mi sparge il seno,
oimé, tua gran beltade;
e la mia vita
quasi è finita
per troppa feritade».

Ella per gioco
sorise un poco,
indi mi si nascose;
ed io dolente
pregava ardente,
ma più non mi rispose.