Adagio non troppo

Johann Rufinatscha (1812 - 25 maggio 1893): Concerto in sol minore per pianoforte e orchestra (1850). Michael Schöch, fortepiano; Orkester der Akademie Sankt Blasius, dir. Karlheinz Seissl.

  1. Allegro
  2. Adagio non troppo [16:13]
  3. Allegro con brio [23:10]


L’approfondimento
di Pierfrancesco Di Vanni

Johann Rufinatscha: il talento nascosto fra il Tirolo e Vienna

Vita e formazione: dalle Alpi tirolesi alla capitale asburgica
Nato a Malles (Mals) – all’epoca in Austria e oggi in Alto Adige – Rufinatscha iniziò la propria formazione musicale all’età di 14 anni, quando si trasferì a Innsbruck, dove si dedicò allo studio del pianoforte e del violino; approfondì gli studi musicali presso il conservatorio locale. Successivamente come dimora scelse Vienna, città in cui avrebbe vissuto e lavorato per il resto dei suoi giorni.

La carriera viennese: eminente didatta, compositore nell’ombra
A Vienna, Rufinatscha si distinse principalmente quale apprezzato insegnante di pianoforte e armonia. Sembra che la sua dedizione all’insegnamento abbia prevalso sull’attività compositiva, il che spiegherebbe il numero relativamente contenuto di opere da lui lasciate. I contemporanei nutrirono grandi aspettative su di lui, prevedendo che sarebbe diventato uno dei maggiori compositori della sua epoca. Tuttavia, questa previsione non si avverò e Rufinatscha rimase una figura alquanto marginale nella storia della musica. Ebbe invece considerevole importanza quale insegnante: fra i suoi allievi si annoverano figure di spicco come Ignaz Brüll e Julius Epstein.

Eredità e riconoscimento postumo: un ponte tra Schubert e Bruckner
Nonostante la relativa oscurità a livello internazionale, Rufinatscha è riconosciuto come uno dei più importanti compositori tirolesi del XIX secolo. La sua produzione musicale viene considerata un importante anello di congiunzione stilistico tra le opere di Franz Schubert e quelle di Anton Bruckner. Consapevole del valore del proprio lavoro, poco prima della morte Rufinatscha decise di donare i manoscritti delle sue composizioni al Museo provinciale tirolese, dove sono tuttora conservati. Negli ultimi anni si è assistito a un crescente interesse per la sua musica e a una sua lenta ma progressiva riscoperta.

Le composizioni: un corpus selezionato e significativo
La sua produzione annovera 5 Sinfonie complete e un quadro sinfonico in tre movimenti, nonché un Concerto per pianoforte e orchestra (disponibile anche in versione per pianoforte a quattro mani), una Serenata per archi, un’Ouverture da concerto in do maggiore e diverse ouverture programmatiche come Innerer Kampf (Lotta interiore), Die Braut von Messina (La sposa di Messina, 1850) e una Overture drammatica (1878).
Si ricordano anche due Quartetti (in mi bemolle maggiore, 1850; in sol maggiore,1870), un Trio in la bemolle maggiore (1868), il cui terzo movimento è una rielaborazione del secondo movimento del Concerto per pianoforte, e due Quartetti con pianoforte (in do minore, 1836; in la bemolle maggiore, 1870), dei quali il secondo rielabora composizioni precedenti nel primo e ultimo movimento.
Da segnalare anche alcune composizioni per pianoforte: una Sonata in re minore a 4 mani (1850), una Sonata in do maggiore op. 7 (1855), 6 Pezzi caratteristici op. 14 (anteriori al 1871) e una Sonata in re minore op. 18 (1880).

Il Concerto in sol minore per pianoforte e orchestra: analisi
Questa composizione si inserisce pienamente nel solco della tradizione romantica viennese, mostrando la solida preparazione artigianale di Rufinatscha e la sua capacità di creare musica espressiva e ben strutturata. L’opera riflette l’influenza dei grandi maestri del classicismo viennese e del primo Romanticismo, con un’attenzione particolare al dialogo tra solista e orchestra e a una scrittura pianistica che, pur virtuosistica, rimane integrata nel discorso musicale complessivo. La sua posizione stilistica si pone effettivamente come un ponte tra la liricità schubertiana e una certa grandezza orchestrale che anticipa, seppur in nuce, aspetti che verranno sviluppati da Bruckner.
Il primo movimento, in forma-sonata, si apre con un’introduzione orchestrale di stampo drammatico e assertivo. Un rullo di timpani e un incisivo intervento degli ottoni in Sol minore stabiliscono immediatamente un’atmosfera tesa e solenne. Gli archi rispondono con un motivo più ansioso e lamentoso, a cui si aggiungono i legni, costruendo un crescendo di intensità che prepara l’entrata del solista. L’orchestrazione è ricca e anticipa la serietà del materiale tematico. L’ingresso del pianoforte è potente e declamatorio, con accordi pieni e ottave che presentano il primo tema in sol minore. Questo tema è caratterizzato da una passione contenuta e da una certa nobiltà eroica. Il pianoforte sviluppa il materiale con passaggi virtuosistici brillanti, scale ascendenti e discendenti, arpeggi e figurazioni veloci, ma sempre al servizio dell’espressione tematica. L’orchestra interviene con forza, dialogando con il solista e rafforzando il carattere drammatico del tema. La transizione porta a un cambio di atmosfera e tonalità, modulando verso il si bemolle maggiore (relativa maggiore). Il secondo tema è affidato principalmente al pianoforte ed è di natura decisamente più lirica e cantabile, offrendo un netto contrasto con la drammaticità del primo. Qui si avverte una dolcezza melodica che può ricordare Schubert, con il pianoforte che espone la melodia accompagnato delicatamente dall’orchestra, in particolare dai legni e dagli archi in pizzicato. Lo sviluppo vede frammenti di entrambi i temi elaborati con maestria. Rufinatscha esplora diverse tonalità, aumentando la tensione armonica e il dialogo tra solista e orchestra si fa più serrato e drammatico. Il pianoforte si lancia in passaggi di grande virtuosismo, con sequenze di ottave, arpeggi complessi e brillanti scalette, mentre l’orchestra risponde con potenti sezioni di tutti. La ripresa riporta il primo tema in sol minore, ora presentato con ancora maggiore forza e ornamentazione sia dal pianoforte che dall’orchestra. Il secondo tema ricompare, come da prassi classica, nella tonalità d’impianto, ma in questo caso trasposto nel modo maggiore, conferendo un momentaneo senso di serenità e luminosità. Il movimento culmina, anche in questo caso come da tradizione, in una cadenza per il pianoforte solo, ampia, virtuosistica e ben costruita, iniziando in modo riflessivo per poi sviluppare materiale tematico del movimento con crescente complessità tecnica e potenza espressiva. Rufinatscha sfrutta l’intera estensione della tastiera, con passaggi brillanti, trilli e arpeggi, prima di concludere con i tradizionali trilli che preparano il rientro dell’orchestra. La coda riafferma il carattere drammatico del sol minore, con pianoforte e orchestra che conducono il movimento a una conclusione energica e decisa.
Il secondo movimento, in mi bemolle maggiore (sopradominante della tonalità d’impianto), offre un profondo contrasto lirico e introspettivo. Si apre con una breve introduzione orchestrale dominata da accordi sereni e caldi degli archi e dei legni, che stabiliscono un’atmosfera di pace e contemplazione. Il pianoforte introduce il tema principale, una melodia squisitamente cantabile, tenera e sognante, che ricorda un notturno. L’ispirazione melodica è di chiara matrice schubertiana, con armonie avvolgenti e un fraseggio espressivo. L’orchestra fornisce un accompagnamento discreto e delicato, spesso con archi in pizzicato o morbidi interventi dei legni. Una sezione centrale introduce un leggero aumento di intensità emotiva. Il fraseggio del pianoforte si fa più ornato, con arpeggi fluenti e passaggi più mossi, esplorando tonalità vicine che aggiungono un velo di malinconia, di struggimento. Il dialogo con i legni solisti (clarinetto, flauto) è particolarmente curato e intimo. Il ritorno del tema principale è affidato nuovamente al pianoforte, che lo ripropone con maggiore ornamentazione e un sostegno orchestrale leggermente più denso, ma sempre mantenendo il carattere lirico e sognante. La coda è breve e conduce il movimento a una conclusione serena e placida in mi bemolle maggiore. Il pianoforte chiude con delicati arpeggi e accordi che si dissolvono dolcemente, portando senza soluzione di continuità al movimento conclusivo.
Il finale è un rondò vivace e brillante in sol maggiore. Il tema principale è introdotto dal pianoforte con piglio energico e ritmico: è un tema dal carattere quasi popolaresco, con un andamento saltellante e accenti marcati che sottolineano il “con brio” dell’indicazione agogica. L’orchestra riprende e rinforza il tema, conferendogli ulteriore slancio. Il primo episodio introduce materiale tematico contrastante, nella tonalità di re maggiore, più scorrevole e melodico, con il pianoforte che si esibisce in brillanti passaggi virtuosistici e dialoghi con l’orchestra. Il ritorno del tema principale è ben marcato e porta a un secondo episodio più elaborato e modulante. Qui la scrittura si fa più drammatica, con potenti ottave del pianoforte e interventi orchestrali incisivi, esplorando diverse aree tonali e aumentando la tensione. Un ulteriore ritorno del tema principale prepara la sezione conclusiva, con una coda dal carattere trionfale e affermativo. Il pianoforte si lancia in brillanti scale, arpeggi e passaggi di bravura, sostenuto da un’orchestra festosa, conducendo l’opera a una chiusura sfavillante e piena di energia.
Nel complesso, questo concerto è un’opera di notevole fattura che merita sicuramente attenzione; dimostra una sicura padronanza della forma classica e una sensibilità pienamente romantica. Le melodie sono spesso memorabili, specialmente nel movimento lento, e la scrittura pianistica, sebbene richieda un solido virtuosismo, è ben integrata nel discorso orchestrale. L’orchestrazione è competente e supporta efficacemente il solista. L’influenza di Schubert è particolarmente avvertibile nel lirismo dei temi cantabili, mentre la solidità costruttiva e certi gesti drammatici possono ricordare Beethoven e il primo Romanticismo tedesco. Pur non essendo un’opera rivoluzionaria, è un esempio eccellente della produzione concertistica del suo tempo, un lavoro che bilancia eleganza, espressività e brillantezza e che testimonia il talento di un compositore che, sebbene rimasto relativamente nell’ombra, aveva molto da dire.

Serenata – XVIII

Johann Rufinatscha (1812 - 25 maggio 1893): Serenata in sol maggiore per archi. Orchester der Akademie Sankt Blasius, dir. Karlheinz Seissl.

  1. Tempo di marcia – Trio
  2. Allegro moderato [3:46]
  3. Adagio espressivo [8:19]
  4. Scherzo: Allegro vivace [12:07]
  5. Schlummerlied: Allegretto quasi andante [15:03]
  6. Finale: Allegro ma non troppo [17:37]

La Quinta Sinfonia di Johann Rufinatscha

Johann Rufinatscha (1812 - 25 maggio 1893): Quinta Sinfonia in re maggiore (1850). BBC Philharmonic Orchestra, dir. Gianandrea Noseda.

  1. Largo – Adagio – Andante – Allegro con fuoco
  2. Scherzo: Allegro ma non troppo – Trio [19:37]
  3. Largo [34:05]
  4. Allegro moderato – Allegro – Allegro moderato – Allegro vivace [47:08]