Sigismondo d’India (c1582 - 19 aprile 1629): Felice chi vi mira, madrigale a 5 voci (dal Primo Libro de madrigali a 5 voci, 1606, n. 6) su testo di Battista Guarini. La Venexiana, dir. Claudio Cavina.
Felice chi vi mira,
Ma più felice chi per voi sospira;
Felicissimo poi
Chi sospirando fa sospirar voi.
Ben hebbe amica stella
Chi per donna sì bella
Puù far content’in un
L’occhi e ‘l desio
E sicuro può dir:
«Quel cor è mio».
Tarquinio Merula (1595 - 10 dicembre 1665): Or ch’è tempo di dormire, «canzonetta spirituale sopra la nanna» per soprano e basso continuo (pubblicata in Curtio Precipitato et altri Capricij composti in diversi modi vaghi e leggiadri a voce sola, 1638). La Venexiana: Monica Piccinini, soprano; Michele Palomba, tiorba; Chiara Granata, arpa; Claudio Cavina, cembalo e direzione.
Or ch’è tempo di dormire,
dormi, figlio, e non vagire,
perché tempo ancor verrà
che vagir bisognerà.
Deh ben mio,deh cor mio, fa
fa la ninna ninna na.
Chiudi quei lumi divini,
come fan gl’altri bambini,
perché tosto oscuro velo
priverà di lume il cielo.
O ver prendi questo latte
dalle mie mammelle intatte,
perché ministro crudele
ti prepara aceto e fiele.
Amor mio, sia questo petto
hor per te morbido letto,
pria che rendi ad alta voce
l’alma al Padre su la croce.
Posa hor queste membra belle,
vezzosette e tenerelle,
perché poi ferri e catene
gli daran acerbe pene.
Queste mani e questi piedi
ch’or con gusto e gaudio vedi,
Ahimé, com’in varii modi
passeran acuti chiodi.
Questa faccia graziosa
rubiconda, or più che rosa
Sputi e schiaffi sporcheranno
con tormento e grand’affanno.
Ah, con quanto tuo dolore,
sola speme del mio core,
questo capo e questi crini
passeran acuti spini.
Ah, ch’in questo divin petto,
amor mio, dolce, diletto,
vi farà piaga mortale,
empia lancia e di sleale.
Dormi dunque, figliol mio,
dormi pur, redentor mio,
perché poi con lieto viso
ci vedrem in Paradiso.
Or che dorme la mia vita,
del mio cor gioia compita,
taccia ognun con puro zelo,
taccian sin la terra e ’l cielo.
E fra tanto, io che farò?
Il mio ben contemplerò,
ne starò col capo chino
fin che dorme il mio bambino.
Luca Marenzio (1553 o 1554 - 1599): Così nel mio parlar voglio esser aspro, madrigale a 5 voci (dal Nono Libro de madrigali a cinque voci, 1599, n. 1) su testo di Dante Alighieri (Rime XLVI). La Venexiana, dir. Claudio Cavina.
Così nel mio parlar voglio esser aspro
com’è ne li atti questa bella petra,
la quale ognora impetra
maggior durezza e più natura cruda,
e veste sua persona d’un diaspro
tal che per lui, o perch’ella s’arretra,
non esce di faretra
saetta che già mai la colga ignuda;
ed ella ancide, e non val ch’om si chiuda
né si dilunghi da’ colpi mortali,
che, com’avesser ali,
giungono altrui e spezzan ciascun’arme:
sì ch’io non so da lei né posso atarme.
Sigismondo d’India (c1582 - 19 aprile 1629): Ha di serpe il velen, madrigale a 5 voci (dal Primo Libro de madrigali a 5 voci, 1606, n. 5) su testo di Giovanni Battista Strozzi. La Venexiana, dir. Claudio Cavina.
Ha di Serpe il velen,
Di Tigre il morso,
E di lieve Cervetta
Quest’acerbetta fugitiva ha ‘l corso.
Ben sembr’ell’Angioletta,
Di dolcezza e di gratia à le parole,
À le guancie l’Aurora,
À gl’occhi il Sole.
Luca Marenzio (1553 o 1554 - 1599): Clori nel mio partire, madrigale a 5 voci (dal Sesto libro de madrigali a cinque voci, 1594, n. 2). La Venexiana, dir. Claudio Cavina.
Clori nel mio partire
Languiva al mio languire
E da le luci ov’ha ricetto Amore
Cadeano a mille
Le rugiadose stille.
Cauto v’accorse il mio dolente core,
E da begl’ occhi intanto
Co’ baci n’involò quel vago pianto.
Meraviglia gentile e non più udita:
Quel pianto il cibo fu de la mia vita !
Hor che di lei son privo,
Mercé di quelle lagrime mi vivo.
Luca Marenzio (1553 o 1554 - 1599): Deh Tirsi, anima mia, madrigale a 5 voci (dal Sesto libro de madrigali a cinque voci, 1594, no. 11) su testo di Giovanni Battista Strozzi. La Venexiana, dir. Claudio Cavina.
Deh Tirsi, anima mia, perdona
A chi t’è cruda sol dove pietosa
Esser non può; perdona a questa solo
Nei detti e nel sembiante
Rigida tua nemica ma nel core
Pietosissima amante.
E se pur hai desio di vendicarti,
Deh, qual vendetta haver puoi tu maggiore
Del tuo proprio dolore?
Ché se tu se’l cor mio,
Come se’ pur mal grado
Del cielo e de la terra,
Qual hor piagni e sospiri
Quelle lagrime tue sono il mio sangue,
Que’ sospiri il mio spirto; e quelle pene,
E quel dolor che senti
Son miei non tuoi tormenti.