Suite gothique

Léon Boëllmann (1862 - 1897): Suite gothique op. 25 (1895). Marie-Claire Alain all’organo Cliquot/Cavaillé-Coll di Saint-Sulpice in Parigi.

  1. Introduction-choral: Maestoso
  2. Menuet gothique: Allegro [2:23]
  3. Prière à Notre-Dame: Très lent [5:24]
  4. Toccata: Allegro [11:13]

Ai tempi di Boëllmann il termine gothique conservava ancora qualche sfumatura in più rispetto a oggi. A noi, donne e uomini del XXI secolo, l’aggettivo gotico fa pensare immediatamente all’arte (e in particolare all’architettura) tardomedievale, o altrimenti alla letteratura fantastica del Sette-Ottocento, ma in passato era impiegato anche nell’accezione di «barbarico» (con riferimento all’antica popolazione germanica dei goti) e poi in quelle di «bizzarro», «capriccioso» e «desueto»: più o meno ciò che aveva in mente Giorgio Vasari quando gli venne l’idea di definire «gotica», appunto, l’arte del basso Medioevo, in contrapposizione a quella rinascimentale, che riproponeva i canoni estetici della classicità greca e romana.
Il termine gotico non ha una specifica valenza musicale e non l’ha mai avuta, nemmeno ai tempi di Boëllmann: solo recentemente l’aggettivo è stato impiegato per riferirsi alla polifonia duecentesca, segnatamente alla produzione della cosiddetta Scuola di Notre-Dame (Music of the Gothic Era è il titolo di un cofanetto di lp Archiv contenenti un’ampia scelta di composizioni di quel periodo eseguite, ormai mezzo secolo fa, dall’Early Music Consort of London diretto da David Munrow). Cose cui Boëllmann comunque non pensava, non è certo con l’idea di alludere alla musica medievale (ai suoi tempi in grandissima parte ancora da riscoprire) che definì gothique quella che sarebbe diventata la sua composizione più famosa. Intendeva piuttosto far pensare a qualche cosa che è «d’un autre âge, désuet, barbare, conservateur» (traggo questa definizione di gothique dal Lessico del Centre National de Ressources Textuelles et Lexicales).
Del resto, in piena Belle Époque il minuetto era senza dubbio desueto, e doveva essere considerata perlomeno bizzarra l’idea di suonarne uno all’organo di una cattedrale.