Alla francese?

Leopold Antonín Koželuh (26 giugno 1747 - 1818): Sinfonia in la maggiore à la française P I:10 (c1780). Sukův komorní orchestr (Orchestra da camera «Suk»), dir. Josef Vlach.

  1. Allegro di molto
  2. Poco adagio ma più andante [9:18]
  3. Menuetto [15:01]
  4. Presto [19:00]

Il titolo à la francese potrebbe non essere originale ed è alquanto inspiegabile: non c’è nulla di esplicitamente francese in questa composizione, che certo non è una parodia alla maniera della Sinfonia nel gusto di cinque nazioni di Carl Ditters von Dittersdorf, la quale comprende un Minuetto in stile francese caratterizzato dall’ampio uso di ritmi puntati; alcuni passaggi imitativi affidati agli archi potrebbero però aver avuto, per i compatrioti di Koželuh, un sentore di esotico, e per quanto poco probabile potrebbe essere questa l’origine del singolare titolo della Sinfonia.



L’approfondimento
di Pierfrancesco Di Vanni

Leopold Koželuh: l’astro boemo della Vienna imperiale

Leopold Koželuh, celebre compositore e pedagogista musicale boemo, è una figura di spicco nella scena musicale europea a cavallo tra il XVIII e il XIX secolo.

Gli inizi in Boemia: formazione e primi successi
Nato come Jan Antonín Koželuh a Velvary (Boemia centrale) nella famiglia di un calzolaio, ricevette le prime lezioni di musica da un cugino omonimo, anch’egli compositore. Per evitare confusioni con quest’ultimo, nel 1774 cambiò il suo nome in Leopold (talvolta firmandosi “Koželuch”). Trasferitosi a Praga per approfondire gli studi musicali, ebbe tra i suoi maestri František Xaver Dušek, che gli insegnò composizione e pianoforte. Iniziò la sua carriera componendo musiche per pantomime e balletti per il Teatro di Kotce. La sua prima opera, una musica per balletto del 1771, riscosse un enorme successo, aprendo la strada a circa 25 composizioni simili negli anni successivi.

L’affermazione a Vienna: compositore, insegnante ed editore
Nel 1778, Koželuh si trasferì a Vienna, dove si presume abbia studiato brevemente con Johann Georg Albrechtsberger. Nella capitale asburgica si affermò rapidamente come uno dei pianisti e compositori più rinomati. La sua cantata per la morte di Maria Teresa, su versi di Michael Denis, suscitò grande eco. Riuscì ad ottenere il prestigioso incarico di insegnante di musica dell’arciduchessa Maria Elisabetta, figlia di Maria Teresa, e insegnò anche presso altre famiglie nobili, guadagnandosi stima e rispetto. Nel 1781 rifiutò l’offerta di succedere a W. A. Mozart a Salisburgo. A partire dal 1784, avviò una propria casa editrice musicale a Vienna, attività che in seguito fu gestita dal fratello Antonín Tomáš. Le sue opere venivano pubblicate anche all’estero, garantendogli fama in tutta Europa.

Vita personale e prestigio alla corte imperiale
Intorno alla metà degli anni ’80 Koželuh sposò la nobildonna Maria Anna von Allstern. La loro figlia, Kateřina Koželuhová–Cibbini, divenne anch’essa una stimata pianista alla corte imperiale. Koželuh coltivò amicizie con numerose famiglie aristocratiche, tra cui Jan Rudolf Černín z Chudenic, per le cui rinomate battute di caccia parforce compose diverse fanfare. L’apice della sua carriera giunse con la commissione, da parte degli Stati boemi, di una cantata solenne per l’incoronazione dell’Imperatore Leopoldo II a re di Boemia. La prima, tenutasi il 12 settembre 1791 al Teatro degli Stati, eclissò completamente l’opera La Clemenza di Tito di Mozart, assicurandogli il favore della famiglia imperiale e consolidando la sua fama. Come Mozart, intorno al 1790 Koželuh entrò in una loggia massonica viennese. Nel 1792, alla morte di Mozart, accettò l’incarico di compositore di corte e maestro di cappella da camera a Vienna.

Gli ultimi anni: malattia, insegnamento e declino
Nel 1802 Koželuh fu colpito da una grave forma di gotta che lo costrinse a ridurre significativamente la propria attività compositiva. Durante questo periodo, si dedicò all’arrangiamento di canti popolari scozzesi, irlandesi e gallesi per l’editore di Edimburgo George Thomson. Continuò l’attività pedagogica e gli impegni di corte; tra i suoi allievi, tra il 1804 e il 1810, vi fu la principessa Maria Luisa, futura moglie di Napoleone I. Con l’emergere di nuove correnti musicali, l’interesse per la sua musica iniziò a scemare. Morì la mattina del 7 maggio 1818.

L’eredità musicale: un catalogo vasto e complesso
Ad oggi, sono sopravvissute circa 400 composizioni di Koželuh. Tra queste spiccano una trentina di sinfonie e 22 concerti per pianoforte, incluso un notevole Concerto per pianoforte a quattro mani, considerato tra i migliori esempi di questo raro genere. La musica da camera è rappresentata da due concerti per clarinetto, 24 sonate per violino, 63 trii per pianoforte e sei quartetti per archi. La sua produzione include anche due oratori (tra cui Mosè in Egitto), 9 cantate, varie opere sacre, 6 opere liriche (di cui si è conservata solo Gustav Vasa, c1792), musiche per balletto e fanfare di caccia. Le opere di Koželuh sono catalogate secondo il sistema ideato dal musicologo Milan Poštolka.

Ricezione critica e stile compositivo
L’opera di Koželuh godette di grande risonanza in tutta Europa già durante la sua vita, consacrandolo come una delle figure centrali della vita musicale di fine Settecento. Tuttavia, negli ultimi anni non fu esente da critiche: gli veniva rimproverata una produzione eccessiva, e tra i suoi detrattori figurarono anche Mozart e Beethoven. Molte sue composizioni presentano tratti del nascente Romanticismo musicale, mentre altre sono volutamente conservatrici, come dimostra l’uso della denominazione “sonata a tre” (triová sonáta) per i suoi trii con pianoforte, un richiamo a forme precedenti.

Sinfonia in la maggiore à la française: analisi
Questo brano costituisce un esempio eccellente della maestria compositiva di Koželuh nel pieno del periodo classico.
Il primo movimento si apre con un’energia vibrante e segue la classica forma-sonata. Il primo tema, nella tonalità d’impianto, è annunciato con impeto dagli archi, caratterizzato da figure ascendenti e un chiaro senso ritmico. Presenta una melodia nobile e affermativa, con un uso bilanciato di legati e staccati. Gli strumenti a fiato (oboi e corni) intervengono per rinforzare le armonie e aggiungere colore. Una transizione, energica e modulante, conduce con sicurezza alla tonalità della dominante. È caratterizzata da passaggi scalari veloci e un dialogo serrato tra le sezioni orchestrali. Il secondo tema è, come da regola, nella tonalità della dominante (mi maggiore) e offre un contrasto lirico e più cantabile. È introdotto con grazia dagli archi, con un fraseggio elegante e una melodia più distesa e melodiosa, arricchita da interventi dolci degli oboi. Una codetta conclude l’esposizione con materiale tematico vigoroso e cadenzale, riaffermando la tonalità di mi maggiore con passaggi brillanti e fanfare accennate. L’esposizione viene poi integralmente ripetuta, come da prassi.
Lo sviluppo s’inizia riprendendo frammenti del primo tema, esplorando diverse tonalità minori e creando un’atmosfera di maggiore tensione e instabilità armonica. Koželuh dimostra abilità nel frammentare e ricombinare i motivi tematici, utilizzando sequenze e progressioni armoniche che intensificano il discorso musicale. I contrasti dinamici (forte/piano) sono ben marcati. Il primo tema ritorna trionfalmente in la maggiore, sostanzialmente fedele alla sua presentazione iniziale. La transizione è abilmente modificata per rimanere nella tonalità d’impianto e serve da introduzione al secondo tema, riproposto anch’esso nella tonalità di impianto, mantenendo il suo carattere lirico ma con una sonorità più piena. Una coda energica e conclusiva, basata su materiale del primo tema, porta il movimento a una chiusura decisa e brillante in la maggiore, con accordi forti e un senso di compimento.
L’orchestrazione è tipica del periodo classico maturo, con gli archi che costituiscono la spina dorsale, gli oboi che offrono colori melodici e pastorali, e i corni che forniscono sostegno armonico e accenti ritmici. Il movimento è caratterizzato da un’eleganza formale, chiarezza tematica e un brio ritmico contagioso.
Il secondo movimento è in re maggiore (la sottodominante), una scelta comune per i movimenti lenti. La sua forma è probabilmente una forma sonata senza sviluppo (sonatina) o una forma ternaria (ABA’) con coda. Il movimento si apre con una melodia squisitamente lirica e cantabile, presentata dagli archi con sordina (o comunque con un tocco molto delicato), creando un’atmosfera intima e sognante. L’oboe emerge presto con un bellissimo assolo espressivo, dialogando con gli archi. Il carattere è sereno e aggraziato. La musica si sposta brevemente verso la dominante (la maggiore) e introduce un materiale leggermente più mosso e con qualche ombra passeggera, esplorando armonie più tese e dinamiche più varie, prima di ritornare gradualmente alla calma iniziale. Si ha un ritorno della melodia principale in re maggiore, leggermente variata e ornata, con un’orchestrazione che ripropone il dialogo tra archi e l’oboe solista. Il movimento si conclude con una coda serena e pacifica, che dissolve la melodia in un’atmosfera di quiete.
L’orchestrazione è più trasparente rispetto al primo movimento. Gli archi creano un tappeto sonoro delicato, mentre l’oboe assume un ruolo solistico di prim’ordine, mettendo in mostra la sua cantabilità. I corni forniscono un sostegno armonico discreto. L’indicazione di tempo Poco adagio ma più andante suggerisce una lentezza fluida, non statica. Il movimento è intriso di una profonda espressività, tenerezza e un’eleganza malinconica, tipica del gusto sensibile dell’epoca.
Il terzo movimento segue la tradizionale struttura del minuetto con trio (ABA). Il Minuetto è in la maggiore e ha un carattere vigoroso, nobile e decisamente danzante. Presenta una melodia ben definita e ritmicamente marcata, con frasi chiare e simmetriche. L’orchestrazione è piena, con un buon equilibrio tra archi e fiati. La sezione è in forma binaria, con entrambe le parti (a e b+a’) ritornellate. Il trio, in re maggiore (sottodominante), offre un netto contrasto. La tessitura si fa più leggera e trasparente, con un carattere più pastorale e intimo. Gli strumenti a fiato, in particolare gli oboi e i corni, sono in primo piano, creando un’atmosfera più dolce e rustica. Anche il trio è in forma binaria, sebbene la ripetizione non sia sempre eseguita nel da capo. Ritorna il tema iniziale per concludere il movimento con il carattere energico e affermativo della sezione principale. Il minuetto è robusto e cerimoniale, mentre il trio è più delicato e cameristico. L’alternanza crea un piacevole contrasto di umori e colori orchestrali.
Il finale, in la maggiore, è un Presto brillante e virtuosistico, in forma di rondò. Il movimento si lancia immediatamente in un tema (ritornello) estremamente vivace e leggero, caratterizzato da rapide figurazioni degli archi e un’energia propulsiva. Il tema è orecchiabile e pieno di brio. Il primo episodio introduce nuovo materiale tematico, modulando brevemente alla dominante (mi maggiore). Questo episodio mantiene l’energia del movimento ma con un profilo melodico differente, forse con un carattere più dialogante tra le sezioni. Il tema principale ritorna in la maggiore ed è seguito da un secondo episodio che offre un contrasto più marcato. Il tema principale fa la sua riapparizione, confermando la struttura del rondò e il movimento continua alternando e sviluppando il materiale tematico precedente. Koželuh dimostra una notevole inventiva nel variare le riproposizioni del ritornello e nell’elaborare gli episodi. La lunga coda è particolarmente elaborata, riprendendo con enfasi il materiale del ritornello e portando la sinfonia a una conclusione virtuosistica, affermativa e piena di slancio, con brillanti passaggi orchestrali e una forte affermazione della tonalità d’impianto.
L’orchestrazione è brillante e agile, adatta al carattere veloce del movimento. Gli archi sono impegnati in passaggi rapidi e virtuosistici, mentre i fiati forniscono accenti ritmici, sostegno armonico e sprazzi di colore. Il finale è un tripudio di energia, leggerezza e buon umore. È un movimento che richiede agilità tecnica da parte dell’orchestra e che conclude la sinfonia con un senso di gioia e affermazione.

Nel complesso, la Sinfonia in La Maggiore è un’opera ben costruita che riflette pienamente i canoni stilistici del Classicismo viennese, arricchita da una possibile influenza francese nella sua grazia melodica e chiarezza. Ogni movimento possiede un carattere distintivo, dalla robusta eleganza del primo Allegro, alla tenera espressività del Poco Adagio, alla danza cortese del Minuetto, fino al finale brillante e giocoso. Koželuh dimostra una solida padronanza della forma sonata e del rondò, unita a un’orchestrazione efficace e colorata, con un uso particolarmente felice degli strumenti a fiato, soprattutto l’oboe nel movimento lento. Sebbene forse non raggiunga le vette di profondità drammatica di alcuni suoi contemporanei più celebri, la sinfonia è un lavoro di grande piacevolezza, ricco di invenzione melodica e di impeccabile artigianato compositivo.

Sinfonia concertante – III

Leopold Antonín Koželuh (1747 - 7 maggio 1818): Sinfonia concertante in mi bemolle maggiore per tromba, pianoforte, mandolino, contrabbasso e orchestra P II:1. Siegfried Goethel, tromba; Werner Genuit, pianoforte; Takashi Ochi, mandolino; Walter Meuter, contrabbasso; Academy of St Martin in the Fields & Consortium Classicum, dir Iona Brown.

  1. Allegro
  2. Andantino con variazioni [15:59]
  3. Finale: Rondò allegretto [22:19]