Eugène Gigout (1844 - 9 dicembre 1925): Grand chœur dialogué in sol maggiore per organo (1881); adattamento per organo, ottoni e percussione di Egil Smedvig. Michael Murray, organo; Empire Brass.
L’approfondimento
di Pierfrancesco Di Vanni
Eugène Gigout: il maestro dell’organo e della Toccata in si minore
Eugène Gigout è stato un celebre organista e compositore francese, nato a Nancy e morto a Parigi. La sua carriera fu caratterizzata da una longevità eccezionale in un ruolo chiave della capitale francese: fu infatti organista titolare della Chiesa di Saint-Augustin a Parigi per ben 62 anni.
Formazione e ruolo didattico
La sua formazione musicale iniziò come corista presso la Cattedrale di Nancy. Studiò poi all’École Niedermeyer di Parigi a partire dal 1857, dove ebbe come illustri maestri Camille Saint-Saëns e Clément Loret. Egli intraprese rapidamente la carriera didattica, diventando professore nella stessa École Niedermeyer dal 1862, insegnando scrittura, pianoforte e organo. Il suo prestigio crebbe a tal punto che nel 1911 succedette ad Alexandre Guilmant alla prestigiosa cattedra d’organo del Conservatorio di Parigi. Gigout era rinomato per la sua abilità come insegnante e fondò anche una sua scuola di musica. La lista dei suoi allievi è notevole e include figure di spicco come Maurice Duruflé, Gaston Bélier, André Marchal, André Messager, Albert Roussel, e suo nipote Léon Boëllmann.
Eredità musicale e stile
Sebbene la sua vasta opera non fosse interamente votata all’organo, Gigout lasciò un repertorio significativo per questo strumento. Dal punto di vista stilistico, le sue composizioni mostrano una scrittura fortemente classica, con un rigoroso rispetto delle regole tradizionali del contrappunto e dell’armonia. Tuttavia, una caratteristica distintiva della sua musica è l’influenza del canto gregoriano, che fungeva da motore melodico in molte delle sue opere. Era inoltre noto per la sua abilità come improvvisatore.
Tra le sue creazioni più celebri per organo si annoverano la Toccata in si minore e lo Scherzo in mi maggiore, entrambi estratti dalle Dix Pièces pour orgue del 1890; la Toccata rimane la sua opera più nota, spesso eseguita come bis nei recital. Fra le altre opere organistiche vanno ricordati il Grand chœur dialogué (1881), alcune collezioni incentrate sul canto piano, come Cent Pièces brèves dans la tonalité du plain-chant (1889) e l’Album grégorien (1895), i Poèmes mystiques (1903) e le Cent Pièces nouvelles (1922).
Vita privata e parentela
Gigout era strettamente legato al mondo musicale anche per via familiare: era sposato con Caroline-Mathilde Niedermeyer, figlia del compositore Louis-Abraham Niedermeyer. Fu inoltre lo zio per matrimonio e il padre adottivo del compositore e organista Léon Boëllmann, che fu anche suo allievo. Eugène Gigout riposa nel cimitero di Montmartre a Parigi, dove è sepolto insieme alla moglie e al nipote Boëllmann.
Il Grand chœur dialogué
Composizione fra le più note di Gigout, in questo arrangiamento assume un carattere ancora più imponente grazie all’integrazione di ottoni e percussioni. Il titolo stesso suggerisce la struttura centrale del brano: l’alternanza e la contrapposizione tra due entità sonore distinte, che in questo caso sono il chœur 1 e il chœur 2, spesso interpretate come il pieno dell’organo contrapposto a un registro più brillante o, in questo adattamento, l’intera orchestra/pieno organo contro un suono più contenuto o solistico.
Il brano si apre con l’indicazione di tempo Allegro moderato quasi maestoso (Allegro moderato, quasi maestoso), che ne definisce immediatamente il carattere solenne e trionfale. L’attacco è imponente, con l’organo che suona a pieno registro (come indicato da ff e dalle annotazioni sullo spartito relative a fonds et anches, registri di fondo e registri ad ancia), sostenuto potentemente dagli ottoni e dalle percussioni che scandiscono il ritmo.
Il tema principale, di natura marziale e assertiva, è dominato da accordi a blocco e da una cascata di semicrome in sottofondo, che danno un senso di grande energia e slancio. Questo blocco sonoro rappresenta la prima “voce” del dialogo.
La struttura dialogica si manifesta chiaramente nelle sezioni successive, dove il volume e la strumentazione si riducono bruscamente. Subito dopo la maestosa affermazione iniziale, il pieno orchestrale si ritira, lasciando spazio alla seconda voce, interpretata principalmente dall’organo con un registro più leggero e brillante. L’attenzione si sposta sulla scrittura virtuosistica in semicrome, che scorrono velocemente tra le tastiere, creando un effetto di brillantezza e agilità, in netto contrasto con l’enfasi del tema precedente.
L’intero ensemble torna poi per riaffermare l’idea del tema principale, ma la sua enfasi è brevemente interrotta da un nuovo passaggio più contenuto (che alterna registri più leggeri) per poi risolversi in una conclusione potente e prolungata della frase, un punto di cadenza.
Il brano procede con l’alternanza dinamica e timbrica dei due “cori”, esplorando diverse sfumature e registri. L’organo solista riprende il ruolo virtuosistico con passaggi rapidi e tecnici, mantenendo un’energia costante (forte dinamico), dimostrando la padronanza della tastiera (tipica della tradizione organistica francese).
Il primo tema ritorna in modo trionfale, ma si evolve presto, venendo sostenuto da una linea melodica più lirica (quasi corale), mentre il sottofondo virtuosistico in semicrome dell’organo continua incessantemente. Si introduce poi una sezione calma e cantabile, dal carattere riflessivo o meditativo, affidata principalmente all’organo con registri dolci, creando un’ulteriore pausa emotiva prima di una ripresa più drammatica.
Il Grand chœur ritorna con una forza ancora maggiore e segue una sezione caratterizzata da ritmi puntati, che conferiscono un’andatura drammatica, quasi militare, con l’uso di fanfara e forti contrasti dinamici, tipici di una fase di sviluppo più intensa, che poi sfocia in una rapida e concitata sequenza in semicrome, preparando al culmine.
L’ultima parte del brano è dedicata alla riaffermazione del tema e a un’esplosione di sonorità. Il virtuosismo dell’organo è portato al massimo con una lunga e tecnicamente impegnativa sezione di scale e arpeggi rapidissimi, interrotti da brevi, potenti interventi del primo tema. L’uso di registri acuti e brillanti amplifica l’effetto di grandezza.
Il brano si avvia alla conclusione con il ritorno definitivo e schiacciante del tema principale. Ottoni, percussioni e organo a pieno registro si uniscono in una celebrazione sonora continua. L’arrangiamento esalta questo momento con la potenza orchestrale del tutti (organo, ottoni e percussioni). L’ultima sequenza armonica e melodica è prolungata e intensificata, culminando in un finale trionfale e definitivo.



