Georges Bizet (1838 - 3 giugno 1875): Roma, Sinfonia n. 2 in do maggiore op. 37 (o Suite sinfonica n. 3; 1860-71). RTÉ National Symphony Orchestra, dir. Jean-Luc Tingaud.
- Andante tranquillo – Allegro agitato – Andante
- Scherzo. Allegretto vivace [11:31]
- Andante molto [17:06]
- Allegro vivacissimo [24:41]
L’approfondimento
di Pierfrancesco Di Vanni
Bizet, Roma: analisi
Benché meno celebre di altre, la Sinfonia Roma è un’opera significativa nella produzione di Bizet. Composta in un arco di tempo considerevole, fra il 1860 e il 1868, e sottoposta a numerose revisioni fino al 1871, a differenza della vivace e concisa Sinfonia n. 1 riflette un processo compositivo più travagliato e una prolungata insoddisfazione da parte dell’autore, che morì prima di poterne finalizzare una versione definitiva. Questa lunga gestazione, durata quasi undici anni, fra i 22 e i 33 anni del compositore, è indicativa delle sue ambizioni e delle sue incertezze. Originariamente Bizet aveva concepito l’opera con un intento programmatico più esplicito, come Souvenirs de Rome, dedicando ciascuno dei quattro movimenti a una diversa città italiana: Roma (movimento di apertura), Venezia (Andante), Firenze (Scherzo) e Napoli (Finale). Tuttavia, questa idea fu in parte abbandonata nelle revisioni successive e i titoli descrittivi dei singoli movimenti furono poi rimossi da Bizet stesso, sebbene persistano nella storia della composizione.
Benché tutti e quattro i movimenti siano stati eseguiti durante la vita di Bizet, non furono mai presentati insieme in un’unica occasione. Lo Scherzo, per esempio, fu scritto nel 1861, eseguito privatamente nel novembre dello stesso anno e poi pubblicamente l’11 gennaio 1863, diretto da Jules Pasdeloup, suscitando reazioni contrastanti. Tre movimenti (il primo, il terzo e il quarto, escluso quindi lo Scherzo, ma con sottotitoli programmatici come Une chasse dans la forêt d’Ostie per il primo, Une Procession per il terzo — originariamente pensato per Venezia e poi divenuto la Serenade — e Carnaval à Rome per il Finale, inizialmente destinato a Napoli) furono presentati il 28 febbraio 1869 come Fantaisie symphonique: Souvenirs de Rome. La sinfonia completa, nella sua ultima revisione conosciuta, vide la sua prima esecuzione postuma solo nel 1880, sempre diretta da Pasdeloup.
L’insoddisfazione di Bizet e le molteplici revisioni hanno contribuito alla percezione dell’opera come “incompiuta”, sebbene esista in una forma completa e orchestrata. La questione del titolo è emblematica di questa ambiguità. L’editore Choudens, pubblicando l’opera postuma, la intitolò Roma, troisième suite de concert, probabilmente per distinguerla dalla Prima Sinfonia (la cui esistenza divenne nota solo nel 1935) o per riflettere la sua natura episodica. Come nota il Grove Dictionary, «Non è sufficientemente esplicito come musica a programma e costruita in modo troppo negligente per una sinfonia astratta», collocandola a metà strada tra una sinfonia e una suite. La critica ha spesso definito Roma un lavoro diseguale: lo Scherzo è quasi universalmente acclamato come il movimento più riuscito, mentre i movimenti esterni — pur contenendo momenti di brillantezza — sono stati talvolta criticati per una certa “pedanteria accademica” e il movimento lento non sempre ha goduto di grande favore. Nonostante ciò, figure come Gustav Mahler ne riconobbero il valore, dirigendola a Vienna nel 1898-99 e introducendola al pubblico americano nel suo tour del 1910.
Originariamente, il primo movimento era un Tema e Variazioni, ma poi fu riscritto completamente seguendo una forma ternaria (ABA) modificata, dove la sezione centrale Allegro agitato offre un forte contrasto tematico e dinamico rispetto alle sezioni esterne più liriche. Esso s’inizia con un’atmosfera pastorale e sognante, introdotta da un caldo e nostalgico tema affidato ai corni. Le armonie sono ricche e evocative, trasportando l’ascoltatore in un paesaggio sereno. Gli archi entrano con una melodia lirica e cantabile, ripresa e variata dai legni, in particolare dal flauto che aggiunge un tocco di delicatezza. La scrittura è fluida e trasparente, con un senso di calma contemplativa. C’è un graduale crescendo negli archi che aggiunge intensità emotiva, per poi ritornare alla tranquillità iniziale. Una brusca transizione introduce la sezione centrale, molto più dinamica e drammatica. L’orchestra si scatena con figure veloci e sincopate negli archi, che creano un senso di urgenza e movimento. Squilli di ottoni (corni e trombe) e interventi percussivi del timpano evocano chiaramente l’idea di una caccia, come suggerito dal titolo programmatico. L’energia è palpabile, con forti contrasti dinamici e un carattere più robusto. Bizet dimostra già una notevole abilità nel creare tensione e slancio.
Vi sono episodi più lirici e contrastanti, soprattutto nei legni, che offrono brevi momenti di respiro prima che l’agitazione riprenda. Il tema iniziale dei corni ritorna, ma con una veste orchestrale leggermente diversa e un carattere forse più introspettivo e maturo. Gli archi forniscono un delicato tappeto sonoro. Questa ripresa non è una semplice ripetizione, ma una sorta di riflessione sul materiale precedente, che porta il movimento a una conclusione serena e pacata, quasi dissolvendosi nel silenzio.
Il secondo movimento è quello universalmente lodato dell’opera, brillante e vivace, caratterizzato da una leggerezza e un’eleganza tipicamente francesi. S’inizia con un tema giocoso e staccato presentato dai legni (flauti, oboi, clarinetti) e sostenuto dal pizzicato degli archi, che conferisce un carattere frizzante e danzante. La melodia è accattivante e piena di brio. L’orchestrazione è abile, con dialoghi spiritosi tra le diverse sezioni. Nonostante il titolo originale Une Procession, la musica evoca più una festa popolare o una danza vivace che una marcia solenne, confermando il distacco di Bizet dall’idea programmatica iniziale per questo specifico movimento. La sezione centrale (trio) offre un contrasto più lirico e cantabile. Il tema, spesso affidato agli archi o a un solo strumento a fiato (come l’oboe), è più melodioso e fluido, pur mantenendo un andamento aggraziato e un sottile impulso ritmico che lo lega al carattere generale dello scherzo. L’atmosfera è più intima e riflessiva. Il movimento ritorna alla sezione iniziale (da capo), riproponendo il materiale tematico vivace e giocoso, per poi concludersi con energia e brillantezza.
Il terzo movimento è un Andante molto, espressivo e romantico, che si apre con una melodia calda e appassionata negli archi, evocando perfettamente l’atmosfera di una serenata notturna. Esso ha un andamento rapsodico, quasi una fantasia lirica costruita attorno al tema principale, con sezioni contrastanti ma sempre legate dal carattere cantabile e romantico. La scrittura melodica di Bizet è qui al suo meglio, lirica e intensamente emotiva. I legni, in particolare l’oboe e il flauto, riprendono e sviluppano il materiale tematico, dialogando con gli archi su un tappeto di armonie ricche e avvolgenti, spesso con arpeggi delicati. Nonostante alcune critiche che lo hanno definito “pesante”, il movimento si sviluppa con grande sensibilità dinamica, crescendo gradualmente verso un culmine di intensa passione, dove l’intera orchestra partecipa, per poi tornare a sonorità più intime e delicate. Ci sono bellissimi passaggi solistici, come quello del violoncello che aggiunge profondità e calore. L’orchestrazione è raffinata, mettendo in risalto le qualità cantabili dei diversi strumenti. La conclusione è sommessa e sognante, lasciando un senso di nostalgia.
Il Finale è un Allegro vivacissimo pieno di energia contagiosa e brillantezza orchestrale che dipinge vividamente l’atmosfera festosa di un carnevale romano, culminante in un travolgente saltarello. La forma è complessa, assimilabile a un rondò-sonata o una forma libera con sezioni tematiche ricorrenti, episodi contrastanti e un significativo uso del principio ciclico. L’attacco è immediato e vigoroso, con l’intera orchestra che esplode in un tema ritmicamente marcato e gioioso. Ottoni squillanti, percussioni incisive (timpani, piatti) e veloci figurazioni degli archi contribuiscono all’effetto di esuberanza e frenesia. Bizet alterna momenti di grande impeto con episodi più leggeri e danzanti, sempre mantenendo alta la tensione ritmica. Ci sono anche brevi oasi liriche (come un tema più cantabile nei legni) che offrono un momentaneo contrasto. Un elemento sinfonico importante è la ripresa ciclica di temi dai movimenti precedenti: in particolare, si riconosce il tema dei corni del primo movimento, qui trasformato e presentato in una veste più trionfale e assertiva, che contribuisce a unificare l’intera opera. Il movimento accelera progressivamente, in un crescendo di sonorità e ritmo che porta a una conclusione spettacolare e affermativa, suggellando l’opera con un’esplosione di vitalità.
Nel complesso l’opera, pur segnata da un lungo e travagliato processo compositivo che riflette l’insoddisfazione del suo autore, rimane un’opera ricca di fascino e rivelatrice del suo genio. Dimostra la sua innata abilità melodica, la sua notevole padronanza dell’orchestrazione e la sua capacità di creare atmosfere vivide, sebbene l’intento programmatico originale sia stato parzialmente offuscato dalle revisioni. I movimenti sono ben caratterizzati e l’uso di temi ciclici, specialmente nel Finale, mostra l’ambizione di Bizet di creare un’opera sinfonicamente integrata.
