Orlando Gibbons (1583 - 5 giugno 1625): What is our life?, madrigale a 5 voci (pubblicato in The First Set of Madrigals and Mottets, 1612, n. 14) su testo di Walter Raleigh. The Cambridge Taverner Choir.
What is our life? A play of passion.
Our mirth the music of division.
Our mother’s wombs the tiring houses be,
where we are dress’d for this short comedy.
Heav’n the judicious sharp spectator is,
that sits and marks still who doth act amiss.
Our graves, that hide us from the searching sun
are like drawn curtains when the play is done.
Thus march we, playing to our latest rest;
Only we die in earnest, that’s no jest.
L’approfondimento
di Pierfrancesco Di Vanni
Orlando Gibbons: astro della musica inglese e ponte tra due epoche
Gibbons viene ricordato come un eminente compositore e tastierista inglese, annoverato tra gli ultimi grandi maestri della scuola virginalistica e della scuola madrigalistica inglese. Membro più celebre di una dinastia musicale, negli anni ’10 del Seicento divenne il principale compositore e organista d’Inghilterra. La sua promettente carriera fu tragicamente interrotta da una morte prematura, motivo per cui la sua produzione complessiva non eguaglia quella di contemporanei come il più anziano Byrd. Nonostante ciò, egli apportò contributi significativi a numerosi generi del suo tempo, venendo spesso considerato una figura di transizione tra il periodo rinascimentale e il Barocco.
Origini familiari e primi passi nella musica
Nato in una famiglia profondamente radicata nella musica – il padre era un wait (musicista civico) e i fratelli Edward, Ellis e Ferdinand erano anch’essi musicisti – Gibbons era destinato a seguire la tradizione. Non si sa con certezza sotto chi abbia studiato (forse con il fratello Edward o con Byrd), ma è quasi sicuro che apprese a suonare la tastiera in giovane età. La sua abilità era tale che nel maggio 1603 fu nominato membro non stipendiato della Chapel Royal, diventandone poi gentiluomo e organista aggiunto a pieno titolo nel 1605. Nel 1606 conseguì il baccalaureato in musica presso il King’s College di Cambridge.
L’ascesa alla Chapel Royal e la vita a corte
La carriera di Orlando Gibbons fu coronata dagli ottimi rapporti con figure influenti della corte inglese, tra cui i suoi mecenati re Giacomo I e il principe Carlo, e amici intimi come sir Christopher Hatton. Insieme con William Byrd e John Bull contribuì alla prima raccolta a stampa di musica per tastiera inglese, Parthenia or the Maydenhead of the first musicke that ever was printed for the Virginalls, pubblicata verosimilmente nel 1611. Tra le sue pubblicazioni di rilievo figura il First Set of Madrigals and Motets (1612), che include il celebre madrigale The Silver Swan. Altre composizioni importanti sono gli «anthem» This is the Record of John e O Clap Your Hands Together, e due arrangiamenti dell’Evensong (vespro). L’incarico di maggior prestigio cui pervenne Gibbons fu quello di organista presso l’Abbazia di Westminster, ottenuto nel 1623 e mantenuto fino alla morte.
Controversie biografiche: nascita e dottorato
Fino all’inizio del XX secolo, si riteneva che Gibbons fosse nato a Cambridge, un’informazione riportata anche sul suo monumento funebre a Canterbury. Tuttavia, nonostante il padre avesse vissuto a Cambridge per anni e Orlando stesso vi trascorse gran parte della vita, prove documentali, tra cui un atto di battesimo scoperto da Anthony Wood presso la St. Martin’s Church di Oxford e la successiva conferma della residenza dei genitori a Oxford al momento della sua nascita, hanno definitivamente stabilito Oxford come suo luogo natale (battezzato il giorno di Natale del 1583). La famiglia si trasferì a Cambridge quando Orlando aveva 4-5 anni. Un’altra questione dibattuta riguarda il conseguimento di un dottorato in musica nel maggio 1622. Mentre alcune fonti storiche e musicologi lo affermano, citando l’esecuzione del suo O Clap Your Hands alla cerimonia di laurea di William Heather come prova, altri esprimono dubbi, basandosi sull’assenza di tale titolo in alcuni documenti ufficiali e, soprattutto, sulla sua mancata menzione sul monumento funebre. L’evidenza attuale suggerisce che probabilmente non ottenne mai il dottorato, ma non vi è certezza assoluta.
Maturità artistica, mecenatismo e pubblicazioni
Negli anni ’10 del Seicento, Gibbons era considerato il più eminente organista d’Inghilterra. Strinse una forte amicizia con sir Christopher Hatton, al quale dedicò il suo First Set of Madrigals and Motets (1612), specificando che molti dei brani erano stati creati nella dimora di Hatton. Sei sue composizioni furono incluse in Parthenia, pubblicazione celebrativa del fidanzamento della principessa Elisabetta Stuart con Federico V, conte palatino del Reno. Gibbons potrebbe aver accompagnato la coppia reale a Heidelberg dopo il matrimonio, celebrato nel febbraio 1613. Divenne organista congiunto della Chapel Royal intorno al 1615 e ricevette due sovvenzioni da Giacomo I. Nel 1617 ottenne l’incarico di tastierista nell’ensemble da camera del principe Carlo e, probabilmente, un incarico analogo per Giacomo I nel 1619. Intorno al 1620 pubblicò Fantasies of Three Parts.
Gli ultimi anni e la morte improvvisa
Nel 1623 Gibbons fornì le melodie per la maggior parte dei canti in Hymnes and Songs of the Church di George Wither e divenne organista dell’Abbazia di Westminster. Il 7 maggio 1625, officiò ai funerali di Re Giacomo I. Alla fine di maggio dello stesso anno, mentre si recava a Canterbury con altri membri della Chapel Royal per accogliere la regina Enrichetta Maria, moglie di Carlo I, Gibbons fu colpito da un malore improvviso, probabilmente un’emorragia cerebrale. Morì all’età di 41 anni a Canterbury e fu sepolto nella Cattedrale locale. La moglie Elizabeth morì circa un anno dopo, lasciando i figli orfani alle cure del fratello maggiore di Orlando, Edward.
Profilo personale: tra riservatezza e riconoscimenti
Poco si sa della personalità di Gibbons. La sua vita appare relativamente tranquilla se paragonata a quelle turbolente di contemporanei come Byrd o Bull. Un raro incidente documentato fu un’aggressione subita nel 1620 da parte di un sagrestano. Per contro, il musicista ebbe generalmente buoni rapporti con datori di lavoro e colleghi, sviluppando amicizie strette con figure come Hatton e legami familiari solidi. Le sue nomine precoci e prestigiose alla Chapel Royal testimoniano il suo eccezionale talento. Fu universalmente riconosciuto come un virtuoso della tastiera: John Hacket lo definì «il miglior dito di quell’epoca» e John Chamberlain «la miglior mano d’Inghilterra».
L’opera musicale: stile e generi
La produzione di Gibbons, benché non vasta, è significativa. Comprende circa 45 pezzi per tastiera, dove eccelle nelle fantasie polifoniche e nelle forme di danza, caratterizzate da una solida padronanza del contrappunto a tre e quattro voci e dall’abilità nello sviluppare idee melodiche lineari (per esempio nella Lord Salisbury’s Pavan and Galliard). Scrisse anche una trentina di fantasie per viole. I suoi madrigali, tra cui il famosissimo The Silver Swan e i suoi numerosi e popolari verse anthems su testo inglese (come Great Lord of Lords e il rinomato This is the Record of John, per tenore o controtenore solista e coro) dimostrano la sua capacità di esprimere la forza retorica del testo con eleganza. Produsse inoltre due importanti arrangiamenti dell’Evensong (Short Service e Second Service) e imponenti full anthems come l’espressivo O Lord, in thy wrath e l’anthem per l’Ascensione O clap your hands together a 8 voci.
Eredità duratura e riscoperta moderna
Dopo la sua morte, Gibbons fu ricordato principalmente come compositore di musica sacra. Tuttavia, con la rinascita della musica antica, è cresciuto l’interesse per le sue altre composizioni. Le sue opere per tastiera sono state particolarmente valorizzate dal pianista canadese Glenn Gould che lo considerava il suo compositore preferito, elogiandone la profondità emotiva. Il musicologo Frederick Ouseley lo soprannominò il “Palestrina inglese". Gibbons perfezionò le basi del madrigale inglese e degli anthems (sia full che verse) gettate da Byrd, influenzando significativamente le generazioni successive di compositori inglesi. Questo lignaggio passò attraverso suo figlio Christopher, che fu maestro di John Blow, Pelham Humfrey e, soprattutto, di Henry Purcell, pioniere inglese dell’era barocca.
What is our life? – analisi
Il madrigale What is our life? di Orlando Gibbons è una profonda meditazione musicale sul testo attribuito a sir Walter Raleigh. Questa composizione a cinque voci (soprano, contralto, 2 tenori e basso) sfrutta magistralmente le tecniche madrigalistiche per dipingere vividamente il significato e l’emozione del poema, trasformando la riflessione filosofica sulla vita come breve commedia in un’esperienza sonora toccante e complessa.
Il brano si apre con la domanda retorica "What is our life?". Gibbons imposta questa frase con entrate imitative scaglionate: prima il soprano, seguito dall’contralto, poi dal tenore II e dal basso quasi simultaneamente, e infine dal tenore I. Questo procedimento crea un senso di crescente riflessione. Le linee melodiche tendono ad ascendere leggermente, quasi a sollevare la domanda, per poi risolversi in modo più contemplativo. La risposta, "A play of passion", è trattata con una maggiore enfasi. La parola "passion" riceve un trattamento melodico e armonico più intenso, con le voci che si uniscono in momenti di maggiore omoritmia, sottolineando la natura emotiva e drammatica della vita.
La ripetizione della frase "a play of passion" rafforza questa metafora centrale, con le diverse voci che si scambiano il materiale melodico, creando un ricco tessuto polifonico che suggerisce la complessità delle passioni umane.
Il concetto di "mirth" (allegria, gaiezza) è inizialmente presentato con un carattere leggermente più vivace. Tuttavia, la vera enfasi è sulla frase "the music of division". "Division" nel linguaggio musicale rinascimentale si riferisce a variazioni ornamentali e virtuosistiche su una melodia e Gibbons coglie brillantemente questo significato attraverso un intenso madrigalismo: le voci, in particolare l’contralto e i Tenori, si lanciano in passaggi melismatici (più note su una singola sillaba, specialmente su "di-vi-si-on") e figure ritmiche più rapide e complesse. L’imitazione si fa più fitta e le linee si intrecciano, mimando la complessità e l’ornamentazione delle "divisions" musicali. Questo crea un effetto quasi frenetico, suggerendo la natura effimera e forse superficiale della nostra allegria, vista come un mero abbellimento musicale nel grande dramma. Le voci si separano e si rincorrono, evidenziando l’abilità contrappuntistica di Gibbons.
Il tono si fa più riflessivo e pacato. "Our mother’s wombs" è introdotto con un andamento più calmo e armonie più consonanti. La frase "the tiring houses be" (i camerini, luoghi dove gli attori si preparano) continua questa atmosfera di preparazione. La frase "where we are dress’d for this short comedy" vede le voci convergere verso una maggiore omoritmia, quasi una declamazione. La parola "comedy", nonostante il suo significato letterale, è inserita in un contesto generale piuttosto sobrio, suggerendo forse un’ironia amara. La sezione si conclude con una cadenza che segna la fine di questa "preparazione".
Il riferimento a "Heav’n" (Cielo) è spesso caratterizzato da linee melodiche ascendenti o da una tessitura vocale leggermente più acuta, come si nota nel soprano. La frase "the judicious sharp spectator is" assume un carattere più serio e severo. L’attenzione si concentra su "that sits and marks still who doth act amiss" (che siede e osserva chi agisce male). La musica qui si fa più grave. La parola "amiss" è particolarmente significativa: Gibbons la sottolinea con armonie più scure, inflessioni modali tendenti al minore e, talvolta, con un contorno melodico discendente o una dissonanza preparata e risolta che crea un senso di ammonimento e di peso morale. Le voci si muovono con un ritmo più deliberato e talvolta sincopato, creando un senso di scrutinio implacabile.
Il passaggio a "Our graves" (le nostre tombe) introduce un’atmosfera decisamente più cupa. Gibbons impiega armonie che tendono verso il modo minore e le linee melodiche, specialmente quelle del basso, scendono a registri più gravi, dipingendo l’immagine della sepoltura. "that hide us" (che ci nascondono) è espresso con una sonorità forse più raccolta o con dinamiche più contenute. La menzione del "searching sun" (il sole che scruta) potrebbe presentare un breve sprazzo melodico ascendente o una tessitura leggermente più luminosa, in contrasto con l’oscurità della tomba, prima di ricadere nell’ombra.
La sezione successiva esprime la conclusione definitiva della "commedia" della vita: "are like drawn curtains" (sono come sipari calati) è caratterizzato da un senso di chiusura: le linee melodiche tendono a discendere, il movimento armonico e ritmico può rallentare e le voci si uniscono spesso in accordi sostenuti. "when the play is done", invece, è trattata con grande enfasi e finalità: Gibbons la ripete più volte, e ogni ripetizione conduce a una cadenza ben definita, rafforzando l’idea della conclusione ineluttabile. La tessitura diventa più omoritmica, conferendo solennità all’affermazione.
"Thus march we" introduce un elemento di movimento processionale. Il ritmo si fa più marcato e regolare, quasi a mimare una marcia lenta e inesorabile. "playing" ritorna, ricollegandosi alla metafora centrale del "play" (recita/gioco). In "to our latest rest", come per "graves" e "done", la musica tende a scendere, rallentare e risolversi armonicamente, preparando l’affermazione conclusiva del poema. La ripetizione della parola "playing" accanto a "latest rest" crea un toccante paradosso.
"Only we die in earnest" (Solo moriamo sul serio) è la dichiarazione culminante del brano ed è espresso con la massima gravità. Gibbons abbandona la complessa polifonia per una scrittura prevalentemente omoritmica e accordale. Questo conferisce alle parole una chiarezza e un impatto diretti. "Earnest" (sul serio) è trattato con peso e solennità. "that’s no jest" (questo non è uno scherzo), invece, rafforza la serietà della morte. Il madrigale si conclude con una cadenza forte e inequivocabile. Le armonie sono piene e gli accordi finali sono sostenuti, lasciando l’ascoltatore con un profondo senso della verità ineluttabile espressa dal testo. La possibile inflessione maggiore nell’accordo finale non servirebbe tanto a dare speranza, quanto a conferire una lapidaria certezza alla conclusione.
La tessitura è prevantemente polifonica, con un sapiente uso dell’imitazione che crea un dialogo continuo tra le cinque voci. Gibbons alterna questa complessità con sezioni più omoritmiche o accordali per enfatizzare parole chiave o per creare un senso di affermazione collettiva. Il linguaggio armonico è tipico del tardo Rinascimento inglese, ricco di inflessioni modali ma con un chiaro senso tonale emergente, specialmente nelle cadenze. L’uso di sospensioni e dissonanze controllate (ad esempio su "amiss" o in preparazione delle cadenze) aggiunge profondità espressiva. Le linee vocali sono cantabili e ben modellate, spesso seguendo il contorno naturale del testo parlato, ma capaci di slanci espressivi e di agilità nelle sezioni di "division". Il ritmo, invece, è flessibile e strettamente legato alla prosodia del testo inglese. L’alternanza tra sezioni ritmicamente più complesse e altre più misurate contribuisce alla varietà e all’espressività del brano.
Gibbons eccelle nell’uso di figure musicali per illustrare il significato delle parole: l’attività frenetica per "division", le linee ascendenti per "Heav’n", quelle discendenti e le armonie cupe per "graves" e "done", e la declamazione solenne per le affermazioni finali. Il madrigale è through-composed (senza ripetizioni strofiche formali), seguendo fedelmente la struttura del poema. Ogni verso o coppia di versi riceve un trattamento musicale distinto, che sfocia generalmente in una cadenza prima di passare all’idea successiva. La ripetizione di frasi testuali (e quindi musicali) serve a scopi di enfasi. L’atmosfera generale è profondamente riflessiva, a tratti malinconica e severa, in linea con la natura filosofica e quasi pessimistica del testo di Raleigh. Gibbons riesce a trasmettere un senso di gravitas senza rinunciare alla bellezza e all’eleganza contrappuntistica.
Nel complesso, What is our life? è un capolavoro del madrigale inglese, in cui Orlando Gibbons dimostra una straordinaria sensibilità nel tradurre le complesse immagini e le profonde riflessioni del testo di Raleigh in un linguaggio musicale eloquente e toccante. La sua abilità nel bilanciare la ricchezza polifonica con la chiarezza declamatoria, e il suo uso incisivo dei madrigalismi, rendono questo brano un esempio superbo di come la musica possa elevare e intensificare il significato della poesia, offrendo all’ascoltatore un’esperienza estetica e intellettuale di grande spessore.
