In stile antico – V

Edvard Grieg (1843 - 4 settembre 1907): Fra Holbergs tid (Dai tempi di Holberg), «suite in stile antico» per pianoforte op. 40 (1884); composta per celebrare il bicentenario della nascita dell’umanista danese Ludvig Holberg. Torhild Fimreite.

  1. Praeludium
  2. Sarabande [3:09]
  3. Gavotte [7:40]
  4. Air [11:13]
  5. Rigaudon [17:15]

Grieg: Fra Holbergs tid, trascrizione per orchestra d’archi (1884-85). Berliner Phil­har­mo­ni­ker, dir. Herbert von Karajan.

  1. Praeludium
  2. Sarabande [3:02]
  3. Gavotte [7:18]
  4. Air [11:07]
  5. Rigaudon [16:58]

Grieg, op40

7 pensieri riguardo “In stile antico – V

  1. Buongiorno, caro Claudio, grazie di aver condiviso quest’autentico capolavoro dello scrittore norvegese. Entrambe ottime esecuzioni, vivissimi complimenti ai musicisti 😊

    Riguardo alla composizione, la stessa presenta un fascino espressivo e un grande sentimentalismo, tipico delle altre opere di Grieg e della personalità artistica del compositore stesso.

    Una grandiosa composizione volta a omaggiare un’altrettanta grandiosa personalità della cultura norvegese, lo scrittore e commediografo Ludvig Holberg (1684-1754), figura centrale della coeva letteratura danese, tanto da essere soprannominato “Il Molière del Nord”. La sua produzione teatrale, tutta di ottima fattura, non ebbe grande risonanza internazionale, limitandosi a essere apprezzata solo nei paesi del Nord Europa, quali Germania, Olanda e i paesi scandinavi.

    Grieg stimò davvero tanto quest’autore, nato nella sua stessa città, apprezzandolo molto per il suo teatro ironico, satirico e popolaresco, venature da lui riprese in questa suite, quasi a rievocare in maniera sintetica il clima storico dell’epoca di Holberg.

    In suo onore, per il 200° anniversario della sua nascita, il comitato organizzatore di Bergen decise di realizzare una statua e incaricò Grieg di scrivere un tributo musicale, in particolare una cantata, da eseguire nel mese di dicembre, in occasione dello scoprimento della statua nella piazza principale della città.

    Il compositore accettò a malincuore e, in ottobre, scrisse ai suoi amici che si stava annoiando a scrivere l’opera corale e che aveva molta paura dell’evento imminente. Avendo avuto una salute cagionevole per gran parte della sua vita, Grieg temeva di dover dirigere durante una giornata di freddo intenso e prevedeva, umoristicamente, cosa sarebbe potuto accadere. Sue queste parole:

    Lo vedo ora: neve, grandine, tempesta e tuoni, un grande coro maschile con le bocche aperte in cui si riversa la pioggia, e io che dirigo con impermeabile, cappotto invernale, galosce e ombrello! E poi, naturalmente, un raffreddore o Dio sa quale altro tipo di malattia! Ah beh, questo è un modo per morire per il proprio Paese!

    Non morì esattamente così, anche se la cantata che lo tormentò a lungo fu messa a riposo per sempre: nel marzo 1885, quattro mesi più tardi il “preoccupante” evento, Grieg diresse la prima assoluta della famosa suite, da lui scritta per pianoforte l’estate precedente, come tributo personale per l’uomo che tanto ammirava, prima che gli venisse commissionata la cantata.

    La prima esecuzione della suite (7 dicembre 1884), comunque, non fu così illustre, in quanto essa avvenne in una sala di un circolo operaio di Bergen, con il compositore stesso al pianoforte. Quella sera fu eseguita anche la Cantata Holberg di Grieg, una composizione che non fu mai pubblicata, rimanendo per sempre in forma manoscritta (n. EG171). La Suite Holberg ebbe una dedicataria, l’allora famosa pianista norvegese Erika Lie-Nissen.

    Nella stessa sala, fu eseguita in prima assoluta anche la versione per archi: l’esecuzione ebbe luogo il 12 marzo 1885, durante un concerto con altre opere del compositore norvegese. Tra i partecipanti, vi furono la moglie di Grieg, la cantante Nina Hagerup e il fratello del compositore, il violoncellista John Grieg.

    La versione per archi fu un assoluto trionfo personale del compositore, il quale rimase così compiaciuto dal suo lavoro che, nello scrivere una lettera a un amico, gli comunicò di aver completato la trascrizione orchestrale della composizione, affermando che “suona piuttosto bene” (noi d’accordo con lui!)

    Sebbene usò lo stile e i principi formali di alcune forme musicali barocche, la suite è impregnata del suo stile personale. Grieg definì la sua composizione una “suite di parrucche”, proprio a fare un chiaro riferimento alla tendenza contemporanea del neoromanticismo musicale, nonostante l’apparente presenza di barocchismi nell’opera. Si ritiene che il compositore fu ispirato nella scrittura dell’opera alle incredibili bellezze naturalistiche che circondavano il villaggio di Lofthus, nella regione norvegese dell’Hardanger.

    Il primo movimento, Praeludium, si basa su un movimento ritmico in semicrome ribattute da violini e viole, alla maniera dei preludi clavicembalistici settecenteschi. Di chiara ispirazione handeliana e, tra gli altri movimenti, il più vicino allo stile barocco, esso si basa su tre temi: il primo, esposto dai primi violini, è una delicata melodia discentente che sembra venire da lontano, mentre il secondo, esposto dai violini accompagnati dal pizzicato delle viole, si caratterizza come una specie di trasfigurazione del primo. Il terzo tema, infine, ha un carattere di ripresa e prepara il ritorno del primo tema e della cadenza conclusiva.

    Il secondo movimento, Sarabande, si basa su un tema raccolto e intimo che dà carattere all’intero movimento. Solo nella seconda parte, la musica diventa più animata, con uno sviluppo del tema attraverso varie modulazioni tipiche di Grieg. Una breve transizione, affidata a tre violoncelli e a un contrabbasso, porta alla ripresa del tema principale, in fortissimo ed esposto dall’intera orchestra.

    Il terzo movimento, Gavotte, si caratterizza per il suo garbo e la sua eleganza, come l’omonima danza di origine francese. Il primo tema viene esposto in pianissimo dai secondi violini e ripreso in forte dall’intera orchestra, con alternanza di due episodi contrastanti. Segue una deliziosa Musette, la quale imita il suono di una piccola cornamusa: sopra un lungo bordone dei violoncelli, il tema principale di questa sezione viene esposto prima dalle viole e poi da violini. Un nuovo motivo, esposto dai violoncelli e ripreso dai secondi violini, conduce a una progressione discente, ripetuta a oltranza dall’orchestra. Come da prassi settecentesca, si hanno la ripresa della Musette e della Gavotte senza ritornelli.

    Il quarto movimento, Air, si qualifica come il movimento più carico di intensità dell’intera suite ed è di chiara ispirazione bachiana. Il vibrante e contemplativo tema principale viene esposto dai primi violini accompagnati dai secondi violini e dalle viole, con appoggio dei bassi in pizzicato nei tempi forti. Seguono uno sviluppo nella relativa tonalità maggiore e la ripresa del tema principale, affidata ai violoncelli con ornamentazione di una linea cromatica dei violini.

    Il movimento finale, Rigaudon, si caratterizza per la presenza di due motivi, uno gioioso e vibrante, condotto dai violini e sostenuto ritmicamente dal pizzicato dei bassi e uno più nostalgico, in tonalità minore e discendente, affidato a violini e viole.

    Il lavoro di Grieg viene ricordato come uno dei primi esempi di neoclassicismo norvegese ed è paragonabile alla composizione À la Chapelle Sixtine di Franz Liszt. Benché non abbia raggiunto la popolarità di altre opere del compositore norvegese, in primis le due suite Peer Gynt, è stata recevente rivalutata dalla critica e ritenuta pari al capolavoro teatre di Grieg.

    Buona giornata e a domani!

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