Henry Hadley (1871 - 6 settembre 1937): Seconda Sinfonia in fa minore op. 30, The Four Seasons (1899). Royal Philharmonic Orchestra, dir. Karl Krueger.
- Winter: Maestoso moderato
- Spring: Allegretto con moto
- Summer: Andante
- Autumn: Andante con moto – Allegro molto

Applausi! (è appena finita la sinfonia… quindi è doveroso!)
E buona giornata Claudio!
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Buona giornata te, Lucia 🙂
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Buongiorno, caro Claudio, grazie di aver portato questa meravigliosa sinfonia. Le tue selezioni giornaliere non deludono mai 😊.
Figlio di una musicista di chiesa e di un insegnante di musica della scuola secondaria, Hadley si avvicinò alla musica grazie al padre, il quale gli impartì i primi insegnamenti musicali in violino, pianoforte e armonia. Proseguì poi la sua formazione con Henry Heindl e Charles Allen (violino) Stephen A. Emery (armonia) e George Whitefield Chadwick (contrappunto e composizione).
Grazie ai consigli di quest’ultimo, il compositore scrisse i suoi primi lavori, tra i quali canzoni, musica cameristica, un musical e un’ouverture orchestrale.
Dopo una tournée come violinista con la Laura Schirmer-Mapleson Opera Company, terminata prematuramente a causa di difficoltà finanziarie della compagnia, Hadley si recò a Vienna per studiare contrappunto con Eusebius Mandyczewski.
Nella capitale austriaca, Hadley amava assistere ai numerosi concerti e opere e, occasionalmente, si incontrava con Brahms nei caffè. In questo periodo, ascoltò anche la Sesta Sinfonia di Tchaikovsky, la quale lo influenzò enormemente e, infine, divenne amico del direttore d’orchestra Adolf Neuendorff, il quale lo consigliò sulle sue composizioni.
Ritornato negli Stati Uniti nel 1896, iniziò a lavorare come istruttore musicale alla St. Paul Episcopal School for Boys di Garden City (New York), rimanendo qui per sei anni. In quest’arco di tempo, continuò a comporre, scrivendo le sue prime due sinfonie e l’ouverture In Bohemia.
Il 16 gennaio 1900, Hadley debuttò come direttore d’orchestra all’Hotel Waldorf-Astoria, dirigendo un programma composto in gran parte da proprie composizioni. Accortosi ben presto della preferenza delle orchestre americane per i direttori europei, nel 1904 si recò a Monaco per fare tournée, comporre e perfezionarsi con Ludwig Thuille nella composizione.
Si ritiene che gli studi con il compositore tedesco gli siano stati suggeriti da Richard Strauss, da lui incontrato poco dopo il suo arrivo in Europa. Nel 1905, tra l’altro, Hadley stava lavorando al suo poema sinfonico Salomè, senza sapere che il suo beniamino stava già lavorando a un’opera sullo stesso soggetto.
Due anni più tardi, il compositore riuscì a ottenere un posto come assistente direttore del Teatro dell’Opera di Magonza, riuscendo a eseguire nell’aprile 1909 la sua prima opera, Safié.
Nel 1911 ritornò in patria e divenne il primo direttore della San Francisco Symphony e, grazie alla sua caparbietà, l’orchestra riuscì a compiere passi da gigante, anche grazie alla presenza di alcuni eccellenti musicisti, tra i quali il fratello Arthur, valente violoncellista.
Negli anni successivi, Hadley diresse varie orchestre, presentando in prima assoluta molte sue opere, tra le quali Cleopatra’s Night (1920), debuttata al Metropolitan Opera e giudicata la migliore tra le dieci opere americane presentate al famoso teatro fino a quel momento. Il compositore si occupò in prima persona della direzione di alcune rappresentazioni dell’opera, diventando il primo compositore americano a dirigere una propria opera al Metropolitan.
Fu anche il primo direttore americano a ricoprire un incarico a tempo pieno in una grande orchestra americana (la Filarmonica di New York) e il primo compositore americano a dirigere varie orchestre straniere (la Filarmonica di Buenos Aires, la New Symphony Orchestra di Tokyo, la Filarmonica di Berlino e l’Orchestra del Concertgebouw di Amsterdam).
Nel 1911, invece, divenne il primo direttore della neonata San Francisco Symphony Orchestra. Durante i suoi anni a San Francisco, Hadley strinse amicizia con diversi membri dell’élite della citta, riuscendo addirittura a diventare membro del prestigioso “Bohemian Club”, per il quale scrisse tre “drammi musicali”, lavori simili alle opere liriche e contenenti alcuni dialoghi parlati. Successivamente, il compositore ricavò delle suite orchestrali da queste composizioni.
Nonostante la sua produzione musicale propenda per le composizioni orchestrali e le opere, Hadley scrisse anche alcune opere cameristiche (una sonata per violino, due quartetti per archi e due trii per pianoforte) nonostante “non avesse alcun desiderio impellente” di farlo. Si ricordano anche varie cantate e oratori (fra i quali, l’ampio Resurgam), nonché quasi 200 canzoni.
Il compositore viene anche ricordato per essere stato un pioniere della musica per film, scrivendo le musiche del lungometraggio Don Juan (1926) di John Barrymore, il primo con una partitura sincronizzata di musica ed effetti sonori. Scrisse anche la colonna sonora originale del film When a Man Loves (1927), sempre di John Barrymore.
Prima della sua morte per un cancro nel 1937, riuscì a fondare la Manhattan Symphony Orchestra (1929), l’Associazione Nazionale dei Compositori e dei Direttori d’orchestra americani (1933), nonché un festival estivo di musica classica, il Festival di Musica Sinfonia del Berkshire (1934).
Durante la sua vita, Hadley e la sua musica godettero di notevole popolarità. Interrogato sui compositori statunitensi, Richard Strauss disse di lui: “Avete un solo [compositore]. Henry Hadley è l’unico uomo che conosce l’orchestra”.
Fu uno dei compositori più prolifici del primo Novecento, componendo praticamente in ogni genere musicale, producendo opere, operette, musica incidentale, musical, suite per balletto, pezzi per banda, sinfonie, ouverture, poemi tonali, cantate, inni, oratori, inni, pezzi corali, musica da camera, pezzi per pianoforte e numerose canzoni.
La sua musica segue uno stile convenzionale, romantico ed espressivo, influenzato pesantemente da Richard Wagner e condito con tocchi di impressionismo. Dopo la sua morte, la musica di Hadley fu rapidamente dimenticata, a causa del cambiamento delle tendenze musicali e dell’imperante sentimento anti-romantico.
La sua Seconda Sinfonia fu la prima opera nel suo genere a ricevere il prestigioso Premio Paderewski nel 1901.
Buona giornata e a domani!
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Bello leggere i tuoi puntuali approfondimenti, caro Pierfrancesco. In effetti hai ragione: chi non apprezza la buona musica non sa che cosa si perde 😉
Buona giornata a te, a domani!
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Mi fa sempre piacere sentire che apprezzi i miei sforzi “musicologici” 😊. Beh, quando mi trovo davanti a qualcosa che non conosco, la prima cosa che faccio è approfondire quel qualcosa e, se posso condividere con qualcuno i risultati delle mie scoperte, tanto meglio!
Ritengo che più si conosce qualcosa, più si è in grado di amarla e apprezzarla e, come questo vale per le persone, vale anche per le cose, tra cui la musica. Solo conoscendo a fondo qualcosa, la si può cogliere nella sua interezza, apprezzandone i dettagli e le sottigliezze 🙂.
Secondo me è proprio questa mancanza di conoscenza che impedisce a molte persone di apprezzare la buona musica, in quanto senza conoscere la vita dell’autore e il contesto storico nel quale questi ha vissuto, difficilmente si può apprezzare pienamente un qualsiasi prodotto culturale. Aggiungiamo anche che ogni arte ha un proprio linguaggio espressivo e, di conseguenza, senza conoscere questo, non si va molto lontano. Nel caso della musica, parliamo di teoria musicale e armonia🙂.
Nella migliore delle ipotesi, senza disporre di queste conoscenze, si arriva a definire la buona musica un “insieme insensato di suoni (!)” o, nel peggiore dei casi, un “lamento” (parole di alcuni miei conoscenti!).
Come ho avuto modo di raccontarti, fino a qualche anno fa ero a digiuno di musica… conoscevo a malapena il nome di qualche compositore e avevo qualche vaga nozione di teoria musicale. Con il tempo, sono riuscito a costruirmi delle solide basi e, anche se oggi non sono ancora diventato un musicologo di punta, riesco ad ascoltare un pezzo in piena consapevolezza e, soprattutto, con grande piacere!
Spesso arrivo a preferire l’ascolto di un po’ di buona musica a un’uscita senza meta e senza scopo con gli amici, tanto per “ammazzare il tempo” 🙂. Agli occhi di molti miei coetanei, risulto strano, ma io sono felice così 😊
P.S.: Un piccolo aneddoto: sono riuscito ad assistere, fino ad ora, a un solo concerto di buona musica, quattro anni fa… un tributo a Mozart organizzato dalla chiesa madre del mio paese. Su quasi cento persone, solo tre (io, la mia amica del conservatorio e un professore di musica) capivamo qualcosa di musica. Il resto, persone che non sapevano nemmeno cosa fosse un concerto (te lo dico non per presunzione ma perché, in un piccolo paesino come il mio, sappiamo tutto di tutti!) Sicuramente erano lì perché assistere a un evento culturale di spessore rende automaticamente meno ignoranti e persone di una certa cultura. Un caso di “apparenza culturale”? Ai posteri, l’ardua sentenza!🙂
Scusa se ogni volta mi dilungo un po’ troppo, però quando qualcosa mi sta molto a cuore, parlo a ruota libera!
Purtroppo, oggi come oggi, molta gente strabuzza gli occhi a leggere testi che siano più lunghi degli spot pubblicitari e questo non è mica tanto un bene… spesso mi dicono che, quando scrivo, mi dilungo troppo ma, in base all’argomento in questione, non puoi mica tralasciare certi dettagli… poi uno si lamenta che non capisce😅
Mi piacerebbe conoscere la tua opinione in merito🙂
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P.S. 2: Ho fatto diventare Hadley due volte direttore della San Francisco Symphony Orchestra 🙂… Forse, mi serviva un riferimento a San Francisco 😂
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Certo, Pierfrancesco. Sai già come la penso: ti do ragione su tutto, sia per quanto riguarda la necessità di approfondire la conoscenza della teoria e della tecnica musicale per poter apprezzare pienamente ciò che si ascolta, sia per quanto concerne la diffusa perdita della capacità di concentrare l’attenzione su ciò che si legge (e vale ovviamente anche per ciò che si ascolta, si tratti di una voce parlante oppure di una “voce” musicale, cantante o sonante). Andiamo decisamente in direzione opposta rispetto al dettato crociano: don Benedetto sosteneva che il critico non deve necessariamente conoscere teoria e tecnica dell’arte di cui si occupa — ma noi sappiamo quanti guasti ha prodotto il pensiero di Croce sulla cultura italiana 🙂
Saper riconoscere i dettagli del discorso musicale aiuta dunque a comprenderlo meglio e quindi a meglio apprezzarlo. È quello che io chiamo ascolto attivo, in contrapposizione alla passività con cui la maggior parte delle persone approcciano la musica, per le quali il dato uditivo raramente viene trasmesso al cervello.
La musica è vita: quella del passato continuerà a vivere finché ci saranno bravi musicisti capaci di eseguirla e di proporla a un pubblico che quanto più sarà consapevole di ciò che ascolta tanto più ripagherà l’impegno dei suoi interpreti.
Continua così, i tuoi commenti impreziosiscono questo blog. Buona giornata.
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