Et vidi coelum novum

Sergio Rendine (7 settembre 1954 - 2023): Et vidi coelum novum versione per sopranista, vibrafono e archi (1995). Radu Marian, sopranista; Maurizio Trippitelli, vibrafono; Orchestra del Teatro dell’Opera di Roma, dir. Vittorio Parisi.

SR

18 pensieri riguardo “Et vidi coelum novum

  1. Buongiorno e buon sabato, caro Claudio, grazie di aver condiviso questo delizioso pezzo “sacro”. È davvero incredibile come epoche diverse possano condurre a risultati diversi, pur partendo dallo stesso punto 😊

    A proposito di Rendine, nacque a Napoli in una famiglia di musicisti e, di conseguenza, fu in grado di conoscere e apprezzare la musica fin dai suoi primi vagiti: era, infatti, figlio del compositore Furio Rendine e nipote del cantante Salvatore Papaccio.

    Il piccolo Sergio si rivelò subito un precocissimo talento musicale, imparando a leggere e a scrivere la musica prima di apprendere la parola e rivelandosi anche un prodigioso compositore: già a tre anni, fu autore della sua prima opera, una Serenatina delle Campanelle (1957) per pianoforte.

    A questa, seguirono un Ave Maria (1959) per baritono, coro maschile e organo e Petit (1959) per quintetto di ottoni, le quali dimostrano la grande bravura del compositore nello scrivere per strumenti traspositori quali la tromba e il corno.

    Il padre, colpito dalla precocità del figlio, lo affidò a Vera Luzzatto, pianista e insegnante, moglie dell’allora direttore artistico del Teatro San Carlo di Napoli. I suoi progressi furono talmente veloci che, già a soli cinque anni, il piccolo fu in grado di eseguire il Primo Concerto per pianoforte e orchestra di Beethoven, con l’Orchestra del San Carlo.

    Il successo dell’evento fu tale che il padre del compositore decise di non esporre il figlio alla concorrenza e all’interesse degli agenti teatrali, già pronti ad accaparrarsi l’esclusiva dello straordinario prodigio in miniatura. Furio si spaventava che un tale percorso potesse alterare gli equilibri necessari a una crescita accademica del bambino, compromettendone il futuro artistico.

    Fu così che, fino all’età di 17 anni, di Sergio si conoscono solo opere di scuola e alcune favole musicali scritte per la casa editrice paterna.

    Il primo lavoro pubblico del compositore si intitola Memoria, scritto per pianoforte e luce, eseguito alla presenza di Goffredo Petrassi al Beat 72, storico teatro underground romano e fervido centro di sperimentazione e ricerca musicale. Qui, Sergio conobbe il suo futuro maestro di composizione, Domenico Guaccero.

    Parallelamente al Liceo classico, Rendine studiò al Conservatorio di Santa Cecilia con Guaccero e al Conservatorio di Pesaro con Giuseppe Agostini (musica corale e direzione di coro).

    Al termine degli studi, pervaso da un senso di curiosità e di innovazione musicale, il giovane si dedicò intesamente alla ricerca e, grazie al suo ex maestro Guaccero, divenne membro del gruppo di musica elettronica “Musica ex machina” e dell’associazione “Nuova Consonanza”. Qui conosce Ennio Morricone, del quale sarà un grande amico per tutta la sua vita.

    Successivamente, Rendine segue Guaccero nella classe di composizione del Conservatorio dell’Aquila e qui conosce il maestro Gianluigi Gelmetti, il quale sarà uno dei maggiori interpreti delle sue composizioni.

    Nel 1971, fu scoperto da Paolo Dossena, celebre produttore di musica leggera, il quale gli offre un contratto con la RCA, per la quale scrisse molti arrangiamenti di successo, colonne sonore cinematografiche e musiche di scena per il teatro. Sono anni di grande successo, ma anche di doloroso distacco dal suo ex maestro Guaccero, il quale lo vede ormai come un talento fagocitato dall’industria discografica.

    Nonostante la sua sofferenza interiore per questo giudizio, Rendine prosegue per questa strada, spinto dalla necessità di mantenersi economicamente, avendo interrotto i rapporti familari ed essendosi sposato a soli 19 anni con Adriana, figlia del famoso cantante napoletano Sergio Bruni. Solo alla fine degli anni Settanta, esasperato da questo tormento, ritorna al mondo della musica colta.

    Negli anni successivi, Rendine ha frequenti contatti didattici con Petrassi, al quale consegna una nuova composizione ogni mese, facendosi presto notare per il suo spiccato talento operistico e teatrale. Risale al 1985 il suo primo balletto, Dopo le scale, debuttato al Teatro Olimpico di Roma.

    Nel 1987, invece, la RAI gli commissiona Alice, la prima “opera radiofonica”, in 126 quadri, scritta insieme ad Arturo Annecchino. Si tratta di una rappresentazione musicale del famoso romanzo Alice in the Wonderland dello scrittore e poeta britannico Lewis Carroll, concepita in spezzoni (“stripes radiofoniche”) della durata di cinque minuti cadauno, trasmessi quotidianamente in radio.

    Nello stesso anno, segue la commissione del suo secondo balletto, Lucia!, da parte di Roberto De Simone, direttore artistico del Teatro San Carlo di Napoli. Il compositore si adopera subito nel realizzare un lavoro molto articolato e multiforme, usando un nastro magnetico in quadrifonia, in modo da creare una sonorità che avvolgesse tutto il pubblico della sala. Viene anche previsto un nutrito organico strumentale, composto da una piccola orchestra d’archi, legni, cantanti, banda e strumenti in scena.

    Il balletto riscosse un enorme successo per tutte e sette le recite in cartellone, ma questo periodo artisticamente prolifico fu turbato dalla perdita del padre, morto a soli 67 anni il 22 febbraio 1987. Già anni prima, il compositore fu colpito dalla morte del suo amato maestro Guaccero (1984) e dalla scomparsa del suo Maestro spirituale Libero Samale (1985). Quest’ulteriore perdita lo fa vacillare ulteriormente, scuotendolo al massimo, talmente tanto da fargli dire:

    “In una manciata di mesi ho perso i miei tre padri e ho dovuto ricostruire questa trinità in me per poter ripartire – avrebbe ricordato in seguito – Ormai ero solo, senza più qualcuno che si frapponesse tra me e il cielo. Ero solo sotto la volta celeste”.

    Per riprendersi da questi lutti, Rendine scrive due composizioni per grande orchestra: la prima, Hermes 594 (1987), eseguita all’Opera di Francoforte il 17 gennaio 1988 e poi eseguita a ruota da varie formazioni internazionali e la seconda, Passacaglia (1988), commissionata dall’Orchestre Philarmonique de Montecarlo ed eseguita il 16 ottobre 1988, anch’essa riproposta da celebri orchestre europee.

    Allo stesso periodo, appartengono anche alcuni brani cameristici, sempre intrisi dello stesso clima luttuoso, il cui centro espressivo è la perdita e la conseguente solitudine.

    Il 1988 è anche l’anno nel quale il coreografo e mimo Lindsay Kemp ascolta una puntata dell'”opera radiofonica” Alice, rimanendone profondamente colpito e chiedendo subito un incontro con il suo autore per realizzarne una versione teatrale. Il lavoro, in forma di balletto, vedrà la luce il 15 gennaio presso il Teatro Metastasio di Prato. Ne segue una diffusione internazionale e la realizzazione di una suite, insignita del Premio Hondas di Barcellona e del Premio Speciale della critica al Prix Italia.

    Sempre nel 1988, Rendine vede nascere il figlio Tommaso, al quale dedica il brano per archi Toys. Superato definitivamente il suo triplice lutto, scrisse alcuni brillanti pezzi da camera, tra i quali un Ottetto per fiati.

    Ritrovata la serenità interiore, il compositore si sente pronto a partorire una nuova “opera radiofonica”. In occasione della nascita dell’Unione Europea, scrive La Bell’Europa, una storia che intreccia il mito di Europa rapita da Zeus con il mito di Cadmo e Armonia, arricchita da numerosi riferimenti zodiacali, ermetici, alchemici e cristiani, frutto degli approfonditi studi extramusicali di Rendine. Filo conduttore dell’intera opera è la credenza del compositore che l’Unione Europea, prima di essere una unione monetaria, dovesse essere un’integrazione di culture differenti.

    Dopo una stagione dedicata all’opera lirica (Un segreto D’Importanza ovvero la faticosa vecchiaia di W. Mozart) e alla produzione strumentale (Concertino per la Notte di San Giovanni, Doppio Concerto per violino, pianoforte e grande orchestra e il pezzo sacro Et vidi coelum novum in due versioni – una per soprano e vibrafono, l’altra per voce di sopranista, vibrafono e orchestra d’archi), Rendine approda alla sua terza grande opera radiofonica, Marconi.

    La composizione, della durata di tre ore e un quarto, è suddivisa in 13 quadri-puntate e racconta la vita del famoso scienziato e inventore Gugliemo Marconi, con la voce dell’attrice Milena Vukotic. Il lavoro viene commissionato da Radiotre come tributo della RAI per il centenario delle trasmissioni dei primi segnali radio.

    Allo stesso periodo, risalgono anche il brano per violino e archi Serenata, due poemetti in napoletano antico di Luciano Villevielle Bideri e Caira, 12 sonetti di Giosue Carducci, in un ciclo di sei puntate radiofoniche in forma di melologo, recitati dall’attrice Marisa Fabbri.

    Insieme a Yoritsune Matsudaira, Gian Carlo Menotti, Krzysztof Penderecki e Alfred Schnittke, su incarico del Comitato per il Premio Nobel per la Pace, Rendine scrisse una Messa per la Pace (1995), eseguita nello stesso anno al Concerto per il Premio Nobel per la Pace di Oslo.

    Si ricorda anche Exultate, per due voci naturali e orchestra, eseguita in prima assoluta in Piazza Grande a Bologna il 2 agosto 1996, per commemorare l’omonima strage. L’anno successivo, invece, vide la luce il balletto in due atti Orlando, tratto dal romanzo omonimo di Virginia Woolf e rappresentato il 13 maggio 1997 al Teatro dell’Opera di Roma.

    Seguì un’intensa stagione spirituale per il compositore, durante la quale scrisse una Cantata per celebrare il ventennale del Pontificato di Giovanni Paolo II (1998), una Missa Pro Beatificatione (1999) e una Missa De Beatificatione (1999) in onore di Padre Pio da Pietrelcina d l’affresco sinfonico-corale Passio et Resurrectio (2000) per grande orchestra, coro e solisti, commissionatogli per il Venerdì Santo del Giubileo del 2000.

    Successivamente, Rendine scrisse la sua seconda opera lirica, Romanza – Una favola romana (2002), in tre atti, commissionata dal Teatro dell’Opera di Roma.

    Un mese dopo il debutto dell’opera, ossia a dicembre, muore improvvisamente la madre e il compositore, estremamente provato, si allontana dalla musica e si affatica al punto da avere un infarto, venendo costretto a sospendere temporaneamente la direzione artistica del Teatro Marrucino (assunta nel 1998).

    Tornato al lavoro, scrive la Sinfonia n° 1, su commissione dell’Orchestra Sinfonica di Sanremo, la Sinfonia n° 2 “Andorrana” e l’opera Le somni de Carlemany, entrambe commissionate dal Ministero della Cultura di Andorra.

    Nel 2009, il compositore, residente a L’Aquila, rimase profondamente turbato dal sisma del 6 aprile. In questo periodo, stava lavorando a un oratorio per celebrare la chiusura dell’Anno Paolino della cittadina Basilica di San Paolo. Durante il terremoto, sul manoscritto in lavorazione aperto su un tavolo, cadde di tutto, ma la partitura rimase intatta. Fu così che il compositore intitolò il lavoro Cadens Revixit, riferendosi alla conversione di S. Paolo caduto da cavallo e alla sua città, augurandosi che risorga meglio di prima.

    Dopo il terremoto, Rendine si prese una pausa musicale, per sostenere i suoi allievi colpiti dal sisma e, due anni dopo il disastro, contribuì a riorganizzare la mensa dei poveri, della quale era presidente e a sostenere l’assistenza psicologica per coloro che avevano subito gravi danni a livello mentale a causa del sisma.

    Nel 2015, Rendine ha alcuni problemi di salute e, separatosi dalla sua compagna, si rifugiò in un convento, trovando cura e accoglienza per i sopraggiunti problemi deambulatori e visivi. Nonostante le avversità, continuò a comporre, scrivendo quattro Messe Popolari per organo, vari mottetti per voci e organo e l’oratorio Francesco (Amor Mundi) per voci recitanti, soli, cori e orchestra.

    Ristabilitosi completamente, nel 2020 si trasferì in una casa rurale nelle colline del pescarese, continuando la sua attività musicale. La sua ultima creazione fu l’opera-musical Pentaphonicon (2021), una particolare composizione basata su cinque arie, ognuna caratterizzata da parole contenenti una sola vocale dell’alfabeto.

    La sua musica presenta influenze della musica sacra bachiana, della musica teatrale napoletana, della musica passionale tradizionale cantata per le strada e delle danze rituali. Nel complesso, la sua produzione rientra nel filone neoromantico e, nonostante la sua generale fruibilità da parte del pubblico, la struttura melodico-armonica delle sue composizioni non è affatto semplice, come dimostrano i suoi pezzi sacri, caratterizzati da grandi blocchi corali e strumentali.

    Piccola curiosità: la grande passione del compositore per la musica sacra e la sua predilezione a scrivere ampiamente per questo genere, deriva da alcuni particolari eventi vissuti durante la sua infanzia. Come raccontò al “Settimanale di Padre Pio“, dai 6 ai 14 anni visse con l’omonimo religioso nel convento di San Giovanni Rotondo ed ebbe modo di conoscere a fondo lui e la vita conventuale.

    Per oggi è tutto, buona giornata!

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    1. Ottimo, Pierfrancesco.
      Mi permetterai di aggiungere che il balletto Orlando si avvale di una coreografia espressamente concepita per Carla Fracci, prima interprete, da Robert North.
      (Robert North, per inciso, è un coreografo americano ma da sempre residente in Europa; lo conosco bene perché mia sorella, Rossella, è sua assistente da circa trent’anni. In effetti all’Opera di Roma quel 13 maggio 1997, in occasione della prima rappresentazione, c’ero anch’io 🙂 )

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