Racconti d’Oriente

Adolphe Biarent (16 ottobre 1871 - 1916): Contes d’Orient, suite sinfonica (1909). Orchestre philharmonique de Liège, dir. Pierre Bar­tho­lomée.

  1. Introduction
  2. Le Rêve de l’Émir
  3. Romance mauresque
  4. Danse orientale
  5. Chant d’amour d’Ekhidna
  6. Cri de guerre du Mufti
  7. Rêverie et chant kabyle
  8. Enthousiasme
  9. Chanson de l’Ukraine
  10. Chant d’Hervor
  11. Effet de lune
  12. Finale

17 pensieri riguardo “Racconti d’Oriente

  1. Buongiorno, caro Claudio, grazie mille di aver condiviso questa deliziosa suite sinfonica 😊

    Nato in una famiglia di falegnami ed ebanisti appassionati di musica, Biarent scoprì il suo talento musicale molto presto, venendo incoraggiato dalla famiglia a intraprendere gli studi musicali al Conservatorio di Bruxelles, con l’intenzione di diventare un organista.

    Fu subito ammesso al corso superiore di teoria musicale e alla classe di organo di Alphonse Mailly ma, a causa della preoccupazione per i problemi sociali presenti nel paese (povertà, sfruttamento degli operai, suffragio universale, ecc.), non riuscì a superare i primi esami di musica.

    Nonostante questo iniziale intoppo, il giovane riuscì a recuperare rapidamente il tempo perduto e a concentrarsi sui suoi studi, sotto la guida di Gustave Huberti (teoria dell’armonia), Joseph Dupont (armonia scritta), Édouard Samuel (armonia pratica) e Hubert Ferdinand Kufferath (contrappunto). Nel 1890, invece, gli fu assegnato il primo premio per l’armonia pratica e teorica, con le congratulazioni della giuria.

    Al termine degli studi a Bruxelles, Biarent si spostò al Conservatorio di Gand, dove continuò a studiare armonia, prendendo lezioni con Émile Mathieu, François Gevaert ed Edgard Tinel e completando la sua formazione in contrappunto e fuga, materie nelle quali ottenne il primo premio a metà degli anni Novanta.

    Dopo aver completato gli studi, il compositore si dedicò al servizio militare, dopodiché si dedico a tempo pieno all’attività compositiva. Nel 1897, invece, fu nominato professore dell’Accademia di Musica di Charleroi, vedendosi assegnati i corsi medio e superiore di teoria musicale (1897-1902), il corso di armonia, fuga e contrappunto (1902-1906), il corso di musica da camera e la classe di direzione d’orchestra (1906), contribuendo a rendere l’istituto un punto di riferimento all’interno della vita musicale belga.

    Nel 1901 fu insignito del prestigioso Prix de Rome per la sua cantata Œdipe à Colone, eseguita in prima assoluta il 24 novembre al Palais des Académies di Bruxelles e venendo accolta favorevolmente all’unanimità dalla critica e dal pubblico.

    Negli anni successivi, iniziò a lavorare come giudice di varie commissioni musicali e come direttore d’orchestra.

    Nel 1905, invece, propose l’organizzazione di regolari concerti a Charleroi e, per dimostrare la validità del progetto, eseguì alla locale Borsa con l’Orchestra del Théatre de La Monnaie il suo poema sinfonico Trenmor, un Notturno per soprano, harmonium, pianoforte, arpa e coro e una Marche trionfale, quest’ultima dedicata alla città. L’idea fu accolta favorevolmente dai cittadini e dalle istituzioni comunali, tanto che alcuni critici usarono l’espressione “Il concerto di Biarent” per descrivere l’evento.

    Nel 1906 avanzò la proposta di creazione di una grande orchestra sinfonica in seno all’Accademia di Musica di Charleroi, ricevendo l’approvazione da parte delle autorità locali l’anno successivo.

    Nello stesso periodo, continuò a comporre ma, dopo essere tornato da Roma, abbandonò del tutto la musica cameristica in favore di quella sinfonica, scrivendo capolavori come i Contes d’Orient (1909), le Trois mélodies (1911) per soprano e orchestra, la Légende de l’Amour et de la Mort (1910) e la Rapsodie Wallonne (1911) per pianoforte e orchestra.

    La sua opera contribuì notevolmente alla creazione di una identità nazionale belga, specialmente la sua Rapsodie Wallonne, ispirata a temi popolari delle città di Liegi e di Entre-Sambre-et-Meuse e le sue Trois mélodies, composte qualche settimana più tardi, le quali formano “un trittico sinfonico nel quale l’anima vallone, spirituale e tenera, si dà libero sfogo”. Anche la sua Marcia trionfale èuna celebrazione della sua terra natale, in quanto eleva i canti locali valloni e il loro carattere intimo, nella direzione di un’espressione più generale e umana.

    L’attaccamento al suo paese natio e la promozione dell’educazione musicale giovanile sono state le ragioni che hanno spinto Biarent a rimanere confinato a Charleroi, accettando di diventare anche professore all’École Normale Provinciale d’Instituteurs. Il suo metodo per l’insegnamento del canto è ancora oggi utilizzato nei conservatori belgi, così come il suo Traité d’Harmonie, da lui scritto per facilitare lo studio di questa materia ai suoi studenti.

    Secondo alcuni, a Biarent è stata accreditata la creazione di un circolo musicale, Le Decem Musical, allo scopo di divulgare la musica da camera. Nato nel 1908, quest’associazione si configura come un quartetto d’archi e un quintetto di fiati con pianoforte. Il circolo ebbe vita breve, scomparendo prima del 1914 anche se, secondo alcune testimonianze, dopo la morte del compositore esso riapparve nuovamente sulla scena musicale.

    Nonostante la sua lontananza dalla scena musicale pubblica, Biarent intrattenne rapporti con vari compositori famosi dell’epoca, come Vincent d’Indy e i fratelli Théo ed Eugène Ysaye, tutti studenti di César Franck.

    La sua musica, infatti, presenta notevoli influenze del famoso compositore francese (ciò gli valse da alcuni critici la denominazione di “secondo César Franck”), nonché numerosi elementi tipici della musica wagneriana. Ad esempio, la sua Sinfonia in Re minore (1908), unita alla Sonata per violoncello e pianoforte (1914), sono state lodate per la loro bellezza artistica e per la loro eccellente scrittura musicale.

    Tratti impressionistici sono altresì presenti nelle sue composizioni, come nei sonetti Le Réveil d’un dieu (1909) per violino e orchestra e Floridum Mare (1910) per violoncello e orchestra, nei Contes d’Orient e nella Rapsodie Wallonne, tutti grandi e brillanti affreschi sinfonici volti ad allontanarsi da forme e generi più convenzionali.

    Senza dubbio, il suo stile tardo-romantico e l’influenza impressionista resero assai sensibile il compositore all’esotismo orientale che si fece strada nella musica occidentale tra XIX e XX secolo. Nel periodo compreso tra il 19 gennaio e il 18 settembre 1909, Biarent scrive i suoi Contes d’Orient, realizzandone l’orchestrazione nel periodo estivo. L’opera fu presentata in prima assoluta al pubblico francese il 2 gennaio 1910, con la partecipazione di Eugène Ysaye come solista, durante l’annuale Concerto dell’Accademia.

    La composizione si presenta strutturata in dodici parti, ognuna delle quali si ispira a episodi della poesia francese dell’epoca o a creazioni poetiche di origine orientale.

    L’Introduction dà una profonda impressione di immensità e di deserto dagli orizzonti lontani e luminosi, nonché della luce mutevole tipica di una giornata di un paesaggio immerso nella luce d’Oriente.

    Il tema principale è sviluppato dalla viola, ornato con note eteree e sostenute, le quali aleggiano sull’insieme sonoro rimanente e formano un orizzonte. I vari suoni, molto diversi tra loro, si rivelano difficili da eseguire. Segue un tema animato dei violoncelli, ripreso poi dall’intera orchestra, con note punteggiate cristalline della celesta. La conclusione è affidata a un tema melodioso, esposto dai violoncelli e dal corno inglese.

    Come affermato da Biarent nel programma del concerto e nell’introduzione della partitura, il tema principale introduttivo affidato alla viola è una melodia araba ripetuta ciclicamente, tipica dei motivi musicali dell’Hindustan e del repertorio moresco e giapponese.

    La Danse orientale, ricca di originalità e di carattere, si presenta invece con un ritmo ben definito dagli accordi dei legni, dei bassi e dei tamburelli, con le parti affidate ai flauti combinate con melodie affidate ai violini.

    Segue Le Chant d’Amour d’Ekhidna, nel corso del quale l’orchestra si calma improvvisamente, per lasciare il posto al corno, sostenuto dal quartetto d’archi. Il suo tema è poi ripreso dall’orchestra con accompagnamento in sordina degli ottoni, il tutto avvolto dalle carezze dell’arpa che impreziosisce gli arpeggi della melodia, con rinforzo della celesta. Un secondo tema, più potente, è ripreso all’unisono dall’orchestra, una frase grandiosa, ma languente, la quale descrive un sentimento profondo misto a paura e dolore.

    Il successivo Cri de guerre du Mufti vede la presenza selvaggia dell’orchestra, scandita dai rapidi colpi di violino, dai quali esplode la sostenuta fanfara degli ottoni, accompagnata dai tamburi.

    Le Rêverie et chant kabyle, invece, si caratterizza per l’accompagnamento originale del violino in staccato, con il ritmo scandito dagli ottoni e la ripresa degli staccati in rullato da parte del flauto. La celesta, al solito, suona note punteggiate accompagnata dall’arpa, creando un accompagnamento insolito e bizzarro, ma molto originale. La conclusione è affidata alla tromba, la quale riprende il tema. Segue una cadenza finale affidata all’orchestra.

    L’Entousiasme, come afferma il titolo, è un movimento carico di entusiasmo ed euforia, sentimenti espressi da una fanfara abbagliante.

    Nella Chanson, invece, domina la viola, la quale espone un tema già sentito, al quale si aggiunge un secondo tema, dal carattere saltellante. La conclusione è affidata ai fiati, accompagnati dal carillon e dalla celesta.

    Segue Chant d’Hervor, caratterizzato da un finale potente e grandioso, i cui temi riappaiono nel Finale, con un effetto di tromba in lontananza, intensamente poetico. Questo motivo è una canzone di origine mongola, alla quale l’orchestra risponde con il canto dei cammellieri del Punjab.

    Opera sorprendente e meravigliosa, Le Conte d’Orient si prefigura come una sottile evocazione della natura e della passione orientale. Consapevole della sua lunghezza, l’autore dispose, in caso di necessità, di eliminare il secondo, il terzo e l’undicesimo racconto e, spesso ancora oggi, l’opera viene eseguita in questo modo.

    Buona giornata e a domani!

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