10 pensieri riguardo “España

  1. Buongiorno e buon sabato, caro Claudio, grazie mille per aver condiviso questo deliziosa rapsodia, davvero un’ottima interpretazione! 😊

    Figura importante del romanticismo francese, Chabrier viene soprattutto ricordato per due sue opere orchestrali,  España e Joyeuse marche, nonché per il suo linguaggio musicale innovativo che aprì la strada al modernismo francese, influenzando compositori del calibro di Debussy, Ravel, Poulenc, Stravinsky e Mahler.

    Nato nella famiglia di un avvocato, il giovane iniziò la sua formazione musicale all’età di soli sei anni, dapprima prendendo lezioni private da un rifugiato spagnolo carlista chiamato Saporta (pianoforte). Proseguì i suoi studi al Lycée Imperial dove, a partire dal 1852, studiò con il musicista e compositore polacco Alexandre Tarnovsky (teoria musicale e violino).

    Già a partire dal 1849, Chabrier scrisse i suoi primi pezzi per pianoforte, tra i quali Le Scalp!!! (1856), successivamente ribattezzato in Marche des Cipayes (1863). Seguì il valzer Julia (1857), sempre per pianoforte, la sua prima composizione numerata.

    Nonostante il grande talento musicale, il giovane fu spinto dal padre a seguirlo nella carriera legale, facendogli intraprendere gli studi giuridici al Lycée Saint-Louis. Chabrier, però, non trascurò la sua formazione musicale, continuando a prendere lezioni di composizione, violino e pianoforte.

    Dopo la laurea in giurisprudenza nel 1861, il giovane entrò nel servizio civile francese presso il Ministero dell’Interno, dove lavorò per ben 19 anni. Nonostante il lavoro gli piacesse e fosse molto stimato dai suoi colleghi, Chabrier fu sempre rivolto alla musica, la quale riempiva il suo tempo libero.

    Non smise ancora di perfezionarsi musicalmente, studiando con insegnanti come Edouard Wolff (pianoforte), Richard Hommer (violino), Théophile Semet e Aristide Hignard (composizione).

    Dal 1862, Chabrier divenne membro dei Parnassiani a Parigi, un movimento poetico nato nella seconda metà del XIX secolo che voleva riportare la poesia al suo antico splendore, quando non era piegata né all’utilitarismo né al virtuosismo, ma soltanto alla celebrazione del bello.

    Nello stesso periodo, il compositore iniziò a scrivere per il teatro, dando alla luce l’opera comica Vaucochard et fils ler e l’opera su tema storico ungherese Jean Hunyade, mai completate a causa dei suoi impegni lavorativi.

    Soltanto nel dicembre 1872, con l’aiuto di altri due compositori, riuscì a completare l’operetta buffa in tre atti Le Service obligatoire. Sempre negli anni ’70, il compositore realizzò il suo lavoro teatrale più famoso, l’opera buffa in tre atti L’étoile (1877).

    Come molti altri compositori francesi del tempo, Chabrier si avvicinò alla musica wagneriana e, dopo aver assistito nel marzo 1880 all’opera Tristano e Isotta, decise di proseguire sulla strada della musica e lasciò il suo impiego ministeriale.

    Questo fu un periodo musicalmente fecondo per il compositore, durante il quale videro la luce le opere Gwendoline (1885) e Le roi malgré lui (1887), il ciclo pianistico Pièces pittoresques (1880), la rapsodia per orchestra España (1883), alcune canzoni (Sommation irrespecteuse, Tes yeux bleus, Chanson pour Jeanne, Lied), la scena lirica La Sulamite (1884) per mezzosoprano, coro femminile e orchestra e la versione per pianoforte della Joyeuse Marche.

    Negli ultimi anni della sua vita, Chabrier fu tormentato dai problemi finanziari, dalla sifilide e dal fatto che le sue opere teatrali venivano ignorate dal pubblico e dalla critica.

    In questo periodo, riuscì a scrivere un atto, senza mai concluderla, dell’opera in stile wagneriano Briséïs (1888-1893) mentre, nel 1893, riuscì a far rappresentare Gwendoline, senza potersi godere a pieno la rappresentazione, a causa della sua notevole debilitazione fisica e mentale.

    Morì l’anno dopo, all’età di soli 53 anni, devastato dalla sifilide e da una paralisi generale.

    Appellato dal compositore Vincent d’Indy “Quel grande primitivo… un grandissimo artista”, Chabrier riuscì a sviluppare un linguaggio musicale originale e innovativo, anche grazie alla sua mancanza di una formazione musicale formale.

    Tra le caratteristiche sorprendenti del suo idioma, si ricordano la predilezione per le ampie melodie, caratterizzate da grandi salti, il frequente raddoppio di linee melodiche al basso o alle ottave più acute, l’utilizzo massiccio di abbellimenti cromatici convenzionali e non, di ritmi incrociati e di sincopi.

    Chabrier stesso, nel parlare del suo stile musicale, affermò che “La mia musica risuona nel timbro dei miei zoccoli di Auvergnat”. Come esempi dei suoi ritmi di timbratura veloce, possono essere citati la Bourrée fantasque, la Joyeuse marche e alcuni dei Pièces pittoresques.

    Come orchestratore, fu spesso sottovalutato dai compositori Henri Duparc e Maurice Ravel, ma fu grandemente lodato dal compositore Francis Poulenc, il quale sosteneva che Chabrier era un maestro nell’orchestrazione fin dai suoi albori nella carriera musicale.

    Poulenc disse di lui che “Il fatto che Chabrier componesse sempre al piano, come Debussy e Stravinsky, non gli ha impedito di trovare un raro colore orchestrale: un risultato unico in un momento in cui Franck, d’Indy e Saint-Saëns con difficoltà sono emersi da percorsi logori”.

    La sua grande bravura emerge nella rapsodia España, nella Joyeuse marche e nel Lamento (1874), un’opera rimasta inedita durante la sua vita, ma insolitamente toccante. Altre lodevoli opere orchestrali furono gli arrangiamenti della Bourrée fantasque e dei Pièces pittoresques (culminati nella Suite pastorale).

    Come compositore operistico, invece, le sue opere wagneriane riscossero poco successo e, più in generale, la sua produzione operistica ebbe successo limitato, a eccezione di L’étoile e Le roi malgré lui.

    Come compositore strumentale, i suoi pezzi per pianoforte, nonostante rappresentino la parte meno conosciuta della sua produzione musicale, furono molto apprezzati e, addirittura, Poulenc pose i Pièces pittoresques sullo stesso piano dei Préludes di Debussy per importanza.

    I suoi Trois valses romantiques, invece, furono eseguiti e studiati a lungo da d’Indy, il quale ebbe modo di apprezzarli così tanto da affermare:

    “Ho lavorato tanto su questi tre valzer con amore, facendo del mio meglio per eseguire tutte le indicazioni contrassegnate con la massima precisione… e ce ne sono tantissime! Durante le prove, che erano da Pleyel, Chabrier mi fermò di colpo nel bel mezzo del primo valzer e, rivolgendomi a uno sguardo che era tra lo stupito ed il birichino, disse: “Ma mio caro ragazzo non è affatto così!…” E, non sapendo come reagire, ho chiesto spiegazioni e lui ha ribadito: “Lo suoni come se fosse musica di un membro dell’Istituto!…” E allora ho avuto una lezione meravigliosa nel suonare alla Chabrier; accenti contrari, pianissimi fino quasi al punto di non sentire più nulla, petardi improvvisi che scoppiano nel mezzo della più squisita dolcezza e anche gesti indispensabili, che concedono anche al corpo l’anima della musica”

    Come compositore di musica vocale, infine, Chabrier scrisse diverse canzoni e mélodies, su testi di vari autori francesi. Stranamente, non usò mai poesie del suo amico Paul Verlaine.

    Importante è anche la raccolta di sedici arrangiamenti di canzoni popolari francesi Le plus jolies chansons du pays de France (1888), la quale lo qualificò tra i primi importanti compositori a occuparsi di musica popolare, aprendo la strada a compositori successivi come Bartók e Britten.

    Un altro gruppo di canzoni (1889), chiamato da Chabrier “la fattoria del pollame”, annovera diversi pezzi su testi dei poeti Edmond Rostand e Rosemonde Gérard, con soggetti come grassi tacchini, piccoli anatroccoli, maialini rosa e cicale che friniscono.

    Nonostante la maggior parte della sua produzione vocale sia per voce e pianoforte, vi sono anche alcuni pezzi per altri organici, come il duetto comico Duo de l’ouvresse de l’Opéra-Comique (1888) e L’invitation au voyage (1870, su testo di Baudelaire) per voce, pianoforte e fagotto solista. Da segnalare anche l’ultima canzone di Chabrier, Ode à la musique, per soprano solista, pianoforte e coro femminile.

    Accanto alla musica, Chabrier era interessato all’arte e fu noto per i suoi continui contatti con diversi pittori della scuola impressionista, come Manet, Detaille, Tissot e Fantin-Latour, i quali spesso lo dipinsero o abbozzarono nelle loro opere.

    La sua raspodia orchestrale España fu scritta nel 1883 dopo un viaggio in Spagna con la moglie e fu dedicata al direttore d’orchestra Charles Lamoureux, il quale ne diresse la prima il 4 novembre dello stesso anno al Théâtre du Château d’Eau, sotto l’egida della Société des Nouveaux-Concerts di Parigi.

    Durante il loro viaggio, Chabrier e la moglie visitarono diverse città spagnole, come San Sebastián, Burgos, Toledo, Siviglia, Granada, Málaga, Cadice, Cordova, Valencia, Saragozza e Barcellona e, come si evince dalle lettere scritte in questo periodo, il compositore era di buon umore e si dilettava nell’osservare attentamente i costumi musicali e coreutici locali.

    In una lettera al suo amico musicista Édouard Moullé, anche lui interessato alla musica popolare spagnola, Chabrier espone le sue ricerche sulle forme di danza del luogo, corredandole con esempi musicali commentati.

    In un’altra missiva, indirizzata a Lamoureux, scrisse che al suo ritorno in patria avrebbe composto una “fantasia straordinaria” tale da incitare così tanto il pubblico che persino Lamoureux stesso sarebbe stato obbligato a stringere il primo violino tra le sue braccia, tanto voluttuose sarebbero state le sue melodie.

    Sebbene l’opera sia stata originariamente concepita come un pezzo per due pianoforti, più tardi la stessa si è evoluta in un pezzo orchestrale. Composta tra il gennaio e l’agosto del 1883, dapprima fu chiamata Jota e, solo in ottobre, fu ribattezzata España.

    Alla sua prima esecuzione fu grandemente acclamata dalla critica e dal pubblico, così tanto da essere richiesto un bis. Questo notevole successo segnò definitivamente e improvvisamente la fama del compositore.

    Nonostante gli elogi ricevuti (per esempio, i compositori Lecocq, Duparc, Hahn e de Falla pensavano che nessun compositore spagnolo sarebbe riuscito a ottenere una versione così genuina della jota, mentre Mahler arrivò a dichiarare che il pezzo era “l’inizio della musica moderna” ai musicisti della New York Philarmonic), il compositore non fu dello stesso parere e ritenne sempre di scarsa importanza il pezzo, liquidandolo in diverse occasioni come “un pezzo in Fa e niente di più”.

    Nonostante questo “disprezzo”, Chabrier non cestinò mai questa composizione, realizzandone due trascrizioni, una per due pianoforti e una canzone per soprano e pianoforte.

    L’opera inizia con un breve motivo simile a una chitarra, seguito dal primo tema in piano con le trombe silenziate, il quale verrà ripetuto altre quattro volte nel corso della composizione. Segue un secondo tema, più scorrevole ed esposto dai fagotti, dai corni e dai violoncelli.

    Sempre ai fagotti, è affidato un’altro tema, con indicazione di tempo “Ben giocoso, sempre con impeto”, seguito da un dialogo con un’altro tema fortemente ritmato da parte di diverse sezioni strumentali.

    Dopo un ritorno al primo tema, gli archi superiori eseguono una melodia fluente, con indicazione di tempo “Dolce espressivo”, arrivando a un climax interrotto solo da un tema marcato affidato ai tromboni. La conclusione, estatica e giocosa, è introdotta da diverse varianti strumentali.

    Grazie a questa composizione, in Francia è stata inaugurata la moda di scrivere pezzi musicali dal sapore ispanico, tendenza che ha trovato i suoi maggiori rappresentanti in Debussy (Ibéria) e Ravel (Rapsodie espagnole). Negli anni, la tendenza è diventata così stucchevole che, in risposta, il musicista e compositore Erik Satie l’ha parodiata nel suo pezzo pianistico Españaña, tratto dalla suite Croquis et agaceries d’un gros bonhomme en bois (1913).

    Buona giornata e a presto!

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