Canarios: Praetorius & Zelenka

Michael Praetorius (1571 - 15 febbraio 1621): La Canarie (da Terpsichore, Musarum Aoniarum, 1612, n. 31). Capella de Ministrers, dir. Carles Magraner.
Tempo fa avevo proposto un’altra interpretazione di questo brano: potete ascoltare il simpatico Eduardo Antonello che ne esegue tutte le parti cliccando qui; nella medesima pagina troverete anche qualche notizia storica sul canario.


Jan Dismas Zelenka (1679 - 1745): dal Capriccio in la maggiore per orchestra ZWV 185 (1718): IV. In tempo di Canarie. The Bach Sinfonia, dir. Daniel E. Abraham.

8 pensieri riguardo “Canarios: Praetorius & Zelenka

  1. Buongiorno e buon sabato, caro Claudio, grazie mille di aver portato questi due pezzi così briosi e vivaci, davvero stupende interpretazioni! 😊

    Da aggiungere anche che questo ballo non era comune a tutte le isole Canarie, data la notevole diversità culturale tra le diverse comunità isolane. Esso fu diffuso in tutta la penisola iberica dagli schiavi canarie e, ben presto, il ballo divenne enormemente popolare tra il popolo e nelle corti.

    Prima della conquista delle Canarie, avvenuta nel 1451, il Canario era già conosciuto in tutta Europa, come sembra testimoniare un documento relativo al matrimonio di Eleonora d’Aviz a Lisbona.

    Secondo questa testimonianza, gli Europei consideravano con stupore e alterità i ballerini delle Canarie come dei “selvaggi”. Durante le nozze, si racconta come furono presenti “uomini selvaggi, che vivono in qualche angolo del mondo, in isole lontane dal mare, i quali eseguirono balli molto particolari e degni di ammirazione”.

    Il cronista aggiunge anche che queste persone erano “nude e di entrambi i sessi, provenienti da un’isola chiamata Camaria“, concentrandosi sulla loro “extraña condición” di “hombres salvajes”.

    Questo racconto evidenzia come l’esoticità dei canari catturò immediatamente l’attenzione della corte europea, anche se il cronista fraintese le circostanze del loro arrivo, scambiandoli per ambasciatori piuttosto che per prigionieri.

    La testimonianza offre anche uno spaccato della società europea del Quattrocento, la quale percepiva le culture indigene oscillando tra l’ammirazione per la loro originalità e stranezza e una distorta visione indotta da un’alterata percezione culturale.

    Nonostante tutto, ciò permise a questo ballo di diffondersi tra le corti e gli ambienti aristocratici europei, diventando una delle danze più rappresentative del periodo compreso tra il XVI e il XVII secolo, anche grazie alla sua natura vivace e briosa, caratterizzata da “movimenti violenti e corti”.

    Il suo carattere originario venne tuttavia stravolto quando esso giunse in Europa, trasformandosi in una danza più “gentile e artificiosa” anche se, allo stesso tempo, continuò a rimanere in vita una sua versione più “primitiva”, enormemente diffusa tra gli ambienti più umili.

    La diffusione di questo ballo sul continente europeo fu così grande da essere conosciuto ovunque, anche nelle regioni più remote. Anche le diverse parlate regionali furono influenzate dalla pratica di questo ballo, tanto che ogni linguaggio aveva un’espressione propria equivalente a “Bailar canario”, per riferirsi a una persona che “si muoveva con straordinaria agilità e forza”.

    Nonostante abbia preso la sua denominazione dall’omonimo gruppo di isole spagnole, il ballo non fu mai chiamato così dagli antichi aborigeni, ma si tratta di un nome assegnato in epoca rinascimentale. Oggi questo nome si è perso del tutto e non esiste alcuna danza o ballo nelle Canarie chiamato così.

    Esistono, tuttavia, diverse interpretazioni di vari studiosi, più frutto di impressioni e desideri che di conoscenza storico-musicale, che ipotizzano il legame di alcuni balli moderni delle Canarie con l’antico Canario, come il sirinoque, il “baile del tambor” e il tajaraste. Al di fuori delle isole, molti indicano lo zapateado, proprio di vari territori ispanici e ispanoamericani, come un discendente del Canario.

    L’enorme popolarità del ballo fece sì che, nel corso dei decenni, la sua menzione non si limitò solo all’ambito coreutico-musicale, ma coinvolse anche numerosi scritti letterari, come quelli di Sánchez de Badajoz (1554), Viana (1604), Valdivielso (1612), Cervantes (1615) e Lope de Vega (1618 e 1621).

    Accanto a queste fonti letterarie, vi sono numerose fonti storiche che menzionano questo ballo. A titolo di esempio si possono citare:

    • Francisco López de Gomara (1552), un cronista delle Indie che cita il Canario come un “baile gentil y artificioso”;
    • Méndez Nieto (1561), un medico portoghese che, nei suoi scritti, descrive una “sesión de baile muy canario”;
    • Leonardo Torriani (1590), un ingegnere italiano che racconta degli abitanti dell’isola di Hierro e all’origine del “famoso baile canario”;
    • Alonso de Espinosa (1594), un frate domenicano che menziona un ballo chiamato Canario a Tenerife, caratterizzato da “mucha ligereza y mudanzas”;
    • Abréu Galindo (ca. 1596), un frate francescano che, in riferimento agli abitanti di Gran Canaria, racconta di un ballo “menudico y agudo” chiamato Canario;
    • Juan Núñez de la Peña (1676), uno storico di Tenerife, il quale descrive i giochi e le danze dei locali, menzionando il Canario come ballato con destrezza e diverse “mudanzas”;
    • Joseph Martinez de la Puente (1678), il quale nel suo Epitome de la Crónica del Rey don Juan II de Castilla descrive la danza come un “bayle, o saltarelo muy gracioso”;
    • George Glass (1764), marinaio e commerciante inglese che, nel descrivere le feste popolari delle Canarie, menziona che il ballo era praticato dagli antichi canari;
    • Jose de Viera y Clavijo (1772), storico ed enciclopedista delle Canarie, il quale dedica un intero paragrafo al ballo nella sua Historia de Canarias;
    • Sabino Berthelot (1842), naturalista francese che para del “baile canario” nella sua Etnografía y Anales de la Conquista de las Islas Canarias, affermando che esso fu introdotto in Andalusia dagli schiavi portati a Siviglia.

    Vi sono anche delle cronache più primitive, risalenti ai tempi della conquista e denominate “Ovetense, Matritense e Lacunense”, oltre alle Historias di López de Ulloa, Antonio Sedeño e Gómez Escudero, i quali non citano la parola “Canario”, ma fanno riferimento a un ballo con “zapateados, mudanzas y cabriolas”, identificabile con il Canario.

    Buona giornata e a domani!

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