Concerto per violoncello – XVI

Luigi Boccherini (19 febbraio 1843 - 1805): Concerto per per violoncello e orchestra n. 7 in sol maggiore G 480 (1769c). Mischa Maisky, vio­loncello; Orpheus Chamber Orchestra.

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5 pensieri riguardo “Concerto per violoncello – XVI

  1. Buongiorno, caro Claudio, grazie mille di aver portato questo stupendo concerto per violoncello, un’interpretazione a dir poco magistrale! 😊

    Boccherini nacque a Lucca nella famiglia del cantore, contrabbassista e violoncellista Leopoldo Boccherini e di sua moglie Maria Santa Prosperi.

    La sua educazione musicale iniziò verso i nove anni, quando fu mandato dal padre come allievo esterno presso il seminario arcivescovile della città, dove studiò armonia e contrappunto con l’abate D.F. Vannucci. Già quattro anni più tardi, il giovane sapeva già suonare il violoncello e, forte di questo, iniziò a esibirsi nei teatri e per le festività ecclesiastiche.

    Nel 1757, sempre su spinta del padre, Boccherini si recò a Roma per perfezionarsi ulteriormente, quasi certamente alla scuola degli strumenti ad arco di Corelli e presso il violoncellista e compositore G. B. Costanzi. Le notizie del soggiorno romano sono piuttosto scarse, ma si sa che questa permanenza suscitò nel giovane un maggiore interesse e una migliore conoscenza della musica polifonica.

    Nello stesso anno, padre e figlio si recarono a Vienna in rappresentanza della loro città e qui fecero parte dell’orchestra del Teatro Imperiale. La permanenza nella capitale austriaca durò fino alla fine del 1758, anno in cui i due ritornarono in Italia.

    La scarsità dei documenti non permette di capire dove si sia diretto negli anni successivi il giovane, ma si può ritenere che, nonostante la giovane età, fosse conosciuto in tutta Europa ed era pronto a spostarsi ovunque venisse richiesto.

    Nel settembre 1759, lo si ritrova a Lucca a “eseguire un concerto alle musiche della S. Croce” mentre, l’anno successivo, fece ritorno a Vienna, dove divenne presto famoso come compositore. I primi frutti del suo lavoro, assai apprezzati, furono i sei Trii per due violini e violoncello obbligato op. 1 (1760), i sei Quartetti per due violini, viola e violoncello op. 2 (1761, dedicati “ai veri dilettanti e conoscitori di musica”) e le sei Sonate per due violini op. 3 (1761).

    Nonostante la grande fama, Boccherini non godeva di un reddito adeguato e, di conseguenza, partì nuovamente con il padre alla volta di Vienna. Ripreso il suo vecchio impiego al Teatro Imperiale, il giovane organizzò un concerto per il gennaio 1764, nel corso del quale eseguì con grande successo alcune sue vecchie Sonate per violoncello e basso o alcuni Concerti per violoncello e piccola orchestra. Il buon esito di quest’esibizione permise al compositore di venire eletto “virtuoso” della Musik-Akademie.

    Con quest’evento, Boccherini iniziò una vera e propria letteratura per lo strumento, enfatizzando le possibilità espressive del violoncello come strumento concertante e come membro di una compagine orchestrale.

    Nel 1764, dopo molte insistenze, il compositore fu nominato primo violoncello della Cappella Palatina della sua città natale. L’esperienza durò appena un anno, a causa dell’inadeguato trattamento economico e, di conseguenza, Boccherini partì per Milano, probabilmente “spinto dal desiderio di studiare col famoso maestro” Giovanni Battista Sammartini.

    Fu proprio nel capoluogo lombardo che, forse, il compositore partecipò al primo “quartetto” toscano di cui si abbia notizia, costituito dai violinisti Pietro Nardini e Filippo Manfredi e dal violista Giuseppe Maria Cambini.

    Anche in questo caso, il soggiorno ebbe breve durata in quanto, nel luglio 1765, Boccherini e il padre erano prima a Pavia e poi a Cremona come “professori” di violoncello e di contrabbasso ospiti nell’orchestra di Sammartini.

    La testimonianza di quest’evento avvalora la tesi che il compositore “conobbe da vicino la musica” di Sammartini e avvalora anche l’ipotesi che il Concerto a grande orchestra per il violoncello in Mi bemolle maggiore appartenga a questi anni, proprio per la chiara derivazione stilistica sammartiniana.

    Verso il settembre dello stesso anno, Boccherini era nuovamente a Lucca e, per la fine dell’anno, fu incaricato della scrittura della cantata La confederazione de i Sabini con Roma, in occasione della prima giornata delle “Tasche”, ossia i comizi per l’elezione dei pubblici magistrati che si svolgevano dal 9 all’11 dicembre. Questo dimostra di quanta stima godesse il compositore nella sua città.

    Poco dopo, tra il Natale e l’Epifania, Boccherini rappresentò durante le “Sacre Veglie” i suoi due oratori Il Gioas re di Giuda e Il Giuseppe riconosciuto, entrambi su testi di Metastasio ed eseguiti nella chiesa di S. Maria di Corteorlandini.

    Nel 1766, invece, Boccherini dovette subire la morte del padre e tale perdita lo spinse ad avvicinarsi al violinista Manfredi, da lui seguito fino a Genova, dove questi insegnava violino. Dopo un breve ritorno a Lucca, dove suonò un’ultima volta in settembre, Boccherini partì con l’amico in una tournéé nell’Italia settentrionale e nella Francia meridionale.

    Durante questo periodo, il compositore ottenne un grande successo e, grazie all’espressività delle sue esecuzioni, riuscì a fare breccia nel cuore del pubblico parigino. Nella capitale francese, tra l’altro, Boccherini conobbe lo stile classico viennese, nonché i suoi principali editori, il veneziano Vénier e il francese La Chevardière.

    Grazie a loro, il compositore poté pubblicare diverse sue composizioni, ottenendo grandi successi di vendita. Fra queste, si ricordano le sei Sonate per clavicembalo e violino op. 5 (1769), dedicate alla clavicembalista e pittrice Madame Brillon de Jouy, conosciuta durante la frequentazione dei salotti cittadini.

    Queste sonate mettono in rilievo le possibilità cembalistiche e, da esse, risulta una chiara predilezione di Boccherini per la forma-sonata, sia monotematica che bitematica.

    Nello stesso periodo, Boccherini e l’amico furono invitati a Madrid alla corte del principe Carlo dove, dopo una fredda accoglienza, il secondo fu nominato primo violino dell’orchestra reale, mentre il primo fu relegato a primo organista.

    Nonostante avesse dedicato al principe i sei Trii per due violini e violoncello op. 6 (1769) e al fratello dei re Carlo III Luis di Spagna i sei Quartetti op. 8 (1769) e avesse composto un grande Concerto a più stromenti… per gli Accademie che se fecera al opera Los Caños del Peral op. 7 (1769), il compositore dovette attendere almeno un altro anno prima della sua nomina a violoncellista di camera e di compositore reale.

    Retribuito lautamente, Boccherini era però vincolato a comporre solo per Luis, obbligo osservato per quindici anni, a partire dalla scrittura dei sei Quartetti op. 9 (1770), dedicati “alli Signori dilettanti di Madrid”. In questi anni, il compositore si avvicinò anche alla forma del quintetto, scrivendo tra gli altri i sei Quintetti op. 11 (1771).

    Dopo una serie di spiacevoli eventi (il ritorno definitivo dell’amico a Lucca, l’abbandono da parte di Luis e, infine, la morte della madre e di Manfredi), Boccherini si immerse completamente nella composizione, scrivendo musica sinfonica, vocale e strumentale.

    A questo periodo, risalgono il Quintetto n° 6 “Musica notturna delle strade di Madrid” op. 30 (1780) e il Quintetto n° 2 “Imitando il Fandango che suona sulla chitarra il Padre Basilio” op. 40 (1788), entrambi di chiaro sapore spagnolo.

    Le crescenti difficoltà economiche spinsero forse il compositore a scrivere anche musica per i monasteri ma, dopo aver trovato un altro protettore nel principe Federico Guglielmo di Prussia, il suo carico lavorativo diminuì notevolmente e la sua situazione economica migliorò.

    Nello stesso periodo, fu assunto come direttore dell’orchestra della duchessa-contessa di Benavente-Osuna, Maria Josefa Alonso Pimentel, conosciuta presso la corte di Luis di Spagna.

    La frequentazione dei salotti della Pimentel permise al compositore di conoscere le migliori personalità artistiche dell’epoca e di ricevere nuove commissioni, fra le quali la scrittura della zarzuela La Clementina (1786), composta per la madre della Pimentel, la marchesa di Peñafiel.

    Alla sua mecenate, Boccherini dedicò i sei Quintetti op. 36 (1786), i tre Quintetti op. 39 (1787) e i dieci Minuetti ballabili op. 41 (carnevale 1788).

    Nel 1787, il compositore si dimise inspiegabilmente dal suo incarico di direttore e, da questo momento in poi, non si hanno sue notizie fino al 1796, quando iniziò una copiosa corrispondenza con l’editore Pleyel.

    Dopo la morte del re di Prussia e senza alcun sostegno, Boccherini fu soccorso dal marchese di Benavente, il quale gli commissionò diverse riduzioni chitarristiche di pezzi boccheriniani. In segno di riconoscenza, il compositore dedicò al suo salvatore la Sinfonia in Do maggiore (1799) per “guitarra”, due oboi, fagotto, due corni e archi, un arrangiamento del Quintetto in Do maggiore n° 4 op. 10 (1771).

    Tra varie angustie, il compositore riuscì a scrivere anche la scena drammatica Ines de Castro (1798) e i sei Quintetti per pianoforte, due violini, viola e violoncello op. 57 (1799), dedicati alla “Nazione Francese” e inviati all’ambasciatore francese di Madrid Luciano Bonaparte.

    Questi, grande amante di musica, lo accolse con benevolenza e lo protesse per ben due anni, incaricandolo dell’organizzazione di vari concerti. In riconoscenza, Boccherini gli dedicò i sei Quintetti a due violini, due viole e violoncello op. 60 (1801), i sei Quintetti op. 61 (1802) e gli incompiuti due Quartetti op. 62 (1802).

    Dopo la partenza del suo protettore, il compositore si ritrovò di nuovo in ristrettezza economica ma, nonostante tutto, continuò a comporre, scrivendo una Cantata per Natale op. 63 (1802, oggi perduta e dedicata all’imperatore di Russia Alessandro I, forse per ottenerne protezione).

    Dopo la morte della moglie e della figlia, Boccherini si ritirò presso i rimanenti due figli, presso i quali morì il 28 maggio 1805.

    Originale compositore e poliedrico musicista, Boccherini viene considerato uno dei maggiori esponenti della musica strumentale italiana del ‘700. La sua produzione, annoverante oltre 500 composizioni in tutti i principali generi, si contraddistingue per la grande innovatività e la grande ricchezza e fluidità melodica, nonché per l’intenso senso dialettico e la grande varietà e solidità strutturale.

    Ricordato anche come uno dei creatori della musica classica cameristica italiana e come precursore del moderno stile sonatistico-sinfonico, il compositore rimane famoso per i suoi 161 quintetti e i 102 quartetti, perfetti esemplari di raffinata struttura e di elegante stile “dialogante”.

    Le sue Sonate per cembalo e violino, invece, evidenziano il suo ruolo di fondatore dello stile pianistico, anticipando Clementi e Mozart. Per quel che riguarda il violoncello, del quale fu grande virtuoso, Boccherini diede forza a uno strumento allora quasi abbandonato.

    Tra le altre cose, il compositore viene anche ricordato per aver inserito la chitarra tra gli strumenti cameristici e per aver creato un’opera distante dalla moda belcantistica dell’epoca, superando lo stile melodrammatico tipico di Mozart.

    Il suo Concerto in Sol maggiore per violoncello e orchestra d’archi si colloca nell’ambito del suo soggiorno madrileno presso la corte di Carlo III.

    Celebre, ma poco attendibile, è la testimonianza del musicologo francese François-Henri-Joseph Castil-Blaze che racconta di quando il principe Carlo criticò un passaggio ripetitivo di un pezzo boccheriniano, il quale rispose con naturalezza: “Per emettere un giudizio, occorre essere un conoscitore”. Il reale, infuriato, lo prese e lo fece penzolare dalla finestra, vietandogli l’accesso alla corte.

    Il primo movimento, in Sol maggiore, funge da esposizione orchestrale e introduce i temi principali, uno costituito da terze ascendenti e da una veloce scaletta discendente in ritmo puntato e uno in terze staccate briose e vivaci e in rapidi trilli, uniti da una scaletta ascendente di sapore vivaldiano.

    Dopo una breve cadenza, entra il violoncello solista che riprende il primo tema e poi esegue una parte di bravura in veloci semicrome. Dopo una modulazione alla dominante, si arriva a un tutti orchestrale in Re maggiore che riprende il primo tema e lo elabora, conducendo al secondo tema.

    L’episodio solistico successivo esplora le tonalità vicine ed esalta la cantabilità dello strumento e, dopo un lungo pedale di Re, si ritorna alla tonalità di impianto, con la ripresa del primo tema in dialogo tra solista e violini. Successivamente, viene ripreso anche il secondo tema, esposto dal violoncello, per poi concludere con una cadenza solistica e una cadenza orchestrale.

    Il secondo movimento inizia con il canto dolente e mesto del violoncello, nella tonalità di Sol minore, a tratti sorvolando in maggiore. Strutturato in forma tripartita, il brano prevede una prima parte con ripresa in Sol minore e una variazione in Si bemolle maggiore, per poi concludersi con una cadenza solistica.

    L’ultimo movimento inizia con il tutti orchestrale, presentando il tema principale in “eco”, un motivo spensierato e gioioso simile a una danza in metro ternario. Segue la ripresa del tema da parte del solista e l’esposizione del secondo tema, più cantabile ed esposto in progressione ascendente, per poi concludersi in terzine di semicrome nel registro sovracuto.

    Con un nuovo tutti in Re maggiore, viene introdotto un altro episodio solistico, più intenso e drammatico, seguito da una riapparizione del secondo tema in Sol maggiore e dal tutti finale.

    Buona giornata e a domani!

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