Samuel Barber (9 marzo 1910 - 1981): Concerto per violino e orchestra op. 14 (1940). Maria Ioudenitch, violino; hr-Sinfonieorchester Frankfurt, dir. Marta Gardolińska.
- Allegro moderato
- Andante [11:02]
- Presto in moto perpetuo [19:56]

Samuel Barber (9 marzo 1910 - 1981): Concerto per violino e orchestra op. 14 (1940). Maria Ioudenitch, violino; hr-Sinfonieorchester Frankfurt, dir. Marta Gardolińska.

Molte donne in musica!
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Fortunatamente sì 🙂
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Buona domenica Claudio
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Buona domenica a te 🙂
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Buongiorno e buona domenica, caro Claudio, grazie mille di aver condiviso questi due stupendi pezzi, davvero ottime interpretazioni! 😊
Barber nacque in una famiglia piuttosto agiata e colta della cittadina di West Chester (Pennsylvania), figlio del medico Samuel Le Roy Barber e della pianista Marguerite McLeod-Beatty. Come bambino prodigio, il giovane si interessò davvero presto alla musica, incominciando lo studio del pianoforte all’età di anni. Già l’anno successivo, compose il suo primo pezzo per lo strumento, Sadness, di sole ventitré battute e nella tonalità di Do minore.
Nonostante il suo grande interesse musicale, i genitori lo incoraggiarono a giocare a football, allo scopo di costruirsi una brillante carriera sportiva. Barber, però, rimase fermo nella sue convinzioni e, all’età di nove anni, scrisse alla madre:
“Cara mamma: Ho scritto questo per rivelarti il mio preoccupante segreto. Non piangere quando lo leggerai perché non è né colpa tua né mia. Suppongo che dovrò raccontartelo ora, senza sciocchezze. Per cominciare, non ero destinato a essere un atleta [sic]. Dovevo essere un compositore, e lo sarò di sicuro. Le chiedo un’ultima cosa: non mi chieda di cercare di dimenticare questa cosa spiacevole e di andare a giocare a calcio, la prego: a volte mi preoccupo così tanto di questa cosa che mi fa impazzire (non molto)”.
L’anno successivo, il giovane scrisse la sua prima operetta, The Rose Tree, su libretto del cuoco della famiglia mentre, due anni più tardi, iniziò a lavorare come organista presso una chiesa locale.
Per migliorare le sue abilità musicali, Barber iniziò a prendere lezioni private di pianoforte con William Hatton Green e, all’età di 14 anni, fu ammesso al programma per giovani artisti del Curtis Institute of Music di Philadelphia, dove trascorse dieci anni a studiare composizione, canto e pianoforte.
Durante i suoi primi anni presso l’istituto, il giovane frequentò anche la West Chester High School e, in questo periodo, scrisse l’alma mater della scuola, tuttora in uso. Dopo il diploma nel 1928, Barber entrò nel programma professionale per adulti del Curtis Institute, ottenendo un altro diploma nel 1934.
Presso l’istituto, ebbe come insegnanti George Frederick Boyle e Isabelle Vengerova (pianoforte), Rosario Scalero (composizione), Fritz Reiner (direzione d’orchestra) ed Emilio de Gogorza (canto).
Al Curtis, inoltre, conobbe il suo futuro compagno di vita e collega Gian Carlo Menotti, nonché la fondatrice dell’istituto, Mary Louise Curtis Bok, la quale lo introdusse alla famiglia Schirmer, i suoi futuri editori.
Fin dai suoi inizi come compositore, Barber scrisse composizioni apprezzatissime, le quali gli fecero guadagnare rapidamente grande fama. I suoi primi pezzi “da adulto” riflettono alcune caratteristiche del suo periodo “infantile” (durato fino al 1942), come l’uso di armonie tonali, di dissonanze irrisolte, di moderati cromatismi e di melodie liriche e diatoniche.
Le sue prime composizioni di rilevo furono la Sonata per violino (andata perduta o distrutta, insignita del premio Joseph H. Bearns della Columbia University) e l’ouverture di The School of Scandal (1931, vincitrice di un altro premio Bearns).
Durante i suoi anni studenteschi, Barber cercò altre opportunità di crescita musicale in Europa. Tra le sue mete, si ricordano l’Italia, dove si perfezionò in composizione con Scalero e Vienna, dove studiò canto e direzione d’orchestra. Quest’ultima disciplina fu anche approfondita in patria con George Szell.
Nei suoi primi anni di carriera, Barber lavorò per breve tempo anche come baritono professionista e questa esperienza gli permise di scrivere numerose canzoni, le quali occupano circa due terzi della sua produzione musicale.
Il primo lavoro orchestrale del compositore di rilevanza internazionale fu la Sinfonia in un movimento (1936), scritta mentre stava studiando composizione a Roma. Seguì due anni più tardi la sua opera più celebre, l’Adagio per archi, un arrangiamento del movimento lento del suo Quartetto per archi op. 11.
Dal 1939 al 1942, invece, Barber fu insegnante di composizione al Curtis Institute e, in questo periodo, conobbe una nuova fase compositiva, fortemente influenzata dalla musica di Stravinsky, Schoenberg, Bartók e dalla musica jazz. In più, si legò maggiormente alla letteratura e alla cultura americane, come si può vedere nel primo esempio di questa nuova fase, un pezzo corale basato sul poema di guerra A Stopwatch and an Ordnance Map di Stephen Spender.
Dal 1942 al 1945, Barber fu nell’Army Air Corps e, durante questo periodo, scrisse vari pezzi, come la Commando March (1943), il Concerto per violoncello (1943) e la Sinfonia n° 2 (1943).
Sempre nel 1943, Barber e Menotti acquistarono “Capricorn”, una casa a nord di Manhattan a Mount Kisco, la quale funse da rifugio artistico del compositore fino al 1972. Qui scrisse la suite di balletti Medea (1946), il pezzo sinfonico Knoxville: Summer of 1915 per soprano e orchestra e la Sonata per pianoforte (1949).
Negli anni ’50, il compositore si concentrò sulla sua carriera di direttore d’orchestra, senza lasciare però la composizione.
Nel 1962, Barber fu il primo compositore statunitense a prendere parte al Congresso Biennale dei Compositori Sovietici a Mosca. Negli anni successivi, scrisse pezzi importanti come Andromaca’s Farewell (1962) per soprano e orchestra e l’opera Anthony e Cleopatra (1966).
Quest’ultima non fu ben accolta e ciò fece cadere Barber nella depressione e nell’alcolismo, i quali ebbero un impatto negativo sulla sua produttività creativa e portarono alla fine della sua relazione con Menotti.
Nei suoi ultimi anni, Barber scrisse un adattamento del suo Adagio per il pezzo corale Agnus Dei, il ciclo di canzoni Despite and Still (1969), la cantata The Lovers (1971) e The Third Essay for Orchestra (1978).
Ammalatosi di cancro, il compositore trascorse gli ultimi tre anni della sua vita dividendosi tra la sua abitazione e gli ospedali, fino a quando la morte non lo colse nel 1981.
La sua ultima composizione, Canzone per oboe e orchestra d’archi (1981), fu pubblicata postuma e rimase incompiuta. Originariamente, era destinato a essere un concerto per oboe, ma Barber ne completò solo il secondo movimento.
All’interno della sua produzione musicale, si ricordano quattro concerti, ossia uno per violino (1939), uno per violoncello (1945), uno per pianoforte (1962) e il neoclassico Capricorn Concerto (1944) per flauto, oboe, tromba e orchestra d’archi.
Da segnalare anche la Toccata festiva (1960) per organo e orchestra, Excursions op. 20 per pianoforte (emulatrici degli stili musicali classici americani, come il blues e il boogie-woogie), la Ballata op. 46, la Sonata per pianoforte in Mi bemolle minore, op. 26 e il Notturno (Omaggio a John Field) op. 33.
In ambito teatrale, infine, si segnala l’opera Vanessa (1958), su libretto di Menotti.
Il suo Concerto per violino op. 14 gli fu commissionato dall’industriale del sapone da bucato Samuel Simeon Fels per sua figlia, Iso Briselli, diplomatasi al Curtis Institute of Music lo stesso anno di Barber.
La gestazione dell’opera iniziò in Svizzera durante l’estate del 1939, sperando di completarla all’inizio dell’autunno, in modo da rispettare la scadenza impostagli del 1° ottobre. I suoi piani furono però sventati dallo scoppio della Seconda Guerra Mondiale e, alla fine di agosto, si recò dapprima a Parigi e poi negli Stati Uniti, dove giunse all’inizio di settembre. Dopo un breve periodo di riposo con la sua famiglia a West Chester, Barber continuò a lavorare alla composizione nelle Pocono Monutains.
Nel resoconto di Barber, egli afferma di aver dato a Briselli “i primi due movimenti completati (circa 15 minuti di musica) a metà ottobre” e “sembrava deluso dal fatto che non fossero di carattere virtuosistico – un po’ troppo facili”. Egli poi chiese a Briselli “quale tipo di tecnica brillante gli si addicesse di più; mi disse che non aveva preferenze”, proseguendo con l’affermazione: “A quel tempo, non gli dispiaceva apparentemente l’idea di un ‘moto perpetuo’ per l’ultimo movimento”.
Tuttavia, Briselli affermò che i primi due movimenti gli piacquero molto e che ne desiderava un terzo più virtuosistico.
A metà novembre, Briselli mostrò quanto ricevuto al suo insegnante di violino a New York, Albert Meiff, il quale gli disse che la parte del violino andava sottoposta a una “operazione chirurgica”, poiché “gli abbellimenti tecnici sono molto lontani dalle esigenze di un violinista moderno” e che il pezzo, nel suo stato attuale, era ineseguibile da Briselli. Meiff, inoltre, si propose per la riscrittura dei primi due movimenti, suggerendo che il terzo fosse scritto “con una conoscenza dello strumento”.
Prima di inviare il terzo movimento a Briselli, Barber chiese a un suo studente del Curtis di studiarlo e di suonarlo per lui e, in una lettera a Fels del 14 dicembre, dichiarò che fosse “pratico e suonabile”. Il compositore aggiunse di aver “lavorato molto duramente” sul pezzo, terminandolo “in circostanze tutt’altro che ideali” e di averlo inviato a Briselli circa due mesi in anticipo della prevista esecuzione.
Tuttavia, Briselli rimase deluso appena lo ricevette poiché, secondo Barber, le sue ragioni erano che “primo, non poteva impararlo con sicurezza per gennaio; secondo, non era violinistico; terzo, non si adattava musicalmente agli altri due movimenti, gli sembrava piuttosto insignificante”.
Egli chiese al compositore di scriverlo, per esempio ampliandolo in una sonata-rondò, ma Barber si rifiutò, sostenendo di “non poter distruggere un movimento in cui ho piena fiducia, per sincerità artistica verso me stesso”. Fu così che Briselli rinunciò alle sue pretese e, nella prima esecuzione prevista, sostituì l’opera con il Concerto per violino di Dvořák.
Il 26 dicembre, Meiff scrisse a Fels una lettera di due pagine, dove illustrava “punto per punto” le criticità del pezzo di Barber, come il fatto che “non ha abbastanza spina dorsale – non è forte, non è maestoso – non contiene abbastanza momenti drammatici, tutti elementi che rendono un’esecuzione di successo”. In particolare, il finale “era un’idea pericolosa fin dall’inizio, fare un movimento di moto perpetuo… senza un respiro di riposo e senza parti melodiche… un finale rischioso e stancante… era un’idea sbagliata, e il signor Barber dovrebbe ammetterlo”.
Il pezzo fu eseguito privatamente all’inizio del 1940 da Herbert Baumel (lo studente di Barber che aveva suonato l’ultimo movimento) con la Curtis Institute Orchestra, diretta da Fritz Reiner. Dopo questa esecuzione, Eugene Ormandy ne programmò la prima ufficiale con la Philadelphia Orchestra all’Academy of Music e alla Carnegie Hall l’anno successivo.
Barber fornì le seguenti note di programma per la prima:
“Il primo movimento – l’Allegro molto moderato – inizia con un primo soggetto lirico annunciato subito dal violino solo, senza alcuna introduzione orchestrale. L’insieme di questo movimento ha forse più il carattere di una sonata che di un concerto. Il secondo movimento – Andante sostenuto – è introdotto da un esteso assolo di oboe. Il violino entra con un tema contrastante e rapsodico, dopo il quale riprende la melodia dell’oboe dell’inizio. L’ultimo movimento, un perpetuum mobile, sfrutta il carattere più brillante e virtuosistico del violino“.
La dimensione lirico-rapsodica del pezzo emerge subito nel primo movimento, in Sol maggiore, dal carattere cantabile e privo di parti virtuosistiche.
Il primo tema – elegiaco, malinconico e vagamente modale – è affidato subito al violino solista, con accompagnamento di archi, corni e accordi arpeggiati del pianoforte. Seguono altri due temi, uno espressivo introdotto dapprima dal clarinetto con ritmo zoppicante e poi sviluppato dal violino, uno più pimpante e staccato che porta a un breve dialogo solista-legni.
Lo sviluppo, più cupo e tensivo, sfocia nella ripresa orchestra del primo tema e, verso la fine, vi è una cadenza, più elaborata nella revisione del 1948.
Il secondo movimento, in Mi maggiore, è anche lirico e cantabile. Viene introdotto da un modale assolo dell’oboe che si dipana con calma, per gradi congiunti e con ritmo uniforme, su un substrato armonico degli archi con sordina. Segue il secondo tema, più rapsodico e affidato al violino, fatto di ampie esecursioni sonore e altamente emotivo, punteggiato da brevi cellule melodiche delle trombe. Verso la fine, il violino riprende il primo tema e conclude il movimento con una breve coda, aggiunta nella revisione.
Il finale si distingue per le sue asprezze armoniche, per le discontinuità ritmiche, il carattere incisivo, il metro variabile e la linea virtuosistica del solista. Il moto perpetuo del violino, introdotto dai timpani, è una raffica di crome punteggiate da accordi orchestrali, spesso sfasati, interrotto solo da due brevi pause, dove il discorso musicale passa agli altri strumenti. La conclusione è affidata a una velocissima coda in semicrome.
Buona giornata e a domani!
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Benissimo, Pierfrancesco. Buona serata, a domani 🙂
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Barber a volte è davvero struggente. Mi riferisco anche all’Adagio for Strings, Op. 11 soprattutto nell’esecuzione di Bernstein
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Un anno fa avevo proposto il Quartetto di Barber da cui è tratto il famoso adagio (II movimento):
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Wonderful! 👏👏👏
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Glad you liked it, Ashley. Have a pleasant evening 🙂
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Grazie, Claudio, you too! 🙏
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Really beautiful 🌹
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