Il poema divino

Aleksandr Nikolaevič Skrjabin (1872 - 27 aprile 1915): Terza Sinfonia in do minore op. 43, Le divin poème (1902-04). Orchestra sinfonica di Mosca, dir. Igor’ Golovšin.

  1. Lento
  2. Luttes [1:38]
  3. Voluptés [27:16]
  4. Jeu divin [41:00]

6 pensieri riguardo “Il poema divino

  1. Buongiorno e buona domenica, caro Claudio, grazie mille di aver portato questa “divina” sinfonia, una intepretazione mozzafiato! ☺️

    L’idea per questa sinfonia iniziò a formarsi nella mente di Skrjabin agli inizi del 1902 ma, a causa di impegni familiari e didattici e della sua tendenza a elaborare a lungo il materiale musicale nella sua testa, la composizione vera e propria incominciò più tardi.

    Già in una lettera del 25 maggio alla moglie Vera, il compositore menzionò di aver suonato la sinfonia a “Nikita” (N. S. Morozov, musicologo e professore di teoria musicale al Conservatorio di Mosca, nonché suo grande amico) durante una visita di questi presso la sua abitazione. Morozov rimase stupefatto del nuovo lavoro di Skrjabin, tanto da preferirlo alle precedenti due sinfonie del compositore.

    Sebbene originariamente concepita come un ciclo sonata-sinfonico tradizionale in quattro movimenti, Skrjabin desiderava superare le convenzioni musicali per creare non solo una semplice composizione, ma l’incarnazione di una idea filosofica.

    All’inizio dell’estate del 1902, il compositore aveva completato e trascritto il primo movimento, mentre gli altri erano in fase di abbozzo. Skrjabin sperava di progredire significativamente durante il periodo estivo, lontano dagli impegni del conservatorio e dalla frenesia della città.

    Tuttavia, i suoi piani furono rovinati a causa di problemi di salute dovuti a un intenso stress creativo (stava anche lavorando alla seconda sinfonia) e a un accumulo di stanchezza, i quali lo fecero cadere in una depressione nervosa. Fu perciò costretto a prendersi una pausa, riposando nella tenuta di Obolenskoe.

    Nonostante questo fermo forzato, Skrjabin non smise di pensare al suo nuovo lavoro e, sentendosi rinvigorito, decise di riprendere il lavoro, stavolta con ritmi più tranquilli. In autunno, la Terza Sinfonia vide la luce (nella sua versione iniziale per pianoforte) e, all’inizio di dicembre, il compositore procedette a orchestrarla.

    A questo punto, l’opera era ancora una “semplice” sinfonia e non aveva né il sottotitolo “Il Poema Divino” né l’introduzione nietzschiana, i quali apparvero solo quasi tre anni più tardi, durante una nuova fase compositiva di Srkjabin.

    Il 1903 fu un periodo difficile per il compositore, afflitto da varie distrazioni e da problemi familiari e creativi. Le continue visite dei suoceri – insoddisfatti del suo comportamento “inadeguato” per un uomo di famiglia – non gli permisero di concentrarsi sul lavoro. In più, Skrjabin fu distratto da una nuova idea per una “grande opera orchestrale” (mai realizzata) e da pezzi pianistici precedenti.

    A causa di ritardi nella consegna di nuove composizioni, l’editore Beliaev gli presentò un conto di 4.000 rubli di debiti accumulati e, per saldarlo, il compositore fu costretto a scrivere più di trenta pezzi per pianoforte durante l’estate del 1903.

    Nonostante il sopraggiunto impegno, Skrjabin non smise di lavorare alla Terza Sinfonia e, al suo ritorno a San Pietroburgo per riferire a Beliaev sul lavoro svolto, decise di eseguire in prima assoluta la sinfonia davanti a un gruppo di compositori, in occasione di una delle serate musicali organizzate dall’editore (le “Beliaevskie piatnitsy”), tenutasi il 14 novembre. Tra i presenti, vi erano anche Rimsky-Korsakov, Glazunov e Liadov.

    L’opera fu inaspettatamente accolta calorosamente, con grande lode di Rimsky-Korsakov e unanime entusiasmo di Glazunov e Liadov, tanto da parlare di una possibile esecuzione della sinfonia da parte di Arthur Nikisch.

    Tuttavia, alla fine dell’anno, la Terza Sinfonia non aveva ancora preso forma, poiché l’orchestrazione si protrasse per più di un anno. Stavolta, Skrjabin fu distratto dalla ripresa dell’idea di una “super-opera nietzschiana”, sulla quale spese molte energie creative.

    In una lettera del dicembre 1903 a Beliaev, il compositore scrisse di stare “lentamente terminando l’orchestrazione della Terza Sinfonia”. Questa fu l’ultima missiva indirizzata al suo amico ed editore, poiché questi morì il 28 dicembre, causando grande dolore al compositore.

    L’inizio del 1904 portò a Skrjabin nuove preoccupazioni di carattere pratico. In questo periodo di forte tensione emotiva, un forte sostegno arrivò da Margarita Kirillovna Morozova – un’amica di famiglia, sua ammiratrice e allieva.

    Consapevole delle difficoltà finanziarie del suo insegnante, la donna gli offrì un sostegno economico mensile (“fissa”, come la chiamava il compositore) affinché potesse trasferirsi all’estero e dedicarsi totalmente alla composizione. Skrjabin accettò subito, a condizione che il denaro fosse destinato al mantenimento della moglie e dei figli.

    Il 19 febbraio, Skrjabin si recò in Svizzera, seguito dalla famiglia ma, anche qui, si distrasse in varie attività, tra le quali la correzione delle bozze dei suoi pezzi per pianoforte per saldare il debito e le dispute con il consiglio di amministrazione dell’editore di Beliaev.

    Solo alla fine di aprile, il compositore ritornò sulla sinfonia, aiutato dalla moglie che ricopiava in bella copia le pagine della partitura. Il lavoro procedeva con lentezza, a causa della lunga interruzione e dei traumi emotivi. In più, negli ultimi due anni, Skrjabin acquisì una nuova visione del mondo che lo rese insoddisfatto della versione precedente della sua sinfonia, ritenuta priva della base ideologico-filosofica presente nella prima parte del libretto della sua “super-opera nietzschiana” incompiuta.

    Durante questo periodo di transizione creativa, il compositore studiò attivamente diverse opere filosofiche e frequentò la famiglia Schlözer, la quale ebbe un ruolo di primo piano nella sua formazione filosofico-scientifica.

    Paradossalmente, grazie alla “lentezza” di Skrjabin e alle numerose distrazioni, la Terza Sinfonia divenne un “Poema Divino”, nel quale ogni movimento rappresentava una nuova fase liberatoria dello spirito creativo dell’Artista-Demiurgo, ossia la lotta, la voluttà e il gioco divino.

    Tra l’estate e l’autunno del 1904, Skrjabin si impegnò intensamente sulla sinfonia tanto che, in una lettera all’amico Morozov, scrisse di lavorare ogni giorno nonostante il caldo torrido e la gestazione avanzata del lavoro, con sole 40 pagine rimanenti da orchestrare. A novembre, l’opera fu conclusa e il compositore inviò il manoscritto a Beliaev a Lipsia per l’incisione.

    Nella sua versione finale, l’opera è un ciclo sinfonico programmatico in tre movimenti:

    • Introduction et Luttes: qui si rappresenta la lotta tra l’uomo schiavo di un Dio personale e l’uomo-dio potente e libero. Sebbene la ragione dell’uomo-dio trionfi nell’affermazione del suo “io” divino, la sua volontà personale è ancora incline al panteismo;
    • Voluptés: qui l’uomo si abbandona ai piaceri mondani, cullandosi e facendosi inebriare da essi. Tuttavia, la sua coscienza del sublime emerge dal profondo e lo aiuta a superare questa fase di passività.
    • Jeu divin: qui lo spirito è finalmente libero da ogni vincolo e, consapevole della sua unità con l’universo, si abbandona alla gioia elevata della sua libera attività, ossia il “gioco divino”.

    Questo programma fu dapprima scritto in francese da Tatiana Fëdorovna Schlözer – musa e seconda moglie del compositore – appositamente per la prima parigina della sinfonia e, successivamente, venne autorizzato da Skrjabin stesso.

    La prima parigina ebbe luogo il 16 maggio 1905 in occasione di un concerto sinfonico diretto da Nikisch nella Salle du Nouveau Théâtre, mentre la prima russa si tenne a San Pietroburgo il 23 febbraio dell’anno successivo, in un concerto sinfonico russo diretto da Feliks Michajlovič Blumenfel’d nella Sala dell’Assemblea Nobiliare. Solo tre anni più tardi, precisamente il 21 febbraio, si ebbe la prima moscovita, presso la Sala Grande del Conservatorio di Mosca, sotto la direzione di Ėmil’ Kuper.

    La prima parigina fu accolta entusiasticamente dal pubblico, ma suscitò anche pareri contrastanti. Una recensione su “The Musical Courier” lodò l’originalità e l’interesse musicale del lavoro, nonché la chiara e precisa direzione di Nikisch, sottolineando anche la divisione del pubblico tra applausi e fischi al termine dell’esecuzione.

    Anche la prima a San Pietroburgo suscitò un acceso dibattito tra i critici e il pubblico. Skrjabin ricevette una lettera entusiasta da Stasov, nella quale riconosceva l’importanza e l’originalità del lavoro, pur notando alcune influenze wagneriane. Anche il compositore Jurij Nikolaevič Pomerancev, in una lettera a Taneev, descrisse l’esecuzione come straordinaria per la ricchezza della musica e la grandezza del compositore. Al contrario, Rimsky-Korsakov espresse il suo disappunto per le “novità skrjabiniane” al direttore tedesco Franz Beidler.

    In occasione della prima moscovita, invece, il critico Nikolay Dmitriyevich Kashkin riconobbe il grande talento del compositore, ma criticò le “prolisse e poco coerenti” descrizioni programmatiche che accompagnavano i suoi pezzi sinfonici, ritenendo che la musica della Terza Sinfonia parlasse da sé e che il programma fosse superfluo e posticcio.

    È noto un curioso episodio accaduto a Skrjabin nel negozio di musica Breitkopf a Bruxelles. Avendo ordinato diverse copie della partitura della sinfonia per alcune esecuzioni ad Amsterdam e a Bruxelles, si recò a ritirarle ma, con suo stupore, il venditore lo informò che la sinfonia non era in vendita.

    Srkjabin scrisse una lettera a Liadov per chiedere chiarimenti e risolvere il problema, informandosi anche della sorte della sua riduzione per pianoforte a quattro mani del lavoro, completata da L. Konjus quasi un anno prima.

    Si venne a sapere che la riduzione, inviata a San Pietroburgo, si smarrì durante il trasporto e che Konjus fu incaricato della scrittura di una seconda versione, pubblicata solo alla fine del 1907. L’equivoco fu presto chiarito, in quanto l’impiegato di Lipsia era semplicemente male informato.

    Alla fine del 1906, tra l’altro, l’editore non solo non pagò al compositore il compenso per quattro pezzi pianistici, ma gli propose anche di ricevere in anticipo il Premio Glinka per la sua sinfonia, una decisione contraria allo statuto e da mantenere segreta.

    Della sinfonia, ne esiste anche una versione che include una parte per organo e per “clavier à lumieres”, realizzata dal direttore Arkadij Fel’dman ed eseguita per la prima volta il 3 febbraio 2012 nella sala d’organo della Cattedrale di Kaliningrad.

    La Terza Sinfonia, nonostante la sua ispirazione programmatica netta e definita, non è suddivisa in tre movimenti, ma è strutturata in un unico grande movimento continuo, suddiviso internamente in sezioni principali collegate “attacca”.

    L’opera richiede un’orchestra molto grande, tipica dello stile tardo-romantico e delle ambizioni sonore del compositore:

    • Legni: Flauto Piccolo, 3 Flauti, 3 Oboi, Corno Inglese, 3 Clarinetti (in Si♭ e La), Clarinetto Basso (in Si♭), 3 Fagotti, Controfagotto.
    • Ottoni: 8 Corni (in Fa), 5 Trombe (in Si♭), 3 Tromboni, Tuba.
    • Percussioni: Timpani (almeno 3), Tam-tam, Piatti, Triangolo (anche se non tutti elencati nella prima pagina, compaiono nel corso dell’opera).
    • Archi: 2 Arpe, Violini I (specificati 16), Violini II (specificati 16), Viole (specificate 12), Violoncelli (specificati 12), Contrabbassi (specificati 8).

    L’uso di legni tripli con strumenti ausiliari (Piccolo, Corno Inglese, Clarinetto Basso e Controfagotto), un massiccio gruppo di ottoni (ben 8 corni e 5 trombe), 2 arpe e un’espansa sezione degli archi indica la ricerca di una vasta gamma di colori, potenza sonora e tessiture complesse.

    L’introduzione ha un carattere maestoso, imponente e quasi cosmico e inizia con un motivo discendente potente negli ottoni gravi in fortissimo, subito seguito da un diminuendo poco a poco, creando un senso di vastità e di mistero. Questo motivo funge da motto fondamentale e rappresenta probabilmente l’elemento “divino” o una forza primordiale.

    L’armonia, fortemente cromatica fin dall’inizio, stabilisce il Do come centro tonale, grazie all’accordo iniziale sui tromboni e sulla tuba (Do-Sol-Do-Mib-Sol). Nonostante ciò, essa si muove rapidamente verso regioni instabili e fa largo uso di accordi alterati e di dissonanze non risolte.

    Vi sono contrasti dinamici estremi e l’orchestra viene introdotta con gradualità, con gli archi che entrano con tremoli e figure arpeggiate.

    La prima sezione corrisponde al primo movimento di una sinfonia, strutturato in maniera libera su uno schema di forma-sonata. L’indicazione “Luttes” (Lotta) è programmatica e rivela il carattere drammatico, conflittuale, energico e altamente tensivo.

    Il primo tema – il tema della volontà e della lotta – è introdotto in pianissimo nei bassi (violoncello, contrabbasso e fagotto) e si caratterizza per un profilo ascendente, ansimante e cromatico che cresce rapidamente in intensità fino a esplodere in una fanfara trionfante degli ottoni. Questo tema incarna lo sforzo e l’affermazione del sé.

    Il secondo tema- il tema lirico, sensuale e sognante – appare per la prima volta e in maniera più definita con l’indicazione di tempo “Mystérieux, romantique, légendaire”. Spesso affidato a strumenti solisti (violino solista e legni), si caratterizza per le armonie fluttuanti e sensuali ed è marcato spesso “dolce”. Rappresenta il polo opposto alla lotta, forse la seduzione del piacere o il mondo interiore.

    Il motivo introduttivo riappare trasformato, spesso negli ottoni (specialmente le trombe), come un richiamo a una dimensione superiore o una forza affermativa (indicazione di tempo “divin, grandiose”).

    Lo sviluppo, elaborato e complesso, vede una frammentazione, una combinazione, una trasformazione e un conflitto tra questi temi. Skrjabin impiega numerose indicazioni espressive per sottolineare il dramma, come “avec trouble et effroi” (con turbamento e spavento), “poco accelerando, Joyeux essor” (accelerando un po’, Gioioso slancio), “avec lassitude et langueur” (con stanchezza e languore), “fier, de plus en plus triomphant” (fiero, sempre più trionfante), “profondément tragique” (profondamente tragico) e “formidable” (formidabile).

    L’armonia segue la complessità di questa parte, diventando più dissonante e impiegando massicciamente accordi aumentati, scale esatonali, quarte aumentate e cromatismi, i quali spingono la tonalità ai suoi limiti. Il Do maggiore-minore rimane un riferimento, ma viene spesso oscurato.

    L’orchestrazione sfrutta al massimo le enormi risorse, con blocchi sonori massicci degli ottoni, passaggi virtuosistici dei legni, una scrittura degli archi estremamente complessa (divisi frequenti, tremoli e registri acuti), arpe scintillanti e un uso drammatico delle percussioni (tam-tam e timpani).

    Si ha, infine, il ritorno dei temi principali – profondamente trasformati e ricontestualizzati – arrivando a un culmine e a una dissolvenza che sfocia “attacca” nella sezione successiva.

    La seconda sezione corrisponde al movimento lento e segue una struttura più libera e rapsodica. Con un carattere sensuale, estatico, lirico e trasognato, essa rappresenta l’immersione nel piacere dei sensi, in contrasto con la lotta precedente.

    Ciò è rappresentato perfettamente da indicazioni come “Sublime”, “avec une ivresse débordante” (con un’ebrezza trabordante), “Élan sublime” (Slancio sublime), “limpide” (limpido), “Suave, languide” (Soave, languido) e “Sensuel, passionné, caressant” (Sensuale, appassionato, carezzevole).

    Prevalgono nuove idee melodiche ampie, sinuose e cromatiche. Il violino solista ha un ruolo di primo piano, insieme ai legni solisti (flauto, oboe, clarinetto e corno inglese). Le fluttuanti melodie fanno ampio uso di appoggiature e ritardi che creano una tensione sensuale. Vi sono, infine, reminiscenze dei temi precedenti.

    L’armonia, estremamente cromatica e instabile, ha un forte sapore pre-atonale. Dominano accordi alterali, quarte aumentate e frammenti di scale esatonale che creano un’atmosfera sospesa ed eterea. Le cadenze tradizionali sono evitate o mascherate.

    L’orchestrazione si fa più trasparente e cameristica, sebbene non manchino intensi climax. Vi è ampio uso di legni solisti, archi divisi e con sordina, ottoni in pianissimo e arpe con arpeggi elaborati e glissandi.

    La sezione termina in un’atmosfera sospesa (“pâmé” – languido/estenuato – e “divin essor” – slancio divino) che porta “attacca” al finale.

    L’ultima sezione è trionfale e sintetizza e risolve i conflitti precedenti. Si può vedere come una forma libera, forse un rondò-sonata o una fantasia, che incorpora o trasfigura i materiali tematici finora esposti.

    Il carattere è esplosivo, gioioso, estatico, danzante e trionfante, mostrando il raggiungimento della libertà dello spirito e il “gioco divino” della creazione e dell’affermazione del sé.

    Questo è ben rappresentato da indicazioni come “Avec une joie éclatante” (Con una gioia sfolgorante), “Vivo, Haletant, ailé” (Vivo, Ansimante, alato), “avec ravissement et transport” (con rapimento e trasporto), “Divin lumineux” (Divino luminoso), “lumineux, de plus en plus éclatant” (luminoso, sempre più sfolgorante), “avec élan” (con slancio), “joie sublime extatique” (gioia sublime estatica) e “Divin” (divino).

    L’armonia si sposta verso il Do maggiore come tonalità risolutiva e trionfante, con una sezione finale rappresentata da una lunga e monumentale apoteosi. Le dissonanze precedenti sembrano ora risolversi in sonorità brillanti e piene.

    Tutta l’orchestra viene impiegata massicciamente e virtuosisticamente, con ottoni squillanti, legni in passaggi rapidissimi e brillanti, archi con figurazioni veloci e piene, percussioni che sottolineano il ritmo e i climax (timpani con trilli potenti) e le arpe che contribuiscono alla brillantezza generale con arpeggi e glissandi.

    L’opera culmina in una perorazione estatica (“Divin”), con una ripetizione ritmica ossessiva di accordi di Do maggiore in fortissimo su tutta l’orchestra, creando un effetto di affermazione assoluta e travolgente. Il tempo si allarga leggermente (“allargando Divin”) prima dell’accelerazione finale e della cadenza conclusiva.

    Nel complesso, la sinfonia si rivela fondamentale nel percorso creativo di Skrjabin, segnando un passaggio decisivo dal tardo-romanticismo al suo linguaggio maturo, caratterizzato da armonia estremamente cromatica, complessità ritmico-orchestrale e un’intensa carica estatico-espressiva.

    Pur impiegando una struttura tradizionale, egli la piega alle sue esigenze programmatico-espressive, con una integrazione tematica profonda e un uso audace e originale dell’orchestrazione e dell’armonia.

    L’opera, in conclusione, rappresenta uno degli apici del sinfonismo russo pre-rivoluzionario e un ottimo esempio della ricerca del compositore di un’arte trascendente il puramente musicale per toccare sfere filosofico-spirituali.

    Buona giornata e a domani!

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