Affinché i frutti maturino questa estate

Karel Goeyvaerts (8 giugno 1923 - 1993): Pourque les fruits mûrissent cet été per 7 esecutori e 14 strumenti rinascimentali (1975-76). Renaissance Ensemble.



L’approfondimento
di Pierfrancesco Di Vanni

Karel Goeyvaerts: pioniere dell’avanguardia alla ricerca dell’essenza sonora

Karel Goeyvaerts viene ricordato come un influente compositore belga, la cui opera è guidata dalla convinzione che «la musica ha per compito di presentare l’essenza nel tempo e nello spazio».

Formazione e primi passi
Goeyvaerts intraprese studi musicali approfonditi, dapprima al Conservatorio reale di Anversa (1943-47), dove studiò pianoforte, armonia, fuga, composizione e storia della musica, e poi al Conservatorio nazionale di Parigi (1947-50), dove studiò con Darius Milhaud (composizione), Olivier Messiaen (analisi musicale) e Maurice Martenot (onde Martenot). Durante questo periodo formativo, ottenne il Premio «Lily Boulanger» (1949) e il Premio «Fernand Halphen» (1950). Tornato ad Anversa, tra il 1950 e il 1957, realizzò le sue prime sette composizioni e insegnò storia della musica, lasciando appunti che rivelano il suo progetto estetico dell’epoca.

Carriera intermittente e ritorno alla musica
La sua carriera musicale subì un’interruzione dal 1957 al 1970, periodo in cui lavorò come funzionario per la Sabena (la compagnia aerea di bandiera belga). Riprese poi attivamente il suo percorso musicale, lavorando come produttore per la radio belga presso lo studio dell’Instituut voor Psychoacustica en Elektronische Muziek (IPEM, 1972-74) e per Radio Bruxelles (1975 88). Nel 1985 fu eletto presidente della tribuna internazionale dei compositori dell’UNESCO, mentre l’anno prima della sua morte (1992) fu nominato professore di nuova musica all’Università cattolica di Lovanio.

La Sonata per 2 pianoforti e l’emergenza del serialismo
Diceva Goeyvaerts: «La musica è l’oggettivazione di un dato spirituale in una struttura sonora». Inizialmente influenzato da Stravinskij, Bartók e Hindemith, nel 1950 rinnegò la sua produzione precedente per volgersi a Schoenberg, Messiaen e Webern, che lo segnarono profondamente. La Sonata per 2 pianoforti, composta tra l’inverno 1950 e il 1951, rappresenta una sintesi tra le idee di Messiaen (organizzazione pre-compositiva dei parametri musicali, con richiami all’isoritmia dell’Ars nova francese) e l’applicazione weberniana del dodecafonismo (la serie come definizione di qualità strutturali, non come tema; posizioni d’ottava fisse; tentativi di serializzare durate, dinamiche, timbri; ordine simmetrico). L’opera fu analizzata e presentata al seminario di Darmstadt nel 1951, eseguita da Goeyvaerts e Karlheinz Stockhausen. Theodor Adorno, che sostituiva Schoenberg, non accolse favorevolmente l’approccio speculativo. Il movimento centrale di questa Sonata è considerato il primo esempio di serialismo generalizzato e punto di partenza del serialismo "puntillista" di Darmstadt, estendendo l’applicazione seriale a tutti i parametri sonori. La Sonata ebbe un’influenza cruciale sulla giovane avanguardia, in particolare su Stockhausen, con cui Goeyvaerts ebbe un intenso scambio epistolare e un rapporto di mutua influenza. Tuttavia, la Sonata e il Concerto per violino e orchestra (1951) sono opere di transizione, ibride. Nel Concerto, la purezza strutturale entra in conflitto con le esigenze formali del genere, mentre nella Sonata solo i movimenti centrali mostrano una rigida organizzazione seriale, a differenza delle parti esterne che mantengono caratteristiche non seriali. Il serialismo generalizzato si manifesterà più chiaramente solo in seguito.

Il serialismo generalizzato compiuto
Con il Concerto per 13 strumenti (1951) Goeyvaerts realizza un’opera in cui ogni aspetto, dalla forma generale ai minimi dettagli, è governato da un unico principio seriale. Quest’opera è considerata l’esempio più preciso di serialismo generalizzato, accanto ai lavori coevi di Milton Babbitt e Pierre Boulez. Il concerto è basato su una serie di cifre applicata rigorosamente all’organizzazione dei sei parametri. Similmente, in met gestreken en geslagen tonen (1952), l’essenza è oggettivata in modo assoluto nella struttura sonora, con ogni suono isolato e seguito da una pausa. Dopo di questa, Goeyvaerts si orientò verso la musica elettroacustica per risolvere i problemi di interpretazione e organizzazione timbrica posti dalle opere seriali.

Pioniere della musica elettronica
Grazie all’amicizia con Stockhausen, Goeyvaerts fu invitato allo studio NordWest Deutscher (NWD) di Colonia, diventando uno dei primi compositori a utilizzare l’elettronica. Durante questi anni, scrisse:

  • Compositie Nr.4 met dode tonen (1952): la sua prima partitura elettronica, costituita da quattro strati sonori di uguale durata ripetuti invariabilmente, con pause variabili serialmente tra le ripetizioni (anticipando il phasing di teve Reich). I "suoni morti" (statici) dovevano essere complessi e armonicamente eterogenei. Fu eseguita solo negli anni ’70 all’IPEM di Gand;

  • Compositie Nr. 5 met zuivere tonen (1953): utilizza suoni sinusoidali ("puri", senza armonici), producibili solo elettronicamente;

  • Compositie Nr. 6 met 180 klankvoorwerpen (1954): cerca un compromesso tra suoni strumentali ed elettronici. Composta per orchestra, la sua complessità esecutiva spinse all’uso dell’elettronica;

  • Compositie Nr.7 met convergende en divergende niveaux (1955): sovrapposizione di glissandi su nastro magnetico. A causa della sua modestia e ingenuità, Goeyvaerts fu messo da parte e tornò in Belgio. Le sue composizioni seriali (Opus 2, Opus 3, Composizione N. 6 per ensemble; Composizioni N. 4, 5, 7 per nastro) raggiungono un livello di astrazione senza precedenti, distinguendosi per la ricerca dell’"oggettivazione di un dato spirituale in una struttura sonora" rispetto alle dimensioni drammatiche e poetiche di Stockhausen e Boulez. Dalla metà degli anni ’50, tuttavia, Goeyvaerts si rese conto che il serialismo generalizzato non produceva l’alta organizzazione attesa, specialmente per l’ascoltatore, e finì per abbandonare questa tecnica, a differenza di colleghi che integrarono gradi di indeterminatezza. Nel 1957 si ritirò temporaneamente, continuando a comporre e preparando una fase sperimentale più libera. Tra la fase elettronica e quella sperimentale compose opere di grande forma come Diaphonie (1957), Improperia (1958) e la Passione secondo San Giovanni (1959).

La fase sperimentale: alla ricerca di un linguaggio (1960-75)
Questo periodo è caratterizzato da una sistematica esplorazione di diverse possibilità: improvvisazioni da "serbatoi" di note (Zomerspelen, 1961); integrazione tra strumenti tradizionali e nastro magnetico (Stuk Voor Piano, 1964). Qui i suoni del pianoforte sono pre-registrati e manipolati, creando una dialettica tra determinismo del nastro e interpretazione parzialmente indeterminata. Ricorse anche a materiali fonetici (Goathemala, 1966), forze variabili (Parcours, 1967), partitura grafica (Actief-reactief, 1968), partitura verbale (Vanuit de kern, 1969), teatro strumentale (Catch à quatre, 1969) e coinvolgimento del pubblico (Al naar Gelang, 1971) o degli interpreti (Piano quartet met magnetofoon, 1972). In quest’ultima, i musicisti registrano bollettini d’informazione e commentano il nastro usando 7 foglietti (numero feticcio di Goeyvaerts) con indicazioni su esecuzione e materiali. Queste opere, pur riflettendo l’emancipazione musicale degli anni ’60-’70, manifestano i principi strutturali cari a Goeyvaerts sin dagli anni ’50: processi ciclici, inversioni simmetriche, alto grado di astrazione e pianificazione matematica sotto un’apparente vitalità aleatoria. Nel 1970 fu nominato produttore all’IPEM e poi primo produttore di musica contemporanea della BRT.

Il minimalismo goeyvaertiano (1975-82)
Dal 1975, Goeyvaerts perseguì il suo obiettivo estetico attraverso un’interpretazione personale del minimalismo: una tecnica di "ripetizione evolutiva". Una cellula ritmica di durata fissa viene ripetuta, aggiungendo un nuovo elemento a ogni ripetizione, creando "un discorso organizzato come un rituale". Una volta completa, la cellula si disintegra gradualmente. Questo principio è evidente nel ciclo delle cinque Litanies (1979-1982). Per esempio, Litanie I (1979) consta di sette sequenze diverse che si ripetono ciclicamente e ogni sequenza è una ripetizione di un modulo a tempo fisso, con elementi aggiunti e poi sottratti. Goeyvaerts sovrappone fino a quattro moduli. Aquarius-Tango (1984) e Pas à pas (1985) sono basate sullo stesso principio, ma più uniformi e con ripetizione ostinata. La prima è "elegante e generosa", la seconda più "diretta e aggressiva", entrambe derivate da elementi dell’opera Aquarius, mostrando i contrasti estetici del compositore.

La visione utopica: Aquarius e gli ultimi anni (1983-93)
L’opera Aquarius occupò gli ultimi dieci anni della sua vita. Non ricevendo commissioni, la divise in pezzi indipendenti (orchestrali, da camera, corali) come scene potenziali. Aquarius illustra un progetto utopico: l’emergere graduale di una società egualitaria in cui ognuno ha un posto secondo le proprie capacità. Il testo è principalmente fonetico. I cantanti (8 soprani, 8 baritoni) sono usati come gruppi. Il linguaggio compositivo è descritto come "nuova tonalità", ma persistono aspetti del serialismo come la coincidenza tra macro e microstruttura e l’intercambiabilità delle dimensioni orizzontali e verticali. Nel giugno 1985, fu eletto presidente della tribuna internazionale dei compositori dell’UNESCO e divenne membro dell’Accademia Reale del Belgio. Nel 1992, ottenne una cattedra di nuova musica alla KUL (Università Cattolica di Lovanio), incarico che prevedeva la composizione di Alba per Alban. Quest’opera rimase incompiuta a causa della sua morte, avvenuta nella sua città natale il 3 febbraio 1993.

Pourque les fruits mûrissent cet été: analisi
Il brano si colloca in una fase matura della produzione di Goeyvaerts, specificamente nel suo periodo "minimalista" (1975-82). Quest’opera è emblematica della sua personale interpretazione del minimalismo e non si limita a una semplice ripetizione statica, ma esplora processi evolutivi lenti e organici. La scelta di un ensemble di strumenti rinascimentali è particolarmente significativa, conferendo all’estetica minimalista una patina sonora arcaica e al contempo sorprendentemente moderna, creando un ponte tra epoche distanti. Fin dalle prime note, il brano instaura un’atmosfera profondamente meditativa, quasi ritualistica. Il titolo stesso suggerisce un processo naturale, lento e inesorabile, come la maturazione dei frutti sotto il sole estivo. La musica riflette questa idea attraverso la sua gradualità, la sua pazienza e la sua organica espansione e contrazione. C’è un senso di tempo sospeso, di contemplazione di un fenomeno naturale che si svela lentamente all’ascoltatore. Il video, con gli esecutori disposti in cerchio o semicerchio e la loro concentrazione serena, amplifica questa sensazione di rito collettivo. La scelta di 14 strumenti rinascimentali per 7 esecutori implica che alcuni musicisti suonino più di uno strumento, contribuendo a una tavolozza timbrica variata pur mantenendo una coerenza stilistica. Tra questi, si ricordano:

  • flauti dolci: forniscono le linee melodiche più eteree, note lunghe e tenute, e creano armonie diafane e trasparenti. Il loro suono puro e leggermente soffiato è centrale nell’opera;

  • cromorni: con il loro caratteristico timbro ronzante, nasale e leggermente aspro, i cromorni sono fondamentali per creare i bordoni e gli ostinati nelle tessiture più gravi, conferendo un forte sapore arcaico;

  • strumenti a pizzico (liuto, vihuela, cetra): si percepiscono strumenti a corde pizzicate che offrono arpeggi delicati, un leggero sostegno armonico e un colore timbrico contrastante rispetto ai fiati;

  • piccole percussioni: l’uso di percussioni (come campanelli, piccoli tamburi a cornice o cimbali a dita) è estremamente parco e coloristico, utilizzato per marcare sezioni o aggiungere un tocco rituale puntillistico;

La combinazione di questi timbri crea un paesaggio sonoro unico, che evoca una sorta di "sacralità arcaica modernizzata", perfettamente in linea con l’estetica processuale e contemplativa di Goeyvaerts.
Il brano s’inizia in modo estremamente rarefatto, spesso con una singola linea melodica o una nota tenuta da un flauto dolce acuto. Lentamente, altri strumenti entrano, aggiungendo strati sonori. Questa entrata non è casuale ma segue un processo pianificato: inizialmente, si aggiungono note tenute che formano bordoni o cluster armonici statici, mentre successivamente, piccole cellule melodico-ritmiche vengono introdotte e sovrapposte. Le cellule musicali, spesso brevi e semplici, vengono ripetute numerose volte. Tuttavia, questa ripetizione non è mai meccanica. Ad ogni iterazione, o dopo un certo numero di iterazioni, un nuovo elemento viene aggiunto (una nuova nota alla cellula, una nuova armonizzazione, l’entrata di un nuovo strumento con lo stesso materiale o materiale complementare) o un elemento esistente viene leggermente modificato (altezza, ritmo, timbro). La sovrapposizione di linee simili ma non perfettamente sincronizzate o con micro-variazioni ritmiche crea un effetto di "fasatura" (phasing), generando tessiture cangianti e scintillanti, particolarmente evidenti quando più flauti dolci interagiscono. Il processo di trasformazione è estremamente lento, inducendo un senso di tempo dilatato e favorendo un ascolto contemplativo e immersivo. L’ascoltatore è invitato a percepire le minime variazioni e l’evoluzione organica del materiale sonoro. Dopo aver raggiunto un culmine di densità testuale e complessità (sempre relativa e mai caotica), il brano spesso inizia un processo inverso di rarefazione, dove gli strumenti gradualmente escono o i motivi si semplificano, ritornando a una sonorità più spoglia, simile a quella iniziale, ma arricchita dall’esperienza del percorso sonoro compiuto.
L’armonia è prevalentemente consonante, spesso modale o pandiatonica, evitando le tensioni e risoluzioni tipiche della tonalità funzionale. I bordoni, forniti principalmente dai cromorni e dai flauti dolci bassi, costituiscono il fondamento armonico su cui si innestano le altre linee. Si creano cluster sonori statici o lentamente cangianti, con dissonanze che emergono naturalmente dalla sovrapposizione delle linee ma che non hanno una funzione tensiva tradizionale, risolvendosi dolcemente nel tessuto sonoro. Le linee melodiche, invece, sono costituite da brevi frammenti, spesso diatonici, caratterizzati da movimento congiunto o da note tenute. Non ci sono melodie ampie e sviluppate nel senso tradizionale; piuttosto, sono cellule motiviche che, attraverso la ripetizione e la variazione, contribuiscono alla costruzione del tessuto polifonico e all’atmosfera generale. La semplicità del materiale melodico è cruciale per la chiarezza del processo compositivo.
Il brano è caratterizzato da un tempo estremamente lento e da una pulsazione ritmica spesso impercettibile o molto fluida. L’assenza di un forte e regolare impulso metrico contribuisce al senso di tempo sospeso e all’atmosfera ritualistica. L’enfasi è sulla durata delle note e sulla lenta trasformazione dei pattern ritmici, piuttosto che su una scansione metrica definita. Questo approccio al ritmo è tipico di molta musica minimalista e contemplativa. La forma del pezzo non segue schemi tradizionali (come la forma-sonata o il rondò) ma è generata dal processo compositivo stesso. Si può parlare di una forma processuale o ciclica, caratterizzata da fasi di:

  1. esposizione rarefatta: inizio con pochi elementi;

  2. accumulazione: graduale aggiunta di strati strumentali e complessità motivica;

  3. culmine (relativo): momento di massima densità sonora e interazione tra le parti;

  4. rarefazione: graduale diradamento della texture, ritorno a elementi più semplici.

Questi cicli di accumulazione e rarefazione possono ripetersi più volte all’interno del brano, creando onde di intensità sonora. La struttura è organica, simile alla crescita e al decadimento osservabili in natura.
Le dinamiche sono generalmente contenute, variando dal pianissimo al mezzoforte, con crescendi e diminuendi molto graduali che seguono l’andamento della densità testuale. L’espressività non deriva da gesti drammatici o contrasti violenti, ma dalla sottile bellezza delle combinazioni timbriche, dalla purezza delle linee e dalla qualità ipnotica e meditativa del processo evolutivo.

Nel complesso, Pourque les fruits mûrissent cet été è un’opera affascinante che dimostra la maestria di Karel Goeyvaerts nel creare un universo sonoro unico e profondamente personale. Attraverso l’uso inedito di strumenti rinascimentali in un contesto minimalista, il compositore riesce a evocare un’atmosfera arcaica e rituale, pur utilizzando tecniche compositive rigorose e innovative. Il brano invita a un ascolto attento e contemplativo, permettendo all’ascoltatore di immergersi nel lento e organico processo di maturazione sonora, proprio come suggerito dal titolo. È un eccellente esempio di come il minimalismo possa andare oltre la semplice ripetizione, diventando un veicolo per esplorare la bellezza intrinseca del suono e del tempo.

9 pensieri riguardo “Affinché i frutti maturino questa estate

Scrivi una risposta a Claudio Capriolo Cancella risposta