Terry Riley (24 giugno 1935): A Rainbow In Curved Air (1969).
L’approfondimento
di Pierfrancesco Di Vanni
Terry Riley: il pioniere del minimalismo e l’eco infinita della sua musica
Terrence “Terry” Mitchell Riley è un compositore e interprete americano, riconosciuto universalmente come una figura chiave e pionieristica della scuola minimalista. La sua opera, profondamente influenzata dal jazz e dalla musica classica indiana, si distingue per l’uso innovativo della ripetizione, delle tecniche di musica su nastro (tape music), dell’improvvisazione e dei sistemi di delay. Tra i suoi lavori più celebri e influenti spiccano la composizione In C (1964) e l’album A Rainbow in Curved Air (1969), entrambi considerati pietre miliari del minimalismo e fonti d’ispirazione per la musica sperimentale, il rock e la musica elettronica contemporanea. Successivamente, in opere come Shri Camel (1980) Riley ha sperimentato il cosiddetto «temperamento giusto».
Formazione e influenze giovanili
Cresciuto a Redding, California, Riley iniziò a studiare composizione e a esibirsi come pianista solista negli anni ’50. Frequentò la San Francisco State University, il San Francisco Conservatory e l’University of California a Berkeley, studiando fra gli altri con Seymour Shifrin e Robert Erickson. Un incontro fondamentale fu quello con il compositore La Monte Young, le cui prime composizioni minimaliste basate su toni sostenuti lo influenzarono profondamente; insieme, i due eseguirono Concert for Two Pianists and Tape Recorders di Riley nel 1959-60. Riley divenne poi parte attiva del San Francisco Tape Music Center, collaborando con Morton Subotnick, Steve Reich, Pauline Oliveros e Ramon Sender. Negli anni ’60 viaggiò spesso in Europa, assorbendo influenze musicali diverse. Per un breve periodo (1965-66) collaborò anche con il Theatre of Eternal Music di Young a New York.
L’impronta della musica indiana e lo sviluppo artistico
L’influenza più significativa sulla sua musica fu quella del maestro di canto classico indiano Pandit Pran Nath (1918-1996) che fu mentore anche per La Monte Young, Marian Zazeela e Michael Harrison. Riley compì numerosi viaggi in India per studiare con Pran Nath, accompagnandolo spesso in concerto suonando tabla, tambura e cantando. Nel 1971, iniziò a insegnare musica classica indiana al Mills College. Oltre alla musica indiana, Riley cita John Cage e le «grandi formazioni cameristiche» di jazzisti come John Coltrane, Miles Davis, Charles Mingus, Bill Evans e Gil Evans tra le sue fonti d’ispirazione. Nel 2007 ha ricevuto un dottorato onorario in musica dalla Chapman University.
Tecniche compositive e innovazioni caratteristiche
La musica di Riley si basa frequentemente sull’improvvisazione attraverso serie di figure modali di diversa lunghezza, come dimostrato in opere quali In C e i Keyboard Studies (1964-66). Per esempio, In C (1964) consiste in 53 moduli musicali separati, ciascuno di circa una battuta e contenente un pattern musicale differente, tutti nella tonalità di do maggiore. Un esecutore mantiene un impulso costante di do al pianoforte, mentre gli altri musicisti (in numero e strumentazione variabili) eseguono i moduli seguendo alcune linee guida flessibili, creando intrecci sonori che evolvono nel tempo. La prima esecuzione vide la partecipazione di Steve Reich, Jon Gibson, Pauline Oliveros e Morton Subotnick. Già negli anni ’50, Riley sperimentava con i tape loops (nastri magnetici in loop), una tecnologia allora agli inizi. Successivamente, con l’aiuto di un ingegnere del suono, creò il time-lag accumulator, un sistema di delay a nastro. Un esempio precoce di utilizzo di tape loop è Music for the Gift (1963), che includeva la tromba di Chet Baker.
La tecnica del time-lag accumulator fu concepita e creata da Riley durante un soggiorno a Parigi e presentata per la prima volta nel 1968.
Opere iconiche e impatto duraturo
A Rainbow in Curved Air (1969), realizzato con tecniche di sovraincisione elettronica, ha avuto un impatto profondo sulla musica elettronica successiva. Ha ispirato, ad esempio, le parti d’organo di Pete Townshend in Won’t Get Fooled Again e Baba O’Riley degli Who (quest’ultima intitolata in omaggio a Riley e Meher Baba). Si ritiene che anche Tubular Bells di Mike Oldfield sia stato influenzato dall’esempio di Riley. Il gruppo progressive rock inglese Curved Air, formatosi nel 1970, prese il nome proprio da quest’album. Riley è anche accreditato per aver ispirato la parte di tastiera di John Cale nella composizione All Tomorrow’s Parties di Lou Reed, inclusa nell’album The Velvet Underground & Nico.
Collaborazioni e attività recente
Intorno al 1980, Riley iniziò una duratura collaborazione con il Kronos Quartet, dopo averne incontrato il fondatore David Harrington al Mills College. Per loro ha composto 13 quartetti per archi e altre opere. Nel 1991 scrisse il suo primo pezzo orchestrale, Jade Palace, e da allora ha continuato a comporre per orchestra. Ha collaborato estensivamente con il figlio, il chitarrista Gyan Riley, e con altri ensemble come il Rova Saxophone Quartet, Pauline Oliveros e l’ARTE Quartett. La registrazione del Lisbon Concert (1995) lo presenta in una performance di piano solo, improvvisando su sue opere e citando Art Tatum, Bud Powell e Bill Evans come suoi “eroi” pianistici, sottolineando l’importanza del jazz nella sua concezione musicale. Riley continua a esibirsi dal vivo e a insegnare, sia come cantante di raga indiano sia come pianista solista, partecipando anche a festival come l’All Tomorrow’s Parties nel maggio 2011.
A Rainbow in Curved Air: analisi
A Rainbow in Curved Air rappresenta una delle pietre miliari della musica minimalista e un’opera di straordinaria influenza. Il brano si apre quasi timidamente, introducendo l’ascoltatore in un paesaggio sonoro etereo e sognante. Fin dalle prime note, si percepisce un’atmosfera psichedelica, quasi cosmica, che avvolge e trasporta. Non c’è una fanfara o un’introduzione drammatica; piuttosto, Riley ci invita gradualmente nel suo mondo sonoro, un mondo fatto di luce, colore e movimento ciclico.
La strumentazione è dominata da tastiere elettroniche, principalmente un organo (probabilmente un Lowrey, caro a Riley in quel periodo, o strumenti simili) e quello che suona come un clavicembalo o un clavinet, utilizzato per le sue qualità percussive e brillanti. A questi si aggiunge il dumbek (o un tamburo a mano simile) che fornisce una spina dorsale ritmica organica e terrena in contrasto con l’elettronica fluttuante. L’organo elettronico è il protagonista melodico e armonico. Il suo timbro è ricco, a tratti leggermente “buzzato” come tipico degli organi dell’epoca, capace sia di linee melodiche agili e guizzanti sia di accordi sostenuti che creano bordoni e tappeti armonici. Riley sfrutta diverse registrazioni e sonorità dell’organo, passando da suoni più dolci e flautati a timbri più incisivi e penetranti. Il clavicembalo elettrico (clavinet), invece, è utilizzato principalmente per pattern ritmico-melodici rapidi e ostinati. Il suo suono brillante e percussivo si sposa perfettamente con il dumbek, creando un intreccio ritmico vivace e ipnotico.
Il dumbek fornisce una pulsazione costante e terrosa, quasi tribale, che ancora il brano e ne definisce il groove fondamentale. La sua presenza è essenziale per contrastare la natura eterea delle tastiere e per infondere un senso di danza rituale.
Riley ha suonato tutte le parti, sovraincidendole in studio. Questa tecnica gli permette di creare una polifonia complessa e densa, dove diverse linee melodiche e ritmiche si intrecciano e dialogano. L’uso estensivo del delay a nastro è una firma stilistica del brano e di Riley. Le note e le frasi vengono ripetute e sovrapposte con ritardi variabili, creando cascate di suoni, eco multiple e un senso di spazio sonoro espanso e riverberante. Il delay non è un semplice effetto, ma un elemento compositivo fondamentale che genera nuove strutture e interazioni ritmico-armoniche.
A Rainbow in Curved Air non segue una forma musicale tradizionale, ma si tratta di una composizione evolutiva, un “processo” sonoro che si sviluppa organicamente. Si possono identificare diverse sezioni, ma queste tendono a fluire l’una nell’altra senza cesure nette.
– Introduzione: pattern ostinato e percussivo del clavicembalo elettronico, a cui si aggiunge gradualmente il dumbek;
– sviluppo stratificato: sopra questa base ritmica, Riley introduce progressivamente linee melodiche all’organo, inizialmente semplici e brevi, poi via via più elaborate e virtuosistiche. Ogni nuovo strato si aggiunge ai precedenti, aumentando la densità e la complessità della tessitura;
– variazioni e improvvisazione: pur basandosi su pattern ripetitivi, Riley introduce continue micro-variazioni e sezioni che suonano fortemente improvvisate, specialmente nelle parti solistiche dell’organo. Questo conferisce al brano una sensazione di freschezza e spontaneità, nonostante la sua natura ciclica;
– dinamiche e densità: Il brano alterna momenti di maggiore rarefazione, dove emergono singole linee o il ritmo del dumbek, a sezioni di grande densità sonora, con tutti gli strumenti e i loro eco sovrapposti.
Le linee melodiche sono spesso brevi, modali e ripetitive, simili a cellule o pattern che vengono variati e sviluppati. Non ci sono melodie lunghe e cantabili nel senso tradizionale; piuttosto, l’interesse melodico risiede nell’interazione tra i diversi frammenti e le loro eco. L’influenza della musica classica indiana (raga) è palpabile nella natura modale e nell’approccio ornamentale e improvvisativo. L’armonia è prevalentemente modale e statica, basata su pochi centri tonali che cambiano gradualmente. Non c’è la tensione e risoluzione tipica dell’armonia funzionale occidentale. Il risultato è un’armonia fluttuante, consonante, che crea un’atmosfera di sospensione e contemplazione. I bordoni e i pedali armonici sostenuti dall’organo contribuiscono a questa sensazione.
Il ritmo è uno degli elementi più caratteristici e coinvolgenti del brano: il dumbek stabilisce una pulsazione regolare e ipnotica, mentre le tastiere percussive creano ostinati ritmici che si incastrano con il dumbek, generando poliritmie complesse. La combinazione di ripetizione, pulsazione costante e poliritmie sottili induce un effetto quasi da trance, invitando all’ascolto meditativo e immersivo.
Dominano l’uso di materiale musicale limitato, ripetizione, processi graduali di trasformazione. Il brano si sviluppa attraverso processi di addizione, sottrazione e variazione di pattern, mentre le parti solistiche dell’organo sono chiaramente improvvisate all’interno di un quadro modale definito. Come già menzionato, il delay è usato come strumento compositivo per creare tessiture, poliritmie e un senso di spazio profondo.
Il brano, pur nella sua ciclicità, non è statico. C’è una continua evoluzione:
– crescendo di densità: s’inizia in modo relativamente semplice e si arricchisce progressivamente di strati sonori;
– variazioni timbriche: Riley esplora diverse sonorità delle tastiere;
– momenti solistici: l’organo emerge spesso con assoli improvvisati, pieni di agilità e fantasia;
– flusso continuo: nonostante le variazioni, il brano mantiene un flusso ininterrotto, come un fiume sonoro che scorre e si trasforma.
A Rainbow in Curved Air evoca una vasta gamma di sensazioni:
– gioia e luminosità: il brano ha un carattere prevalentemente positivo, solare e ottimista;
– meditazione e trance: la sua natura ripetitiva e ipnotica favorisce uno stato di ascolto contemplativo;
– psichedelia e viaggio interiore: è facile associarlo a esperienze psichedeliche o a viaggi mentali, grazie alle sue sonorità eteree e spaziali;
– senso di libertà e apertura: la musica sembra espandersi all’infinito, priva di confini rigidi.
Nel complesso, il pezzo è un capolavoro di inventiva e sensibilità. Riley, attraverso l’uso pionieristico delle tastiere elettroniche, della sovraincisione e del delay a nastro, crea un’opera che trascende i generi, fondendo elementi di minimalismo, musica psichedelica, influenze indiane e un approccio improvvisativo. Il risultato è un’esperienza d’ascolto profondamente immersiva e affascinante, una musica che continua a risuonare e a ispirare a decenni dalla sua creazione, confermando il suo status di classico della musica del XX secolo.








