Composte a 12 anni

Gioachino Rossini (29 febbraio 1792-1868): Sonata a quattro (2 violini, violoncello e contrabbasso) n. 1 in sol maggiore (1804). Membri dello Slovenský komorný orchester (Orchestra da camera slovacca), dir. Bohdan Warchal.

  1. Moderato
  2. Andantino [8:59]
  3. Allegro [13:35]

Gioachino Rossini: Sonata a quattro n. 6 in re maggiore, La tempesta. Stessi interpreti.

  1. Allegro spiritoso
  2. Andante assai [12:23]
  3. Tempesta: Allegro [15:05]

Rossini - La tempesta

Danserye – I

Urban Agnas (1961): Susato Suite.
Si tratta di una serie di brani tratti dal Terzo libriccino di musica (Het derde musyck boexken, noto anche come Danserye) pubblicato da Tielman Susato a Anversa nel 1551, qui arrangiati da Urban Agnas, primo trombettista e leader del complesso di ottoni Stockholm Chamber Brass.

Tielman Susato (c1510-c1570), probabilmente originario di Soest, antico centro anseatico della Vestfalia, si stabilì intorno al 1530 a Anversa, dove avviò poi una proficua attività di stampatore di musica. Il “libriccino” del 1551 è giustamente famoso perché contiene danze strumentali di vario genere: è una delle prime fonti a stampa interamente dedicate alla musica strumentale e testimonia perciò dell’avvenuta emancipazione di quest’ultima (in precedenza gli strumenti erano impiegati pressoché esclusivamente nell’accompagnamento delle voci). Le danze pubblicate da Susato sono in gran parte trascrizioni e adattamenti di celebri composizioni vocali dell’epoca; tutto lascia pensare che l’abile autore di queste rielaborazioni sia lo stesso stampatore, che era anche un buon musicista.

Urban Agnas

Clangori

David Lang (8 gennaio 1957): The Anvil Chorus per 1 percussionista (1991). Flavio Tanzi.

« When percussionist Steve Schick asked me to write him a solo piece I wanted to do something that showed percussion’s connection to real life activities. I didn’t want to work with the pretty instruments, like vibraphone or chimes, that were invented so that percussionists could play politely with other musicians. I wanted to write a piece that reminded the listener of the glorious history of percussion — that since the beginning of time people have always banged on things as a result of their professions.
« Then I remembered that I had once read a book on the history of blacksmithing, and I had become particularly interested in how medieval blacksmiths used song to help them in their work. Although small jobs could be accomplished by individual smiths, larger jobs created an interesting problem — how could several smiths hammer on a single piece of metal without getting in each other’s way? Smiths solved this problem by singing songs together which would control the beat patterns of the hammers. There was a different song for each number of participating blacksmiths — obviously, a song that allowed for three hammer strokes would be confusing and even dangerous if used to coordinate four smiths.
« My solo percussion piece The anvil chorus also uses a “melody” to control various beat patterns. The “melody” is played on resonant junk metals of the percussionist’s choosing, and, by adding certain rules, it triggers an odd accompaniment of non-resonant junk metals, played both by hand and by foot » (David Lang)

Allégrement

André Jolivet (1905 - 20 dicembre 1974): Concerto per strumenti a percussione e orchestra. Masako Iguchi, percussione; San Francisco Conservatory of Music Orchestra, dir. Alasdair Neale.

  1. Robuste
  2. Dolent [5:35]
  3. Rapidamente [11:20]
  4. Allégrement [15:95]

Per Jolivet — che ha una concezione molto beethoveniana della figura del compositore, il quale deve assumersi il compito di fare da vera e propria guida morale — la musica è prima di tutto comunione: fra compositore e natura nel momento della composizione, fra compositore e pubblico nel momento dell’esecuzione. Fare musica è “far leva sul sentimento dell’umano”, dando all’arte musicale “il suo senso originale antico, quando era l’espressione magica e incantatrice della religiosità degli uomini”. Jolivet cerca costantemente, lungo l’intero arco della sua attività creativa, di ampliare il linguaggio musicale, senza però perdere mai i profondi agganci con il “sistema cosmico universale”.

Luan Tan

Chén Qígāng (28 agosto 1951): Luan Tan (乱弹), variazioni sinfoniche (2015). Royal Liverpool Philharmonic Orchestra, dir. Alexandre Bloch.

  1. Tema
  2. Variazione n. 1 [1:45]
  3. Variazione n. 2 [4:10]
  4. Variazione n. 3 [5:55]
  5. Variazione n. 4 [7:22]
  6. Variazione n. 5 [9:21]
  7. Variazione n. 6 [11:25]
  8. Variazione n. 7 [13:37]
  9. Variazione n. 8 [15:48]
  10. Variazione n. 9 [18:00]
  11. Variazione n. 10 [18:24]
  12. Variazione n. 11 [18:52]

«Luan tan (letteralmente: musica caotica o note casuali) è uno stile musicale proprio del teatro cinese del XVII secolo, all’epoca della cosiddetta «transizione Ming–Qing» (1618-1683). Rispetto alla consolidata tradizione del teatro kūnqǔ, la musica in stile luan tan era notevolmente più audace, più brusca e tendeva a essere più virtuosistica […]. Se per gli intenditori cinesi l’opera kūnqǔ è sinonimo di eleganza e raffinatezza, luan tan è stilisticamente il suo contrario, molto radicato nelle tradizioni popolari.
«Nel corso degli anni, la mia musica è stata spesso definita “malinconica”, “sentimentale” e “raffinata”. Sicché ho voluto provare a produrre qualcosa di molto diverso dal consueto: in questo senso, la composizione di Luan Tan è stata una specie di battaglia contro me stesso. Elementi che di solito compaiono nei miei lavori, come i prolungati melismi, le melodie suadenti e le armonie sontuose, sono quasi completamente assenti, sostituiti da schemi ritmici iterati, brevi motivi assai spiccati e ripetizioni che si fanno via via più imponenti.
«Dal momento che l’ispirazione stilistica scaturisce dal luan tan, elementi musicali caratteristici del teatro tradizionale cinese sono inevitabilmente presenti nella composizione, nella quale hanno particolare risalto l’uso dei temple-blocks e il contrappunto quasi cacofonico dei piatti cinesi» (Chén Qígāng).


Temple-blocks

Chant après chant

Jean Barraqué (1928 - 17 agosto 1973): Chant après chant per voce, 6 percussionisti e pianoforte (1965-66), testi di Barraqué e Hermann Broch. Jamie Jordan, soprano; University of South Florida Percussion Ensemble: Jacob Dike, Armando Ayala, Kevin Cross, Beran Harp, Amanda Dezee e Christopher Herman; Corey Merenda, pianoforte; dir. Robert McCormick.

Unsuk Chin

Unsuk Chin (14 luglio 1961): Allegro ma non troppo per percussionista e nastro magnetico (1994-98). Solista Ying-Hsueh Chen.


Unsuk Chin: Toccata (Studio per pianoforte n. 5, 2003). Mei Yi Foo, pianoforte.


Unsuk Chin: Mad Tea-Party Ouverture dall’opera Alice in Wonderland (libretto di David Henry Hwang, da Lewis Carroll; 2007). Orchestra Filarmonica di Seul, dir. Myung-Whun Chung.

Le Temps et l’écume

Gérard Grisey (17 giugno 1946 - 1998): Le Temps et l’écume per 4 percussionisti, 2 sintetizzatori e orchestra da camera (1989). Ensemble S; Paulo Alvares e Benjamin Kobler, sintetizzatori; WDR Sinfonieorchester Köln, dir. Emilio Pomarico.

Concerto per flauto, oboe, percussione e pianoforte

Edison Denisov (26 aprile 1929 - 1996): Concerto per flauto, oboe, percussione e pianoforte (1987). Doriot Anthony Dwyer, flauto; Ralph Gomberg, oboe; Everett Firth, percussione; Gilbert Kalish, pianoforte.

  1. Ouverture
  2. Cadenza [3:02]
  3. Coda [8:24]

Denisov

Winds of Nagual

Michael Colgrass (22 aprile 1932 - 2019): Winds of Nagual per fiati e percussione (1985) ispirato da scritti di Carlos Castaneda. University of Michigan Symphony Band, dir. Michael Haithcock.

  1. The Desert: Don Juan Emerges from the Mountains
  2. Don Genaro Appears
  3. Carlos Stares at the River and Becomes a Bubble
  4. The Gait of Power
  5. Asking Twilight for Calmness and Power
  6. Don Juan Clowns for Carlos
  7. Last Conversation and Farewell

Parallel Lines (Subotnick 90)

Morton Subotnick (14 aprile 1933): Parallel Lines per ottavino solista con “ghost electronics”, oboe, clarinetto/clarinetto basso, tromba, trombone, percussione, arpa, viola e violoncello (1979).

« The “ghost” score is a parallel composition to the piccolo solo. The ghost score amplifies and shifts the frequency of the original non-amplified piccolo sound. The two (“ghost” and original piccolo sounds), like a pair of parallel lines, can never touch, no matter how quickly or intricately they move. The work is divided into three large sections: (1) a perpetual-motion-like movement in which all parts play an equal role; (2) more visceral music, starting with the piccolo alone and leading to a pulsating “crying out”, and (3) a return to the perpetual motion activity, but sweeter » (Morton Subotnick).


Le Marteau sans maître

Pierre Boulez (26 marzo 1925 - 2016): Le Marteau sans maître per voce e 6 strumentisti (1954, rev. 1957) su testi di René Char (1907-1988). Ensemble Insomnio, dir. Ulrich Pöhl.

  1. Avant «l’artisanat furieux» per flauto contralto, vibrafono, chitarra e viola

  2. Commentaire I de «bourreaux de solitude» per flauto contralto, xilomarimba, tamburo basco, 2 bongo, tamburo a cornice e viola [2:48]

  3. L’artisanat furieux per voce e flauto contralto [7:53]

    La roulotte rouge au bord du clou
    Et cadavre dans le panier
    Et chevaux de labours dans le fer à cheval
    Je rêve la tête sur la pointe de mon couteau le Pérou.

  4. Commentaire II de «bourreaux de solitude» per xilomarimba, vibrafono, zill, agogô, triangolo, chitarra e viola [11:16]

  5. Bel édifice et les pressentiments, version première, per voce, flauto contralto, chitarra e viola [16:23]

    J’écoute marcher dans mes jambes
    La mer morte vagues par-dessus tête
    Enfant la jetée-promenade sauvage
    Homme l’illusion imitée
    Des yeux purs dans les bois
    Cherchent en pleurant la tête habitable.

  6. Bourreaux de solitude per voce, flauto contralto, xilomarimba, vibrafono, maracas, chitarra e viola [21:04]

    Le pas s’est éloigné le marcheur s’est tu
    Sur le cadran de l’Imitation
    Le Balancier lance sa charge de granit réflexe.

  7. Après «l’artisanat furieux» per flauto contralto, vibrafono e chitarra [26:26]

  8. Commentaire III de «bourreaux de solitude» per flauto contralto, xilomarimba, vibra­fono, claves, agogô, 2 bongo e maracas [27:42]

  9. Bel édifice et les pressentiments, double, per voce, flauto contralto, xilomarimba, vi­brafono, maracas, tam-tam piccolo, gong grave, tam-tam molto grave, piatto sospeso grande, chitarra e viola [34:21]

Adagio misterioso

John Addison (16 marzo 1920 - 1998): Concerto per tromba, archi e percussione (1949). Leon Rapier, tromba; The Louisville Orchestra, dir. Jorge Mester.

  1. Allegretto
  2. Adagio misterioso
  3. Allegro con brio

Addison scrisse molte colonne sonore cinematografiche (Premio Oscar per Tom Jones di Tony Richardson, 1963) e musica per la televisione. La sua composizione più famosa è indubbiamente questa:

Balletto meccanico

George Antheil (1900 - 12 febbraio 1959): Ballet mécanique per pianoforti, percussioni, cicalini elettrici e eliche da aeroplano (1923-25, rev. 1952-53); originariamente compo­sto per il film cubista omonimo, diretto da Fernand Léger con la collaborazione di Dud­ley Murphy e Man Ray. Philadelphia Virtuosi Chamber Orchestra, dir. Daniel Spalding.

Antheil

Concerto per marimba

Christopher TheofanidisChristopher Theofanidis (18 dicembre 1967): Concerto per marimba, strumenti a fiato e percussione (2013). William Moersch, marimba; Illinois Wind Symphony, dir. Robert W. Rumbelow.

    Prologue
  1. Allegro [2:46]
  2. Simplice [7:56]
  3. Vivace [14:36]
  4. Aria [18:58]

Gruppen

Karlheinz Stockhausen (1928 - 5 dicembre 2007): Gruppen per 3 orchestre (1957). hr-Sinfonie­orchester e Ensemble Modern, dir. Matthias Pintscher, Lucas Vis e Paul Fitzsimon.

Stockhausen spiega: «Per “gruppo” si intende un numero determinato di suoni collegati secondo rapporti affini tra loro su un piano superiore di percezione, quello del gruppo appunto. I vari gruppi di una composizione si distinguono per diversi tipi di proporzioni, per diversa struttura, ma sono correlati fra loro nel senso che non è possibile comprendere le proprietà di un gruppo se non in rapporto al grado di affinità che queste presentano con le proprietà di altri gruppi».
Per l’esecuzione di Gruppen sono necessari 109 esecutori ripartiti in 3 orchestre pressappoco uguali ma distanziate: il suono, movendosi da un’orchestra all’altra, crea una musica «spaziale», non solo in senso visivo ma anche acustico e strutturale.

— Organico —
Orchestra 1:
1 flauto (anche ottavino)
1 flauto contralto
1 oboe
1 corno inglese
1 clarinetto
1 fagotto
2 corni
2 trombe
2 tromboni
1 bassotuba
4 percussionisti: 1 marimbaphone (5 ottave; oppure 4 ottave + xilofono per la 5a), 1 Glockenspiel, 5 campanacci da mucca (sospesi, senza battacchio), 1 tamtam grande, piatti piccoli, piatti medi, piatti grandi, 2 tamburi a fessura, 4 tomtom e/o tumba e bongo, 1 cassa rullante con cordiera, 1 tamburo basco
1 Glockenspiel a tastiera (o celesta)
1 arpa
10 violini
2 viole
4 violoncelli
2 contrabbassi

Orchestra 2:
2 flauti (il I anche ottavino)
1 oboe
1 clarinetto piccolo
1 sassofono contralto (anche clarinetto)
1 sassofono baritono
1 fagotto
3 corni
2 trombe
1 trombone tenor-basso
1 trombone basso
4 percussionisti: 1 vibrafono, 14 campane tubolari, 4 campanacci da mucca (sospesi, senza battacchio), 1 tam-tam medio, piatti piccoli, piatti medi, piatti grandi, 2 tamburi a fessura, 4 tomtom e/o tumba e bongo, 1 cassa rullante con cordiera, 1 tamburo basco, 1 raganella, 2 triangoli (acuto e grave)
1 pianoforte a coda senza coperchio
1 chitarra elettrica
8 violini
4 viole
2 violoncelli
2 contrabbassi

Orchestra 3:
1 flauto (anche ottavino)
1 oboe
1 corno inglese
1 clarinetto
1 clarinetto basso
1 fagotto
3 corni
2 trombe
2 tromboni
1 trombone contrabbasso (o bassotuba)
4 percussionisti: 1 xilorimba o marimbaphone (4 ottave), 4 campanacci da mucca (sospesi, senza battacchio), 1 tam-tam piccolo, piatti piccoli, piatti medi, piatti grandi, 2 tamburi a fessura, 4 tomtom e/o tumba e bongo, 1 cassa rullante con cordiera, 1 tamburo basco
1 celesta (5 ottave)
1 arpa
8 violini
4 viole
2 violoncelli
2 contrabbassi

Studio e esperienza mi hanno insegnato che la musica “nuova” ha sempre suscitato analoghe reazioni. La “seconda prattica” di Monteverdi fu ferocemente avversata dal teorico Artusi, una composizione oggi amatissima come la Sinfonia K 550 di Mozart fece inorridire i primi ascoltatori con le sue dissonanze inusitate, e così via. Per contro, quando ho occasione di parlare della complessità di un brano di Bach, quando spiego che cosa s’intende per contrappunto doppio o imitato, non di rado mi succede di vedere che le reazioni degli astanti rasentano l’incredulità, come se alla maggior parte delle persone risulti inverosimile che una composizione del passato possa essere tanto complessa, come se ciò che sembrava ormai acquisito fosse improvvisamente diventato incomprensibile. Oggi, come ai tempi di Monteverdi o a quelli di Mozart, per comprendere l’arte bisognerebbe prima capire le necessità dalle quali scaturisce. Si deve solo decidere se si ha voglia di farlo oppure no.