La giostra stregata

Daphne Tayo-Rességuier (2001): The Haunted Carousel per orchestra (2018). Wiener Kammerorchester, dir. Aleksej Igudesman. 🎃



L’approfondimento
di Pierfrancesco Di Vanni

Daphne Tayo-Rességuier. Dalle Alpi Svizzere al Konzerthaus di Vienna: storia di un genio eclettico

Questa giovane compositrice svizzera si distingue per il suo stile eclettico e la sua visione profondamente filosofica della musica. Il suo percorso artistico è un intreccio precoce di talento per l’improvvisazione, formazione classica itinerante e un profondo impegno per la pedagogia e l’aiuto umanitario, con la missione dichiarata di «riconnettere il pubblico con la spensierata creatività dell’infanzia».

Le radici dell’improvvisazione: Gstaad e la natura
Tayo-Rességuier ha mostrato un istinto e una passione per l’improvvisazione fin dalla tenera età. A soli 4 anni ha iniziato le lezioni di piano nella sua città natale alpina, Gstaad. Ha subito sviluppato l’abitudine di chiedere temi ai suoi conoscenti per le sue improvvisazioni spontanee, traendo spesso ispirazione diretta dalla natura circostante: la fauna locale, l’imprevedibilità delle montagne e l’atmosfera drammatica del tramonto sono diventati temi ricorrenti nelle sue creazioni giovanili.

Dalle prime note all’orchestra: formazione e viaggi
All’età di soli 9 anni, Daphne ha lasciato la vita montana per studiare pianoforte al Conservatorio di Ginevra. Questo periodo le ha offerto maggiori opportunità di esibirsi e di collaborare con altri artisti, inclusi studenti di balletto. Le estati a Venezia sono state cruciali: qui ha iniziato a studiare composizione, culminando nella scrittura del suo primo brano orchestrale, Opening Wings. A 10 anni, nel 2012, ha invece preso la decisione autonoma e audace di trasferirsi alla rinomata Wells Cathedral School, in Inghilterra, una scuola specialistica di musica. Qui ha espanso le proprie abilità musicali, affiancando lo studio delle percussioni al pianoforte e imparando ad annotare le proprie improvvisazioni. Terminò questa fase di studio nel 2017, conseguendo eccellenti risultati accademici e il 1° Premio in pianoforte e composizione al Bristol Festival of Music.

Il balzo a Vienna e il debutto internazionale
Dopo un breve ritorno a Ginevra e il diploma di scuola superiore a soli 16 anni, la giovane compositrice ha preso un’altra decisione significativa: trasferirsi a Vienna per intraprendere un percorso musicale multidisciplinare e autogestito. Questa scelta è stata ispirata da una collaborazione con il duo viennese Igudesman & Joo in uno spettacolo con la pianista Yuja Wang. In Austria Tayo-Rességuier ha raggiunto rapidamente la notorietà: alla fine del suo primo anno a Vienna, ha composto il brano orchestrale The Haunted Carousel, eseguito al Concerto di Capodanno del Wiener Konzerthaus nel 2018. Un’altra composizione, New Horizons, è stata commissionata per la serie di concerti Meisterkonzerte a Kempten ed eseguita dalla Franz Liszt Symphonie Orchestra Sopron.

Stile musicale e filosofia
Lo stile musicale della compositrice è caratterizzato da elementi distintivi che riflettono la sua missione artistica. In primis, ella dimostra un grande interesse per i ritmi “mondiali” e unisce generi diversi all’interno di un contesto classico, creando un suono unico e moderno: la sua musica è stata descritta come «molto visiva», suggerendo un forte legame tra il suono e l’immaginazione o le immagini mentali. Ancora, la Tayo-Rességuier incoraggia l’impegno attivo del pubblico introducendo il concetto di «ascolto creativo», un approccio che considera il pubblico parte integrante del processo creativo, essenziale per la sua missione di riconnessione con l’infanzia.
La sua musica è stata lodata per la sua originalità e profondità: il monaco buddista Matthieu Ricard ha osservato che le sue opere combinano «la freschezza della gioventù e la profondità dell’esperienza», mentre la pianista e compositrice Gabriela Montero l’ha elogiata per il suo talento, immaginazione, sensibilità e curiosità, qualità che si riflettono chiaramente nelle sue composizioni eclettiche.

Oltre la musica: impegno umanitario e pedagogia
Gli interessi di Daphne si estendono ben oltre la composizione, abbracciando i campi dell’istruzione e dell’aiuto umanitario. Dopo il liceo, ha fatto volontariato in Ecuador per la ONG svizzera OneAction, lavorando presso la scuola INEPE, dove ha insegnato inglese e ha sviluppato un suo metodo di pedagogia musicale per studenti di età compresa tra i 5 e i 18 anni. Inoltre, ha introdotto lo studio della fitoterapia tra il personale e gli studenti per migliorare la salute familiare attraverso la conoscenza delle piante medicinali. Attualmente, Daphne Tayo-Rességuier risiede a Ginevra, dove continua gli studi di pianoforte e percussioni, componendo e collaborando attivamente con musicisti in tutta Europa.

The Haunted Carousel
Per la serata più spettrale dell’anno è necessario un pezzo adeguato che unisca silenzio, inquietudine e un pizzico di… terrore! The Haunted Carousel di Daphne Tayo-Rességuier calza proprio a pennello, rivelandosi un’opera energica e ricca di contrasti timbrici, un vero e proprio connubio di elementi di musica da film, marcia e valzer macabro. Il brano si struttura attraverso un’alternanza di sezioni, rappresentanti sia il movimento ciclico e inquietante della giostra (carousel) sia il suo carattere spettrale (haunted).
L’introduzione è dominata dagli archi, che presentano un motivo ciclico, rapido e in tonalità minore, eseguito in pianissimo. La tessitura è leggera, con un’articolazione rapida e staccata che suggerisce immediatamente un senso di movimento, rotazione, ma anche di ansia. Il tema è ossessivo e crea un’atmosfera di attesa, mentre un motivo ascendente nei violoncelli tenta di farsi strada, rafforzando la sensazione di ineluttabilità: la giostra sta iniziando a muoversi silenziosamente, quasi fosse un fantasma, trascinando con sé l’ascoltatore.
Il carattere muta con l’ingresso deciso delle percussioni, che stabiliscono un ritmo di marcia o di valzer distorto, conferendo una qualità più meccanica all’opera. La melodia si sposta ai legni, in particolare al clarinetto e al corno, con linee che ricordano la musica da circo o da luna park, ma filtrate da una malinconia oscura, come una risata agghiacciante. Le percussioni contribuiscono a un timbro secco, scintillante e spettrale, come uno “specchio deformante” della giostra, mentre l’arpa aggiunge sonorità eteree, ma inquietanti.
La musica entra poi in una fase di rapido sviluppo dinamico e ritmico: il tema degli archi torna in modo più incisivo e, sopra questa base, gli ottoni introducono un robusto motivo di marcia o fanfara, contrastando fortemente con l’agilità degli archi e creando una certa tensione che sfocia in un crescendo frenetico. Il flauto e l’oboe/clarinetto eseguono passaggi rapidi e quasi isterici, a mo’ di duetto schizofrenico, facendo percepire la giostra come in una rotazione fuori controllo.
Un momento di sospensione improvvisa è segnato da una breve cadenza dal sapore intimo e cameristico, in cui l’arpa e il vibrafono riprendono il motivo del carosello in modo isolato e quasi distorto: questo passaggio intimo e straniante interrompe l’impeto orchestrale, evocando l’immagine della giostra che si ferma cigolando.
Dopo una ripresa a dinamica ridotta, gli archi intonano una melodia completamente nuova: questo è il momento più lirico e tradizionale del brano, un valzer dal tono nobile e quasi nostalgico, che funge da contrasto emotivo. È una breve tregua dalla tensione, un elemento agrodolce e quasi un richiamo melodico all’innocenza perduta.
Il brano si avvia alla conclusione con una potente riesposizione degli elementi tematici: la giostra raggiunge il suo parossismo e gli ottoni tuonano in un tutti caotico e dissonante, sostenuti da possenti rulli di timpani. Questo è il culmine del “terrore” o del “fantasma” insito nel tema della giostra. Dal fortissimo estremo, l’orchestra si ritira improvvisamente e il movimento si dissolve lentamente, quasi a rallentatore. Le ultime frasi, date dagli ottoni gravi, chiudono il brano su una nota di risoluzione, ma non prima che la sensazione di inquietudine sia stata pienamente espressa.

Nel complesso, il brano è un eccellente esempio di musica programmatica contemporanea; Daphne Tayo-Rességuier utilizza sapientemente l’orchestrazione per esprimere la narrazione di una giostra: il moto perpetuo degli archi rappresenta la rotazione meccanica della giostra, mentre l’alternanza tra il valzer allegro ma sinistro dei legni e il tema melodico e nostalgico degli archi evoca sia il divertimento infantile che la sua corruzione in qualcosa di inquietante. Infine, l’uso dinamico degli ottoni e delle percussioni, unito ai bruschi tutti orchestrali, crea un’opera di forte impatto viscerale e drammatico.

La Dame blanche

François-Adrien Boieldieu (1775 - 8 ottobre 1834): Ouverture per l’opéra-comique La Dame blanche (1825). Symfonický orchester Slovenského rozhlasu, dir. Ondrej Lenárd.

Il libretto, di Eugène Scribe, si fonda su episodi tratti da non meno di cinque opere di Walter Scott, fra cui i romanzi Guy Mannering (1815), The Monastery e The Abbott (1820).
La vicenda si svolge in Scozia nel 1759. ― ATTO I: il conte e la contessa Avenel sono morti in esilio, lasciando la curatela dei loro averi all’avido Gaveston; l’eredità spetterebbe al figlio dei conti, Julien, ma questi è scomparso senza lasciare traccia. Nelle terre degli Avenel, il fittavolo Dickson e sua moglie Jenny vorrebbero battezzare il loro figlio neonato, ma non hanno nessuno che possa fare da padrino; si offre di assumersi questo compito un giovane di passaggio, George Brown, ufficiale dell’esercito inglese che, a seguito di una ferita rimediata in guerra, ha perso la memoria. Dickson informa George sulle vicende del castello di Avenel, che presto sarà messo all’asta da Gaveston, il quale conta di acquistare il maniero e con esso il titolo nobiliare. Jenny canta una ballata che narra della Dama bianca, il misterioso fantasma che si aggira fra le mura del castello. A sua volta, George racconta di essere alla ricerca della giovane sconosciuta che si era presa cura di lui a Hannover, quando era ferito. ― ATTO II: al castello Anna, un’orfanella che i conti avevano preso sotto la propria tutela, racconta alla governante Marguerite di essersi presa cura di un ignoto soldato ferito che le ricordava molto Julien, del quale era innamorata fin da bambina. George giunge nella dimora degli Avenel e chiede ospitalità per la notte; rimasto solo, intona la cavatina « Viens, gentille dame ». Subito dopo appare Anna nelle vesti del fantasma, un lungo velo bianco che la copre interamente; riconosce immediatamente in George il soldato che aveva curato a Hannover, e gli impone di partecipare all’asta, che si terrà il giorno successivo, insieme con Dickson: i due dovranno fare un’offerta superiore a quella di Gaveston; la somma verrà poi pagata grazie al tesoro degli Avenel, nascosto in un luogo noto solo a Anna. Così avviene: le proprietà degli Avenel sono assegnate a Dickson, il quale ha tempo fino a mezzogiorno per onorare il debito, altrimenti finirà in carcere. ― ATTO III: Anna e Marguerite vanno alla ricerca della statua della Dama bianca, nella quale sono nascoste le ricchezze degli Avenel. Nel frattempo, Gaveston apprende che George Brown è in realtà lo scomparso Julien Avenel, cosa di cui il giovane è tuttora ignaro. Anche Anna apprende la notizia, e elabora un piano. Allo scoccare delle 12, la Dama bianca appare recando lo scrigno del tesoro e salda il debito di Dickson. Contrariato, Gaveston strappa il velo e smaschera Anna; ma questa rivela a tutti che Brown è in realtà Julien, il legittimo erede degli Avenel. I due giovani si sposeranno con grande soddisfazione di tutti, tranne ovviamente Gaveston.

Folk songs: 8. Annie Laurie


Annie Laurie, ballad scozzese attribuita a William Douglas (1672? - 1748) con melodia di Alicia Scott (nata Alicia Ann Spottiswoode, 1810 - 1900). Interpreti Deanna Durbin (registrazione del 1936: Durbin aveva 14 anni) e, in un arrangiamento di Alice Parker e Robert Shaw, il Westminster Choir diretto da Joseph Flummerfelt.

Maxwelton’s braes are bonnie,
Where early fa’s the dew,
‘Twas there that Annie Laurie
Gi’ed me her promise true.
Gi’ed me her promise true —
Which ne’er forgot will be,
And for bonnie Annie Laurie
I’d lay me down and dee.

Her brow is like the snaw-drift,
Her neck is like the swan,
Her face it is the fairest,
That ‘er the sun shone on.
That ‘er the sun shone on —
And dark blue is her e’e,
And for bonnie Annie Laurie
I’d lay me down and dee.

Like dew on gowans lying,
Is the fa’ o’ her fairy feet,
And like winds, in simmer sighing,
Her voice is low and sweet.
Her voice is low and sweet —
And she’s a’ the world to me;
And for bonnie Annie Laurie
I’d lay me down and dee.

Secondo la tradizione, l’amore fra William Douglas, capitano dei Royal Scots, e Annie, figlia di Robert Laurie, primo baronetto di Maxwellton, fu osteggiato dal padre di lei, forse perché Annie era all’epoca molto giovane, o forse perché Douglas era fedele alla causa giacobita. Comunque sia, si sa per certo che Douglas infine si consolò fra le braccia di una ereditiera del Lanarkshire, Elizabeth Clerk di Glenboig: i due convolarono a nozze nel 1706 a Edimburgo. Tre anni dopo, Annie sposò Alexander Fergusson, 14° Laird di Craigdarroch; ebbe una vita relativamente felice e morì ottantunenne nel 1764.
Non è certo che il testo della ballata sia stato scritto da William Douglas: è probabile che il vero autore sia lo scrittore e giornalista scozzese Allan Cunningham (1784 - 1842), il quale collaborò alla stesura del Ballad Book curato da Charles Kirkpatrick Sharpe (1781? - 1851), la cui edizione originale, del 1823, contiene la prima pubblicazione a stampa di Annie Laurie. Il testo fu poi rimaneggiato da Alicia Scott per adattarlo alla musica da lei stessa precedentemente composta per un’altra poesia scozzese, Kempye Kaye.


Il fantasma della camera azzurra
(Storia di mio zio)

— Non voglio impaurirvi — iniziò mio zio, con tono di voce particolarmente solenne, per non dire che faceva gelare il sangue nelle vene — e, se preferite che non ne parli, non lo farò; ma il fatto è che proprio questa casa, dove siamo ora riuniti, è infestata.

— Non me lo dica! — esclamò Mister Coombes.

— Che mi dice a fare di non dirglielo, se l’ho appena detto? — ribatté lo zio con una certa stizza. — Lei dice cose assurde! Vi dico che questa casa è infestata. Regolarmente, la Vigilia di Natale, la Camera azzurra [a casa dello zio chiamavano Camera azzurra la stanza vicina a quella dei bambini, perché quasi tutto il servizio da toletta era di quel colore] è infestata dal fantasma di un criminale, un uomo che una volta uccise con un pezzo di carbone uno di quei cantanti che, a Natale, vanno di casa in casa.

— Come fece? — chiese Mister Coombes, con curiosità e impazienza. — Fu difficile?

— Non so come fece — rispose lo zio, — non mi spiegò il procedimento. Il cantante era in piedi dentro l’entrata principale e stava cantando una ballata. Si presume che, quando aprì la bocca per il si bemolle, il criminale abbia lanciato il pezzo di carbone da una delle finestre e questo si sia infilato nella gola del cantante e l’abbia soffocato.

— Bisogna essere un bravo tiratore, ma vale certamente la pena di provare — mormorò pensosamente Mister Coombes.

— Ma quello non fu il suo unico crimine, ahimé! — aggiunse lo zio. — Prima, aveva ucciso un solista di cornetta.

— No! Ma è un fatto veramente accaduto? — chiese Mister Coombes.

— Certo che è un fatto veramente accaduto — rispose lo zio, irritato. — Almeno, per quanto si possa parlare di fatti in casi di questo tipo. Com’è pignolo, stasera. Le prove indiziarie erano schiaccianti. Il poveretto, il solista di cornetta, si trovava in questa zona da appena un mese. Il vecchio Mister Bishop, che allora gestiva il Jolly Sand Boys, e dal quale ho saputo la storia, diceva di non aver mai visto un solista di cornetta più operoso e attivo. Il solista di cornetta conosceva solo due motivi, ma Mister Bishop diceva che quell’uomo non avrebbe potuto suonare con più energia, né per più ore al giorno, se ne avesse conosciuti quaranta. I due motivi che suonava erano Annie Laurie e Home! Sweet Home! e, per ciò che concerne l’esecuzione della prima melodia, Mister Bishop diceva che l’avrebbe capita anche un bambino. Questo musicista, questo povero artista senza amici, aveva l’abitudine di venire regolarmente a suonare in questa strada, proprio qui di fronte, due ore ogni sera. Una sera, fu visto entrare proprio in questa casa, evidentemente in risposta a un invito, ma non fu mai visto uscirne!

— I cittadini provarono a offrire una ricompensa per il suo ritrovamento? — chiese Mister Coombes.

— Neanche mezzo penny — replicò lo zio.

— Un’altra estate — continuò lo zio, — venne qui una banda musicale tedesca, che voleva (così annunciarono, al loro arrivo) fermarsi fino all’autunno. Due giorni dopo il loro arrivo, tutta la compagnia, dei pezzi d’uomini così sani e vigorosi che faceva piacere guardarli, fu invitata a cena da questo criminale e, dopo aver passato a letto le ventiquattr’ore successive, lasciò la città: degli uomini finiti, gravemente ammalati di dispepsia. Il medico condotto, che li aveva assistiti, disse che, secondo lui, difficilmente anche uno solo di loro sarebbe stato in grado di suonare di nuovo un’aria.

— Lei… lei non conosce la ricetta, vero? — chiese Mister Coombes.

— Sfortunatamente no — replicò lo zio, — ma si disse che l’ingrediente principale fosse pasticcio di carne di maiale del buffet della stazione. Ho dimenticato gli altri crimini di quest’uomo — continuò lo zio, — prima li conoscevo tutti, ma la mia memoria non è più quella di una volta. Non penso, comunque, di fare torto alla sua memoria se affermo che non fu del tutto estraneo alla morte, e poi al seppellimento, di un signore che suonava l’arpa con le dita dei piedi; e che non aveva la coscienza pulita neppure circa la tomba solitaria di un forestiero sconosciuto che venne una volta in questa zona, un contadinello italiano che suonava l’organetto di Barberia. Ogni anno, la Vigilia di Natale — disse lo zio in tono basso e solenne, rompendo lo strano silenzio sgomento che, come un’ombra, sembrava essersi lentamente infiltrato, furtivo, nella stanza, per poi avvolgerla completamente, — il fantasma di questo criminale infesta la Camera azzurra, proprio in questa casa. Là, da mezzanotte fino al canto del gallo, tra grida selvagge soffocate e gemiti e risate di scherno e il suono spettrale di orridi tonfi, sostiene una fiera lotta fantasma con gli spiriti del solista di cornetta e del cantante assassinato, aiutati, ogni tanto, dalle ombre della banda musicale tedesca, mentre il fantasma dell’arpista strangolato suona folli melodie spettrali, con dita di piedi fantasma, sullo spettro di un’arpa rotta.

Lo zio disse che la Camera azzurra era praticamente inutile, come camera da letto, la Vigilia di Natale.

— Ascoltate! — disse lo zio alzando una mano verso il soffitto, in segno di ammonimento, mentre noi trattenevamo il respiro e ascoltavamo. — Ascoltate! Credo che siano loro: nella Camera azzurra!

da Jerome K. Jerome, Storie di fantasmi per il dopocena
(Told After Supper, 1891. Qui il testo originale.)


Jean-Baptiste Arban (1825 - 1889): Variazioni per cornetta a pistoni su Home! Sweet Home! di sir Henry Bishop (1786 - 1855).