Gabriel Fauré (1845 - 1924): Ballata in fa diesis maggiore per pianoforte op. 19 (1877-78). Jean-Baptiste Doulcet.
Lo stesso brano nella versione per pianoforte e orchestra op. 19a (1881). Grant Johannesen, pianoforte; Orchestre philharmonique du Luxembourg, dir. Louis de Froment.

Molto belle ambedue le versioni ❣️
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Lieto che ti piacciano. Buon pomeriggio, Luisa 🌹
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Buon pomeriggio anche a te, caro Claudio 💐
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Mi piacciono molto le ballate. Ne ho composte due
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Per pianoforte?
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No, per chitarra
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Sono disponibili online?
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No, le ho scritte,depositate ma non pubblicate
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Ma che meraviglia!
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What a delightful celebration we’re having! Marvellous! 👏👏👏
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Buonasera, caro Claudio, grazie per aver condiviso questa deliziosa ballata di Fauré… entrambe ottime esecuzioni 😊
Dedicata al famoso compositore francese Camille Saint-Saëns, questa ballata venne concepita dapprima per pianoforte e poi per pianoforte e orchestra, anche se in questa trascrizione la parte strumentale assumerà un ruolo secondario.
Formalmente diverso da una tradizionale ballata – dal carattere più passionale e dai sentimenti più tumultuosi – questo lavoro è più trasparente e leggero e, almeno parzialmente, dà credito all’ipotesi secondo la quale Fauré lo avrebbe concepito sotto l’impressione della scena del “Mormorio della foresta” del Sigfrido. In ogni caso, il vistoso cromatismo e gli sporadici richiami tematici dimostrano un accostamento alla musica wagneriana.
Il pezzo si apre con un “Andante cantabile” in Fa diesis maggiore di grande respiro melodico, ripreso successivamente in un canone all’ottava a distanza di semiminime. Segue un “Allegro moderato” in Mi bemolle minore, con l’esposizione del primo tema in linea discendente, derivato dal materiale introduttivo.
Il secondo tema, invece, è costituito da due misure di un “Andante” dal carattere dolce, alternate a più riprese a momenti più virtuosistici a due mani, caratterizzati da esecuzioni veloci di terzine, dal sapore concertante. Lo sviluppo, invece, è molto esteso e si pone in un “Allegro” dove viene recuperato abbondantemente il primo tema, al quale segue la ripresa delle due misure iniziali del secondo tema.
Una cadenza “da concerto” porta a un finale “Allegro moderato”, il quale richiama coerentemente precisi elementi del secondo tema e degli altri temi precedenti, aggiungendo contestualmente nuovo materiale, suggerito da un trillo doppio in terze che porta alla conclusione del brano.
In generale, la scrittura del lavoro appare assai elaborata, tanto che quando Fauré incontrò Liszt a Weimar nel 1877, questi avrebbe dichiarato – a seconda delle versioni – “Non ho più dita!” o “È troppo difficile!”.
Liszt, altresì, avrebbe consigliato al compositore di suddividere il materiale musicale della composizione tra il pianoforte e l’orchestra, per “dare maggiore rilievo a certi dettagli e un colore suggestivo più caratteristico a tutto l’insieme”.
Il compositore francese accolse il consiglio e, pochi anni più tardi, partorì una versione orchestrale dell’opera, eseguita in prima assoluta da Fauré e dall’orchestra di Édouard Colonne il 23 aprile 1881, presso la Société Nationale de Musique.
In questa nuova stesura, si attenziona principalmente uno schema formale ternario, con un “Allegro” centrale incorniciato da due tempi moderati tematicamente correlati, “in maniera da risultare uno solo”, come scrisse il compositore all’amica Marie Clerc.
Ogni movimento si caratterizza per una differente idea tematica: la prima, dalla natura duttile e aggraziata, si basa su una morbida e ingenua cantilena, accompagnata da sontuosi accordi del pianoforte. Questo avvio, a detta di molti critici, si identifica con la “piccola frase di Vinteuil” che, nel romanzo Alla ricerca del tempo perduto dello scrittore francese Marcel Proust, è l’oggetto dell’ansiosa vicenda sentimentale del protagonista. Nel prosieguo, questa idea viene riproposta nel duetto a canone di flauto e pianoforte.
Dopo una corona e una frase dei violoncelli, viene introdotta la seconda idea nella tonalità di Mi bemolle minore, in forma di un motivo discendente. Sia questo tema che il precedente vengono elaborati nello sviluppo, il quale conclude la prima parte della composizione.
Segue un breve interludio affidato ai flauti e ai violoncelli che conduce alla terza idea tematica, interrotta da vistosi arpeggi del pianoforte. La melodia sembra ravvivarsi fino all’arrivo di un motivo marziale affidato al pianoforte – in realtà, una variante ritmica del tema principale. Segue un secondo motivo – derivato dalla seconda idea tematica – che intensifica il motivo precedente in un crescendo sempre più ampio, accompagnato in sottofondo dagli archi.
Una breve cadenza del pianoforte e un punto coronato, a questo punto, ripropongono del materiale precedente, al quale segue la terza idea tematica affidata a flauti e clarinetti, i quali sembrano evocare il cinguettio di uccelli in dialogo con i rapidi trilli del pianoforte. Questo descrittivismo non ha scopi estetici o rievocativi, ma vuole riverberare intime emozioni personali di Fauré.
Nel luglio 1882, durante un viaggio a Zurigo con Saint-Saëns, Fauré fece visita a Liszt, presentandogli questo nuovo lavoro. Il compositore austriaco subitò prese la partitura, la appoggiò sul leggio e iniziò a suonarla a prima vista, interrompendosi però poco dopo e affermando:
“Il mio tempo è passato, mio giovane amico: non ho più l’agilità, sicura e possente, d’un tempo! Tutte le novità continuano però ad interessarmi. Ed apprezzo lo stile, la qualità della scrittura strumentale, l’ampiezza della discorsività musicale. La prego, continui lei al mio posto!”
Il compositore, in una lettera alla Clerc, ebbe modo di ricordare questo episodio, riferendo altresì di un certo imbarazzo avvertito mentre continuava l’esecuzione dell’opera, nonostante fosse “confortato dal giudizio positivo, commosso, ma anche un po’ intimidito sotto lo sguardo imperioso del sommo Franz Liszt”.
Buona serata e a domani!
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Grazie di tutto, Pierfrancesco. A domani 🙂
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Posso lasciare qui un’opinione un po’ critica? Le due interpretazioni proposte non mi hanno pienamente convinto, troppo ‘meccaniche’ e quindi un po’ poco espressive. Personalmente, ti propongo questa versione, di Yuja Wang (https://www.youtube.com/watch?v=1uodvxFKOtM) che mi convince maggiormente, perché trovo più cantabile e coinvolgente. Per una maggiore espressività, si può anche andare lievemente fuori tempo, come con Chopin, diceva la mia maestra di piano! 🙂
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Sono d’accordo con te, i tempi… rigidi, squadrati, vanno bene per la musica militare 😉
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So very tender. 🙏🏻
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