Petite Symphonie

Charles Gounod (1818 - 18 ottobre 1893): Petite Symphonie per flauto, 2 oboi, 2 clarinetti, 2 corni e 2 fagotti (1885). The Saint Paul Chamber Orchestra, dir. Christopher Hogwood.

  1. Adagio – Allegretto
  2. Andante cantabile
  3. Scherzo: Allegro moderato
  4. Finale: Allegretto


L’approfondimento
di Pierfrancesco Di Vanni

Charles Gounod: il maestro dalle molte anime, tra melodia sacra e trionfi lirici

Charles-François Gounod, figura eminente della musica francese del XIX secolo, ha lasciato un’impronta indelebile con un’opera vasta e variegata, che spazia dal sacro al profano, dall’opera al coro. La sua vita fu un percorso intenso di formazione, esplorazione spirituale e successi clamorosi, non senza aspre critiche.

Le origini e la formazione musicale (1818-42)
Nato a Parigi, fu il secondogenito del pittore François-Louis Gounod e di Victoire Lemachois. Rimasto orfano di padre all’età di cinque anni, fu la madre, insegnante di pianoforte, a impartirgli le prime lezioni, rivelando precocemente il suo talento. Dopo gli studi al Lycée Saint-Louis, Gounod si immerse nello studio musicale, perfezionando l’armonia con Antoine Reicha e poi, al Conservatorio di Parigi, con Jacques Fromental Halévy, e la composizione con Jean-François Lesueur. Il suo talento fu presto riconosciuto: nel 1839 vinse il prestigioso Grand Prix de Rome con la cantata Fernand. Il soggiorno a Villa Medici gli permise di approfondire la musica religiosa, in particolare quella di Palestrina. Nel 1842, a Vienna, ebbe l’opportunità di assistere a una rappresentazione del Flauto magico di Mozart, esperienza che lo segnò profondamente, e di far eseguire la sua seconda messa con orchestra.

Tra vocazione sacerdotale e debutto compositivo (1843-1860)
Tornato a Parigi nel 1843, Gounod assunse il ruolo di organista e maestro di cappella presso la Chiesa delle Missioni estere. Questo periodo fu caratterizzato da una profonda riflessione spirituale: nel 1847 ottenne il permesso di indossare l’abito ecclesiastico, frequentò corsi di teologia a Saint-Sulpice e ascoltò i sermoni di Lacordaire. Tuttavia, le giornate rivoluzionarie del 1848 lo portarono a rinunciare alla vocazione sacerdotale e a lasciare l’incarico. L’anno successivo, grazie all’appoggio della celebre Pauline Viardot, Gounod ottenne il libretto di Sapho da Émile Augier, la sua prima opera, che debuttò all’Opéra il 16 aprile 1851, senza riscuotere un grande successo. Nel 1852 sposò Anna Zimmerman. Parallelamente, presiedette gli Orphéons della Città di Parigi dal 1852 al 1860, componendo numerosi cori come Le Vin des Gaulois. Nel 1860, la sua dedizione alla musica sacra lo portò a partecipare al Congresso per la restaurazione del canto gregoriano.

L’apice dell’opera e le sfide della critica (1858-67)
Gli anni ’50 e ’60 segnarono l’apice della sua carriera operistica. Nel 1858, in occasione dell’anniversario della nascita di Molière, fu rappresentato con successo l’opéra-comique Le Médecin malgré lui, su libretto di Jules Barbier e Michel Carré, con cui avrebbe spesso collaborato. Ma fu il 1859 a consacrarlo: la sua opera Faust, basata sull’opera di Goethe, debuttò al Théâtre-Lyrique riscuotendo un successo clamoroso, con 70 repliche solo nel primo anno. Seguirono nel 1860 gli opéra-comiques Philémon et Baucis e La Colombe. Nonostante il trionfo di Faust, Gounod affrontò anche critiche feroci. La Reine de Saba, creata nel 1862, si fermò dopo sole quindici rappresentazioni e fu stroncata da Paul Scudo, critico della “Revue des deux Mondes”, che lo accusò di emulare i «cattivi musicisti della Germania moderna» come Liszt e Wagner, avvertendolo di essere «irrimediabilmente perduto» se avesse persistito. Nel marzo 1863, Gounod incontrò Frédéric Mistral, dal cui poema Mirèio (Mireille) avrebbe tratto un libretto. Si trasferì a Saint-Rémy-de-Provence, dove la musica si impregnò dell’atmosfera del Midi, un periodo di pace e ispirazione. L’opera Mireille fu creata a Parigi nel marzo 1864, ottenendo però un successo solo moderato. Il riscatto arrivò nel 1867, quando Roméo et Juliette, durante l’Esposizione universale, fu accolta con un successo entusiastico.

Gli anni britannici, il ritorno e il crepuscolo sacro (1870-93)
Nel 1870, fuggendo l’invasione tedesca della Francia, Gounod si trasferì in Inghilterra, dove instaurò una liaison di quattro anni con la cantante Georgina Weldon. Durante questo periodo, vide l’insuccesso di Les deux Reines de France (1872) e il successo patriottico di Jeanne d’Arc, un dramma storico che ravvivò lo spirito nazionale francese. Nel 1874 Gounod lasciò la Gran Bretagna e tornò in Francia, dove si stabilì a Parigi nel 1878 e vi rimase fino alla morte. Nella parte finale della sua vita, Gounod si dedicò prevalentemente alla musica religiosa, componendo un gran numero di messe e due oratori maggiori: La Rédemption (1882) e Mors et vita (1885). Morì il 18 ottobre 1893 a Saint-Cloud, appena dopo aver completato il Requiem in do maggiore, considerato il suo canto del cigno. I funerali, dieci giorni dopo, furono nazionali e si tennero nell’imponente Chiesa della Madeleine, con l’intervento di figure come Camille Saint-Saëns e Théodore Dubois all’organo, e Gabriel Fauré alla direzione della maîtrise che, secondo il desiderio di Gounod, eseguì la Messa gregoriana dei defunti.

L’impronta musicale: un catalogo vario e persistente
Gounod ha lasciato un patrimonio di circa 500 opere musicali, la cui influenza si estende ancora oggi. È celebre soprattutto per le sue opere liriche: Faust, la sua opera più iconica, con il grandioso valzer che conclude il I atto e con arie celebri come «Le Veau d’or» di Mefistofele, l’“aria dei gioielli di Marguerite” «Ah! je ris», il coro dei soldati «Gloire immortelle de nos aïeux», la musica di balletto della Notte di Valpurga e il coro finale degli angeli «Sauvée, Christ est ressuscité»; Roméo et Juliette: un altro grande successo, con la celebre valse di Giulietta «Je veux vivre» e l’aria del tenore «Ah! lève-toi, soleil!»; Mireille: basata sul poema provenzale di Frédéric Mistral; Cinq-Mars: un’opera storica, rielaborata più volte, che presenta arie come «Nuit resplendissante» e «Ô chère et vivante image».
Il catlogo delle opere di Gounod include anche altri lavori significativi: due sinfonie (1855) e una Petite Symphonie per nove strumenti a fiato (1885); cinque quartetti per archi; la celebre Ave Maria, basata sul primo preludio del Clavicembalo ben temperato di Bach (originariamente non destinato all’esecuzione liturgica), e il Requiem in do maggiore; composizioni strumentali quali la Marche funèbre d’une marionnette (1872), che divenne famosa globalmente come sigla del programma televisivo Alfred Hitchcock presenta, e la Marche pontificale (1869) che fu adottata nel 1949 come inno nazionale del Vaticano; e numerose e delicate mélodies, su testi di poeti quali Alfred de Musset, Alphonse de Lamartine, Théophile Gautier e Jean Racine, oltre a testi di sua stessa mano.

La Petite Symphonie
Dedicata alla Société de musique de chambre pour instruments à vent fondata da Paul Taffanel nel 1879, rappresenta un magnifico esempio della capacità del compositore francese di coniugare l’eleganza classica con la ricchezza melodica romantica, creando un’opera che è al contempo intima e virtuosistica. L’opera, eseguita per la prima volta il 30 aprile 1885 alla Salle Pleyel con Taffanel stesso al flauto, e pubblicata solo diciannove anni dopo, è una celebrazione delle sonorità e delle capacità espressive degli strumenti a fiato, offrendo un dialogo continuo e brillante tra le diverse voci.
La scelta di una formazione così specifica – flauto, due oboi, due clarinetti, due corni e due fagotti – permette a Gounod di esplorare una tavolozza timbrica ricca ma trasparente. L’attributo petite del titolo non si riferisce a una mancanza di sostanza musicale, ma piuttosto alla natura cameristica e all’eleganza leggera che pervade l’intera opera, lontana dalle massicce sonorità orchestrali di una sinfonia tradizionale.

Il primo movimento si apre con un Adagio, dove i due corni introducono un’atmosfera solenne e avvolgente con accordi sostenuti e caldi. Seguono le altre sezioni di fiati, aggiungendo strati armonici che costruiscono una breve ma intensa introduzione. Le dinamiche sono contenute, suggerendo un tono riflessivo e quasi contemplativo, che evoca l’aspetto più sacro della produzione di Gounod. L’espressività è palpabile, anche nella brevità di questa sezione.
Senza soluzione di continuità, il movimento si anima bruscamente con l’Allegretto. Il flauto emerge con una melodia agile, brillante e gioiosa, caratterizzata da rapide figurazioni e un piglio vivace. Subito dopo, gli oboi riprendono ed elaborano il tema, creando un dialogo serrato e spensierato. I clarinetti e i fagotti forniscono un accompagnamento ritmico e armonico dinamico, spesso con arpeggi gorgoglianti o passaggi saltellanti che aggiungono leggerezza. Il movimento è un vero e proprio tour de force di scrittura per fiati, con passaggi virtuosistici che si alternano a momenti di maggiore lirismo, ma sempre mantenendo un’energia contagiosa. L’interazione tra gli strumenti è costante: il tema passa agilmente da un flauto brillante a oboi cantabili, clarinetti arguti e fagotti giocosi. Le sezioni tutti sono incisive e dinamiche, contrastando con le tessiture più trasparenti dei passaggi solistici. Il movimento procede con una chiara forma sonata, con una ripresa espositiva evidente e uno sviluppo che esplora frammenti tematici e armonie più audaci, prima di tornare alla ricapitolazione che porta a una coda effervescente.
Il secondo movimento offre un netto contrasto, immergendosi in un’atmosfera di profonda liricità e dolcezza. Il carattere cantabile è immediatamente percepibile, con una melodia espressiva e distesa. In questa esecuzione, si nota chiaramente come gli oboi prendano il comando della melodia principale, con il flauto che spesso si unisce o raddoppia, aggiungendo brillantezza. I corni forniscono una base armonica stabile e calda, mentre clarinetti e fagotti tessono controcanti fluidi o un delicato accompagnamento. La musica si sviluppa con grazia, alternando momenti di melodia sostenuta a brevi fioriture che adornano le frasi. Le dinamiche sono attentamente calibrate, con crescendi e diminuendi che esaltano l’espressività intrinseca del movimento. Il movimento si conclude con una riproposizione del tema principale, sfumando dolcemente e lasciando un’impressione di serena bellezza.
Lo Scherzo irrompe con un’energia e un ritmo contagiosi, fedele al suo nome che suggerisce un carattere giocoso e vivace. Il tempo è veloce e il tema principale è frammentato, caratterizzato da staccati e passaggi rapidi che si scambiano tra flauto e clarinetti. I fagotti aggiungono un tocco di umorismo e leggerezza con i loro interventi puntuali. La sezione centrale, il trio, porta un cambiamento di umore, introducendo un tema più ampio e cantabile, con un sapore quasi rustico e una strumentazione più piena. Qui i corni e i fagotti sono particolarmente prominenti, creando un contrasto efficace con l’agilità dello scherzo. Dopo il trio, lo Scherzo torna nella sua forma iniziale, riprendendo il suo slancio ritmico e la sua tessitura vivace. La coda finale è un’accelerazione mozzafiato, che conduce il movimento a una conclusione scattante ed esaltante.
Il Finale si apre con un gesto grandioso e imponente, dove l’intero nonetto esegue un’affermazione forte e dichiarativa, stabilendo un carattere trionfale. Il tema principale, rapido e accattivante, è subito introdotto e presenta un’alternanza di scale veloci e arpeggi distribuiti tra i fiati. Si alternano momenti di tutti energici a sezioni più liriche o riflessive, che servono a costruire la tensione prima di nuove esplosioni di energia. Le modulazioni armoniche sono sapientemente gestite, ampliando la portata espressiva del pezzo. Verso la conclusione, il movimento si intensifica progressivamente, accumulando sonorità e virtuosismi fino a un finale enfatico e celebrativo.

Nel complesso, l’opera è molto più di un semplice esercizio di scrittura per fiati e dimostra la maestria del compositore nell’orchestrazione, la sua vena melodica inesauribile e la sua capacità di creare un’atmosfera coerente attraverso quattro movimenti distinti. Si tratta di una composizione che, pur mantenendo un respiro “piccolo” nel senso cameristico, offre una grande ricchezza musicale e un piacere d’ascolto duraturo, confermando il genio di Gounod ben oltre le sue opere liriche più celebri.

Gounod, Petite Symphonie

Un omaggio di Rimskij-Korsakov a Beethoven

Nikolaj Andreevič Rimskij-Korsakov (1844 - 21 giugno 1908): Quintetto in si bemolle maggiore per flauto, clarinetto, fagotto, corno e pianoforte (1876). Les Vents Français: Emmanuel Pahud, flauto; Paul Meyer, clarinetto; Gilbert Audin, fagotto; Radovan Vlatković, corno; Eric Le Sage, pianoforte.

  1. Allegro con brio
  2. Andante
  3. Rondò: Allegretto

Nel repertorio di composizioni da camera per strumenti a fiato ho trovato diverse cose preziose, come l’Ottetto op. 103 di Beethoven, la Serenata op. 44 di Dvořák, quella op. 7 di Richard Strauss e molto altro. Il Quintetto di Rimskij-Korsakov non sarà forse un capolavoro, ma a me è par­ti­co­lar­mente caro. L’autore affermò di aver composto il I movimento «nello stile classico di Beethoven»; in realtà l’omaggio al Maestro di Bonn non si limita all’imitazione dello stile beethoveniano né alla mera adozione di uno schema strutturale. Ascoltate con attenzione i due temi, adeguatamente contrastanti l’uno con l’altro, e scoprirete che sono direttamente ispirati dalla Nona Sinfonia: l’uno scaturisce da un motivo del primo tema del I movimento, l’altro è una sorta di parafrasi dell’inno Alla Gioia.

Allegro poco vivo

Antonín Reicha (26 febbraio 1770 - 1836): Quintetto in mi mag­gio­re per corno e quartetto d’archi op. 106 (1807). Vladimira Klánská, corno; membri del České noneto.

  1. Allegro ma non troppo
  2. Air: Lento [11:26]
  3. Menuetto: Allegro poco vivo [17:36]
  4. Finale: Allegro assai [21:51]

Concerto per corno e archi

Jan Křtitel Jiří Neruda (Johann Baptist Georg Neruda; c1711 - 11 ottobre 1776): Concerto in mi bemolle maggiore per corno e archi. Miroslavo Petkov, tromba; Orchestra del Festival di Ernen (Vallese, Svizzera), maestro concertatore Daniel Bard.

  1. Allegro
  2. Largo [5:30]
  3. Vivace [10:30]

Vino vecchio in bottiglie nuove

Gordon Jacob (5 luglio 1895 - 1984): Old Wine in New Bottles per 2 flauti, 2 oboi, 2 clarinetti, 2 fagotti, 2 corni e 2 trombe (1959). US Air Force Air Combat Command Heritage of America Band, dir. Lowell E. Graham.

  1. The Wraggle Taggle Gipsies
  2. The Three Ravens
  3. Begone, Dull Care
  4. Early One Morning

Shine

Robert Paterson (29 aprile 1970): Shine per quintetto di ottoni (2015). Atlantic Brass Quintet: Thomas Bergeron e Tim Leopold, trombe; Seth Orgel, corno; Tim Albright, trombone; John Manning, tuba.

  1. Ringing Brass Bells
  2. Quicksilver [5:36]
  3. Veins Of Gold [10:12]
  4. Bright Blue Steel [15:38]

RP

Concerto per violino, corno e orchestra

Dame Ethel Smyth (23 aprile 1858 - 1944): Concerto in la maggiore per violino, corno e orchestra (1927). Saschko Grawiloff, violino; Marie Luise Neunecker, corno; NDR Radiophilharmonie, dir. Uri Mayer.

  1. Allegro moderato
  2. Elegy (in memoriam): Adagio [9:38]
  3. Finale: Allegro [15:38]

Grande Symphonie de salon

Antonín Reicha (26 febbraio 1770 - 1836): Grande Symphonie de salon n. 1 in re minore-maggiore per 9 strumenti solisti (oboe, clarinetto, fagotto, corno, 2 violini, viola, violoncello e contrabbasso; 1825). Le Concert de la Loge, dir. Julien Chauvin.

  1. Adagio – Allegro
  2. Adagio [13:40]
  3. Minuetto: Allegro [20:53]
  4. Finale: Allegro vivace [24:52]

Allegro con moto

Heinrich Hofmann (13 gennaio 1842 - 1902): Ottetto per flauto, clarinetto, fagotto, corno, 2 violini, viola e violoncello op. 80 (1886). John Wion, flauto, e Bronx Arts Ensemble.

  1. Allegro molto
  2. Andante sostenuto [6:23]
  3. Gavotte: Allegro con moto [13:12]
  4. Moderato – Allegro vivo [17:14]

Un corno e l’altro

František Xaver Pokorný (20 dicembre 1729 - 1794): Concerto in fa maggiore per due corni e orchestra. Bedřich e Zdeněk Tylšar, corni; Capella Istropolitana, dir. František Vajnar.

  1. Allegro
  2. Larghetto poco andante [7:35]
  3. Finale: Presto assai [12:22]

Gruppen

Karlheinz Stockhausen (1928 - 5 dicembre 2007): Gruppen per 3 orchestre (1957). hr-Sinfonie­orchester e Ensemble Modern, dir. Matthias Pintscher, Lucas Vis e Paul Fitzsimon.

Stockhausen spiega: «Per “gruppo” si intende un numero determinato di suoni collegati secondo rapporti affini tra loro su un piano superiore di percezione, quello del gruppo appunto. I vari gruppi di una composizione si distinguono per diversi tipi di proporzioni, per diversa struttura, ma sono correlati fra loro nel senso che non è possibile comprendere le proprietà di un gruppo se non in rapporto al grado di affinità che queste presentano con le proprietà di altri gruppi».
Per l’esecuzione di Gruppen sono necessari 109 esecutori ripartiti in 3 orchestre pressappoco uguali ma distanziate: il suono, movendosi da un’orchestra all’altra, crea una musica «spaziale», non solo in senso visivo ma anche acustico e strutturale.

— Organico —
Orchestra 1:
1 flauto (anche ottavino)
1 flauto contralto
1 oboe
1 corno inglese
1 clarinetto
1 fagotto
2 corni
2 trombe
2 tromboni
1 bassotuba
4 percussionisti: 1 marimbaphone (5 ottave; oppure 4 ottave + xilofono per la 5a), 1 Glockenspiel, 5 campanacci da mucca (sospesi, senza battacchio), 1 tamtam grande, piatti piccoli, piatti medi, piatti grandi, 2 tamburi a fessura, 4 tomtom e/o tumba e bongo, 1 cassa rullante con cordiera, 1 tamburo basco
1 Glockenspiel a tastiera (o celesta)
1 arpa
10 violini
2 viole
4 violoncelli
2 contrabbassi

Orchestra 2:
2 flauti (il I anche ottavino)
1 oboe
1 clarinetto piccolo
1 sassofono contralto (anche clarinetto)
1 sassofono baritono
1 fagotto
3 corni
2 trombe
1 trombone tenor-basso
1 trombone basso
4 percussionisti: 1 vibrafono, 14 campane tubolari, 4 campanacci da mucca (sospesi, senza battacchio), 1 tam-tam medio, piatti piccoli, piatti medi, piatti grandi, 2 tamburi a fessura, 4 tomtom e/o tumba e bongo, 1 cassa rullante con cordiera, 1 tamburo basco, 1 raganella, 2 triangoli (acuto e grave)
1 pianoforte a coda senza coperchio
1 chitarra elettrica
8 violini
4 viole
2 violoncelli
2 contrabbassi

Orchestra 3:
1 flauto (anche ottavino)
1 oboe
1 corno inglese
1 clarinetto
1 clarinetto basso
1 fagotto
3 corni
2 trombe
2 tromboni
1 trombone contrabbasso (o bassotuba)
4 percussionisti: 1 xilorimba o marimbaphone (4 ottave), 4 campanacci da mucca (sospesi, senza battacchio), 1 tam-tam piccolo, piatti piccoli, piatti medi, piatti grandi, 2 tamburi a fessura, 4 tomtom e/o tumba e bongo, 1 cassa rullante con cordiera, 1 tamburo basco
1 celesta (5 ottave)
1 arpa
8 violini
4 viole
2 violoncelli
2 contrabbassi

Studio e esperienza mi hanno insegnato che la musica “nuova” ha sempre suscitato analoghe reazioni. La “seconda prattica” di Monteverdi fu ferocemente avversata dal teorico Artusi, una composizione oggi amatissima come la Sinfonia K 550 di Mozart fece inorridire i primi ascoltatori con le sue dissonanze inusitate, e così via. Per contro, quando ho occasione di parlare della complessità di un brano di Bach, quando spiego che cosa s’intende per contrappunto doppio o imitato, non di rado mi succede di vedere che le reazioni degli astanti rasentano l’incredulità, come se alla maggior parte delle persone risulti inverosimile che una composizione del passato possa essere tanto complessa, come se ciò che sembrava ormai acquisito fosse improvvisamente diventato incomprensibile. Oggi, come ai tempi di Monteverdi o a quelli di Mozart, per comprendere l’arte bisognerebbe prima capire le necessità dalle quali scaturisce. Si deve solo decidere se si ha voglia di farlo oppure no.

Grand Septuor

Ferdinand Ries (28 novembre 1784 - 1838): Settimino in mi bemolle maggiore per pianoforte, clarinetto, due corni, violino, violoncello e contrabbasso op. 25 (1808). Linos Ensemble.

  1. Adagio molto – Allegro molto con brio
  2. Marcia funebre [10:02]
  3. Scherzo: Allegro vivace [20:41]
  4. Rondò: Allegro [25:47]

Serenata – XI

Benjamin Britten (22 novembre 1913 - 1976): Serenade per tenore, corno e archi op. 31 (1943). Peter Pears, tenore; Dennis Brain, corno; BBC Symphony Orchestra, direttore John Hollingsworth.

  1. Prologue (assolo del corno)
  2. Pastoral [1:19]

    testo di Charles Cotton (1630-1687): quattro strofe da The Evening Quatrains

    The day’s grown old; the fainting sun
    Has but a little way to run,
    And yet his steeds, with all his skill,
    Scarce lug the chariot down the hill.

    The shadows now so long do grow,
    That brambles like tall cedars show;
    Mole hills seem mountains, and the ant
    Appears a monstrous elephant.

    A very little, little flock
    Shades thrice the ground that it would stock;
    Whilst the small stripling following them
    Appears a mighty Polypheme.

    And now on benches all are sat,
    In the cool air to sit and chat,
    Till Phoebus, dipping in the west,
    Shall lead the world the way to rest.


  3. Nocturne [5:16]

    testo di Alfred Tennyson (1809-1892): Blow, bugle, blow

    The splendour falls on castle walls
    And snowy summits old in story:
    The long light shakes across the lakes,
    And the wild cataract leaps in glory:
      Blow, bugle, blow, set the wild echoes flying,
      Bugle blow; answer, echoes, dying, dying, dying.

    O hark, O hear! how thin and clear,
    And thinner, clearer, farther going!
    O sweet and far from cliff and scar
    The horns of Elfland faintly blowing!
      Blow, let us hear the purple glens replying:
      Blow, bugle; answer, echoes, dying, dying, dying.

    O love, they die in yon rich sky,
    They faint on hill or field or river:
    Our echoes roll from soul to soul,
    And grow for ever and for ever.
      Blow, bugle, blow, set the wild echoes flying,
      And answer, echoes, answer, dying, dying, dying.


  4. Elegy [8:50]

    testo di William Blake (1757-1827): The Sick Rose)

    O Rose, thou art sick!
    The invisible worm,
    That flies in the night
    In the howling storm,
    Has found out thy bed
    Of crimson joy:
    And his dark, secret love
    Does thy life destroy.


  5. Dirge [13:43]

    testo di autore anonimo del secolo XV, noto come Lyke-Wake Dirge

    This ae nighte, this ae nighte,
    Every nighte and alle,
    Fire and fleet and candle‑lighte,
    And Christe receive thy saule.

    When thou from hence away art past,
    Every nighte and alle,
    To Whinny‑muir thou com’st at last;
    And Christe receive thy saule.

    If ever thou gavest hosen and shoon,
    Every nighte and alle,
    Sit thee down and put them on;
    And Christe receive thy saule.

    If hosen and shoon thou ne’er gav’st nane
    Every nighte and alle,
    The whinnes sall prick thee to the bare bane;
    And Christe receive thy saule.

    From Whinny‑muir when thou may’st pass,
    Every nighte and alle,
    To Brig o’ Dread thou com’st at last;
    And Christe receive thy saule.

    From Brig o’ Dread when thou may’st pass,
    Every nighte and alle,
    To Purgatory fire thou com’st at last;
    And Christe receive thy saule.

    If ever thou gavest meat or drink,
    Every nighte and alle,
    The fire sall never make thee shrink;
    And Christe receive thy saule.

    If meat or drink thou ne’er gav’st nane,
    Every nighte and alle,
    The fire will burn thee to the bare bane;
    And Christe receive thy saule.

    This ae nighte, this ae nighte,
    Every nighte and alle,
    Fire and fleet and candle‑lighte,
    And Christe receive thy saule.


  6. Hymn [17:42]

    testo di Ben Jonson (1572-1637): Hymn to Diana (dalla commedia satirica Cynthia’s Revels, or The Fountain of Self-Love, 1600)

    Queen and huntress, chaste and fair,
    Now the sun is laid to sleep,
    Seated in thy silver chair,
    State in wonted manner keep:
    Hesperus entreats thy light,
    Goddess excellently bright.

    Earth, let not thy envious shade
    Dare itself to interpose;
    Cynthia’s shining orb was made
    Heav’n to clear when day did close:
    Bless us then with wishèd sight,
    Goddess excellently bright.

    Lay thy bow of pearl apart,
    And thy crystal shining quiver;
    Give unto the flying hart
    Space to breathe, how short so-ever:
    Thou that mak’st a day of night,
    Goddess excellently bright.


  7. Sonnet [19:42]

    testo di John Keats (1795-1821): Sonnet To Sleep

    O soft embalmer of the still midnight!
    Shutting, with careful fingers and benign,
    Our gloom-pleas’d eyes, embower’d from the light,
        Enshaded in forgetfulness divine;
    O soothest Sleep! if so it please thee, close,
        In midst of this thine hymn, my willing eyes.
    Or wait the Amen, ere thy poppy throws
        Around my bed its lulling charities;
        Then save me, or the passed day will shine
    Upon my pillow, breeding many woes;
        Save me from curious conscience, that still hoards
    Its strength for darkness, burrowing like a mole;
        Turn the key deftly in the oiled wards,
    And seal the hushed casket of my soul.

  8. Epilogue (replica del Prologue eseguita dietro le quinte)

 

Per uno e per quattro

Albert Lortzing (23 ottobre 1801 - 1851): Konzertstück in mi maggiore per corno e orchestra. Peter Damm, corno; Staatskapelle Dresden, dir. Siegfried Kurz.
Il brano, in un unico movimento, si articola nelle seguenti sezioni: Andante – Variazioni – Poco più lento – Allegretto – Tempo I – Allegretto – Cadenza – Tempo I.


Robert Schumann (1810 - 1956): Konzertstück per 4 corni e orchestra op. 86 (1849). Roger Montgomery, Gavin Edwards, Susan Dent e Robert Maskell, corni; Orchestre révolutionnaire et romantique, dir. John Eliot Gardiner.

Lebhaft – Romanze [7:03] – Sehr Lebhaft [12:01]

Serenata – VIII

Antonín Dvořák (8 settembre 1841 - 1904): Serenata in re minore per 10 strumenti a fiato (2 oboi, 2 clarinetti, 2 fagotti, controfagotto ad libitum e 3 corni), violoncello e contrabbasso op. 44 (1878). Membri dell’Orchester des Bayerischen Rundfuks, dir. Rafael Kubelík.

  1. Moderato, quasi marcia
  2. Minuetto [4:11]
  3. Andante con moto [10:49]
  4. Finale: Allegro molto [18:54]

Di sera, in montagna

Anton Bruckner (4 settembre 1824 - 1896): Abendzauber per tenore o baritono, coro maschile (TTBB), 3 Jodler (SSA) e 4 corni (a mo’ di corni delle Alpi), WAB 57 (1878); testo di Heinrich von der Mattig, ossia il medico militare Heinrich Wallmann (1827-1898). Christoph Prégardien, tenore; Camerata Musica Limburg, dir. Jan Schumacher.

Der See träumt zwischen Felsen,
Es flüstert sanft der Hain.
Den Bergeshang beleuchtet
Des Mondes Silberschein.

Und aus dem Waldesdunkel
Hallt Nachtigallensang,
Und von dem See weh’n Lieder
Mit zauberhaftem Klang.

Ich saß am Seegestade,
Vertieft in süßen Traum;
Da träumte ich zu schweben
Empor zum Himmelsraum.

Wer könnte je vergessen
Den wonnevollen Ort!
Noch tief im Herzen klingen
Die Zaubertöne fort.

(Il lago sogna fra le rocce, il bosco mormora dolcemente. La luce argentea della luna rischiara il pendio della montagna.
Dal buio della foresta risuona il canto dell’usignolo, il lago sussurra magiche melodie.
Seduto in riva al lago, assorto in dorate fantasie, sognavo di salire in paradiso.
Chi potrebbe mai dimenticare un luogo così delizioso! Suoni fatati riecheggiano ancora nel profondo del cuore.)

WAB 57

Concertino – VI

Leoš Janáček (3 luglio 1854 - 1928): Concertino per pianoforte, due violini, viola, clarinetto, corno e fagotto (1925). Quintetto di fiati «Claude Debussy» e altri.

Composto durante una visita a Hukvaldy, in Moravia, luogo natale e ritiro campestre di Janáček, il Concertino è, secondo le indicazioni dell’autore, una descrizione dei giochi di vari animali nel bosco: in una lettera datata 23 aprile 1925 Janáček parla di “uno scoiattolo, alcuni moscerini, un capriolo”, mentre in un articolo scritto qualche tempo dopo aggiunge alla lista un riccio e dei gufi. Gli animaletti sono raffigurati prima individualmente, poi nel terzo movimento compaiono insieme, e nel Finale tutti giocano, saltano e corrono con crescente vivacità.